giovedì 17 luglio 2014

La truffa dell’acqua in bottiglia. Paghiamo la plastica non l’acqua

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L’acqua in bottiglia non conosce crisi. Dal 1980 il consumo pro-capite è andato crescendo, insieme al circuito dell’import/export nel mercato italiano. Nel 2012 i consumi sono addirittura cresciuti rispetto all’anno precedente, passando a 192 litri d’acqua minerale per abitante. Più di una bottiglietta da mezzo litro al giorno a testa, nell’80% dei casi di plastica, che conferma il primato europeo del nostro Paese: 12,4 miliardi di litri imbottigliati,  per un giro d’affari da 2,3 miliardi di euro in mano a 156 società e 296 diversi marchi. Un litro d’acqua imbottigliato nel nord Italia percorre oltre mille chilometri prima di arrivare sulle tavole dei cittadini pugliesi e viceversa. È questo il quadro che emerge da “Regioni Imbottigliate”, l’indagine annuale di Legambiente e Altreconomia sui canoni di imbottigliamento dell’acqua.
In Italia, secondo l’ultimo annuario Bevitalia/Beverfood, sono 156 gli stabilimenti che imbottigliano acqua minerale per 296 marche totali. Sono l’estremo nord e l’estremo sud della penisola a contendersi il maggior numero di stabilimenti che imbottigliano e di marche. La regione Lombardia, sul podio al primo posto insieme a Piemonte e Sicilia, hanno rispettivamente 18, 13 e 10 stabilimenti imbottigliatori d’acqua, con numeri di marche molto elevati, rispettivamente 37, 35 e 23. Fanalino di coda la Puglia e la Valle d’Aosta, con rispettivamente 3 e 1 stabilimenti imbottigliatori per 4 e 1 marca di acqua minerale prodotta.
Questi grandi volumi di acqua imbottigliata causano l’utilizzo di elevatissime quantità di plastica, oltre 6 miliardi di bottiglie di plastica da 1,5 litri, per un totale di più di 450 mila tonnellate di petrolio utilizzate e oltre 1,2 milioni di tonnellate di CO2 emesse.
In media, le aziende imbottigliatrici pagano 1 euro ogni 1.000 litri, ovvero, appena 1 millesimo di euro per litro imbottigliato. Infatti, i canoni di concessione per le acque minerali stabiliti dalle Regioni sono estremamente bassi, perfino in aree dove vi sono difficoltà di approvvigionamento idrico, e in alcuni casi vengono stabiliti senza nemmeno prendere in considerazione i volumi emunti o imbottigliati, ma solo in funzione degli ettari dati in concessione. Proprio per mettere fine a questo paradosso e creare criteri uniformi su tutto il territorio nazionale, nel 2006, la stessa Conferenza Stato-Regioni aveva provato a mettere ordine in questo settore con un documento di indirizzo che proponeva canoni uniformi con l’obbligo di pagare sia in funzione degli ettari dati in concessione che per i volumi emunti o imbottigliati, indicando come cifre di riferimento almeno 30 euro per ettaro e un importo tra 1 e 2,5 euro per m3 imbottigliato. Ancora oggi però siamo ben lontani da un adeguamento a queste indicazioni. Una vera e propria regalia di un bene pubblico che appartiene a tutti i cittadini.
Tra le Regioni bocciate il Molise, la cui regolamentazione fa ancora riferimento ad un Regio Decreto del 1927, la Provincia autonoma di Bolzano, la Puglia, l’Emilia-Romagna e la Sardegna.
Le Regioni promosse con riserva, invece, sono quelle cioè che applicano un doppio canone con importi uguali o superiori ad 1€/m3: l’Abruzzo, la Calabria, il Friuli Venezia Giulia, il Piemonte, le Marche, l’Umbria, la Valle d’Aosta, la Provincia autonoma di Trento, la Lombardia e il Veneto. Quattro di queste regioni, Piemonte, Abruzzo, Calabria e Veneto, prevedono forti sconti sui canoni delle concessioni per i volumi imbottigliati se le aziende sottoscrivono con la Regione un protocollo di intesa recanti patti per la difesa dei livelli occupazionali.
Non bocciate, ma rimandate, sono le Regioni che, pur applicando un doppio canone, impongono importi inferiori ad 1€/m3, diversamente da quanto indicato dalle linee guida nazionali. Per il 2014 queste sono, di nuovo, la Basilicata, la Campania e la Toscana.
Sono presenti anche esempi positivi: il primato per i canoni più alti spetta al Lazio, che applica una quota per gli ettari, una per i volumi emunti ed una per i volumi imbottigliati, rispettivamente di 65,21-130,42€/ha, 1,09€m3 e 2,17€/m3. A cui si aggiunge anche la Sicilia, che in seguito alla norma del maggio 2013 ha applicato un canone più alto alle concessioni, chiedendo alle ditte imbottigliatrici, da 60 a 120€/ha a fronte dei 10,12€ dello scorso anno, e seguendo l’esempio virtuoso del Lazio ha adottato, da quest’anno, il triplo canone (1 €/m3per i volumi emunti e 2 per quelli imbottigliati €/m3).
Più volte Legambiente ha proposto anche in Italia, le indicazioni europee richiedendo una maggiore tassazione per l’utilizzo e il consumo di beni ambientali e per lo svolgimento di attività inquinanti che danneggiano l’ambiente. Un tema che riguarda da vicino anche il settore delle acque in bottiglia. Hanno inoltre calcolato che l’acqua in bottiglia viene mediamente venduta a un prezzo di 0,26€ al litro, mentre alle Regioni le aziende imbottigliatrici pagano in media 1€ ogni 1000 litri, ovvero un millesimo di euro per litro imbottigliato, con ampi margini di guadagno. Quello che gli italiani vanno a pagare, infatti, è rappresentato per più del 90% dai costi della bottiglia, dei trasporti e della pubblicità, unito ovviamente all’enorme guadagno dell’azienda in questione, e solo per l’1% dall’effettivo costo dell’acqua.
La proposta di Legambiente è “di istituire un canone minimo nazionale per le concessioni di acque minerali pari ad almeno 20 euro al m3 (ossia 0,02 euro al litro imbottigliato)”. Ai tassi attuali di prelievo si “ricaverebbero circa 250 milioni di euro che potrebbero essere destinati alle politiche di tutela e gestione della risorsa idrica”.

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