L’acqua in bottiglia non conosce crisi. Dal 1980 il consumo pro-capite è andato crescendo, insieme al circuito dell’import/export nel mercato italiano. Nel 2012 i consumi sono addirittura cresciuti rispetto all’anno precedente, passando a 192 litri d’acqua minerale per abitante. Più di una bottiglietta da mezzo litro al giorno a testa, nell’80% dei casi di plastica, che conferma il primato europeo del nostro Paese: 12,4 miliardi di litri imbottigliati, per un giro d’affari da 2,3 miliardi di euro in mano a 156 società e 296 diversi marchi. Un litro d’acqua imbottigliato nel nord Italia percorre oltre mille chilometri prima di arrivare sulle tavole dei cittadini pugliesi e viceversa. È questo il quadro che emerge da “Regioni Imbottigliate”, l’indagine annuale di Legambiente e Altreconomia sui canoni di imbottigliamento dell’acqua.
In Italia, secondo l’ultimo annuario Bevitalia/Beverfood, sono 156 gli stabilimenti che imbottigliano acqua minerale per 296 marche totali.
Sono l’estremo nord e l’estremo sud della penisola a contendersi il
maggior numero di stabilimenti che imbottigliano e di marche. La regione
Lombardia, sul podio al primo posto insieme a Piemonte e Sicilia,
hanno rispettivamente 18, 13 e 10 stabilimenti imbottigliatori d’acqua,
con numeri di marche molto elevati, rispettivamente 37, 35 e 23.
Fanalino di coda la Puglia e la Valle d’Aosta, con rispettivamente 3 e 1
stabilimenti imbottigliatori per 4 e 1 marca di acqua minerale
prodotta.
Questi grandi volumi di acqua imbottigliata causano l’utilizzo di elevatissime quantità di plastica, oltre
6 miliardi di bottiglie di plastica da 1,5 litri, per un totale di più
di 450 mila tonnellate di petrolio utilizzate e oltre 1,2 milioni di
tonnellate di CO2 emesse.
In media, le aziende imbottigliatrici pagano 1 euro ogni 1.000 litri, ovvero, appena 1 millesimo di euro per litro imbottigliato. Infatti, i canoni di concessione
per le acque minerali stabiliti dalle Regioni sono estremamente bassi,
perfino in aree dove vi sono difficoltà di approvvigionamento idrico, e
in alcuni casi vengono stabiliti senza nemmeno prendere in
considerazione i volumi emunti o imbottigliati, ma solo in funzione
degli ettari dati in concessione. Proprio per mettere fine a questo
paradosso e creare criteri uniformi su tutto il territorio nazionale,
nel 2006, la stessa Conferenza Stato-Regioni aveva provato a mettere
ordine in questo settore con un documento di indirizzo che proponeva canoni uniformi
con l’obbligo di pagare sia in funzione degli ettari dati in
concessione che per i volumi emunti o imbottigliati, indicando come
cifre di riferimento almeno 30 euro per ettaro e un importo tra 1 e 2,5 euro per m3 imbottigliato. Ancora oggi però siamo ben lontani da un adeguamento a queste indicazioni. Una vera e propria regalia di un bene pubblico che appartiene a tutti i cittadini.
Tra le Regioni bocciate il Molise, la cui
regolamentazione fa ancora riferimento ad un Regio Decreto del 1927, la
Provincia autonoma di Bolzano, la Puglia, l’Emilia-Romagna e la
Sardegna.
Le Regioni promosse con riserva, invece, sono quelle
cioè che applicano un doppio canone con importi uguali o superiori ad
1€/m3: l’Abruzzo, la Calabria, il Friuli Venezia Giulia, il Piemonte, le
Marche, l’Umbria, la Valle d’Aosta, la Provincia autonoma di Trento, la
Lombardia e il Veneto. Quattro di queste regioni, Piemonte, Abruzzo,
Calabria e Veneto, prevedono forti sconti sui canoni delle concessioni
per i volumi imbottigliati se le aziende sottoscrivono con la Regione un
protocollo di intesa recanti patti per la difesa dei livelli
occupazionali.
Non bocciate, ma rimandate, sono le Regioni che, pur
applicando un doppio canone, impongono importi inferiori ad 1€/m3,
diversamente da quanto indicato dalle linee guida nazionali. Per il 2014
queste sono, di nuovo, la Basilicata, la Campania e la Toscana.
Sono presenti anche esempi positivi: il primato per i canoni più alti spetta al Lazio,
che applica una quota per gli ettari, una per i volumi emunti ed una
per i volumi imbottigliati, rispettivamente di 65,21-130,42€/ha, 1,09€m3
e 2,17€/m3. A cui si aggiunge anche la Sicilia, che in seguito alla
norma del maggio 2013 ha applicato un canone più alto alle concessioni,
chiedendo alle ditte imbottigliatrici, da 60 a 120€/ha a fronte dei
10,12€ dello scorso anno, e seguendo l’esempio virtuoso del Lazio ha
adottato, da quest’anno, il triplo canone (1 €/m3per i volumi emunti e 2
per quelli imbottigliati €/m3).
Più volte Legambiente ha proposto anche in Italia, le indicazioni europee richiedendo una maggiore
tassazione per l’utilizzo e il consumo di beni ambientali e per lo
svolgimento di attività inquinanti che danneggiano l’ambiente.
Un tema che riguarda da vicino anche il settore delle acque in
bottiglia. Hanno inoltre calcolato che l’acqua in bottiglia viene
mediamente venduta a un prezzo di 0,26€ al litro, mentre alle Regioni le aziende imbottigliatrici pagano in media 1€ ogni 1000 litri, ovvero un millesimo di euro per litro imbottigliato, con ampi margini di guadagno. Quello che gli
italiani vanno a pagare, infatti, è rappresentato per più del 90% dai
costi della bottiglia, dei trasporti e della pubblicità, unito ovviamente all’enorme guadagno dell’azienda in questione, e solo per l’1% dall’effettivo costo dell’acqua.
La proposta di Legambiente è “di istituire un canone minimo nazionale
per le concessioni di acque minerali pari ad almeno 20 euro al m3
(ossia 0,02 euro al litro imbottigliato)”. Ai tassi attuali di prelievo
si “ricaverebbero circa 250 milioni di euro che potrebbero essere destinati alle politiche di tutela e gestione della risorsa idrica”.
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