di Valerio Porcu
Secondo qualcuno Google sta applicando in modo artificioso la legge sul diritto all'oblio.
Google ha cominciato a rimuovere articoli dai risultati della ricerca (SERP), ma a quanto pare sta esagerando e forse lo fa apposta. In rispetto di una recente normativa Europa
Google dovrebbe accogliere e valutare le richieste di rimozione, ma se
ritiene che ci siano ragioni per opporsi dovrebbe rivolgersi a un
giudice. Invece le rimozioni si stanno verificando senza alcuna
verifica.
I problemi sono emersi quasi immediatamente, insieme ai timori che questo strumento sarebbe servito a nascondere crimini anche gravi. Google aveva cercato a lungo di ostacolare l'approvazione della legge, senza successo, ma sembra che gli scontri siano ancora aperti.
Negli ultimi giorni diversi media britannici (The Guardian, BBC e altri) sono infatti stati informati da Google che alcune delle loro pagine sono state rimosse dalla SERP. Il problema è che, a quanto pare, l'azienda sta agendo con un po' troppo zelo. Sono stati rimossi senza esitazioni anche articoli di una certa rilevanza giornalistica, come quello di Robert Peston sull'ex AD di Merril Lynch.
Negli ultimi giorni diversi media britannici (The Guardian, BBC e altri) sono infatti stati informati da Google che alcune delle loro pagine sono state rimosse dalla SERP. Il problema è che, a quanto pare, l'azienda sta agendo con un po' troppo zelo. Sono stati rimossi senza esitazioni anche articoli di una certa rilevanza giornalistica, come quello di Robert Peston sull'ex AD di Merril Lynch.
Tutto cancellato dalle ricerche di Google senza consultare un giudice.
Come ci si poteva aspettare, la questione sta sollevando un certo
polverone, e secondo qualcuno Google lo sta facendo di proposito.
"Interessante come Google sia interpretando il diritto all'oblio nel
modo che più di tutti fa arrabbiare i giornalisti", scrive per esempio Robert Shrimsley del Financial Times.
Gli fa eco Paul Bernal, specialista in diritto digitale e proprietà intellettuale (East Anglia Law School): secondo lui Google sta deliberatamente bloccando articoli di giornalisti influenti, così da trasmettere il messaggio che la legge europea è in verità uno strumento di censura. Chris Moran del Guardian e David Meyer di GigaOm sollevano grossomodo lo stesso sospetto.
Almeno in parte i delatori di Google hanno ragione, perché l'azienda
avrebbe senz'altro potuto dirigersi a un giudice. L'opinione del lettore
tuttavia dipenderà senz'altro da ciò che pensa riguardo alla legge
sull'oblio: chi ritiene che sia giusta vedrà l'errore nell'operato di
Google, mentre chi vi si oppone riterrà che Google stia facendo il possibile per opporsi a una legge ingiusta.
Ed eccoci al punto: un'azienda, come un cittadino, ha senz'altro la
possibilità e il dovere etico di contribuire al sistema legale affinché
la giustizia sia davvero tale. Dopotutto stiamo parlando del fondamentale diritto alla libertà di parola,
che non si può certo prendere sottogamba. La domanda è se questo metodo
di protesta - se di questo si tratta - sia accettabile o meno: non
sarebbe preferibile che Google applicasse la legge in modo più rigido,
eventualmente sovraccaricando di lavoro i giudici preposti al
controllo?
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