Dipendere, dal latino depèndere – pendere
da, dipendere, sottostare alla volontà altrui, un termine che può essere
usato in molti contesti, anche quando parliamo di internet.
L’uso che facciamo del web non sempre è consapevole, complice l’ampia
portata che la rete ha nelle nostre vite anche grazie a mezzi con cui
ci possiamo collegare sempre più agevolmente all’universo virtuale;
universo in cui ci si può anche perdere, fino a divenire per alcuni una
vera e propria ossessione.
Questa presenza costante ha prodotto infatti numerosi disagi di
grande interesse per la psicopatologia, tanto da portarla ad essere una
materia fra le più studiate, la dipendenza da internet infatti, non è un
concetto unico, ma si divide in numerose sotto categorie che prendono
diverse forme: ad esempio la dipendenza dai social network come
Facebook, dal sesso o dal gioco on line.
Di sicuro non è facile capire quanto si è in balia di questo universo parallelo, ma un buon metro di misura è la valutazione di quanto la nostra qualità relazionale e interattiva nella vita reale è ridotta a causa di internet nella nostra ordinaria quotidianità.
Cosa significa? Che nel momento in cui, l’uso che facciamo dei nostri
aggeggi tecnologici riduce le nostre normali attività, o non riusciamo
più ad interagire serenamente nella nostra vita di relazione, abbiamo un
problema, anche se visti i tempi può sembrare tutto al suo posto, in
realtà non è così.
Quindi possiamo iniziare ad avere delle difficoltà lavorative, a
perdere interesse verso parenti, amici e più in generale verso la vita
reale, oltre a perdere sempre più spesso la cognizione del tempo; alcuni
sintomi fisici che possono darci l’allarme che qualcosa non va sono: la
perdita di peso, avere spesso sonno, cefalee, e problemi alla vista.
Ma se della rete si parla tanto in tutte le salse, dei risvolti aberranti che un uso non consapevole può produrre se parla poco; una voce fuori dal coro è sicuramente quella del saggista americano Andrew Kenn, famoso per il suo lavoro letterario “Digital Vertigo: How Today’s Online Social Revolution Is Dividing, Diminishingand Disorienting Us”, in cui si scaglia apertamente contro Facebook, che viene ribattezzato come principale strumento di espressione della libertà individuale, ma è in realtà un’ arma di menomazione di massa e un’enorme cimice virtuale in grado di registrare informazioni e dati sulla sfera privata degli utenti.
In una intervista al settimanale l’Espresso, Kenn ha definito
Facebook come una prigione perfetta dalla quale è impossibile uscire a
causa di numerosi vincoli come la tentazione di mettere in mostra il
proprio ego alterandolo e rimodellandolo in modo da offrire una
percezione all’esterno in linea con le nostre aspettative. Inoltre,
Facebook risucchierebbe chi è iscritto spingendo a fornire sempre più
informazioni, dati che sono oro colato per brainwashing dei consumatori
praticato da molte aziende.
E meno male che qualcuno le dice queste cose, anche perché nonostante
i dati delle dipendenza da internet siano in forte crescita, non c’è
ancora una decisa presa di responsabilità verso un uso consapevole del
web, e a quanto pare la risoluzione del problema prevede diverse
ricette; in Cina, i giovani dipendenti da internet vengono mandati dai
genitori preoccupati in scuole militari, un po come mi diceva mio nonno
quando da piccolo non volevo mangiare i fagiolini:” ti ci vorrebbe un po
di militare a te”. In questi campi di addestramento i giovani cinesi
subiscono lezioni di cultura tradizionale, musica, e molte punizioni in
stile full metal jacket, tuttavia l’efficacia di questa cura Ludovico
non è ancora stata provata.
In Italia si ricorre alla terapia di gruppo o di sostegno, soprattutto per i casi più gravi, per tutto il resto c’è la nostra presa di responsabilità verso le nostre azioni, il che significa che con molta serenità non dobbiamo permetterci di sottovalutare l’attaccamento che possiamo sviluppare verso la rete; internet ha portato molti benefici, può essere utile in molte situazioni, ma siamo davvero sicuri di usare la rete nel modo giusto? La risposta è semplice, quando sentiamo l’esigenza di connetterci, proviamo a chiederci il perché, e se non ne abbiamo bisogno, ma ne sentiamo il bisogno forse è meglio andare a farsi un giro in bicicletta.
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