"La Biblioterapia funziona sulla Mente e sul Corpo"
Leggere per
imparare, per rilassarsi, per conoscere. Ma anche per diventare persone
migliori, stare meglio con gli altri o addirittura per guarire. Sono
sempre di più gli studi che mostrano come i libri siano fonte
inesauribile di benessere, psicologico e non solo: una ricerca
dell’Università svedese di Göteborg, condotta di recente su un gruppo di
donne con patologie che riducevano la loro capacità lavorativa, ha
dimostrato, ad esempio, che la lettura di romanzi porta in breve tempo a
stare meglio e anche a fare passi avanti notevoli nella
riabilitazione....
Gli autori raccontano che la malattia aveva tolto la voglia di un buon libro perfino alle più assidue lettrici; poi, però, le donne hanno ricominciato a leggere, qualcuna storie che riflettevano la propria situazione, altre scegliendo testi di evasione pura. Tutte hanno ammesso di trovare sollievo nei libri e sono riuscite a tornare al lavoro prima del previsto.
LEGGIAMO POCO - Un
piccolo esempio di “biblioterapia”, la cura con i libri che nel mondo
anglosassone è diffusa, ma nel nostro Paese stenta a decollare, forse
perché, nonostante una nobile tradizione letteraria, in Italia si legge
poco, pochissimo (secondo gli ultimi dati Istat oltre metà degli
italiani non finisce neppure un libro nell’arco di un anno). «La
biblioterapia è nata agli inizi del ‘900 negli Stati Uniti, quando lo
psichiatra William Menninger iniziò a prescrivere libri ai suoi
pazienti, notando miglioramenti - spiega Rosa Mininno, psicologa e
psicoterapeuta responsabile dell’unico sito italiano dedicato al tema
(www.biblioterapia.it) -. Si tratta sempre di percorsi di lettura
scelti, pensati apposta per il singolo paziente e per il momento che sta
vivendo. Un libro non deve essere mai un’imposizione, ogni scelta va
motivata: si possono suggerire volumi di diverso genere, dai romanzi al
teatro, dalla poesia ai saggi che aiutano a comprendere meglio la
propria condizione da un punto di vista clinico o filosofico. Fino ai
grandi classici: Seneca, Tacito o Cicerone sono una fonte inesauribile
di riflessioni. Il meccanismo con cui il libro “guarisce” è infatti la
sua capacità di aprire la mente: la sofferenza, fisica o psicologica che
sia, porta all’isolamento e il libro invece ci connette con il mondo.
Attraverso le storie possiamo identificarci nei personaggi, per affinità
o per contrasto, ed essere stimolati a comportamenti che aiutino a
uscire dal disagio».
POESIA PER CURARSI -
La biblioterapia viene usata spesso in pazienti con malesseri
psicologici (come disturbi d’ansia, depressione, problemi alimentari),
ma può essere un valido sostegno anche in caso di malattie organiche, da
quelle oncologiche a quelle cardiologiche. Francesco Bovenzi,
presidente dell’Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri e
responsabile della Cardiologia presso l’ospedale di Lucca, sta
conducendo uno studio su una trentina di ricoverati con patologie
cardiache per verificare se la lettura di un volume di poesie raccolte
allo scopo (intitolato “Il cuore ha bisogno di poesia”) possa avere
effetti positivi sulla salute dei malati. «Sono liriche semplici che
toccano temi universali. Il gradimento dei pazienti è alto e, accanto
alla valutazione degli effetti organici tuttora in corso, abbiamo già
osservato un miglioramento nella relazione con i medici - racconta
Bovenzi -. Non è poco, perché magari la poesia non dilata direttamente
le coronarie, ma certamente può aiutare il paziente a stare bene, a
recuperare un dialogo di fiducia con il curante e, di conseguenza, a
seguire di più le terapie». «Un’atteggiamento psicologico positivo nei
confronti della malattia, qualunque essa sia, serve per guarire prima e
meglio. I libri, soprattutto se prescritti in un percorso ragionato,
aiutano a trovare in se stessi le più efficaci capacità di reazione -
dice Mininno -. Per di più servono alla prevenzione. Alcune esperienze
nel Regno Unito hanno dimostrato che la biblioterapia in soggetti con
ansia e attacchi di panico riduce gli accessi ai Pronto soccorso».
PERICOLOSI EFFETTI
COLLATERALI - Chiunque, poi, può leggere: lo dimostrano le esperienze
condotte con successo su malati psichiatrici gravi, i progetti nelle
carceri, i dati ottenuti in bambini e adolescenti che mostrano, ad
esempio, come la biblioterapia aiuti a contrastare il bullismo. E
perfino i tomi all’apparenza più ostili, come i classici latini, possono
essere alla portata di tutti: il terapeuta può leggerne brani assieme
al paziente e a volte basta stimolare la curiosità per veder fiorire
l’interesse per testi che toccano emozioni universali, oggi come ieri.
Ma, essendo “farmaci”, anche i libri hanno “effetti collaterali”?
«Certamente - risponde Mininno -. I libri di auto-aiuto che promettono
guarigioni lampo, ad esempio, sono pericolosi, perché illudono i
pazienti di trovare per i loro problemi scorciatoie che non esistono.
Tutt’altro significato possono avere i volumi che affrontano la
condizione del paziente con chiarezza e senza false promesse. Bisogna
essere cauti anche consigliando libri a chi potrebbe non essere capace
di sfruttare in modo “creativo” le letture, finendo per vivere
perennemente in un mondo irreale. Ci sono poi due generi di libri che
non vanno mai prescritti, quelli violenti come gli horror o i testi di
pseudo-erotismo, che di fatto sono pornografici. I primi soddisfano il
gusto del macabro, ma non servono per affrontare l’aggressività nel
paziente come erroneamente alcuni credono; i secondi si vendono per la
loro carica di morbosità, ma non aiutano a ritrovare un equilibrio
sessuale».
FIN DA PICCOLI -
Non tutti i libri curano, insomma, né sono “buoni” per la nostra
crescita interiore. Perché leggere fa bene anche quando non siamo
malati, ma stiamo semplicemente cercando un testo (saggio o romanzo non
fa differenza) che ci aiuti in un momento delicato dell’esistenza. In
questo caso la scelta è più libera, ma secondo la psicologa, perché sia
“giusta”, oltre ad affidarsi al consiglio di operatori esperti del
settore (dai bibliotecari agli ormai quasi estinti librai), bisognerebbe
“saggiare” il libro senza fermarsi al titolo, sfogliando qualche pagina
per capire di che si tratta. Perché «la vita è troppo breve per leggere
brutti libri», come recita il motto di due terapiste londinesi, Ella
Berthoud e Susan Elderkin, che poche settimane fa hanno pubblicato una
guida alla biblioterapia, chiamata The novel cure (“La nuova cura”, ma
anche “La cura del romanzo”): per ogni caso della vita si potrebbe
trovare un aiuto in testi più o meno classici; ad esempio, se si è perso
il lavoro potrebbe servire la lettura di Bartleby lo scrivano di Herman
Melville e se ci si sente sopraffatti dallo stress e dalla mancanza di
ideali si potrebbe ricorrere a Tess dei D’Urbervilles di Thomas Hardy.
Purtroppo, visto l’amore italico per la lettura, questi sono consigli
che rischiano di non trovare ascolto, come sottolinea Mininno: «In
Italia tutti scrivono e pochi leggono. Per favorire l’avvicinamento ai
libri, tanto preziosi per il nostro benessere psichico e fisico, servono
di più piccole esperienze, dai gruppi di lettura alle serate tematiche
nelle biblioteche. Senza contare che i buoni lettori si allevano fin da
piccoli, insegnando il piacere di un bel libro ai propri figli».
Fonte: www.corriere.it
Fonte: www.corriere.it
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"Leggere (o Sentir Leggere) fa benissimo ai Bambini"
Leggere fiabe e
filastrocche a un bambino, meglio se è ancora molto piccolo, fa bene a
lui e ai genitori. Lo dimostrano studi scientifici e numerose esperienze
in Italia e all’estero. Come «Nati per leggere», il progetto nazionale
senza fini di lucro con il quale, da più di dodici anni, pediatri e
bibliotecari lavorano insieme per promuovere nei genitori la buona
abitudine di leggere ai propri figli di età compresa tra i 6 mesi e i 6
anni....
Non per farli addormentare, ma per svegliarne la mente. «Una lettura ad alta voce, - afferma il dottor Michele Gangemi, past president dell’Associazione Culturale Pediatri e pediatra di libera scelta in Verona, - è in grado di “rapire” un bambino almeno quanto un videogame». Ma che cosa spinge i pediatri di libera scelta a mobilitarsi in forze, per un obiettivo che sembra più nelle corde di un educatore o di uno psicologo?«Perché leggere a un bambino ha effetti molto positivi sulla sua salute, sul suo sviluppo cognitivo ed emotivo. E quello di vegliare su tale sviluppo è precisamente uno dei compiti dei pediatri». In due parole, secondo studiosi di tutto il mondo, la lettura ad alta voce è una delle strategie di dimostrata efficacia per prevenire i problemi dello sviluppo e dell’apprendimento nel bambino. Non importa se il bambino abbia appena iniziato a stare seduto senza sostegno, se non abbia ancora detto “mamma”. Anzi, prima si comincia, meglio è. «L’efficacia della lettura ad alta voce in epoca neonatale, - spiega Michele Gangemi, - si fonda sulla teoria dello sviluppo precoce (Early Child Development).
Nel bambino molto piccolo, lo stimolo a svolgere un nuovo compito (come quello di ascoltare, appunto) aumenta la sopravvivenza dei nuovi neuroni che si stanno formando: senza compiti, i nuovi neuroni svaniscono. E più il compito è difficile e ripetuto, più aumenta il numero dei neuroni "risparmiati". In pratica, sembra che esista una finestra temporale entro cui l’apprendimento di nuovi compiti può risparmiare i neuroni. È compresa fra prima e seconda settimana dalla nascita della cellula: più precisamente fra il 7° e il 14° giorno e corrisponde al periodo in cui la cellula neonata e non specializzata si differenzia in neurone, emette i filamenti (dendriti) che le permettono di "collegarsi". È così che il neonato diventa sensibile all’apprendimento». Una volta avvenuto il cablaggio, agire sulla plasticità dello sviluppo è ancora possibile, naturalmente, ma è molto più difficile. Ecco perché l’”evangelizzazione” delle mamme comincia dai reparti di maternità degli ospedali e viene proseguita dal pediatra di libera scelta. Con la collaborazione delle biblioteche cittadine, che si attrezzano per rendere possibile l’accesso di mamme e bambini. «A Verona, per esempio, presso il mio studio, è attivo un vero e proprio punto prestito, con la restituzione dei libri presso uno dei 12 punti specializzati delle biblioteche cittadine». Una volta cominciato, è importante continuare, perché un intervento sul piacere della lettura può avere un effetto positivo anche più tardi, fino ai sei anni di età. «È proprio questo il periodo in cui si forma la capacità del bambino di "immaginare", di costruire le immagini sotto lo stimolo della lettura, - dice Gangemi. - E in cui si struttura e si conferma il piacere della lettura.
Aumentare lo spazio di ascolto, la capacità di costruirsi delle immagini, lo sviluppo della creatività e dell’immaginazione, I bambini, esposti più che in passato a stimolazioni tele-visive, tendono a elaborare meno immagini». Inoltre, la voce della mamma o del papà, e il tempo passato con il bambino (invece di parcheggiarlo davanti alla TV) creano un momento privilegiato e non sostituibile di relazione che fa bene al piccolo, ma anche alla famiglia. Ma c’è di più. «La capacità di leggere, scrivere e comprendere un testo (la “literacy”) fa bene alla salute ed è un indicatore di benessere riconosciuto, - conclude Gangemi. - Buoni livelli di literacy sono legati a un migliore utilizzo dei servizi sanitari e quindi a migliori condizioni di salute. Adolescenti con bassi livelli di literacy sono a rischio almeno doppio di andare incontro a comportamenti aggressivi e antisociali. E il numero di adolescenti in queste condizioni è, purtroppo, in continuo aumento”»
È il circolo vizioso, che parte dall’incapacità di leggere e capire e, passando attraverso disagio, frustrazione e riduzione dell’autostima, giunge infine all’aumento del tasso di abbandono scolastico e del rischio di disturbi del comportamento. Un circolo vizioso che colpisce soprattutto i figli di famiglie in condizioni socio-economiche svantaggiate alle quali, prima di tutto, si rivolge «Nati per leggere». Luciano Benedetti.
Fonte: www.corriere.it
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