L'Italia è sempre più povera e malata. La terrà "in cui fioriscono i limoni", e in cui i tormentati di mezzo mondo venivano a cercare vitalità e spensieratezza, oggi produce sempre più depressi e persone dipendenti dal farmaco, accodate ogni giorno nelle farmacie dello Stivale.
In questi giorni i media hanno puntato i riflettori sulla povertà assoluta, che secondo i dati Istat, negli ultimi anni è raddoppiata, coinvolgento quasi 5 milioni di persone. Ma c'è un altro dato che rischia di passare inosservato: l'Italia è sempre più depressa e malata. Si inchioda in casa e consuma farmaci.
I numeri ci dicono insistentemente che nell'ultimo anno si sono contratti i consumi, incluso quelle evasioni, importanti per la propria salute fisica e mentale, come le vacanze, o la frequenza di eventi culturali come cinema e teatro. Ma c'è un settore particolarmente felice che va in controtendenza: quello dei medicinali. Il 28% della popolazione ha aumentato il consumo (dati Ipsos). In media ogni italiano ha consumato 30 confezioni di farmaci nel 2012, spendendo in media 430 euro.
Il dato che desta più preoccupazione è la crescita il consumo di antidepressivi da parte degli italiani: il dato è in aumento del 4,5% rispetto al 2004.
Questo tipo di farmaci è usato soprattutto dalle donne e, secondo gli esperti, è legato alle conseguenze della crisi economica. E nel 2020, ha avvertito il direttore generale dell’Agenzia del farmaco (Aifa), Luca Pani, “la depressione, dopo le malattie cardiovascolari, sarà la patologia responsabile della perdita del più elevato numero di anni di vita attiva e in buona salute”.
L'Italia non è il paese del bipolarismo, è un paese "bipolare": in cui maniacalità e depressione si alternano e si incatenano l'una all'altra. Ma lasciamo stare le considerazioni sociologiche e guardiamo intanto ai numeri dell'economia nazionale. Le spese sanitarie ammontano al 9% del Pil, una percentuale simile a quella dei paesi considerati "evoluti", ma in termini di spesa farmaceutica totale sul totale della spesa sanitaria, l’Italia spende di più in farmaci di quanto non accada all'estero. Nel 2012 la spesa per i medicinali è stata di 25,5 miliardi di euro, il 76% dei quali rimborsato dal Servizio sanitario nazionale, pagata cioè con i nostri soldi.
Difficile togliere la medicina al malato, forse non sarebbe neanche giusto. Ma osservo i pacchi di medicinali che escono ogni giorno dalle farmacie con forte perplessità.
Mi chiedo, ma che valore può avere un esistenza così fortemente medicalizzata? Non dovremmo cercare strategie per limitare il ricorso al farmaco? Detto altrimenti, il Ministero della Salute non ha altri strumenti per favorire la salute, invece che accorparsi le spese spesso inutili per i prodotti della chimica farmaceutica?
Non pensate che incentivare occasioni di svago, cultura e condivisione, o promuovere il turismo termale possano essere un importante incentivo sotto il profilo umano, della salute, e dell'economia locale?
Favorire le attività all'aria aperto, le aree pedonali, nuovi stili di vita, non dovrebbero essere oggetto di investimento da parte di questo dicastero?
Lo dico col massimo rispetto dei malati, soprattutto delle persone invalide e affette da patologie gravi o deformanti. Per le altre malattie prima deve valere il principio di responsabilità.
Chi conduce una vita sana può e deve aiutare chi non ce la fa. Ma a tutto c'è un limite. E soprattutto è meglio prevenire invece che curare, vivere bene invece che vivere da malati. Prima che dalla Sanità ci dicano che son finiti i soldi...
di Gabriele Bindi
Mi sembra un discorso facile e limitato. Purtroppo la vita sana all'aperto, i servizi o gli svaghi culturali non bastano. Io soffro di questi disturbi e lo posso garantire. La complessita' di un s malattia mentale ha radici ben profonde...fosse così semplice.
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