In questi ultimi
anni, come giornalista e appassionata di suoni, ho avuto modo di
approfondire varie tematiche connesse alla musicoterapia. Grazie a
interviste, incontri e dialoghi con esperti ho raccolto parecchi dati
che confermano quanto la musica abbia la capacità di migliorare la
qualità di vita delle persone, anche affette da alcune patologie gravi
come l’Alzheimer e disturbi (quali stress e insonnia) tipici dei ritmi
esistenziali frenetici...
Ricerche che ho
voluto sintetizzare in un libro intitolato Viaggi nei suoni che curano
(edizioni Atti Poetici, 2013). Partendo dalle tante informazioni
raccolte in questi anni, più che considerare gli aspetti teorici, vorrei
qui illustrare alcuni casi concreti che testimoniano “il potere
curativo della Musica”.
Il potere della musica nel risveglio dal coma
Nei primi giorni
del 2011, negli Stati Uniti si verificò una strage terribile: l’allora
ventiduenne Jared Loughner scatenò una sparatoria, in cui morirono sei
persone e altre dodici furono ferite in modo grave. L’episodio avvenne
durante il comizio di Gabrielle Giffords, deputata del Partito
Democratico, impegnata in ambito sociale ed ecologico. Loughner le ha
sparato alla testa. Un colpo che le avrebbe potuto togliere la vita
immediatamente. Subito le condizioni di salute della donna sono apparse
gravissime. In seguito a un difficile intervento chirurgico, la Giffords
è stata attaccata a un respiratore artificiale. Dopo soli cinque mesi
dall’attentato, Gabrielle era tornata sorprendentemente a sorridere. A
contribuire a questo “miracolo” è stata la musicoterapia, attraverso il
prezioso lavoro della dottoressa Maegan Morrow, che l’ha seguita sin
dall’inizio. Può sembrare incredibile, ma il “risveglio” dell’esponente
democratica è stato accelerato da una determinata canzone, “Twinkle
Twinkle Little Star”, che la musicoterapeuta Morrow diffondeva con voce e
chitarra, mentre la Giffords era distesa, immobile, sul letto di
ospedale. Il brano è una semplice filastrocca che generazioni di
genitori americani hanno cantato ai loro figli. Una canzone che anche la
Giffords sentiva da piccina e che riascoltandola nelle sue difficili
condizioni ha destato in lei una ripresa straordinaria: è come se le
parole e la melodia avessero toccato qualcosa di molto profondo in lei,
che non riguarda il corpo, ma la sfera emotiva, psicologica ed
energetica. Questo
risveglio si è verificato in una clinica di riabilitazione di Houston,
l’Institute for Rehabilitation and Research (TIRR) presso l’ospedale
Hermann. Maegan Morrow stava cantando la filastrocca accanto alla
Giffords, quando all’improvviso la dormiente si è ridestata, iniziando
lei stessa a emettere lievemente le parole della canzone. Questi
progressi sorpresero tutti, in primis i medici che l’hanno soccorsa e
operata, i quali ritenevano che avrebbe certamente condotto una vita
allo stato vegetativo. Ma così non si è verificato! Merito della
musicoterapia a livello neurologico, che ha come azionato “un
interruttore” interno, portando la Giffords a reagire e a riaprire gli
occhi, a parlare, a cantare e a camminare. E
tutto questo dopo aver subito un terribile colpo alla testa che ha
gravemente lesionato l’emisfero sinistro del suo cervello, centro del
linguaggio e dei movimenti del corpo nella parte destra. La
musicoterapeuta che la segue, la dottoressa Morrow, ha spiegato come la
musica e il ritmo lavorino e interagiscano in ogni parte del cervello,
aiutando il paziente a recuperare la parola, a riprendere a camminare e
ad affrontare le sfide emotive che si manifestano in una delicata
condizione psicologica, fisica, neurologica. Sono trascorsi tre anni
(nel momento in cui scriviamo) da quel terribile attentato e la
Giffords, ormai ripresasi completamente da quel dramma, ha deciso di
impegnarsi in una campagna volta al controllo dell’uso e dell’acquisto
delle armi.
L’incredibile
potere, ancora in parte inesplorato, della Musica lo si tocca con mano
nei reparti di neonatologia. In alcuni ospedali italiani si sono avviati
importanti progetti di musicoterapia efficaci per aiutare le mamme che
hanno vissuto un parto pretermine. Un programma in tale ambito è stato
intrapreso da alcuni anni presso l’Ospedale “A. Manzoni” di Lecco,
grazie alla sensibilità del Dott. Rinaldo Zanini, Direttore del
dipartimento materno infantile. Con il coinvolgimento del
musicoterapeuta Mauro Galluccio, le mamme che hanno vissuto un parto
pretermine vengono educate al canto delle ninna nanne: un modo per
riallacciare quella simbiosi madre-figlio interrotta da un parto
prematuro. Attraverso
le ninna nanne composte dalle stessi madri con il sostegno del
musicoterapeuta, viene riprodotta quella “prima orchestra sonora” che il
bambino percepisce per la prima volta: è quell’orchestra che il feto
sente quando è nel ventre della mamma. Sono i suoni e le onde del
liquido amniotico, il respiro e il pulsare del cuore della mamma.
Tramite le ninna nanne il neonato riconosce quell’ambiente sonoro,
rassicurante, conosciuto, pieno di calore. È proprio grazie a queste
musiche dolci, cantate dalla mamma, che il bimbo ritrova e sviluppa il
profondo attaccamento verso colei che l’ha portato in grembo. Ecco
perché sentendo le vibrazioni vocali della mamma il neonato interrompe
il pianto e ritrova più facilmente la tranquillità. Con
il progetto ninna nanne il dott. Zanini e il suo staff curano non solo
polmoni, cuore, cervello del bimbo nato prematuramente, ma il neonato
nella sua totalità: considerano centrale la relazione che ha con
l’ambiente circostante e cercano di riprodurre i modelli di attaccamento
che un parto patologico in qualche modo interrompe, rendendoli più
complessi, ma non impossibili da rinsaldare. Da questa prospettiva la
musicoterapia si rivela strumento utilissimo, poiché i suoni riproducono
in qualche modo le vibrazioni presenti nel grembo materno, trasmettendo
così quel calore che il bimbo ha conosciuto mentre era immerso nel
rassicurante liquido amniotico. Suoni e voce che fanno bene alla mamma e
al bimbo non soltanto a livello energetico e psicologico. La
musica stimola nella madre pace e armonia interiore, migliora in lei la
percezione corporea e favorisce un contatto più profondo con il proprio
mondo interiore. Il calore e la dolcezza della voce materna riporta il
bimbo alla calma e al benessere di quando era immerso nell’ambiente
ovattato del grembo materno. Gli effetti positivi di questo progetto
avviato all’interno del reparto di neonatologia dell’Ospedale di Lecco
sono numerosi, stimolati anche dall’atteggiamento protettivo e attento
dell’intero staff composto da infermiere e dottori verso genitori e
neonati. Un atteggiamento che aiuta le famiglie ad attraversare un lungo
periodo pieno di angosce e speranze.
La musica migliora le condizioni psico-fisiche dei malati di Alzheimer
Il potere curativo
della Musica lo si riscontra anche nella fase della terza età, come
testimoniano le ricerche, ancora purtroppo di nicchia, di David
Aldridge. Partendo da casi-studio di cui lui si è occupato, lo psicologo
e musicoterapeuta norvegese sottolinea come l’uso della musica, in un
appropriato contesto clinico, possa migliorare le condizioni
psico-fisiche dei malati di Alzheimer o di chi sperimenta una situazione
post-coma. Il suo lavoro di musicoterapia si fonda sulla conoscenza
approfondita della vita del paziente che ha in cura. Il percorso sonoro
scelto da Aldridge ricalcherà le principali fasi esistenziali
dell’individuo con demenza senile o affetto da Alzheimer: ogni musica
corrisponde perciò a un determinato evento, ritenuto importante per il
paziente sul piano psico-emotivo. Attraverso
il riascolto di certi suoni familiari viene stimolata la memoria. In un
secondo momento, la terapia da individuale può trasformarsi in terapia
di gruppo, grazie all’uso collettivo di strumenti musicali, che possono
dar vita a una grande orchestra sonora. L’interscambio fra anziani
affetti da demenza senile, o affetti da Alzheimer, è basilare per
allontanare gli spettri della solitudine e della chiusura.
L’interrelazione aiuta a stimolare parti del cervello sopite e sprona le
persone al movimento. Intensificare questo approccio di gruppo è il
cammino individuato da Aldridge per rallentare i processi di
deterioramento senile. In molte situazioni, Aldridge ha constatato
quanto la musica riesca a far emergere emozioni e impulsi vitali dal
punto di vista comunicativo: solo attraverso questo linguaggio basato
sulle note e talvolta sul canto l’interazione è possibile coi suoi
pazienti. Grazie ai suoni e al dialogo con vari strumenti musicali i
parenti possono nuovamente comunicare con il familiare, recuperando così
una relazione interpersonale qualitativamente migliore. Da quanto
evidenziato, emerge ancor la necessità di valorizzare la musicoterapia,
diffondendola nel quotidiano, nelle scuole, negli ospedali e nelle
cliniche per anziani.
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