Dolorante, arrossata, piena di pellicine è l’unghia
sottoposta per anni agli spietati morsi dei denti, una cattiva abitudine,
chiamata onicofagia, che si abbandona intorno ai 10-12 anni ma che in molte
persone perdura anche in età adulta senza più riuscire a liberarsene.
Cosa ci spinge a mangiare le unghie?
Teoria Freudiana
Secondo la teoria freudiana è un sintomo riconducibile alla
fase della fissazione orale.
La bocca è l’organo con il quale il bambino entra in
contatto con la madre, attraverso il suo seno. In questo periodo della vita del
bambino la sua relazione fondamentale con il mondo esterno è di tipo nutritivo,
con la madre.
Il fanciullo in questa fase tende a portare tutto alla
bocca, dal seno della madre agli oggetti che lo interessano. La bocca diventa
il suo mezzo di contatto con il mondo. Le fissazioni relative a questa fase
sono dette fissazioni orali, e
derivano dalla lunghezza eccessiva o eccessivamente corta di questo periodo.
Tutte le fissazioni orali hanno un
elemento in comune: l’eccessiva inclinazione per comportamenti che coinvolgono
tutto il cavo orale (mangiare, suggere, fumare, bere, etc).
Un trauma in questo periodo o semplicemente la reiterata
frustrazione durante lo svezzamento, possono rendere “orali” i tratti del
carattere di un individuo adulto. L’orale tende ad assumere, trattenere,
morsicare, essere cinico, dominare le situazioni. Tende a chiudere, all’introversione,
a sputare, a rifiutare.
Perchè si estrinseca la consuetudine a
mangiare le unghie secondo la psicoanalisi?
Quando certe situazioni non sono gestibili si scatenano
emozioni difficilmente metabolizzabili. È il caso ad esempio della paura (ma anche
della rabbia), che può verificarsi in varie situazioni (primo giorno di scuola,
nascita di fratellini e/o sorelline, separazioni dei genitori, ecc).
In queste situazioni riportare le emozioni sul corpo è una
strategia per gestire i momenti di frustrazione.
Quando si era piccoli tramite la suzione si riusciva ad ottenere un conforto
ma, una volta cresciuti, la suzione non appare sufficiente e allora il mordere,
strappare e anche il provare dolore, è
utile (ma non funzionale) a riportare qualcosa di ingestibile (poiché
sconosciuto ed intangibile, come le emozioni), a un livello più noto (quello
fisico e tangibile, del corpo).
Soprattutto le donne o i soggetti timidi e remissivi esprimono la loro aggressività o frustrazione rivolgendola verso sé
stessi piuttosto che all’esterno. Si tratta infatti di una forma di autolesionismo. Il rosicchiare trasduce
un’espressione di aggressività che si coniuga, nel caso dell’onicofagia, al
gesto di portare qualcosa alla bocca nei
momenti di agitazione, ansia o rabbia. Spesso è un’abitudine che la persona
mette in atto in modo inconsapevole.
Trasduzione psicologica. Cosa avviene
nell’inconscio
Mangiare le unghie
significa rifiuto degli artigli e quindi non voler affrontare e vivere la
propria aggressività. In questo caso sposta la propria rabbia o frustrazione verso sé stesso.
L’azione di mordere, infatti, è strettamente connessa con la
rabbia e con la volontà di agire per affermare la propria personalità. Mangiarsi le unghie è quindi un modo
per tenere a bada i propri impulsi aggressivi nascondendo così una parte
importante della propria personalità.
Palliativi per evitare che il bambino si
morda le unghie
Alcuni smalti maleodoranti
avrebbero lo scopo di fare associare al bambino il ribrezzo provocato
dallo smalto con l’attività onicofagica.
Questo sistema in alcuni casi funziona, eliminando spesso completamente il
gesto malsano del mangiarsi le unghie,
ma quasi sempre non porta ad una risoluzione della problematica, quanto invece
a uno spostamento.
Il condizionamento creato tra odore e unghie effettivamente riduce il gesto, ma porta in diversi casi a
spostare l’attività “autodistruttiva” in altre zone del corpo, oppure ad
adottare altre modalità.
Pertanto i rimedi più “rapidi” non sempre si rivelano come i
più efficaci e questo perché si trascura (sempre più spesso) l’indagine e la
ricerca delle motivazioni che possono stare dietro all’inizio dell’attività onicofagica, soffermandosi solo sul
“fenomeno visibile”, il sintomo.
Eliminare il comportamento può essere possibile solo nel
momento in cui il bambino imparerà a gestire emozioni particolarmente spinose,
proprio come la paura, la rabbia, ecc.
Per curare il problema bisogna capire quali siano i motivi
di tale ansia ed aggressività e perché si prediliga lo sfogo verso sé stessi e
non verso l’esterno.
È importante dunque accettare l’esistenza di questa nostra
pulsione e di conseguenza aprire la nostra mente a vie di sfogo diverse
dell’aggressività: quest’ultima infatti se incanalata in modo adeguato può dar
vita a meravigliose espressioni creative e non distruttive che appartengono
alla sfera dell’arte o dello sport o del gioco e via dicendo.
Dott.ssa Anna Maria
Sepe, psicoanalista
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