venerdì 14 febbraio 2014

Le tracce segrete della nostra social esistenza

Dopo dieci anni di Facebook abbiamo compilato nei nostri profili il più potente strumento di lettura della nostra personalità. Di quello che vorremmo essere e di quello che mai vorremmo rivelare di noi
gianluca nicoletti
Noi arrediamo i nostri spazi vitali lasciando tracce indelebili della nostra personalità. Naturalmente questo accade per gli spazi concreti, quanto per quelli immateriali. La mappa inconsapevole di chi siamo è più facile che sia pubblicamente esposta a migliaia di persone nei social media, piuttosto che a quelle poche decine che magari entrano nel salotto di casa nostra.  
E’ facile dedurre che mai quanto ora chi ha lo sguardo allenato, e strumenti professionali affinati, di noi può scoprire molto di più di quello che pensiamo o vogliamo condividere, che è già moltissimo. Sam Gosling è un giovane e carismatico psicologo sociale dell’Università di Austin in Texas e da anni studia e classifica in maniera, quasi maniacale, le diverse maniere che abbiamo di riempire di oggetti gli spazi che abitiamo, in particolare uffici e camere da letto.
E’ una maniera per esprimere “rivendicazioni d’indentità consapevole”, vale a dire ci costruiamo aspetti di noi che desideriamo comunicare al prossimo. Mi viene da citare gli orpelli di frequentazioni culturali che in ogni casa è facile individuare come pura scenografia emotiva.  E' l’ esempio di strumenti musicali che nessuno suona, libri d’ arte ingombranti che nessuno ha sfogliato, rastrelliere di bottiglie di vini pregiati che nessuno beve.  
Gli stessi spazi sono occupati secondo Gosling da residui emotivi che restano appesi a oggetti significativi legati a un viaggio, un luogo a noi caro o a una persona con la quale desideriamo mantenere un link ideale e di cui conserviamo, ad esempio, la foto o qualcosa che ce la ricordi, delegando a questo “feticcio” la speranza di poterla rivedere.  
Più subdoli e pericolosi, per la custodia del nostro prezioso privato, sono quegli indizi inconsapevoli che seminiamo attorno a noi e che Gosling definisce “residui del comportamento inconscio”. Qui le nostre abitudini segrete, i nostri tic, le nostre debolezze, i nostri comportamenti indicibili possono essere rivelati passando in rassegna i nostri spazi vitali , come uno scanner rivelatore d’ indizi applicato al teatro di un crimine.  
E’ pesante ammetterlo, ma questo è l'allestimento teatrale, di cui siamo noi stessi gli scenografi. Per tutto il corso vita curiamo la rappresentazione che, volenti o nolenti, facciamo di noi nel corso della nostra vita. Negli ultimi dieci anni abbiamo compilato una classificazione dei nostri comportamenti  e ne abbiamo pubblicato l'archivio storico, giorno per giorno, attraverso i social media.  Gosling ha naturalmente dedotto che la tracciabilità della personalità attraverso gli oggetti si riflette anche nelle nostre identità on-line. Chi abbia strumenti professionali adatti può facilmente dedurre aspetti non immediatamente visibili  di chiunque, solo  studiando il suo profilo Facebook.  E' il luogo  dove creiamo dettagliati elenchi personali delle nostre simpatie e antipatie, condividiamo link, postiamo fotografie ed esprimiamo stati d’ animo che non sempre comunichiamo, nemmeno alle persone a noi fisicamente più vicine.  
Sempre più spesso, le nostre pagine  Facebook sono i depositi dove conserviamo i nostri oggetti mentali, i nostri profili sono diventati gigantesche attestazioni di identità. Nel bilancio quotidiano delle nostre relazioni non possiamo non valutare l' attività di social networking, che alla fine è lo strumento che una fetta importante dell’umanità digitalmente dotata usa per una costante auto-verifica di sé, come di quanto si desideri essere conosciuti e compresi dal nostro prossimo, soprattutto per quello che noi valutiamo la parte più “vendibile” di noi stessi.   
Per la nostra serenità è però importante non porci mai il problema di quello che veramente si potrebbe leggere di noi, se vogliamo vivere in leggerezza la nostra social esistenza, fatta salva la salvaguardia basilare della nostra sicurezza e dei nostri dati sensibili, meglio non pensare troppo a  chi potrebbe passare in rassegna le nostre tracce digitali, usando uno  sguardo ben più insidioso e capillare di un nostro distratto amico o follower.  

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