Al processo Finmeccanica in corso a Busto Arsizio, il pm Eugenio Fusco mostra la lista delle personalità di New Delhi su cui il gruppo industriale made in Italy voleva fare pressioni: si va dal braccio destro di Sonia Gandhi al premier Singh
Ecco
la carta che potrebbe rendere incandescente la partita tra il governo indiano e l’Italia. Da un lato il destino
dei nostri marò, Massimiliano La
Torre e Salvatore
Girone. Dall’altro lato, secondo un documento agli atti della
Procura di Busto Arsizio,
ci sono politici in India che hanno preso mazzette milionarie da Finmeccanica per la commessa
degli elicotteri Agusta
del 2010. La lettera che potrebbe complicare le relazioni tra i due Paesi la
pubblichiamo accanto ed è stata trovata nella villa sul lago di Lugano del
consulente italiano residente in Svizzera, Guido Ralph Haschke, imputato per corruzione
insieme all’ex presidente di Finmeccanica Giusppe Orsi e ad altri consulenti e manager, con
l’accusa di avere pagato 30 milioni di euro di mazzette a pubblici ufficiali
indiani per favorire Agusta
Westland nella gara per la commessa degli elicotteri AW101.
Quando nell’aprile del 2012 entrarono nella sua casa gli inquirenti italiani e
svizzeri, Haschke finse un malore
e si accasciò sul suo letto. Sotto c’era una valigia piena di documenti che il
consulente di origini piemontesi aveva lasciato lì, convinto che la sua cittadinanza svizzera fosse uno
schermo contro l’invadenza dei carabinieri del NOE guidati da Sergio De Caprio, alias Ultimo,
e dei pm napoletani Vincenzo
Piscitelli ed Henry
John Woodcock.
Tra
le carte della valigia c’era la lettera che, dopo il passaggio per competenza
dell’indagine da Napoli
a Busto Arsizio, il pm Eugenio
Fusco ha studiato e saputo valorizzare al meglio, coordinandola
con un appunto manoscritto dallo stesso Haschke, a suo dire sotto dettatura del
suo coindagato Christian Mitchell,
con una lista con le sigle dei ruoli o dei nomi dei beneficiari delle mazzette
indiane. Giovedì 9 gennaio
era in corso il controesame di Haschke da parte delle difese e al termine il pm
Fusco ha calato tre carte: la lettera, l’appunto manoscritto e una foto di Sonia Gandhi con il suo principale
collaboratore Ahmed Patel.
Se il tris di Fusco, riprodotto nel fotomontaggio, era d’assi o di due di
picche lo dirà solo il Tribunale
al termine del giudizio.
La
prima carta calata dal pm il 9 gennaio, è in inglese e suona così: “15 Marzo,
2008. All’attenzione di Mister Peter
Hulett (responsabile vendite di Agusta Westland in India Ndr). Caro Peter, poiché
la Signora Gandhi è la forza trainante dietro i V.I.P. (cioé gli elicoitteri
predisposti al trasporto delle autorità indiane che dovevano essere acquistati
dal governo pagando ad Agusta 556 milioni Ndr), lei non volerà più con il MI-8 (il vecchio elicottero
russo della flotta governativa che Sonia Gandhi usava e che usano tuttora
alcune personalità indiane, Ndr). La Signora Gandhi e i suoi più stretti collaboratori
sono le persone alle quali l’Alto
Commissario (l’ambasciatore della Gran Bretagna: Agusta Westland è anche
britannica, Ndr) dovrebbe mirare”. Dopo questo riferimento a Sonia Gandhi come “forza
trainante” segue la lista delle personalità da mettere nel mirino diplomatico,
su richiesta di Agusta.
La
lettera non sarebbe imbarazzante se non fosse per il firmatario: Mitchell si è occupato, secondo
i pm, del pagamento delle mazzette e ora sta tranquillo a Dubai. La lista è impressionante
: 1) Manmonah Singh
(premier dell’India, Ndr); 2) Ahmed
Patel (segretario politico di Sonia Gandhi Ndr); 3) Pranab Mukherjee (presidente
dell’India dal 2012, nel 2008 ministro degli esteri Ndr); 4) M. Veerappa Moily (ministro
dell’energia, Ndr); 5) Oscar
Fernandes (Ministro dei Trasporti, Ndr); 6) M.K. Narayanan (Governatore del
Bengala, Ndr); 7) Vinay Singh
(Capo delle Ferrovie indiane, Ndr). La lista delle personalità da suggerire
all’ambasciatore si chiude con un brusco “saluti Christian”. Il pm Fusco, dopo
avere mostrato la lettera con il nome di Sonia Gandhi e di Ahmed Patel, suo
collaboratore strettissimo, il 9 gennaio, ha calato la seconda carta: la lista
delle mazzette, già emersa in una precedente udienza del dicembre scorso ma non
collegata al secondo documento in quella sede (AP si pensava potesse essere Alleanza Popolare, nome del
partito).
La
lista, scritta a penna da Haschke, sotto dettatura di Mitchell stando al
racconto del mediatore svizzero,
si divide in quattro parti, ciascuna con una sigla corrispondente a una
categoria di corrotti. AF sta per
Air Force, 6 milioni; BUR,
cioé burocrati ai quali vanno 8,4 milioni; poi i POL, cioé i politici, a cui
vanno 6 milioni dei quali 3 milioni a un misterioso AP. Fusco mette sotto il naso di
Haschke i due documenti: “Dottor Haschke, ma secondo lei questo AP dei tre
milioni a cui fa riferimento Mitchell nell’appunto manoscritto è Ahmed Patel
della lettera?”.
Haschke risponde: “Anche io sarei arrivato alle sue stesse conclusioni ma a me
Mitchell non lo ha detto e io non lo conosco”. Il pm mostra una delle tante
foto di Patel accanto a Sonia Gandhi. E richiede ad Haschke chi è Patel.
L’italo-svizzero insiste: “Conosco solo Sonia Gandhi”. I rappresentanti legali
del governo indiano
presenti all’udienza sono saltati sulla sedia.
Il
10 gennaio sui giornali indiani
compaiono due notizie. La prima, pubblicata per esempio dall’Indian Express che segue meglio
dei media italiani il processo di Busto, era la cronaca dell’interrogatorio di
Fusco sulle mazzette da 3 milioni, su AP, sul collaboratore di Sonia Gandhi e
sulla lettera che la citava. Lo stesso giorno compare sui giornali indiani la
notizia che fredda le famiglie dei nostri fucilieri reclusi in India da due anni: “La
decisione se applicare o meno la pena di morte sarà valutata dal governo
indiano nel giro di due o tre giorni”, faceva filtrare proprio quel giorno il
ministro dell’Interno indiano, Sushil
Kamar Shinde. I giornali italiani, come Libero, parlavano di “repentino
cambio di scenario: solo ieri, giovedì 9 gennaio, il ministro degli Esteri, Salman Khurshid, aveva escluso
ancora una volta l’applicazione della pena capitale ai due militari italiani,
accusati dell’omicidio di due pescatori”.
La
sensazione netta è che i due procedimenti
penali, quello contro i marò in India e quello dal quale
potrebbero emergere i rappresentanti (per ora sconosciuti) della politica
indiana che avrebbero preso le mazzette,
sono vicende incrociate. Le stranezze delle due storie, se le si riguarda
insieme, sembrano avere più senso. Il governo indiano ha congelato la commessa che sarebbe stata vinta
secondo il pm Fusco grazie alle mazzette da Agusta ma fa filtrare l’idea di un arbitrato, notoriamente il
preludio a una chiusura morbida. Anche sul fronte del processo ai marò si resta
in un limbo giuridico. L’accusa non ha ancora formulato un capo di imputazione e una
questione ormai chiusa, come quella della pena di morte, è stata riaperta a
sorpresa il 10 gennaio, dopo l’interrogatorio di Fusco ad Haschke su Ahmed
Patel, e ieri è stata nuovamente rimessa in un cassetto dal governo indiano. A
primavera ci sono le elezioni in India, il partito di Sonia Gandhi potrebbe
essere in difficoltà proprio per la vicenda degli elicotteri. E questa non è una
buona notizia per i marò.
da Il Fatto Quotidiano del 31 gennaio 2014
ecco perchè siamo passati dal "feremo il possibile per riportare i nostri ragazzi a casa prima possibile" al "silenzio assoluto sull'argomento da parte di tutti i media"
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