Petizione contro la “Strategia” dell’UNAR e le direttive dell’OMS: proteggiamo i bambini!
La petizione sarà indirizzata a: il Presidente
del Consiglio dei Ministri; il Ministro degli Interni; il Ministro
dell’Istruzione; il Ministro per le Pari Opportunità; il Ministro della
Salute; l’Autorità Garante nazionale per l’infanzia e l’adolescenza; la
Commissione Parlamentare per l’infanzia.
Contro la “Strategia nazionale” dell’UNAR
Con la presente petizioni chiediamo, in primo luogo, che si prendano
provvedimenti per disapplicare e ritirare la “Strategia nazionale per la
prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate
sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere (2013 -2015)”
emanata dall’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali, parte del
Dipartimento per le Pari Opportunità. Questo documento infatti,
piuttosto che promuovere valori veri, condivisi dal popolo italiano e
coerenti con la Costituzione, promuove una vera e propria ideologia
contro natura, sostenuta da una esigua minoranza, e che contrasta in
molti punti con i principi costituzionali.
La “Strategia nazionale” accoglie le rivendicazioni delle
associazioni omosessualiste e si fonda sulla ideologia detta “teoria del
gender” (gender theory). Questa teoria si basa sul concetto di
“identità di genere” intesa come soggettiva percezione di appartenenza a
un “sesso”, anzi, a un “genere” anche indipendentemente dal proprio
sesso biologico: sarebbe questa “identità di genere” il solo fattore
importante per decidere il proprio comportamento sessuale e il “ruolo”
nella società. Ne segue una visione in cui ogni “orientamento sessuale”
ha pari dignità essendo importante, in fin dei conti, non una realtà
umana naturale (biologica, psicologica e morale) ma una scelta
assolutamente soggettiva: ogni valutazione morale o giuridica di favore o
di disfavore verso l’uno o l’altro “orientamento” viene vista come
“discriminatoria”. Conseguentemente viene vista come discriminatoria e
“eterosessista” la posizione di coloro che riconoscono nella famiglia e
nel matrimonio “eterosessuale” l’unica forma di famiglia o di matrimonio
legittimo. Questa teoria è contraria alla realtà della persona come
essere sessuato ed è priva di ogni seria base scientifica: infatti sia
il “comportamento” che il “ruolo sociale” sono intimamente legati al
sesso biologico, che, oltre a derivare da un fattore genetico
ineliminabile, determina importanti differenze a livello somatico,
funzionale, ormonale e persino nella struttura dell’encefalo. Così ogni
scissione tra “l’identità” e il proprio corpo sessuato, oltre ad essere
una finzione, non può che costituire una profonda frattura nella
personalità, con pesanti conseguenze sul profilo psicologico.
La “teoria del gender” è accolta pienamente dalla “Strategia
nazionale” dell’UNAR: ciò si evince chiaramente già dallo stesso titolo
del documento, dal richiamo costante a concetti quali “identità di
genere” (§6. Glossario [p.39] “la percezione di sé come maschio o come femmina o in una condizione non definita”),
“transgender”, ecc., dalla promozione dei diversi tipi di “famiglie”
senza alcuna distinzione, dal sostegno ai processi di “transizione di
genere” (§3.3 [p.13]), dalla parificazione di ogni “orientamento
affettivo” (4.1.2. g. [p.17]), et similia.
Il documento poi non maschera l’aperto appoggio dato alle
associazioni LGBT e fa sue tutte le rivendicazioni tipiche di queste
realtà (vedi: §1.Presentazione [p.5]). Dichiara addirittura di voler “favorire l’empowerment delle persone LGBT nelle scuole, sia tra gli insegnanti che tra gli alunni”
(§4.1.2. e. [p.17]). È assolutamente inammissibile questa presa di
posizione così sfacciatamente schierata a favore delle associazioni
LGBT, specie da parte di uno Stato che si vorrebbe ideologicamente
neutrale.
Le idee veicolate dalla “Strategia nazionale”, inoltre, non sono
condivise dal popolo italiano ma anzi ad esso sono imposte: in primo
luogo agli insegnanti ed agli studenti. Infatti, il popolo italiano
privilegia (com’è normale) la famiglia fondata sul matrimonio naturale
nel quale i figli sono educati da un “padre” e una “madre”: questo si
evince persino dalle statistiche presentate dall’UNAR nel documento in
questione, dalle quali si deduce che il 56% degli italiani è contrario
ai “matrimoni omosessuali” e addirittura l’80% è contrario alle adozioni
in favore di coppie omosessuali (§3.1 [p.10]). La “Strategia” poi mira a
“dare un forte impulso a quel processo di cambiamento culturale così fortemente auspicato”
(§1. Presentazione della strategia [p.4]) ammettendo così
implicitamente che la cultura attuale del popolo è diversa da quella
auspicata, promossa, imposta. La “Strategia” discrimina quei milioni di
italiani che sostengono che l’espressione dell’omosessualità e della
transessualità non corrisponda a comportamenti compatibili con la morale
naturale e sia problematica sul piano psicologico, poiché li ritiene
“eterosessisti” e, almeno potenzialmente, pericolosi “omofobi” (vedi §6.
Glossario [p.40]: “ETEROSESSISMO”).
Gli stessi punti fin qui esposti della “Strategia nazionale” rendono
evidente, sotto un altro profilo, la sua incostituzionalità: contraddice
i valori condivisi dal popolo italiano, così come espressi dalla
Costituzione. In particolare è palese il contrasto con l’art. 29 Cost.
“La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale
fondata sul matrimonio”: in nessun luogo del documento si rende ragione
di questo “privilegio” accordato dalla Costituzione alla famiglia
naturale: anzi i presupposti e gli scopi della strategia svuotano questo
fondamentale articolo di ogni senso. L’imposizione della “teoria del
gender” e delle ideologie LGBT lede il diritto di professare liberamente
la propria religione (anche in materia sessuale), riconosciuto
dall’art. 19 Cost. Il contrasto con la libera professione della
religione è persino implicitamente riconosciuto: “… incitamenti
all’odio e alla discriminazione permangono nelle dichiarazioni
provenienti (…) da alcuni rappresentanti delle istituzioni (…)
ecclesiastiche (…) L’identificazione dell’omosessualità con una malattia
dalla quale si può essere curati o “salvati” appare come uno stigma
tuttora di forte presa sull’opinione pubblica” (§4.4.1 [p.32]). I
redattori del documento non possono ignorare che la religione
maggioritaria del popolo italiano dichiara che, nonostante tutto il
rispetto e la carità dovuti alle persone, “«gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati». … In nessun caso possono essere approvati” (n. 2357 CCC).
Infine la summenzionata impostazione ideologica della “Strategia
nazionale”, in campo educativo, minaccia la libertà di pensiero (art. 21
Cost.), in particolare degli insegnanti, e la libertà di insegnamento e
di educazione (art. 33 Cost.) degli insegnanti, degli studenti e dei
genitori di questi (in riferimento anche all’art.30 Cost.), in una
materia così delicata come quella della sessualità: contrasterebbe
infatti con la “Strategia nazionale” un insegnamento che presentasse
l’espressione dell’omosessualità e della transessualità come moralmente
riprovevole e psicologicamente negativa, che ricordasse che “l’identità
sessuale” deve fondarsi sulla realtà naturale, e così via. Per gli
stessi motivi si ravvisa una violazione degli artt. 18 e 26 della
Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo.
Contro gli “Standards for Sexuality Education in Europe” dell’OMS
In secondo luogo, con la presente petizione chiediamo, in modo
preventivo, che non venga data nessuna attuazione a, né vengano recepite
in alcun modo da alcuna istituzione nazionale, le direttive
dell’Organizzazione Mondiale della Sanità sull’educazione sessuale,
denominate: “Standards for Sexuality Education in Europe” (“Standard di
Educazione Sessuale in Europa”) ed emanate, specificamente, dal “WHO
Regional Office for Europe” e dal “BZgA”.
Anche in questo documento si accoglie almeno parzialmente l’ideologia
del “gender” (vedi: Part 1.4 [p.27]; The matrix, 9-12 years; The
matrix, 0-4 years [p.38]: ecc.). Gli “Standards” pongono tutti i
problemi evidenziati in relazione alla “Strategia nazionale” e qualche
volta li aggravano, proponendo un’educazione sessuale sostanzialmente
edonista, che parifica ogni “orientamento sessuale”, che promuove
contraccezione e aborto come unici rimedi alle “gravidanze
indesiderate”, che si basa su una sessualizzazione precoce del bambino, e
che, almeno in un punto, istiga a comportamenti che potrebbero
integrare la fattispecie di pedofilia.
Gli “Standards” presentano i rilievi di incostituzionalità già visti
per la “Strategia nazionale”. In particolare, il documento sostiene che,
quando i bambini hanno solo da 4 a 6 anni, bisogna già informarli sulle
“relazioni omosessuali” (sempre in chiave “positiva” e
“non-discriminatoria”) e sui diversi concetti di “famiglia”. Da 9 a 12
anni i bambini dovrebbero essere resi capaci di “utilizzare preservativi e altri contraccettivi in modo efficace per il futuro”. Da 12 a 15 anni bisognerebbe informarli sulla “identità di genere e l’orientamento sessuale”. Dopo i 15 anni, l’educatore dovrebbe aiutare l’adolescente a sviluppare “una visione critica delle differenti norme culturali e religiose relative alla gravidanza, alla genitorialità, ecc.”, nonché aiutarlo a superare “possibili sentimenti negativi” nei confronti dell’omosessualità, per arrivare alla “accettazione e celebrazione delle differenze sessuali”.
E’ chiaro come un’educazione così impostata, oltre a essere immorale e
contraria al buon costume, qualora fosse recepita nel nostro paese,
contraddirebbe gli artt. 19, 21, 30 e 33 Cost. costituendo una lesione
alla libertà di pensiero degli insegnanti, alla libertà in campo
religioso sia dei bambini che dei genitori, e alle prerogative di questi
ultimi nell’educazione dei loro figli, specie in una materia così
delicata come quella sessuale.
Ma non è tutto: da 0 a 4 anni (sic!), oltre a dover imparare a “fidarsi dei loro istinti” e sapere di avere il “diritto di esplorare le diverse identità di genere” (sic!), i bambini dovrebbero essere informati “sul piacere nel toccare il proprio corpo, e sulla masturbazione infantile precoce”, ad esempio “nel contesto del gioco del dottore”.
Qui si va oltre ogni limite, istigando, in pratica, alla pedofilia:
come infatti informare efficacemente un bambino di 2 o 3 anni, sul
piacere che ci sarebbe nella masturbazione infantile precoce, senza
aprire alla possibilità di compiere o rappresentare atti sessuali sul (o
in presenza del) bambino? Soprattutto quando si riconosce che
l’educazione, cominciando alla nascita, passa nelle prime fasi
attraverso “messaggi non-verbali” (Part 2, 1.3) come gesti e immagini?
L’ordinamento italiano, proprio per tutelare l’infanzia contro la
pedofilia e la pedo-pornografia dilagante, accoglie un concetto ampio di
“atti sessuali” e punisce con pene severe, nell’art. 609-quater c.p.,
chi compie “atti sessuali con minorenne”, e nell’art. 609-quinquies
(“Corruzione di minorenne”) chiunque compie atti sessuali in presenza di
persona minore di anni quattordici, “ovvero mostra alla medesima materiale pornografico, al fine di indurla a compiere o a subire atti sessuali”,
tra l’altro prevedendo in entrambi i casi pene più gravi se il
colpevole è il genitore, convivente, tutore, educatore, ecc. Visto che
gli “Standards” dell’OMS possono istigare a questi atti penalmente
rilevanti, gli insegnanti o genitori che promuovessero queste direttive,
nonché gli stessi redattori del documento, violerebbero la legge
penale, in particolare l’art. 414-bis che punisce la “Istigazione a
pratiche di pedofilia e di pedopornografia”.
Per tutti questi motivi
chiediamo dunque che venga posto in essere dalle autorità competenti
ogni provvedimento necessario perché si ritiri, disapplichi, oppure
perché si impedisca il recepimento e l’applicazione, della “Strategia
nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate
sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere (2013 -2015)” e
degli “Standards for Sexuality Education in Europe”. Nel caso di inerzia
le stesse autorità si renderebbero gravemente complici della corruzione
dell’infanzia e della lesione di diritti fondamentali degli individui e
delle famiglie, ponendosi così fuori da ogni legalità, anche
costituzionale.
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