giovedì 23 gennaio 2014

Firmiano contro una legge contro-natura e contro i bambini.

Petizione contro la “Strategia” dell’UNAR e le direttive dell’OMS: proteggiamo i bambini!


La petizione sarà indirizzata a: il Presidente del Consiglio dei Ministri; il Ministro degli Interni; il Ministro dell’Istruzione; il Ministro per le Pari Opportunità; il Ministro della Salute; l’Autorità Garante nazionale per l’infanzia e l’adolescenza; la Commissione Parlamentare per l’infanzia.
Contro la “Strategia nazionale” dell’UNAR

Con la presente petizioni chiediamo, in primo luogo, che si prendano provvedimenti per disapplicare e ritirare la “Strategia nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere (2013 -2015)” emanata dall’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali, parte del Dipartimento per le Pari Opportunità. Questo documento infatti, piuttosto che promuovere valori veri, condivisi dal popolo italiano e coerenti con la Costituzione, promuove una vera e propria ideologia contro natura, sostenuta da una esigua minoranza, e che contrasta in molti punti con i principi costituzionali.
La “Strategia nazionale” accoglie le rivendicazioni delle associazioni omosessualiste e si fonda sulla ideologia detta “teoria del gender” (gender theory). Questa teoria si basa sul concetto di “identità di genere” intesa come soggettiva percezione di appartenenza a un “sesso”, anzi, a un “genere” anche indipendentemente dal proprio sesso biologico: sarebbe questa “identità di genere” il solo fattore importante per decidere il proprio comportamento sessuale e il “ruolo” nella società. Ne segue una visione in cui ogni “orientamento sessuale” ha pari dignità essendo importante, in fin dei conti, non una realtà umana naturale (biologica, psicologica e morale) ma una scelta assolutamente soggettiva: ogni valutazione morale o giuridica di favore o di disfavore verso l’uno o l’altro “orientamento” viene vista come “discriminatoria”. Conseguentemente viene vista come discriminatoria e “eterosessista” la posizione di coloro che riconoscono nella famiglia e nel matrimonio “eterosessuale” l’unica forma di famiglia o di matrimonio legittimo. Questa teoria è contraria alla realtà della persona come essere sessuato ed è priva di ogni seria base scientifica: infatti sia il “comportamento” che il “ruolo sociale” sono intimamente legati al sesso biologico, che, oltre a derivare da un fattore genetico ineliminabile, determina importanti differenze a livello somatico, funzionale, ormonale e persino nella struttura dell’encefalo. Così ogni scissione tra “l’identità”  e il proprio corpo sessuato, oltre ad essere una finzione, non può che costituire una profonda frattura nella personalità, con pesanti conseguenze sul profilo psicologico.
La “teoria del gender” è accolta pienamente dalla “Strategia nazionale” dell’UNAR: ciò si evince chiaramente già dallo stesso titolo del documento, dal richiamo costante a concetti quali “identità di genere” (§6. Glossario [p.39] “la percezione di sé come maschio o come femmina o in una condizione non definita”), “transgender”, ecc., dalla promozione dei diversi tipi di “famiglie” senza alcuna distinzione, dal sostegno ai processi di “transizione di genere” (§3.3 [p.13]), dalla parificazione di ogni “orientamento affettivo” (4.1.2. g. [p.17]), et similia.
Il documento poi non maschera l’aperto appoggio dato alle associazioni LGBT e fa sue tutte le rivendicazioni tipiche di queste realtà (vedi: §1.Presentazione [p.5]). Dichiara addirittura di voler “favorire l’empowerment delle persone LGBT nelle scuole, sia tra gli insegnanti che tra gli alunni” (§4.1.2. e. [p.17]). È assolutamente inammissibile questa presa di posizione così sfacciatamente schierata a favore delle associazioni LGBT, specie da parte di uno Stato che si vorrebbe ideologicamente neutrale.
Le idee veicolate dalla “Strategia nazionale”, inoltre, non sono condivise dal popolo italiano ma anzi ad esso sono imposte: in primo luogo agli insegnanti ed agli studenti. Infatti, il popolo italiano privilegia (com’è normale) la famiglia fondata sul matrimonio naturale nel quale i figli sono educati da un “padre” e una “madre”: questo si evince persino dalle statistiche presentate dall’UNAR nel documento in questione, dalle quali si deduce che il 56% degli italiani è contrario ai “matrimoni omosessuali” e addirittura l’80% è contrario alle adozioni in favore di coppie omosessuali (§3.1 [p.10]). La “Strategia” poi mira a “dare un forte impulso a quel processo di cambiamento culturale così fortemente auspicato” (§1. Presentazione della strategia [p.4]) ammettendo così implicitamente che la cultura attuale del popolo è diversa da quella auspicata, promossa, imposta. La “Strategia” discrimina quei milioni di italiani che sostengono che l’espressione dell’omosessualità e della transessualità non corrisponda a comportamenti compatibili con la morale naturale e sia problematica sul piano psicologico, poiché li ritiene “eterosessisti” e, almeno potenzialmente, pericolosi “omofobi” (vedi §6. Glossario [p.40]: “ETEROSESSISMO”).
Gli stessi punti fin qui esposti della “Strategia nazionale” rendono evidente, sotto un altro profilo, la sua incostituzionalità: contraddice i valori condivisi dal popolo italiano, così come espressi dalla Costituzione. In particolare è palese il contrasto con l’art. 29 Cost. “La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio”: in nessun luogo del documento si rende ragione di questo “privilegio” accordato dalla Costituzione alla famiglia naturale: anzi i presupposti e gli scopi della strategia svuotano questo fondamentale articolo di ogni senso. L’imposizione della “teoria del gender” e delle ideologie LGBT lede il diritto di professare liberamente la propria religione (anche in materia sessuale), riconosciuto dall’art. 19 Cost. Il contrasto con la libera professione della religione è persino implicitamente riconosciuto: “… incitamenti all’odio e alla discriminazione permangono nelle dichiarazioni provenienti (…) da alcuni rappresentanti delle istituzioni (…) ecclesiastiche (…) L’identificazione dell’omosessualità con una malattia dalla quale si può essere curati o “salvati” appare come uno stigma tuttora di forte presa sull’opinione pubblica” (§4.4.1 [p.32]). I redattori del documento non possono ignorare che la religione maggioritaria del popolo italiano dichiara che, nonostante tutto il rispetto e la carità dovuti alle persone, “«gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati». … In nessun caso possono essere approvati” (n. 2357 CCC).
Infine la summenzionata impostazione ideologica della “Strategia nazionale”, in campo educativo, minaccia la libertà di pensiero (art. 21 Cost.), in particolare degli insegnanti, e la libertà di insegnamento e di educazione (art. 33 Cost.) degli insegnanti, degli studenti e dei genitori di questi (in riferimento anche all’art.30 Cost.), in una materia così delicata come quella della sessualità: contrasterebbe infatti con la “Strategia nazionale” un insegnamento che presentasse l’espressione dell’omosessualità e della transessualità come moralmente riprovevole e psicologicamente negativa, che ricordasse che “l’identità sessuale” deve fondarsi sulla realtà naturale, e così via. Per gli stessi motivi si ravvisa una violazione degli artt. 18 e 26 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo.
Contro gli “Standards for Sexuality Education in Europe” dell’OMS
In secondo luogo, con la presente petizione chiediamo, in modo preventivo, che non venga data nessuna attuazione a, né vengano recepite in alcun modo da alcuna istituzione nazionale, le direttive dell’Organizzazione Mondiale della Sanità sull’educazione sessuale, denominate: “Standards for Sexuality Education in Europe” (“Standard di Educazione Sessuale in Europa”) ed emanate, specificamente, dal “WHO Regional Office for Europe” e dal  “BZgA”.
Anche in questo documento si accoglie almeno parzialmente l’ideologia del “gender” (vedi: Part 1.4 [p.27]; The matrix, 9-12 years; The matrix, 0-4 years [p.38]: ecc.). Gli “Standards” pongono tutti i problemi evidenziati in relazione alla “Strategia nazionale” e qualche volta li aggravano, proponendo un’educazione sessuale sostanzialmente edonista, che parifica ogni “orientamento sessuale”, che promuove contraccezione e aborto come unici rimedi alle “gravidanze indesiderate”, che si basa su una sessualizzazione precoce del bambino, e che, almeno in un punto, istiga a comportamenti che potrebbero integrare la fattispecie di pedofilia.
Gli “Standards” presentano i rilievi di incostituzionalità già visti per la “Strategia nazionale”. In particolare, il documento sostiene che, quando i bambini hanno solo da 4 a 6 anni, bisogna già informarli sulle “relazioni omosessuali” (sempre in chiave “positiva” e “non-discriminatoria”) e sui diversi concetti di “famiglia”. Da 9 a 12 anni i bambini dovrebbero essere resi capaci di “utilizzare preservativi e altri contraccettivi in modo efficace per il futuro”. Da 12 a 15 anni bisognerebbe informarli sulla “identità di genere e l’orientamento sessuale”. Dopo i 15 anni, l’educatore dovrebbe aiutare l’adolescente a sviluppare “una visione critica delle differenti norme culturali e religiose relative alla gravidanza, alla genitorialità, ecc.”, nonché aiutarlo a superare “possibili sentimenti negativi” nei confronti dell’omosessualità, per arrivare alla “accettazione e celebrazione delle differenze sessuali”. E’ chiaro come un’educazione così impostata, oltre a essere immorale e contraria al buon costume, qualora fosse recepita nel nostro paese, contraddirebbe gli artt. 19, 21, 30 e 33 Cost. costituendo una lesione alla libertà di pensiero degli insegnanti, alla libertà in campo religioso sia dei bambini che dei genitori, e alle prerogative di questi ultimi nell’educazione dei loro figli, specie in una materia così delicata come quella sessuale.
Ma non è tutto: da 0 a 4 anni (sic!), oltre a dover imparare a “fidarsi dei loro istinti” e sapere di avere il “diritto di esplorare le diverse identità di genere” (sic!), i bambini dovrebbero essere informati “sul piacere nel toccare il proprio corpo, e sulla masturbazione infantile precoce”, ad esempio “nel contesto del gioco del dottore”. Qui si va oltre ogni limite, istigando, in pratica, alla pedofilia: come infatti informare efficacemente un bambino di 2 o 3 anni, sul piacere che ci sarebbe nella masturbazione infantile precoce, senza aprire alla possibilità di compiere o rappresentare atti sessuali sul (o in presenza del) bambino? Soprattutto quando si riconosce che l’educazione, cominciando alla nascita, passa nelle prime fasi attraverso “messaggi non-verbali” (Part 2, 1.3) come gesti e immagini?
L’ordinamento italiano, proprio per tutelare l’infanzia contro la pedofilia e la pedo-pornografia dilagante, accoglie un concetto ampio di “atti sessuali” e punisce con pene severe, nell’art. 609-quater c.p., chi compie “atti sessuali con minorenne”, e nell’art. 609-quinquies (“Corruzione di minorenne”) chiunque compie atti sessuali in presenza di persona minore di anni quattordici, “ovvero mostra alla medesima materiale pornografico, al fine di indurla a compiere o a subire atti sessuali”, tra l’altro prevedendo in entrambi i casi pene più gravi se il colpevole è il genitore, convivente, tutore, educatore, ecc. Visto che gli “Standards” dell’OMS possono istigare a questi atti penalmente rilevanti, gli insegnanti o genitori che promuovessero queste direttive, nonché gli stessi redattori del documento, violerebbero la legge penale, in particolare l’art. 414-bis che punisce la “Istigazione a pratiche di pedofilia e di pedopornografia”.
Per tutti questi motivi
chiediamo dunque che venga posto in essere dalle autorità competenti ogni provvedimento necessario perché si ritiri, disapplichi, oppure perché si impedisca il recepimento e l’applicazione, della “Strategia nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere (2013 -2015)” e degli “Standards for Sexuality Education in Europe”. Nel caso di inerzia le stesse autorità si renderebbero gravemente complici della corruzione dell’infanzia e della lesione di diritti fondamentali degli individui e delle famiglie, ponendosi così fuori da ogni legalità, anche costituzionale.
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