Siamo davvero sicuri che la mammografia sia utile per prevenire il cancro al seno?
Secondo uno studio pubblicato sul New England Journal of Medecine, la risposta è negativa.
“Abbiamo
riscontrato che non vi è stata una riduzione degli stadi terminale del
cancro alla mammella a partire da tutte queste diagnosi precoci. E
questo significa che alla maggior parte delle donne a cui è stato detto
di avere un tumore è stato mentito”, sostiene il dottor Gilbert Welch,
co-autore dello studio.
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Sempre secondo lo
studio, il cancro alla mammella sarebbe stato over-diagnosticato (cioé
sono stati trovati tumori in fase di screening ma questi non avrebbero
mai portato a sintomi clinici) in almeno 1,3 milioni di donne americane
negli ultimi trent'anni.
Eppure a partire da
queste diagnosi precoci gli oncologi avrebbero sempre proposto alle
proprie pazienti di sottoporsi quanto prima a un trattamento terapeutico
– spesso nello stesso giorno della falsa diagnosi – consistente in
iniezioni di sostanze chimiche tossiche.
Insomma, i medici di queste donne avrebbero mentito?
Come sottolinea il
sito Natural News, c'è un chiaro conflitto di interessi. Gli oncologi
che invitano le donne allo screening mammografico e che diagnosticano
loro “precoci” cancri al seno sono gli stessi che realizzerebbero enormi
profitti vendendo i chemioterapici.
“Nessun altro test
clinico è stato tanto pubblicizzato come la mammografia”, ha spiegato il
Dottor Welch in un articolo apparso sul New York Times. “In breve: dite
a chiunque che ha il cancro, e i tassi di sopravvivenza aumenteranno a
dismisura”.
L'aspetto che
lascia allibiti è che il trattamento chemioterapico è più pericoloso di
una mancata diagnosi per un “possibile” tumore in fase iniziale. Infatti
l'effetto collaterale numero uno della chemioterapia è il cancro.
Ma come è possibile tutto questo?
Le apparecchiature
sempre più sofisticate non ammettono anomalie nel corpo umano e per
questo è sempre più facile incorrere in una falsa diagnosi. Spiega
sempre il dottor Welch: “Sei anni fa, un follow up a lungo termine di un
trial randomizzato mostrò come un quarto dei tumori riscontrati con lo
screening fosse un caso di over-diagnosi. Questo rifletteva le
potenzialità dei macchinari degli anni Ottanta. I nuovi macchinari
digitali riscontrano molte più anormalità. Ora come percentuale siamo
probabilmente tra un terzo e metà dei tumori diagnosticati per errore.
E allora, che fare?
Il nostro corpo
lotta ogni giorno contro agenti esterni: virus, batteri, elementi
tossici, inquinamento elettromagnetico, lo stress fisico e psichico. La
vera prevenzione, più di un esame che – come la mammografia - ci
sottoporrebbe a un'ulteriore dose di raggi X e del quale non siamo
ancora sicuri degli effettivi benefici, sarebbe quella di rafforzare il
nostro corpo lasciando che egli stesso si protegga e si rigeneri
utilizzando le risorse che la natura gli mette a disposizione. Il metodo
RQI si prefigge tutto questo attraverso una visione olistica
dell'essere umano dove il corpo non è indipendente dalla mente, né la
materia dalla coscienza. Citando il dottor Ryke Geerd Hamer (anche lui
oncologo e, guarda caso!, non amato dai suoi colleghi): “La malattia è
la risposta appropriata del cervello a un trauma esterno (conflitto) e
fa parte di un programma di sopravvivenza della specie. Risolto il
trauma, il cervello inverte l'ordine e l'individuo passa alla fase di
riparazione”.
Attraverso un nuovo approccio olistico, il Metodo RQI® mira proprio a questo: fare raggiungere al corpo il suo giusto equilibrio.
Fonti (in inglese):
Natural News
New York Times
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