2 gennaio 2014 -
Una rivoluzionaria scoperta di un team di scienziati dell’Università di
Firenze mette in relazione l’intossicazione da Cadmio con la Sindrome
da Affaticamento Cronico
Il sito
Ambientebio.it ha recentemente pubblicato un interessante studio
medico-scientifico che evidenzia il legame fra inquinamento da metalli
pesanti, in particolare il cadmio, alla Sindrome da Affaticamento
Cronico, una patologia sempre più diffusa e per certi versi ancora
oscura. Ne ha dato ampio risalto questa settimana il sito Tanker Enemy,
da sempre molto attento a queste ricerche.
Conosciuta in
ambito scientifico internazionale come Chronic Fatigue Syndrome, è un
disturbo dalle origine ancora non bene chiarite, che causa una
spossatezza prolungata e debilitante nonché molteplici sintomi quali
cefalea, faringite ricorrente, dolori muscolari ed alle articolazioni,
disturbi del sonno, perdita di memoria, difficoltà di concentrazione e
uno stato di malessere generale. Esserne colpiti, infatti, è un po’ come
ritrovarsi all’improvviso con le batterie a terra, e non essere
minimamente in grado di ricaricarle. I sintomi di questa patologia si
protraggono in genere almeno per sei mesi, ma spesso nella realtà
possono anche durare anni. Il più evidente di essi è proprio una soglia
di affaticamento bassissima anche a fronte di sforzi fisici e mentali
minimi. Chi soffre di questa sindrome prova, come ha evidenziato Paola
Fantaguzzi in un suo articolo del 2012, un senso di spossatezza costante
che non si riesce ad alleviare con il riposo, che si accentua dopo
qualunque sforzo e che conduce, in tempi rapidi, a dover modificare
radicalmente il proprio stile di vita. L’autorevole scienziato canadese
Donald Scott, scomparso nel 2011, ipotizzò che la principale causa di
questa sindrome fosse un determinato micoplasma geneticamente modificato
e molto aggressivo, ma quasi sicuramente le cause ed i cofattori di una
simile affezione sono molteplici. É comunque assodato che i metalli
pesanti (in particolare alluminio, bario, stronzio, ferro, manganese)
sono all’origine di molte patologie neurodegenerative, come del resto è
altamente probabile che la dispersione di nanoparticolato metallico,
attraverso le quotidiane e letali operazioni di geoingegneria
clandestina, sia la principale causa dell’incremento esponenziale e
della sempre maggiore diffusione di queste affezioni e dell’abbassamento
dell’età delle persone che ne vengono colpite.
Importanti
novità scientifiche sono emerse recentemente proprio dall’Italia, in
particolare per quanto riguarda il legame fra la Sindrome da
Affaticamento Cronico ed i metalli pesanti. Uno studio internazionale,
promosso dall’Università di Firenze ha infatti presentato nuove
importanti ipotesi riguardo questa correlazione. Vediamo nel dettaglio
di cosa si tratta.
Un gruppo di
ricerca della Facoltà di Medicina dell’Università di Firenze, guidato
dai Professor Gulisano e Ruggiero, ha recentemente pubblicato un
articolo scientifico sulla prestigiosa rivista Medical Hypotheses dove
si ipotizza per la prima volta una relazione tra esposizione al cadmio e
questa sindrome, che è nota anche come Encefalomielite Malgica. Come
hanno evidenziato questi scienziati, questa sindrome neurologica
invalidante colpisce milioni di persone nel mondo e si calcola che in
Italia i malati siano nell’ordine delle centinaia di migliaia, anche se
purtroppo in molti di loro la patologia non è correttamente
diagnosticata. Infatti la diagnosi risulta incerta, lunga e complessa e
spesso i malati sono costretti a subire esami diagnostici per mesi e
mesi prima di arrivare alla diagnosi. Come per molte affezioni
neurodegenerative, le cause non sono note e la terapia, spesso soltanto
palliativa, ha scarsi risultati. Il gruppo di ricerca fiorentino,
nell’articolo pubblicato, ipotizza per la prima volta un legame tra la
malattia ed esposizione al cadmio. Il cadmio è un metallo pesante
cancerogeno molto diffuso nei paesi industrializzati, che deriva
dall’inquinamento urbano, dal’incenerimento dei rifiuti, dai processi
industriali, dal fumo di tabacco, e soprattutto dalla geoingegneria
clandestina. I ricercatori fiorentini, dopo aver dimostrato i danni
indotti dal cadmio sui neuroni umani, hanno messo a punto una tecnica
ecografica semplice e priva di rischi che permette di studiare la
corteccia cerebrale senza l’uso di radiazioni, in modo da evidenziare
fenomeni di infiammazione o di danno encefalico nei pazienti affetti da
Sindrome da Affaticamento Cronico e nei soggetti esposti al cadmio. In
questa maniera, sarà possibile diagnosticare precocemente i danni
neurotossici conseguenti all’esposizione al cadmio (ad esempio, nei
fumatori o nelle persone che vivono in prossimità di aree inquinate, di
impianti industriali o inceneritori) ed individuare i sintomi della
patologia in modo da intervenire in modo tempestivo. Sarà anche
possibile monitorare la malattia e la risposta alle diverse terapie in
via di sperimentazione nel mondo, con l’auspicio di poter osservare una
reversione del danno cerebrale. Il prestigio internazionale della
rivista dove i ricercatori fiorentini hanno pubblicato lo studio è
testimoniato dalla presenza nel comitato editoriale dei Premi Nobel
Arvid Carlsson, John Eccles, Frank Macfarlane Burnet e Linus Pauling, e
del pioniere della Filosofia della Scienza, Sir Karl Popper. L’articolo,
reperibile sul sito della rivista Medical Hypotheses è inoltre stato
immediatamente inserito nel database della National Library of Medicine
del Governo degli Stati Uniti d’America.
Come Fiorentino
e come Italiano mi sento particolarmente orgoglioso del fatto che
questo importante studio sia avvenuto nel mio Paese e nella mia Città e
mi auguro che il lavoro di questi scienziati possa contribuire va
sensibilizzare la popolazione sui seri rischi che un’esposizione ai
metalli pesanti comporta per la nostra salute.
Nicola Bizzi
http://www.signoraggio.it/sindrome-da-affaticamento-cronico-e-intossicazione-da-metalli-pesanti-pubblicato-un-importante-studio-delluniversita-di-firenze/visto su: http://terrarealtime2.blogspot.it
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