Comprendere
i meccanismi che generano la malattia, non quelli biologici
responsabili dell'alterazione organica, ma quelli che portano alla
guarigione
La continua ricerca di nuove forme di terapia, da quelle più
tipicamente scientifiche e aggressive a quelle naturali e non
invasive, non è sufficiente a promuovere una vera guarigione
se non si affianca ad essa un cammino molto più personale di
consapevolezza e di ricerca delle vere origini dello
squilibrio.
La visione olistica della realtà prevede infatti che ogni
manifestazione dell’esistenza faccia parte di un tutto, un “olos”
organico e coerente. Un “organismo cosmico” superiore alle singole
realtà, nel cui ambito ogni forma di espressione riecheggia
e fa trasparire, in ogni momento, l’ordito o la trama che la
sorregge.
In questo Universo, ogni cosa cammina in una precisa direzione,
l’unus versus verso cui ogni forma muove, una meta che, al di
là di ogni meta, precede e accomuna tutto ciò che
trova in esso la sua manifestazione. Ogni cosa trova in questo un
“senso”: non solo una direzione ma anche un significato.
Ma poiché questa meta comune è situata in
realtà “metà – odòs”, ovvero “oltre la
strada”, all’essere umano, per sua natura e per suo destino, non
è data la possibilità di coglierne o intuirne il
traguardo, né l’esito finale.
Tuttavia, proprio la consapevolezza che ogni cosa è
intimamente “tessuta” e tramata in quest’ordito – di cui è
parte anche la nostra vita – offre un’incredibile
possibilità a chi si accinge a guardare ad essa con un senso
nuovo: la vita intera ed ogni suo evento, va continuativamente ed
ininterrottamente significando. Ognuno deve trovare i suoi
significati.
In quest’ottica, anche la malattia non può che diventare un segnale o un avvertimento: per questo non dobbiamo temerla ma comprenderla.
Il processo terapeutico diviene allora un “cammino di ritorno”, la
decisione di ripercorrere il sentiero fino al punto che ci ha
portato a “separarci” da un parte di noi stessi, quella che ora,
proprio attraverso la malattia, richiama la nostra attenzione.
Il recupero della memoria, l’autoascolto, unitamente a criteri e
informazioni utili per la comprensione dei meccanismi
psicoenergetici della malattia, portano il paziente a svolgere un
ruolo attivo nel proprio processo di guarigione, senza continuare a
“delegare” qualcosa o qualcuno all’esterno da noi.
Con la trasformazione della coscienza, la persona guarisce. I
sintomi che tanto temiamo molte volte spariscono da soli,
semplicemente perché demotivati. Se questo non accade, il
processo di guarigione si è comunque instaurato ad altri
livelli e qualcosa, anche nel mondo più materiale,
sicuramente migliorerà.
I cosiddetti miracoli, secondo questa prospettiva, non sono altro
che “salti quantici” della coscienza. Non a tutti è dato
raggiungerli, così come è giusto non illudersi in
proposito. Non a tutti serve, non per tutti è utile,
conseguire un miracolo.
A tutti invece è dato compiere “il proprio” miracolo
scoprendo, anche nella quotidianità, l’enorme
possibilità di comprensione e, di conseguenza, di
trasformazione della realtà che ognuno di noi possiede.
Soffro da molti anni di cefalee, arrivate nel loro periodo di massimo fulgore con cadenza settimanale...
RispondiEliminaSpiacevole, percepire i sintomi premonitori dovendo nel frattempo (quasi sempre) interagire con il Pubblico sforzandosi di simulare il proprio stato oltre a dover mantenere la mente lucida per risolvere i problemi lavorativi.
Analizzando la questione arrivai a capire cosa provocava tali stati, mentre la medicina tradizionale vi sopperiva con il classico acido acetilsalicilico (principio attivo dell'aspirina) e quindi solo a livello fisico non capendo che il fattore fisico era l'effetto finale.
A tale conclusioni sono arrivato probabilmente dovendo risolvere problemi lavorativi in cui i moderni diagnostici in campo automobilistico danno un grande contributo ma spesso sviano dalla reale causa in quanto memorizzano il componente che non funziona entro i parametri fissati dal programma di gestione e quindi si deve interpretarli verificando a monte le cause.
Siamo essere in continua evoluzione, basterebbe ricordarselo più spesso. :-)
Concordo con quanto sostieni Mauri M e spero che tu abbia trovato l'origine del tuo "sintomo" così pressante.
EliminaDi certo nel fare queste ricerche e sperimentazioni su di sè bisogna mantenere la massima calma e non farsi prendere dal panico del dolore che ci attanaglia, bisogna iniziare ad amarsi di più per quel che si è, senza pretendere, come spesso ci accade, di raggiungere o ottenere determinati risultati nella vita in tutte le sue espressioni.
Ti auguro il meglio.
A presto. Marcello.