Due anni or sono (l'articolo è del 2012. N d C), Rich Terrile è comparso a Through the Wormhole, il programma di
Science Channel sui misteri della vita e dell’universo. È stato invitato
alla trasmissione per discutere della sua teoria secondo la quale
l’esperienza umana può essere ricondotta a qualcosa di simile a una
versione incredibilmente avanzata e metafisica di The Sims.
È un’idea che ogni studente universitario che possieda un bong autoprodotto e un DVD di Matrix ha accarezzato, ma Rich è uno scienziato molto stimato, direttore del Centro di Computazione Evolutiva e Design Automatizzato del Jet Propulsion Laboratory della NASA, e attualmente sta scrivendo un libro, ancora senza titolo, sull’argomento, quindi procediamo e prendiamolo sul serio.
L’essenza della teoria di Rich è che un “programmatore” del futuro abbia creato la nostra realtà per simulare il corso di ciò che considera storia antica—per qualche ragione che non sappiamo, forse perché si annoia. Secondo la legge di Moore, che afferma che la forza computazionale raddoppia all’incirca ogni due anni, teoricamente tutto ciò sarà possibile, nel futuro. Prima o poi, arriveremo al punto in cui simulare qualche miliardo di persone—facendo loro credere di essere creature senzienti con la capacità di controllare i propri destini— sarà facile come mandare a uno sconosciuto una foto dei tuoi genitali con il cellulare.
Questa ipotesi—che è circolata in versioni alternative per secoli—è diventata l’ossessione del momento per i filosofi, e personaggi emeriti come Nick Bostrom, il direttore dell’Istituto per il Futuro dell’Umanità dell’Università di Oxford, stanno considerandone i presupposti molto seriamente.
Fino a poco tempo fa, l’argomento della simulazione non aveva particolarmente attratto i ricercatori tradizionali....
Questo non significa che Rich Terrile sia il primo scienziato a predire
che in futuro svilupperemo grandi abilità nel creare simulatori
realistici (tra gli altri, Ray Kurzweil l’ha fatto nel 1999 con il suo
libro L’era delle macchine spirituali), ma è il primo che sostiene che
potremmo essere noi a viverci dentro, in questo momento.
Rich è andato anche oltre, cercando di provare le sue teorie attraverso la fisica, adducendo prove come la visibile pixelizzazione delle più piccole particelle di materia e le inquietanti analogie tra la meccanica quantistica, le leggi matematiche che governano l’universo, e la creazione dell’ambientazione di un videogioco.
Pensate: ogni qualvolta fate cazzate potrebbe esserci una versione intergalattica di un tredicenne coreano obeso che vi controlla e sbotta “Merda!” nella cuffia dell’Xbox. Toglie un po’ di romanticismo alle cose.
VICE: Quando hai ipotizzato per la prima volta che la nostra realtà potrebbe essere una simulazione fatta al computer? Rich Terrile: A meno di credere che ci sia qualcosa di magico nella nostra coscienza—e io non lo credo, penso sia il frutto dell’architettura estremamente sofisticata del cervello umano—a una certa bisogna riconoscere che essa può essere simulata con un computer, o in altre parole, riprodotta. Ci sono due modi tramite cui in futuro potremo ottenere un cervello umano artificiale. Uno sarebbe di analizzarlo per capire come riprodurlo, ma penso che la via più facile sarebbe sviluppare un circuito o un sistema in grado di acquisire coscienza. Forse nel giro di dieci, o forse nel giro di 30 anni saremo in grado di incorporare una coscienza artificiale nelle nostre macchine.
Ci arriveremo così in fretta?
Attualmente i supercomputer più veloci che hanno alla NASA girano a una velocità pari al doppio di quella del cervello umano. Facendo un semplice calcolo, e utilizzando la legge di Moore, si scopre che in un decennio questi supercomputer saranno in grado di computare un’intera vita umana di 80 anni—compresi tutti i pensieri concepiti nell’arco dell’esistenza—nel giro di un mese.
È deprimente.
Ora tieniti forte: ci aspettiamo che nel giro di 30 anni una PlayStation—ne esce una nuova ogni sei, massimo otto anni, quindi sarebbe la PlayStation 7—sia in grado di elaborare circa 10.000 esistenze umane contemporaneamente in tempo reale, ovvero circa una vita all’ora.
Quante PlayStation ci sono al mondo? Sicuramente più di 100 milioni. Quindi pensa a 100 milioni di console, ognuna delle quali contiene 10.000 esseri umani. Significa che, a quel punto, ci potrebbero idealmente essere più esseri umani che vivono all’interno di una Playstation di quanti non ve ne siano sulla Terra oggi.
Quindi c’è la possibilità che attualmente viviamo nel gioco super avanzato della PlayStation di qualche nerd del futuro?
Esattamente. L’idea è questa: come fai a sapere che non siamo 30 anni nel futuro e che non viviamo in una simulazione? Lascia che faccia un attimo marcia indietro. Dato che siamo scienziati, descriviamo i processi fisici in termini matematici, o in un’equazione. L’universo si comporta in questa particolare maniera perché segue regole matematiche. Einstein disse, “La cosa più incomprensibile dell’universo è che esso sia comprensibile.” L’universo non dovrebbe funzionare in questo modo. Non dovrebbe essere possibile racchiudere in un paio di pagine di equazioni tutte le informazioni sufficienti a simularlo, e non dovrebbe essere così semplice.
Rich è andato anche oltre, cercando di provare le sue teorie attraverso la fisica, adducendo prove come la visibile pixelizzazione delle più piccole particelle di materia e le inquietanti analogie tra la meccanica quantistica, le leggi matematiche che governano l’universo, e la creazione dell’ambientazione di un videogioco.
Pensate: ogni qualvolta fate cazzate potrebbe esserci una versione intergalattica di un tredicenne coreano obeso che vi controlla e sbotta “Merda!” nella cuffia dell’Xbox. Toglie un po’ di romanticismo alle cose.
VICE: Quando hai ipotizzato per la prima volta che la nostra realtà potrebbe essere una simulazione fatta al computer? Rich Terrile: A meno di credere che ci sia qualcosa di magico nella nostra coscienza—e io non lo credo, penso sia il frutto dell’architettura estremamente sofisticata del cervello umano—a una certa bisogna riconoscere che essa può essere simulata con un computer, o in altre parole, riprodotta. Ci sono due modi tramite cui in futuro potremo ottenere un cervello umano artificiale. Uno sarebbe di analizzarlo per capire come riprodurlo, ma penso che la via più facile sarebbe sviluppare un circuito o un sistema in grado di acquisire coscienza. Forse nel giro di dieci, o forse nel giro di 30 anni saremo in grado di incorporare una coscienza artificiale nelle nostre macchine.
Ci arriveremo così in fretta?
Attualmente i supercomputer più veloci che hanno alla NASA girano a una velocità pari al doppio di quella del cervello umano. Facendo un semplice calcolo, e utilizzando la legge di Moore, si scopre che in un decennio questi supercomputer saranno in grado di computare un’intera vita umana di 80 anni—compresi tutti i pensieri concepiti nell’arco dell’esistenza—nel giro di un mese.
È deprimente.
Ora tieniti forte: ci aspettiamo che nel giro di 30 anni una PlayStation—ne esce una nuova ogni sei, massimo otto anni, quindi sarebbe la PlayStation 7—sia in grado di elaborare circa 10.000 esistenze umane contemporaneamente in tempo reale, ovvero circa una vita all’ora.
Quante PlayStation ci sono al mondo? Sicuramente più di 100 milioni. Quindi pensa a 100 milioni di console, ognuna delle quali contiene 10.000 esseri umani. Significa che, a quel punto, ci potrebbero idealmente essere più esseri umani che vivono all’interno di una Playstation di quanti non ve ne siano sulla Terra oggi.
Quindi c’è la possibilità che attualmente viviamo nel gioco super avanzato della PlayStation di qualche nerd del futuro?
Esattamente. L’idea è questa: come fai a sapere che non siamo 30 anni nel futuro e che non viviamo in una simulazione? Lascia che faccia un attimo marcia indietro. Dato che siamo scienziati, descriviamo i processi fisici in termini matematici, o in un’equazione. L’universo si comporta in questa particolare maniera perché segue regole matematiche. Einstein disse, “La cosa più incomprensibile dell’universo è che esso sia comprensibile.” L’universo non dovrebbe funzionare in questo modo. Non dovrebbe essere possibile racchiudere in un paio di pagine di equazioni tutte le informazioni sufficienti a simularlo, e non dovrebbe essere così semplice.
L’altra cosa interessante è che il mondo naturale si comporta esattamente alla stessa maniera dell’ambientazione di Grand Theft Auto IV. Nel gioco, puoi esplorare Liberty City senza interruzioni, fin nei minimi dettagli. Ho calcolato quanto sia grande questa città, ed è saltato fuori che è un milione di volte più vasta della mia PlayStation 3. Vedi esattamente quello che ti serve di Liberty City quando ti serve, l’intero universo del gioco è compresso nella console. L’universo si comporta esattamente nella stessa maniera. Nella meccanica quantistica, le particelle non hanno uno stato determinato finché non vengono osservate. Ci sono teorici che hanno impiegato molto tempo nel tentativo di capire come si possa spiegare questo fenomeno. Una spiegazione può essere che viviamo in una simulazione, e vediamo quello che ci è necessario vedere quando ci serve vederlo.
Il che spiegherebbe perché abbiamo resoconti di scienziati che hanno visto dei pixel nelle più infinitesimali immagini al microscopio.
Esatto. L’universo è composto di pixel—in tempo, spazio, volume ed energia. Esiste un’unità fondamentale che non è divisibile in qualcosa di più piccolo, il che significa che l’universo è fatto di un numero finito di queste unità. Significa anche che l’universo può essere solo un numero finito di cose; non è infinito, quindi è computabile. E se si comporta in maniera finita solo quando viene osservato, allora la domanda è: è stato programmato? Ed ecco il parallelo matematico: se due cose sono matematicamente equivalenti, sono la stessa cosa. Dunque l’universo è matematicamente equivalente alla simulazione dell’universo.
Tu giochi con i videogiochi?
Sì, mi è capitato, e ho anche giocato a The Sims, ma lo sviluppo di questa teoria è stato il risultato di una combinazione di varie cose. Sono uno scienziato planetario, per questo penso molto al futuro della tecnologia e a dove potrebbe portarci. Lavoro molto anche sulla computazione evolutiva e sulle intelligenze artificiali, e mi trovo spesso ad avere a che fare con la natura stessa della coscienza. Inoltre, ho recentemente iniziato a riflettere sulla religione, e sulle teorie atee della nascita dell’universo, slegate dalla presenza un fantomatico creatore. Ne abbiamo una piuttosto valida: il Big Bang. Ma bisogna anche pensare all’ingegneria, e se un creatore può esistere nel nostro universo attuale. E se la risposta è sì, quali sono i requisiti di questo creatore? Dopo averci pensato, ho realizzato che il creatore di un universo è capace di cambiare le leggi della fisica e di plasmare questo universo in qualsiasi modo lo voglia, come io posso fare con una simulazione al computer. In effetti, forse presto saremo in grado di farlo con esseri dotati di coscienza.
Esseri con i quali ti immagini di poter interagire?
Forse, o forse li lascerei andare. Vivrebbero le loro esistenze in un lasso di tempo incredibilmente corto. Forse potrei cambiare le leggi della fisica. Potrei farli vivere in posti ospitali e in posti inospitali. Potrei far sì che siano completamente isolati—che forse è una condizione limite per noi, e ciò spiega perché non esistono gli alieni.
Sembri convivere tranquillamente con questa idea. Io quando ho scoperto la tua teoria mi sono intristito subito, ma ne sono ovviamente rimasto affascinato.
È una grande fonte d’ispirazione, e ti dirò perché: mi dice che siamo a un passo dall’essere in grado di creare l’universo— una sua simulazione—e che a nostra volta potremmo vivere all’interno di una simulazione, che a sua volta potrebbe essere un’altra simulazione. E gli stessi individui nati da una simulazione potrebbero a loro volta creare simulazioni. La cosa che mi intriga è che, se esiste un creatore—e in futuro esisterà, e saremo noi—allora significa che se c’è un creatore del nostro mondo, questo mondo, siamo comunque noi. Significa che siamo contemporaneamente Dio e servi di Dio, e che abbiamo creato tutto noi. Ciò che trovo esaltante è che, anche se siamo in una simulazione o molti ordini di grandezza sotto la simulazione originaria, da qualche parte nel processo qualcosa è sfuggito al brodo primordiale per diventare noi e per creare le simulazioni che ci hanno a loro volta creati. E tutto questo è grandioso.
Fonte: www.vice.com
L’idea che la nostra realtà possa essere il frutto di un videogame di
simulazione giocato da un ragazzino sul divano di casa sua, della quale
noi siamo i suoi personaggi, in verità, non è del tutto nuova.
Ma ora, un gruppo di fisici crede di aver trovato il modo per verificare se questa idea ha un qualche fondamento o è solo una fantasia di gente appassionata di Simcity.
Martin Savage, professore di fisica presso l’Università di Washington, Zohreh Davoudi, uno dei suoi studenti laureati, e Sila Beane della University of New Hampshire, stanno cercando di capire se è possibile scoprire tracce di questa simulazione studiando i raggi cosmici presenti nel nostru universo. Il lavoro è stato pubblicato su arXiv, un archivio online per le bozze di articoli di ricerca accademica.
L’idea che la realtà possa essere molto diversa da come ce la immaginiamo, ha radici molto antiche. Platone, filosofo della Grecia classica, con il suo mito della Caverna, voleva esprimere il fatto che la realtà che abbiamo sotto gli occhi è solo un’ombra sbiadita della vera natura delle cose.
Anche Renato Cartesio ha affrontato questo tipo di problema. Il suo “Cogito ergo sum” (Penso, quindi sono), nasce dall’esigenza di trovare un punto reale sul quale è impossibile dubitare. Siccome la realtà che abbiamo sotto gli occhi è mutevole ed è causa di dubbio, l’unica realtà sicura è il fatto che “io penso” e che quindi “esisto”.
Poi, nel 2003, un filosofo britannico, Nick Bostrom, dell’Università di Oxford, ha pubblicato un documento che ha messo un vero tarlo nella mente di alcuni filosofi e informatici. Bostrom ha suggerito tre possibilità:
“Le probabilità che una specie intelligente abbia raggiunto e superato il nostro attuale livello di sviluppo tecnologico, tanto da sviluppare una simulazione di noi e del nostro universo, è del tutto trascurabile”; “quasi nessuna civiltà tecnologicamente avanzata e matura sarebbe interessata a sviluppare un universo al computer nel quale simulare le nostre menti”; “quasi certamente viviamo in una simulazione”.
Tutte e tre le possibilità potrebbero essere ugualmente vere, scrive Bostrom, ma se le prime due sono false, la terza è certamente vera. Il ragionamento del filosofo inglese nasce da fatto che in un futuro non tanto lontano, i nostri discendenti avranno la capacità di sviluppare simulazioni informatiche tanto complesse, così complesse da creare dei cervelli capaci di autocoscienza, e che sarà possibile programmare milioni di universi con miliardi di cervelli simulati al loro interno.
Le riflessioni di Bostrom sono nate dopo quattro anni dall’uscita del famoso film “The Matrix”, nel quale gli esseri umani scoprono di essere imprigionati in una simulazione prodotta da macchine malevoli. Ma ancora più vicino alle riflessioni di Bostrom è il film “Il tredicesimo piano”, nel quale i protagonisti scoprono di vivere in un universo simulato da un potente computer. Non c’è dubbio che la popolarità di queste pellicole abbia influenzato la riflessione di Bostrom.
Ma ora, un gruppo di fisici crede di aver trovato il modo per verificare se questa idea ha un qualche fondamento o è solo una fantasia di gente appassionata di Simcity.
Martin Savage, professore di fisica presso l’Università di Washington, Zohreh Davoudi, uno dei suoi studenti laureati, e Sila Beane della University of New Hampshire, stanno cercando di capire se è possibile scoprire tracce di questa simulazione studiando i raggi cosmici presenti nel nostru universo. Il lavoro è stato pubblicato su arXiv, un archivio online per le bozze di articoli di ricerca accademica.
L’idea che la realtà possa essere molto diversa da come ce la immaginiamo, ha radici molto antiche. Platone, filosofo della Grecia classica, con il suo mito della Caverna, voleva esprimere il fatto che la realtà che abbiamo sotto gli occhi è solo un’ombra sbiadita della vera natura delle cose.
Anche Renato Cartesio ha affrontato questo tipo di problema. Il suo “Cogito ergo sum” (Penso, quindi sono), nasce dall’esigenza di trovare un punto reale sul quale è impossibile dubitare. Siccome la realtà che abbiamo sotto gli occhi è mutevole ed è causa di dubbio, l’unica realtà sicura è il fatto che “io penso” e che quindi “esisto”.
Poi, nel 2003, un filosofo britannico, Nick Bostrom, dell’Università di Oxford, ha pubblicato un documento che ha messo un vero tarlo nella mente di alcuni filosofi e informatici. Bostrom ha suggerito tre possibilità:
“Le probabilità che una specie intelligente abbia raggiunto e superato il nostro attuale livello di sviluppo tecnologico, tanto da sviluppare una simulazione di noi e del nostro universo, è del tutto trascurabile”; “quasi nessuna civiltà tecnologicamente avanzata e matura sarebbe interessata a sviluppare un universo al computer nel quale simulare le nostre menti”; “quasi certamente viviamo in una simulazione”.
Tutte e tre le possibilità potrebbero essere ugualmente vere, scrive Bostrom, ma se le prime due sono false, la terza è certamente vera. Il ragionamento del filosofo inglese nasce da fatto che in un futuro non tanto lontano, i nostri discendenti avranno la capacità di sviluppare simulazioni informatiche tanto complesse, così complesse da creare dei cervelli capaci di autocoscienza, e che sarà possibile programmare milioni di universi con miliardi di cervelli simulati al loro interno.
Le riflessioni di Bostrom sono nate dopo quattro anni dall’uscita del famoso film “The Matrix”, nel quale gli esseri umani scoprono di essere imprigionati in una simulazione prodotta da macchine malevoli. Ma ancora più vicino alle riflessioni di Bostrom è il film “Il tredicesimo piano”, nel quale i protagonisti scoprono di vivere in un universo simulato da un potente computer. Non c’è dubbio che la popolarità di queste pellicole abbia influenzato la riflessione di Bostrom.
“Ha sistematizzato in modo logico queste idee ed è venuto fuori ciò che
potrebbe essere probabile e ciò che potrebbe non esserlo”, dice Savage.
Nei film e nella proposta di Savage, la scoperta che la realtà è frutto
di una simulazione, arriva quando gli “errori del sistema” si presentano
sotto gli occhi dei sims (noi), rivelando le imperfezioni della
simulazione.
Savage e i suoi colleghi suppongono che i “nostri programmatori” utilizzino alcune delle stesse tecniche utilizzate attualmente dagli “scienziati simulati” per eseguire, a loro volta, delle simulazioni, con gli stessi vincoli. I “nostri programmatori” dovrebbero mappare l’intero universo su una griglia matematica, costituita da punti e linee. Si tratterebbe di un vero e proprio “ipercubo” composto da quattro dimensioni, tre per lo spazio e una per il tempo.
Un esempio in questo senso è offerto dalla “cromodinamica quantistica”, disciplica che esplora gli effetti della forza nucleare forte, una delle quattro forze fondamentali dell’universo, sulle minuscole particelle elementari come i quark e i gluoni. In questo approccio, le particelle sono in grado di saltare da un punto a un altro senza percorrere lo spazio tra i due punti, in maniera istantanea.
A livello cosmico, invece, l’universo si presenta come un continuum spazio-temporale e simulare un unverso del genere richiederebbe ingenti risorse hardware, quindi è probabile che il programmatore del nostro universo, per creare una simulazione più snella, abbia camuffato l’istantaneità delle particelle elementari, sotto le mentite spoglie di un continuum spazio-tempo.
Poichè Savage e i suoi colleghi danno per scontato che i simulatori usino un approccio simile al nostro, credono di poter trovare le prove della simulazione studiando il comportamento delle particelle ad altissima energia dei raggi cosmici: “Tutto il nostro universo sembra come se fosse in un continuum spazio-tempo”, spiega Savage. “Ma non ci sono prove per dimostrarlo. Noi siamo alla ricerca di qualche elemento che indichi che non il nostro universo non dispone di un continuum spazio-temporale”.
In effetti, Savage e colleghi, cercano un qualche “errore” nel comportamento dei raggi cosmici, i quali, se viaggiano lungo una griglia rettilinea è improbabile che ci troviamo in una simulazione, ma se presentano “deviazioni” in diagonale, la realtà nella quale ci troviamo potrebbe essere un programma per computer.
Savage e i suoi colleghi suppongono che i “nostri programmatori” utilizzino alcune delle stesse tecniche utilizzate attualmente dagli “scienziati simulati” per eseguire, a loro volta, delle simulazioni, con gli stessi vincoli. I “nostri programmatori” dovrebbero mappare l’intero universo su una griglia matematica, costituita da punti e linee. Si tratterebbe di un vero e proprio “ipercubo” composto da quattro dimensioni, tre per lo spazio e una per il tempo.
Un esempio in questo senso è offerto dalla “cromodinamica quantistica”, disciplica che esplora gli effetti della forza nucleare forte, una delle quattro forze fondamentali dell’universo, sulle minuscole particelle elementari come i quark e i gluoni. In questo approccio, le particelle sono in grado di saltare da un punto a un altro senza percorrere lo spazio tra i due punti, in maniera istantanea.
A livello cosmico, invece, l’universo si presenta come un continuum spazio-temporale e simulare un unverso del genere richiederebbe ingenti risorse hardware, quindi è probabile che il programmatore del nostro universo, per creare una simulazione più snella, abbia camuffato l’istantaneità delle particelle elementari, sotto le mentite spoglie di un continuum spazio-tempo.
Poichè Savage e i suoi colleghi danno per scontato che i simulatori usino un approccio simile al nostro, credono di poter trovare le prove della simulazione studiando il comportamento delle particelle ad altissima energia dei raggi cosmici: “Tutto il nostro universo sembra come se fosse in un continuum spazio-tempo”, spiega Savage. “Ma non ci sono prove per dimostrarlo. Noi siamo alla ricerca di qualche elemento che indichi che non il nostro universo non dispone di un continuum spazio-temporale”.
In effetti, Savage e colleghi, cercano un qualche “errore” nel comportamento dei raggi cosmici, i quali, se viaggiano lungo una griglia rettilinea è improbabile che ci troviamo in una simulazione, ma se presentano “deviazioni” in diagonale, la realtà nella quale ci troviamo potrebbe essere un programma per computer.
Argomenti contro la simulazione
La prospettiva nella quale si sono avventurati Bostrom e Savage è sicuramente affascinante, ma anche del tutto inquietante. Cosa potrebbe significare per noi scoprire di essere esseri simulati in una neuroprogrammazione? La nostra vita “simulata” avrebbe lo stesso valore di quella reale? Qual è lo scopo della nostra esistenza?
Primo: perchè creare un intero universo?
Se siamo frutto di una simulazione, allora perchè creare un intero universo? Non sarebbe stato più facile creare un micromondo (la Terra) senza sprecare intere linee di programmazione e ingenti risorse hardware per far funzionare miliardi di miliardi di miliardi di sistemi stellari organizzati in galassie?
Secondo: perchè un universo limitato?
Avendo voluto creare miliardi di stelle sul nostro capo, le quali suscitano in noi il desiderio di raggiungerle, perchè mai imporre il limite invalicabile della velocità della luce che ci impedisce di esplorare questo immenso spazio simulato? Non sarebbe stato più “divertente” consentorci di aggirarci per il cosmo e di impiantare numerose colonie ovunque?
Terzo: perchè un universo vuoto?
Tutto questo sforzo di programmazione per fare di noi le uniche “menti simulate” di tutto il cosmo? Perchè non ci sono altre forme di vita simulate intelligenti? Perchè solo noi in questo immenso vuoto simulato?
Quarto: perchè il male?
Perchè il programmatore del nostro universo simulato avrebbe previsto le malattie, le catastrofi, la morte? Non era più facile creare un universo senza “problemi” da risolvere? E perchè siamo liberi di scegliere, cioè, perchè non eseguiamo un programma predefinito come gli altri animali (il cane non può non essere cane, mentre l’uomo può decidere di non essere uomo”)?
Quinto: la coscienza
Uno dei grandi misteri della scienza attuale è la coscienza, cioè la consapevolezza di se stessi e le domande che ne seguono: chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo, cosa c’è dopo la morte. E’ possibile programmare una realtà tanto complessa e misteriosa come la coscienza?
E se pure fosse, perchè mai il “programmatore” ci avrebbe fornito la capacità di porci le “domande esistenziali”, fino a scoprire di essere parte di una simulazione informatica? A queste domande cerca una risposta la teoria biocentrica.
La natura della realtà
La vera sfida non è tanto capire la “natura” dell’Universo, che potrebbe pur essere di tipo informatico. Il problema è capire qual è lo scopo della vita. Dire che l’universo è “olografico”, o “informatico” o di “pasta frolla” è solo un modo per descrivere in categorie a noi comprensibili il modo di funzionamento della realtà.
Dire però come funzione l’universo, cioè di cosa sia fatto e come va avanti, non significa spiegare “perchè ci sia un universo”. Questa mi sembra la domanda più radicale e fondamentale della vita umana.
Anche se scoprissi che l’universo nel quale vivo è frutto di una “griglia ipercubica” programmata al computer, ciò non inibirebbe la domanda esistenziale sul “perchè” della mia esistenza e sul suo valore.
La prospettiva nella quale si sono avventurati Bostrom e Savage è sicuramente affascinante, ma anche del tutto inquietante. Cosa potrebbe significare per noi scoprire di essere esseri simulati in una neuroprogrammazione? La nostra vita “simulata” avrebbe lo stesso valore di quella reale? Qual è lo scopo della nostra esistenza?
Primo: perchè creare un intero universo?
Se siamo frutto di una simulazione, allora perchè creare un intero universo? Non sarebbe stato più facile creare un micromondo (la Terra) senza sprecare intere linee di programmazione e ingenti risorse hardware per far funzionare miliardi di miliardi di miliardi di sistemi stellari organizzati in galassie?
Secondo: perchè un universo limitato?
Avendo voluto creare miliardi di stelle sul nostro capo, le quali suscitano in noi il desiderio di raggiungerle, perchè mai imporre il limite invalicabile della velocità della luce che ci impedisce di esplorare questo immenso spazio simulato? Non sarebbe stato più “divertente” consentorci di aggirarci per il cosmo e di impiantare numerose colonie ovunque?
Terzo: perchè un universo vuoto?
Tutto questo sforzo di programmazione per fare di noi le uniche “menti simulate” di tutto il cosmo? Perchè non ci sono altre forme di vita simulate intelligenti? Perchè solo noi in questo immenso vuoto simulato?
Quarto: perchè il male?
Perchè il programmatore del nostro universo simulato avrebbe previsto le malattie, le catastrofi, la morte? Non era più facile creare un universo senza “problemi” da risolvere? E perchè siamo liberi di scegliere, cioè, perchè non eseguiamo un programma predefinito come gli altri animali (il cane non può non essere cane, mentre l’uomo può decidere di non essere uomo”)?
Quinto: la coscienza
Uno dei grandi misteri della scienza attuale è la coscienza, cioè la consapevolezza di se stessi e le domande che ne seguono: chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo, cosa c’è dopo la morte. E’ possibile programmare una realtà tanto complessa e misteriosa come la coscienza?
E se pure fosse, perchè mai il “programmatore” ci avrebbe fornito la capacità di porci le “domande esistenziali”, fino a scoprire di essere parte di una simulazione informatica? A queste domande cerca una risposta la teoria biocentrica.
La natura della realtà
La vera sfida non è tanto capire la “natura” dell’Universo, che potrebbe pur essere di tipo informatico. Il problema è capire qual è lo scopo della vita. Dire che l’universo è “olografico”, o “informatico” o di “pasta frolla” è solo un modo per descrivere in categorie a noi comprensibili il modo di funzionamento della realtà.
Dire però come funzione l’universo, cioè di cosa sia fatto e come va avanti, non significa spiegare “perchè ci sia un universo”. Questa mi sembra la domanda più radicale e fondamentale della vita umana.
Anche se scoprissi che l’universo nel quale vivo è frutto di una “griglia ipercubica” programmata al computer, ciò non inibirebbe la domanda esistenziale sul “perchè” della mia esistenza e sul suo valore.
La vita umana è troppo una cosa seria per essere una semplice
simulazione informatica.
Buona ricerca navigatori!
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