Gatta ci Covid
Nel 1986, all’epoca di Cernobyl, mi scontrai con la
difficoltà di spiegare ai lettori che il pericolo non veniva dalla
radioattività trasportata in atmosfera e “piovuta” anche in Italia, ma dalla
possibilità che essa venisse “concentrata” dalla catena alimentare e provocasse
danni negli anni a venire perché alcuni nucleotidi come il cesio hanno una
lunga emivita. Al momento il problema che veniva posto in maniera pressante e
angosciosa era se si poteva bere il latte , mangiare uova, carne, pasta,
riso, pane, insalata e non c’era verso di far comprendere che con molti
alimenti il problema si sarebbe semmai presentato a partire dall’anno
successivo, ma che comunque era ormai una questione di controlli più che di
allarme perché il problema era negli accumuli nel tempo: tuttavia la minima
distopia necessaria a comprendere la questione pareva insormontabile anche
perché c’era il problema intricato delle misure di radioattività Bequerel,
Roentgen, Sievert, Rad, Gray insomma una panoplia complicata dovuta al fatto
che si era in pieno passaggio di nomenclatura e la questione veniva
affrontata in via assolutamente ipotetica perché nessuno dei cosiddetti
esperti sapeva davvero che pesci pigliare, stretto fra l’altro in mezzo a problemi
di altra natura da quelli geopolitici a quelli che riguardavano l’energia
nucleare.
Qualche anno dopo mi trovai ad un convegno nel quale
diverse organizzazioni lanciavano una campagna di sensibilizzazione e raccolta
fondi per contrastare il dilagare dell’Aids in Africa. Dopo le relazioni mi
venne in mente, nella mia ingenuità, di proporre una domanda che a me pareva
del tutto ovvia a fronte delle cose che erano state dette, ovvero se si sapesse
quale fosse la mortalità della malattia nei Paesi in cui pareva galoppare senza
ostacoli e nei quali mancavano le strutture e i medicinali: capii subito dalla
faccia rabbuiata degli interlocutori di aver fatto la domanda sbagliata e mi
venne risposto che il tasso di mortalità delle popolazione africane non era cresciuto
perché le condizioni generali della salute in Africa erano così precarie
che si moriva prima per altre patologie. A quel punto però, visto che non
esistevano statistiche e che l’Aids era a rigore una non malattia da ricchi in
un’area poverissima, si poteva impunemente dire qualsiasi cosa senza tema di
essere smentiti e si percepiva che la preoccupazione principale non andava alle
persone in quanto tali, ma al fatto che esse potessero essere il serbatoio di
un virus che spaventava noi.
Ho usato questi due aneddoti che apparentemente sono
distanti da ciò che accade oggi
perché invece la loro sintesi illustra molto bene la situazione: i dati sparati alla cavolo di cane e del
tutto incerti se non tendenziosi, test
completamente inaffidabili anche perché pensati per la ricerca e non per la
diagnostica come dicono gli stessi produttori, esperti che da una parte devono fingere di sapere e
dall’altra sono tirati da tutte le parti, politiche ed economiche che poi
significano fondi e carriere, popolazione terrorizzata, errori medici nascosti e dovuti al panico che in alcune zone hanno
causato le morti in più rispetto a una comune influenza, retorica
apocalittica e vacua, misure assurde e
del tutto inutili di segregazione vista la grande diffusione di un virus che
nell’80% dei casi è totalmente asintomatico.
Si ha insomma quasi l’impressione che vi sia stato a gennaio qualche input per scatenare l’inferno e
trasformare qualcosa di assolutamente domabile e persino banale in una peste
devastante.
Di fatto i dati
cinesi che sono ad oggi i più completi mostrano una letalità che va dallo 0,04% allo 0,12% ossia due volte inferiore
alla normale influenza e se proprio qualcuno non si fida della Cina ( ma si
fida invece delle balle occidentali che già lo qualifica come un dinosauro che
non si è accorto dell’asteroide) ci sono i
dati europei complessivi e comprendenti quelli dell’Italia secondo cui la
mortalità generale è in discesa quest’anno rispetto allo stesso periodo degli
anni precedenti. O del Giappone dove
nulla è stato chiuso e si sono dati degli allarmi per le persone a
rischio, ma nessuno è morto di polmonite e la catastrofe attesa non
si è affatto verificata
Adesso cominciano
ad arrivare dubbi e ripensamenti: l’Imperial College di Londra che aveva
inizialmente previsto tra i 250 mila e il mezzo milione di morti in
Inghilterra per Covid 19 adesso dice che in realtà si avrà una mortalità in linea
con quella degli scorsi anni il che equivale a dire che il Coronavirus è
patologicamente inesistente e del resto è stato
tolto dall’elenco delle malattie infettive con gravi conseguenze, cosa
che naturalmente non ci diranno.
In Germania il
direttore dell’Istituto nazionale sanitario ha dovuto confessare che si sono
attribuite al Covid 19 tutte le morti con positività al virus a prescindere
dalle cause reali del decesso e che anzi le malattie polmonari,
come rilevato dall’Istituto Koch, sono in diminuzione quest’anno,
mentre da uno studio fatto sulla nave degli appestati, ossia la Diamond Princess,
dall’Università di Stanford dimostra che la
mortalità del Covid è nella media di un forte raffreddore così come uno
studio giapponese sempre sulla “popolazione” particolarmente anziana della nave
da crociera rileva che il 48% delle persone comprese fra gli 80 e gli 89
anni è rimasta completamente asintomatica.
Infine il presidente
dell’ordine mondiale dei medici, Frank Ulrich Montgomery, definisce
le misure del blocco in Italia irragionevoli e controproducenti e sostiene che
dovrebbero essere revocate.
Ma ormai non si
contano più le dichiarazioni di illustri immunologi e virologi che
decostruiscono la narrazione della pandemia e mettono sotto accusa le misure
autoritarie che si sono instaurate con il pretesto epidemico.
E invece noi siamo ancora costretti a casa perché un
governicchio di mentecatti e bugiardi possa sfruttare l’occasione per
distruggere il Paese e consegnarlo ai propri padroni che agiscono attraverso il
Mes. Del resto sono riusciti a spaventare talmente che anche la popolazione
chiede il bis per rovinarsi con le proprie mani. Altro che covid.
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