lunedì 4 dicembre 2017

Bates e Hamer: possiamo curarci da soli?

Bates e Hamer: possiamo curarci da soli?

Questo è il primo di una serie di tre articoli che ho intenzione di scrivere su un tema vastissimo ed estremamente affascinante, quello dell’auto-guarigione. In questo primo scritto vorrei proporre alcune riflessioni basate sul lavoro di due grandissimi medici e ricercatori, entrambi ovviamente osteggiati e fuori dal coro: William Horatio Bates e Geerd Ryke Hamer.
Di Hamer in questo blog ho già scritto molto, ed in effetti rappresenta il centro della mia ricerca personale. Nello stesso periodo in cui ho cominciato ad approfondire Hamer (più di 10 anni fa) sono venuto alla conoscenza di un altro grande medico, stavolta oculista e statunitense, William Bates. Nato a Newark, nel New Jersey, nel 1860, si laurea in medicina e chirurgia, iniziando poi una profonda ricerca che riguarda l’occhio umano e più genericamente la vista.

Le convinzioni dell’epoca riguardo alla vista da parte della cosiddetta comunità scientifica erano le stesse di ora: miopia, astigmatismo, ipermetropia, presbiopia, sono tutte malattie degenerative incurabili. Possono solo peggiorare, o al limite stabilizzarsi grazie all’uso di occhiali. Non c’è alcun esercizio, o qualsivoglia pratica personale, che si possa fare per modificare anche solo leggermente in meglio la sua situazione. Il paziente deve rassegnarsi ad occhiali, lenti a contatto o, quando possibile, operazione al laser (che comunque non cura l’occhio, ma innesta semplicemente una lente a contatto permanente).
Anche per quanto riguarda altre “malattie” della vista, la scienza moderna non prevede alcun esercizio o pratica personale, considerandole completamente inutili. In alcuni casi, come per la cataratta o alcuni tipi di glaucoma, si prevede un intervento chirurgico, che a volte aiuta mentre altre fa più danni che benefici. Il paziente resta sempre e comunque completamente passivo: personalmente, non può fare nulla di buono per il suo fisico.
A ben vedere, tutto ciò non vale solo per gli occhi, ma per tutto il corpo. Ad eccezione dei recuperi muscolari, in cui siamo effettivamente invogliati a fare esercizi per riprenderci, oppure a generiche esortazioni a “mangiare” o “camminare all’aria aperta” (sempre meno anche queste a dire il vero), i pazienti di qualsiasi patologia devono solo aspettare inermi e impotenti che il dottore, con le sue medicine e le sue operazioni, li curi (quando riesce).
Bates ha intuito che, perlomeno per la vista, tutto ciò è un’enorme sciocchezza. Che in realtà ci sono molte pratiche e molti esercizi che si possono fare per migliorare la nostra condizione. Tali pratiche magari hanno effetti lenti, non eclatanti, ma sono molto importanti per darci fiducia, e per convincerci definitivamente che qualcosa possiamo fare, di positivo, per la nostra salute.
Cosa ha compreso il dottor Bates? Che ogni, e dico ogni, “malattia” degli occhi è causata da tensione oculare. Ovviamente, tensioni diverse portano a manifestazioni sintomatiche diverse: se io divento teso quando guardo lontano, diventerò miope, da vicino, diventerò ipermetrope. Un altro tipo di tensione mi porterà la cataratta. E così via.

Facciamo ora un rapido paragone con la Nuova Medicina Germanica. Cosa dice il dottor Hamer? Che la “malattie” sono sempre bi-fasiche. Che c’è sempre una fase fredda, di “tensione”, di sovra-utilizzo, e una fase calda, di “rilassamento” e di recupero (con calo o alterazione funzionale). E che se la fase di tensione dura troppo a lungo, oppure se si hanno troppe recidive, si può avere una degenerazione “permanente” delle funzionalità dell’organo in questione. La logica di base, comunque, mi sembra la stessa.
Ora, quando notiamo un calo qualsiasi nel nostro visus (modo in cui vediamo), c’è qualcosa che possiamo fare per “curare” il nostro difetto? O possiamo solo andare dall’oculista, e seguire le sue istruzioni (occhiali o operazioni)? William Bates (per pure era oculista…), andando contro a tutti i suoi colleghi dell’epoca, consigliava una serie di esercizi, e tramite essi riusciva a far sì che i pazienti si “curassero da soli”, praticamente da ogni patologia.

Primo punto su cui Bates insisteva sempre: buttare via gli occhiali. La sua convinzione era infatti che gli occhiali peggiorassero sempre la vista, essendo come una stampella che impedisce il pieno recupero funzionale. Prescriveva poi una serie di esercizi, che si dividevano sostanzialmente in due gruppi: pratiche per rilassare la vista, e pratiche per usare la vista.
Per rilassare la vista la pratica principale da lui consigliata era il palming (palmeggiamento).
In poche parole, si tratta di coprire entrambi gli occhi con i palmi delle mani, facendo in modo che non filtri la luce. Occorre fare questo esercizio da seduti o comunque in posizione rilassata, rallentando il respiro e cercando di calmare ogni muscolo. L’obiettivo, da cercare però senza effettuare alcuno sforzo, è vedere il nero, ovvero una gradazione di colore il più scuro possibile. Chi ha una vista buona, infatti, vede il nero naturalmente quando fa palming, mentre più la vista è difettosa più si vedono lampi vari di colore (che nella realtà, ovviamente, non ci sono). Bates dice che più tempo si dedica al palming, più veloce è il recupera della vista.
Un’altra pratica consigliata per rilassare i muscoli oculari è il blinking, ovvero sbattere gli occhi il più velocemente e frequentemente possibile. Ci sono poi una serie di consigli da seguire mentre ci guardiamo in giro, come immaginare che il mondo sia in movimento, e non il nostro sguardo. Ciò impedisce di fissare lo sguardo che, secondo Bates, è una pratica molto negativa per la vista, la quale deve essere sempre e costantemente in movimento.

Per utilizzare e rafforzare i muscoli oculari, invece, Bates consigli prima di tutto di esporsi per lungo tempo alla luce diretta del sole, con gli occhi chiusi, pratica chiamata sunning (insolamento). Anche qui, poi, dà tutta una serie di consigli da seguire durante la giornata, come spostare costantemente lo sguardo (shifting), cambiare frequentemente il fuoco tra oggetti vicini e oggetti lontani, cercare sempre di cogliere i dettagli nelle cose, anzi amare i dettagli, e così via.
Come vediamo, quindi, le pratiche consigliate cercano di riportare sia il giusto rilassamento, sia il giusto utilizzo nell’organo in questione. Possiamo ora chiederci: è possibile estendere queste pratiche, che possiamo definire di auto-guarigione, anche a tutte le altre patologie e disfunzioni che ci possono capitare?

Come Hamer ha scoperto, tutti gli organi del nostro corpo si “ammalano” perchè hanno avuto una fase di tensione troppo lunga, oppure perchè il conflitto è stato recidivato troppe volte (causando, possiamo dire, una sorta di “tensione” costante nell’organo). Con opportuni accorgimenti, quindi, è possibile estendere le pratiche di Bates, o perlomeno la filosofia che sta dietro ad esse, anche al resto del nostro corpo.
Cosa facciamo, in fondo, quando prendiamo una botta da qualche parte? Istintivamente, ci mettiamo la mano sopra, giusto? Io credo che prima di tutto le nostre mani abbiamo un grande potenziale calmante e curativo. Lo dimostrano le molteplici discipline terapeutiche incentrate sul potere delle mani, come la pranoterapia e il reiki. E chi ci impedisce di applicare su noi stessi quel potere?

Oltre a dargli il giusto riposo, possiamo poi “allenare” ogni nostro organo, facendogli fare al meglio il lavoro per cui è stato concepito. Possiamo allenare i muscoli estrinseci degli occhi, e allo stesso modo possiamo allenare, per esempio, i denti attraverso una giusta masticazione e cibi sani, l’olfatto cercando di riconoscere e gustare ogni essenza, e così via. Perchè limitarsi al vecchio (e peraltro saggio) consiglio di “camminare” quando si hanno problemi alle gambe?
Oltre a queste due pratiche (buon riposo e giusto utilizzo) c’è poi un ultimo aspetto legato all’auto-guarigione, il più importante di tutti, ovvero il ruolo della nostra mente. Per capirne il potenziale, basterebbe osservare i risultati degli esperimenti sull’effetto placebo, o tutti gli studi sull’auto-suggestione effettuati da Emile Couè. Su questo aspetto, il potenziale della mente nella guarigione, il dottor Hamer ha dato probabilmente il contributo più grande.

E’ difficile, infatti, avere un approccio positivo verso una qualunque “modificazione” del nostro corpo se non si ha la più pallida idea di quello che sta succedendo, di quali sono le cause e di qual è il senso di ciò che sta avvenendo. Hamer ci ha già fatto questo immenso regalo, dandoci la possibilità di capire cause e senso di ogni sintomo. Già a livello di percezione del dolore, e di reazione che abbiamo di fronte ad esso, il cambiamento portato dalla medicina di Hamer è immenso. Il tema della percezione del dolore, e la sua importanza nell’ottica dell’auto-guarigione, merita però una trattazione a parte, e verrà approfondito in un prossimo articolo.
Ovviamente, anche con Hamer nel bagaglio delle nostre conoscenze, non rimangono solo rose e fiori. Anche conoscendo cause e senso, a volte è difficile uscire dai nostri circoli viziosi, da recidive continue e comportamenti malsani che portano a varie modificazioni organiche non gradite. Un esempio è il calo della vista, ma ve ne sono molti altri. Ognuno di noi sembra avere alcune “debolezze” specifiche, sulle quali occorre lavorare per poter mantenere un adeguato stato di benessere.

Il corpo dell’essere umano, inoltre, pur rappresentando per molti versi l’apice della creazione (almeno in base alle nostre conoscenze…), presenta anche alcune strane anomalie e debolezze specifiche rispetto agli altri animali. Per esempio, noi evidentemente non nasciamo già “quasi pronti alla vita” come tutti gli altri animali, ma abbiamo bisogno di almeno altri 9 mesi, dopo la nascita, prima di completare la nostra formazione e presentare i primi segnali di autonomia (interagire bene col mondo, potersi muovere liberamente, ecc.). Anche altre anomalie, legate per esempio ai denti, ai capelli, alle unghie, ci rendono una creatura per molti versi strana, che peraltro non sembra perfettamente adattata a nessun ambiente naturale. In tema di auto-guarigione, è importante riconoscere queste nostre debolezze specifiche, per poter trattare con maggior delicatezza e consapevolezza alcuni nostri disagi. Anche questo è un tema affascinante, che approfondirò in un terzo articolo, descrivendo anche un’ipotesi per l’origine della nostra specie che a molti apparirà sconvolgente.
In queste nostre “carenze”, o “malattie”, esiste comunque sempre una disarmonia nell’utilizzo di un determinato organo. Ogni parte del nostro corpo ha bisogno di una sua fase di utilizzo, alternata ad una fase di riposo. Anche “noi stessi” (intendo la nostra mente cosciente) abbiamo bisogno di una giusta alternanza tra azione e riposo, pena immediato calo funzionale (basta una notte insonne…). Anche il sole si alterna alla luna, e l’estate all’inverno. Tutto nell’universo ha un suo ciclo, compreso le parti del nostro corpo. In alcuni casi, certi organi del nostro corpo vanno in “tensione continua”, ben oltre il loro giusto utilizzo, causandoci alla lunga disfunzioni varie.

Attraverso un giusto utilizzo della mente cosciente e della volontà, con il potere congiunto del pensiero “positivo” e di alcune azioni pratiche terapeutiche possiamo, io credo, fare qualcosa di buono per i nostri disagi. Non bisogna aspettarsi risultati immediati ed eclatanti, non esistono le pillole magiche.
L’auto-guarigione è un percorso, che dovrebbe renderci fieri anche solo quando riusciamo ad invertire una degenerazione data per certa dalla medicina ufficiale, come per esempio quando recuperiamo qualcosa delle nostra miopia. Non c’è ancora la vista perfetta, ma in fondo capiamo che è tutto in mano a noi, nella vista come nel resto. Con la pratica e la pazienza possiamo riportare il giusto ritmo, la giusta armonia in ogni organo, o perlomeno mitigare, accettare o integrare in modo migliore tutto ciò che ci succede.

In quest’articolo ho potuto fare solo un breve accenno ai metodi consigliati dal dottor Bates, a chi fosse interessato consiglio vivamente la lettura dei suoi libri. Per quanto riguarda poi i metodi di auto-guarigione complessiva si apre un ventaglio di possibilità molto grande, andando dal digiuno alla meditazione, dalla ginnastica al training autogeno, all’EFT, alla melodia arcaica di Hamer, alla cristalloterapia (l’elenco sarebbe troppo lungo…), e in genere a qualsiasi disciplina terapeutica, applicata però a noi stessi. Ognuna di queste possibilità terapeutiche ha le sue potenzialità e la sua efficacia, dobbiamo solo trovare quelle più adatte a noi e ai nostri disagi.

Possiamo a questo punto tornare alla domanda iniziale: c’è qualcosa, dunque, che possiamo fare per “curare” il nostro corpo? O possiamo solo andare dal medico, credere alle sue spiegazioni, e seguire passivamente le sue istruzioni?

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