Questo è un documento
inviatoci dal Dr. Franco Berrino, Epidemiologo ed ex-direttore del Centro
Tumori di Milano, che contiene le sue indicazioni in
merito all’alimentazione adiuvante la terapia dei malati oncologici.
Il Dott. Berrino prega i pazienti
affetti da tumore di iniziare a seguire queste indicazioni prima
di prenotare una visita con lui, per cui vi sono lunghissime liste di
attesa.
Ringraziamo il Dott. Berrino per
averci dato la possibilità di diffondere questo prezioso contenuto.
DIETA ADIUVANTE LE TERAPIE ONCOLOGICHE
Franco Berrino
Che il nostro stile alimentare favorisca lo sviluppo dei
tumori è provato da numerosi studi: troppi zuccheri, troppa carne, troppi cibi
industrialmente raffinati aumentano il rischio di ammalarci, mentre cereali
integrali e verdure ci proteggono. Ancora pochi studi hanno però
affrontato gli effetti della dieta alimentare sulla guarigione, o sulla
progressione della malattia. Molti oncologi, alla domanda dei loro pazienti su
cosa dovrebbero mangiare, non sanno cosa rispondere. Taluni si preoccupano
esclusivamente che non perdano peso, perché quando i tumori sono in stadio
avanzato finiscono per consumare il corpo, soprattutto i muscoli.
Nell’illusione che mangiando muscoli i pazienti possano conservare i loro
muscoli, molti ancora oggi raccomandano di mangiare carne, o prescrivono
integratori proteici con aminoacidi ramificati, pur senza prove scientifiche
che migliorino la sopravvivenza, rischiando di peggiorare la situazione.[i]
Cosa si può consigliare dunque, in base a quel che si
conosce oggi, a un malato di tumore?
Una delle conoscenze più solide, ripetutamente confermate,
è che chi è in sovrappeso si ammala di più di vari tipi di tumore e chi si è
ammalato, se in sovrappeso, ha più difficoltà a guarire.[ii] Meglio quindi mantenersi snelli, e,
se non lo si è più, ritornare snelli. Paradossalmente, però, non sono ancora
stati fatti studi per valutare se aiutare i pazienti in sovrappeso a dimagrire
migliora la prognosi.[iii] Ci sono sempre più indicazioni che
sia il grasso depositato all’interno dell’addome il più pericoloso, piuttosto
che l’obesità complessiva. Anche i magri con la pancetta hanno un rischio alto
di ammalarsi.[iv] Un sano obiettivo, quindi è di
mandar giù la pancetta: si raccomanda che la circonferenza vita non sia più di
85 cm nelle donne e 100 cm negli uomini, ma, senza andare sottopeso, più
stretta è meglio è.
Naturalmente, se il malato è denutrito, occorre nutrirlo,
cosa talvolta difficile perché i tumori in stadio avanzato causano spesso
anoressia. Gli interventi chirurgici maggiori per tumori dell’apparato
digerente, inoltre, possono causare difficoltà di digestione e di assorbimento.[v] Spesso si ricorre alla nutrizione
parenterale (per via endovenosa), che però non ha mostrato alcun vantaggio
circa la sopravvivenza né nei pazienti chirurgici (per i quali può però ridurre
le complicazioni)[vi] né nei pazienti in chemioterapia.[vii] In taluni casi, anzi, la
sopravvivenza è stata inferiore.[viii] La nutrizione artificiale enterale
(con sondino nasogastrico) non migliora la sopravvivenza rispetto a quella
parenterale, ma ha meno complicazioni infettive.[ix] La perdita di peso dei malati di
tumore dipenderebbe soprattutto dalla produzione di sostanze infiammatorie da
parte del tumore: la priorità, in questi pazienti, è ridurre lo stato
infiammatorio, e molto si può fare con la dieta.
Un’altra conoscenza ripetutamente confermata, almeno per i
tumori del colon e della mammella, è che chi fa esercizio fisico si ammala di
meno, e chi si è ammalato di cancro dell’intestino[x] o della mammella[xi], a parità di stadio della malattia, se
fa esercizio fisico ha una prognosi migliore. Per chi ha un lavoro sedentario
si raccomanda di fare ogni giorno una passeggiata con passo vivace per almeno
30 minuti consecutivi, oppure un’ora di palestra o di sport almeno un giorno si
e uno no. Per molte persone ritagliare questo tempo nell’organizzazione
della vita quotidiana sembra quasi impossibile, ma è tempo ben impiegato.
I meccanismi con cui sovrappeso e sedentarietà aumentano
il rischio di cancro, oltre che di malattie di cuore e di diabete, sono
abbastanza ben conosciuti. Un eccesso di grasso depositato nell’addome
determina, con meccanismi complessi, livelli più alti, nel sangue, di insulina,
di glucosio,
di fattori
di crescita, di fattori dell’infiammazione e,
nelle donne, di ormoni sessuali, e chi ha questi fattori alti, anche se
ha una corporatura snella, si ammala e si riammala di più. Si tratta di fattori
che con diversi meccanismi stimolano la proliferazione cellulare. I fattori di
crescita sono indispensabili per la crescita dei bambini e per la riparazione
di tessuti danneggiati da ferite o malattie, ma se sono in eccesso possono
favorire la crescita dei tumori. Ci sono sempre più studi, in particolare, che
riscontrano che chi è stato operato di cancro del colon o della mammella, se ha
valori alti di questi fattori, ha un rischio più alto di recidive. E il livello
di questi fattori dipende anche dalle nostre abitudini alimentari. Chi
mangia regolarmente latte, ad esempio, e chi ha una dieta ricca di proteine, ha
più alti livelli nel sangue di IGF-1,[xii] uno dei più importanti fattori di
crescita, e più bassi livelli di IGFBP-2, una delle proteine che regolano la
biodisponibilità di IGF-I. Il latte, infatti, è un alimento per far crescere, e
si sa che se mancano proteine nella dieta i bambini non crescono. L’insulina è
essa stessa un fattore di crescita, e inoltre promuove una maggiore
disponibilità di altri fattori di crescita e, nella donna, di ormoni sessuali.[xiii] Per tener bassa l’insulina è meglio
mangiar poco, evitando soprattutto i cibi che fanno aumentare molto la glicemia
(cibi a alto indice glicemico) e i cibi ricchi di grassi animali.[xiv]
L’infiammazione è un meccanismo di difesa dell’organismo.
Quando ci feriamo, ad esempio, le cellule dell’infiammazione aiutano a contrastare
eventuali infezioni e producono sostanze che stimolano le cellule dei tessuti
vicini a proliferare per riparare il danno. Ma quando è un tumore a causare
infiammazione queste stesse sostanze finiscono per stimolare ulteriormente la
proliferazione delle cellule tumorali (vedi capitolo sull’infiammazione).
Le cellule tumorali che si formano nei nostri organi, o
che si disseminano quando un tumore invade i vasi sanguigni o linfatici, sono
come dei semi che germoglieranno e daranno origine a una pianta solo se si
trovano in un ambiente favorevole, nel terreno giusto, ricco del nutrimento
indispensabile alla loro crescita. Se invece il terreno è povero e arido,
moriranno. Le nostre cellule inoltre hanno la capacità di suicidarsi quando
sono alterate, e il suicidio sarà tanto più facile quanto più il nostro
ambiente interno, il nostro terreno, renderà più difficile la loro
sopravvivenza. Cosa possiamo fare quindi, in pratica, per aiutare le
terapie oncologiche modificando il nostro ambiente interno?
Tenere bassa la glicemia: le cellule tumorali consumano molto più glucosio delle cellule
normali[xv], e sempre più studi evidenziano che chi
ha la glicemia alta (pur nell’intervallo di normalità) si ammala di più[xvi] (ad esempio di tumori della
mammella, del cervello, del pancreas) e se si è ammalato ha una prognosi
peggiore.[xvii] Tenere bassa la glicemia, inoltre,
aiuta a tener bassa l’insulina, e quindi i fattori di crescita. Quindi evitare
le farine raffinate (00 e 0), il pane bianco, i dolciumi commerciali, le
patate, il riso banco, i fiocchi di mais, la frutta molto zuccherina. Evitare
inoltre lo zucchero, lo sciroppo di glucosio e fruttosio, e abituarsi
progressivamente a gusti meno dolci. Evitare inoltre i cibi ricchi di grassi
saturi (carni rosse e latticini), che aumentano la glicemia in quanto
ostacolano il funzionamento dell’insulina. [xviii]Mangiare invece regolarmente, cereali
integrali, meglio se associati a legumi, verdure, semi e frutti oleaginosi;[xix] se c’è infiammazione intestinale,
come spesso durante la chemioterapia e radioterapia, questi cibi possono essere
passati al setaccio e ridotti in crema per togliere la componente più fibrosa.
Tenere bassa l’insulina:[xx] oltre ai cibi ad alto
indice glicemico di cui sopra è meglio evitare il latte (anche scremato),[xxi] che fa aumentare l’insulina anche
se non fa salire la glicemia, e i cibi a alto contenuto di grassi saturi
(salumi, carni rosse, formaggi) che ostacolano il buon funzionamento
dell’insulina.[xxii] Lo zucchero (saccarosio) ha un
effetto diretto sull’insulina indipendente dalla glicemia.
Tenere bassi i fattori di crescita:[xxiii] quindi evitare il latte
e limitare i cibi molto ricchi di proteine, soprattutto le proteine animali;
anche le proteine vegetali, tuttavia, sono da mangiare con moderazione: la
porzione di legumi, quindi, pur presente in ogni pasto, deve essere piccola.[xxiv] Le proteine vegetali sono più
povere di metionina, un aminoacido essenziale, da cui i tumori sono dipendenti,[xxv] che stimolerebbe particolarmente la
sintesi di IGF-I.[xxvi] Ci sono studi clinici che
suggeriscono che una dieta parenterale povera di metionina associata a
chemioterapia rallenti la crescita tumorale.[xxvii] Anche alcuni vegetali, tuttavia,
sono piuttosto ricchi di metionina, come le noci del brasile e, in grado
minore, il sesamo, i semi di girasole (che si mangiano comunque in piccola
quantità), la soia (va bene quindi la zuppa di miso, che comporta minime dosi
di soia, ma è prudente limitare le porzioni degli altri prodotti di soia, e
evitare le proteine isolate di soia, utilizzate per produrre hamburger e
wurstel vegani). La soia contiene fitoestrogeni, sostanze vegetali con una
struttura chimica che mima gli ormoni sessuali e che hanno effettivamente una
debole azione ormonale. Per questo gli oncologi raccomandavano alle donne con
cancro al seno di non mangiare soia, temendo che i fitoestrogeni stimolassero
la proliferazione di eventuali cellule tumorali residue o ostacolassero
l’azione dei farmaci ormonali. In realtà studi su migliaia di pazienti hanno
mostrato che le donne operate di cancro al seno che mangiano cibi contenenti
soia hanno meno recidive rispetto a chi non ne mangia.[xxviii] Non ci sono quindi
controindicazioni a un consumo moderato di prodotti tradizionali di soia (miso,
tofu, tempeh).
Tenere bassi i livelli di
infiammazione[xxix]: favoriscono l’infiammazione
tutti i cibi animali, eccetto il pesce (privilegiare però i pesci piccoli,
perché quelli grandi sono molto più inquinati). Favoriscono inoltre
l’infiammazione lo zucchero e i cibi ad alto indice glicemico. Hanno invece
azione anti-infiammatoria i cereali integrali, e molti altri alimenti vegetali,
in particolare quelli che contengono grassi omega-3 (come i semi di lino, la
soia, le erbe selvatiche) e inoltre le cipolle, le mele, e in generale le
verdure, con l’eccezione delle solanacee (pomodori, melanzane, peperoni) che è
meglio evitare. In caso di anoressia suggeriamo la crema di riso integrale
(molto cotto e passato al setaccio) e la zuppa di miso in cui le proteine della
soia sono già digerite dalla fermentazione, il che le rende facilmente
assimilabili (si tratta praticamente di una zuppa di aminoacidi, che ha azione
antinfiammatoria).
È prudente, inoltre, evitare i cibi
ricchi di poliamine (sostanze
indispensabili alla proliferazione cellulare);[xxx]come agrumi (in particolare i succhi di
arance),[xxxi] pomodori,[xxxii] melanzane, peperoni, banane, kiwi,
frutti tropicali. Anche l’altra frutta contiene poliamine, ma in quantità
minore, e i frutti di bosco non ne contengono che tracce. La frutta è
raccomandata per la prevenzione del cancro, ma non è detto che sia utile per chi
si è ammalato. Altre fonti importanti di poliamine sono i molluschi bivalvi e
la putrefazione intestinale delle proteine in chi ha una dieta ricca di cibi
animali. Non sono stati fatti importanti studi clinici,[xxxiii] ma poiché le cellule tumorali sono
avidissime di poliamine pare logico ridurne il consumo.
La frutta, inoltre, è molto ricca di sostanze
antiossidanti (vitamine e polifenoli), utili per prevenire i tumori ma
potenzialmente pericolose quando un tumore c’è già, perché potrebbero impedire
ai radicali liberi di uccidere le cellule tumorali. Sia la radioterapia sia
molte chemioterapie uccidono le cellule tumorali aumentando i radicali liberi.
In alcuni ambienti si consiglia ai malati di cancro di consumare in abbondanza
centrifugati o estratti di frutta e verdura; togliendo le fibre e la necessità
di masticare i centrifugati consentirebbero di assumere grandi quantità di
frutta e di aumentare l’assorbimento delle sostanze potenzialmente protettive
che contiene. Può essere utile per un breve periodo di disintossicazione, ma è
meglio essere prudenti, perché si rischia di aumentare troppo l’assunzione di
sostanze antiossidanti, che potrebbero proteggere le cellule tumorali. È
prudente che i malati di tumore non assumano integratori con alte dosi di
vitamine o minerali antiossidanti: uno studio su 90 pazienti operate per cancro
della mammella e trattate con cocktail di beta-carotene, vitamina C, selenio,
zinco, coenzima Q e vitamina B3 ha mostrato una maggiore frequenza di recidive
rispetto a pazienti identiche non trattate.[xxxiv] È un piccolo studio, ma anche in
sistemi sperimentali in cui si induce il cancro mammario con sostanze
cancerogene la somministrazione di antiossidanti (vitamina E) promuove la
crescita del cancro mammario.[xxxv]
In sintesi le raccomandazioni coincidono con quelle
formulate dai ricercatori del Fondo Mondiale per la Ricerca sul Cancro (WCRF),
che hanno valutato tutti gli studi scientifici sul rapporto fra dieta e tumori,
e che oggi sono state riprese dal Codice Europeo Contro il Cancro: Basate la dieta
quotidiana prevalentemente su cibi di provenienza vegetale non industrialmente
raffinati, con un’ampia varietà di cereali integrali, legumi, verdure e
frutta, magari con un’attenzione a non esagerare con la
frutta. Le raccomandazioni del WCRF, inoltre, recitano: Limitate i cibi a alta
densità calorica e evitate le bevande zuccherate (uno studio
recente dell’università di Harvard[xxxvi] mostra che l’incidenza di metastasi
nei pazienti operati per cancro del colon cresce con il numero di lattine
consumate al giorno) e Limitate il consumo di carni rosse e evitate il consumo di carni
conservate (uno studio sull’influenza prognostica dello stile
alimentare dei pazienti operati per cancro del colon mostra che l’incidenza di
metastasi cresce con il crescere dell’aderenza a uno stile “occidentale”
caratterizzato da carni fresche e conservate, dolciumi e farine raffinate,
formaggi).[xxxvii]
Tutti questi suggerimenti in alcune persone evocano uno
scenario di grande difficoltà, un cambiamento radicale delle abitudini
quotidiane. In molti casi si tratta di suggerimenti che vengono dati in una
situazione di emergenza, ma l’esperienza è che in breve tempo ci si può
innamorare di questo cibo, tanto da proseguire, trasformandolo nel cibo quotidiano,
a volte più rigoroso, a volte più permissivo, aiutandoci a percorrere la
via della conoscenza di noi stessi, rendendoci meno schiavi: l’uomo libero sa
stare nella semplicità.
Numerosi studi hanno dimostrato che la restrizione calorica
senza malnutrizione (25-30% di calorie in meno rispetto a
una dieta ad
libitum, ma con una dieta varia per garantire la presenza di
tutti i nutrienti essenziali) prolunga la vita e riduce l’incidenza del cancro
negli animali. Gli esperimenti sull’uomo mostrano che effettivamente la
restrizione calorica migliora vari parametri metabolici di rischio
cardiovascolare e neoplastico (riduzione dell’insulina, della glicemia, degli
ormoni sessuali, dello stato infiammatorio, dello stress ossidativo, della
proliferazione cellulare, aumento del cortisolo, dell’adiponectina, della
sorveglianza immunitaria, del riparo del DNA, degli enzimi detossificanti,
dell’autofagia e dell’apoptosi).[xxxviii] La restrizione calorica, tuttavia,
non è sufficiente a ridurre i livelli plasmatici di IGF-I se non è associata
anche a restrizione proteica.[xxxix] Questi esperimenti suggeriscono che
la restrizione calorica e/o proteica possa essere un ausilio alla terapia.
Molto spesso, però, i tumori, specie in stadio avanzato, causano perdita di
peso, per cui la restrizione calorica è controindicata. Ci sono sempre
più indicazioni, invece, che brevi periodi di digiuno (un
paio di giorni alla settimana), che riducono marcatamente il glucosio,
l’insulina e l’IGF-I nel sangue senza compromettere lo stato nutrizionale,
possano aumentare l’efficacia delle terapie oncologiche.[xl] Si tratta di studi su cellule
coltivate in vitro e su animali di laboratorio, ma sono in corso studi
sull’uomo e dati preliminari suggeriscono che alcuni giorni di digiuno prima e
dopo i cicli di chemioterapia, o un digiuno a giorni alterni durante la
radioterapia, proteggano le cellule sane e mettano in difficoltà le cellule
tumorali aumentando l’efficacia dei farmaci e riducendone gli effetti
collaterali.[xli] Il digiuno agisce sulle stesse vie
molecolari su cui si cerca di agire con i nuovi farmaci a bersaglio molecolare.[xlii] Non è praticabile con pazienti
denutriti ma ci sono indicazioni che lo stesso effetto possa essere ottenuto
con una dieta chetogenica (cioè diminuendo i carboidrati e aumentando i grassi,
vedi anche capitolo sui tumori cerebrali),[xliii] anche se ipercalorica.
Tumori cerebrali
Dedico un capitoletto ai tumori cerebrali perché le loro
esigenze metaboliche suggeriscono qualche presidio alimentare in più rispetto a
quanto illustrato nel capitolo sulla dieta adiuvante le terapie oncologiche. I
tumori delle cellule nervose (i neuroni) sono molto rari e si manifestano
pressoché esclusivamente nei bambini, quando il tessuto nervoso è ancora in
formazione. La grande maggioranza dei tumori cerebrali originano dalle cellule
gliali (il termine deriva dal greco clea, colla), molto più numerose, capaci di
moltiplicarsi, che hanno funzione di nutrizione, di isolamento e di sostegno
per i neuroni. I tumori gliali più frequenti sono i cosiddetti astrocitomi, che
possono avere diversi gradi di malignità. I più maligni sono i glioblastomi,
raramente curabili radicalmente.
I tumori cerebrali derivano la loro energia dalla
glicolisi (come tutti i tumori, ma in grado più elevato), per cui necessitano
di grandi quantità di glucosio (la glicemia alta è associata a prognosi
peggiore), e dalla glutamina (la cui disponibilità è favorita dai trattamenti
radio e chemioterapici), e la loro proliferazione richiede la presenza di
poliamine, mentre non sono in grado, per produrre energia, di utilizzare i
corpi chetonici, utilizzabili invece dalle cellule nervose normali. È
quindi indicato ridurre le calorie totali (la restrizione calorica riduce la
glicemia), i cibi a alto indice glicemico e i cibi molto proteici, ma aumentare
al contempo il consumo di grassi per produrre corpi chetonici, evitare i cibi
ricchi di poliamine, e ostacolare l’utilizzo di glutamina. Poiché i gliomi
cerebrali sono molto avidi di metionina, un aminoacido essenziale che è usato
anche come tracciante nella PET, è prudente ridurne l’assunzione con la dieta.[xliv] Lo
studio EPIC ha dimostrato che alti livelli plasmatici di IGF-I (il fattore di
crescita insulinosimile di tipo I) sono associati a un significativo maggior
rischio di sviluppare tumori cerebrali e studi in vitro suggeriscono che il
blocco dei recettori di IGF-I riduce la crescita: è prudente quindi modificare
la dieta per tenere bassi i livelli di IGF-I. Pare utile, inoltre, ridurre lo
stato infiammatorio:[xlv] chi soffre di asma e di emicrania e
chi fa uso cronico di farmaci antinfiammatori non steroidei, infatti, si ammala
meno di tumori cerebrali.[xlvi] Poiché il trattamento con cortisone,
spesso necessario per ridurre l’edema cerebrale, ha il difetto di far aumentare
la glicemia, è consigliabile utilizzare i cortisonici nella dose minima
efficace. Come tutti i tumori, anche i tumori cerebrali sono sensibili ai
radicali liberi, meglio quindi evitare integratori di sostanze antiossidanti.
Per tener bassa la glicemia:
Evitare zucchero e dolci commerciali, patate, mais,
fiocchi di mais, popcorn, pane bianco e farine raffinate, cerali raffinati
(riso bianco, orzo perlato).
Consumare piuttosto pasta e fagioli,[xlvii] o piccole porzioni di cereali
integrali in chicco con legumi e verdure, oppure con un pesto di mandorle o
noci; la porzione di cereali deve essere piccola per ridurre il carico
glicemico e la porzione di legumi deve essere piccola (uno o due cucchiai),
perché i legumi sono molto proteici, ma è bene che legumi o noci o mandorle,
che rallentano l’assorbimento intestinale del glucosio accompagnino sempre i
cereali.
Per fare un dolce: Impastare Farina di mandorle, un pizzico di sale, polpa di
mela cotta (o purea di batata), farne delle palline da asciugare al forno x 30
minuti.
Varianti: far rotolare le palline su
semi di sesamo, o cocco grattugiato, o cacao amaro, o cannella..
Per il buon funzionamento
dell’insulina evitare:
Grassi saturi (burro, formaggi, carni rosse, salumi).[xlviii]
Per ridurre i fattori di crescita:
Evitare il latte, ridurre le proteine (togliere carni,
formaggi, seitan, tofu)
Per favorire la produzione di corpi
chetonici:
Aumentare i grassi nella dieta, ma non i grassi saturi:
vanno bene mandorle, noci, nocciole, semi di girasole, zucca, sesamo, lino,
tahini, olio di oliva, olio di lino in humus di ceci molto grasso.[xlix]
Per ridurre l’assunzione di poliamine
evitare:
Arance, pompelmi, kiwi, banane, frutti tropicali,
pomodori, melanzane, peperoni, mais in scatola, molluschi bivalvi. Vanno bene i
frutti di bosco e il miele (in modesta quantità e associato a una crema di
mandorle, nocciole, tahini o purea di azuki per ridurne l’indice glicemico).[l]
Per ridurre l’utilizzo della
glutamina:[li]
Tè verde deteinato in casa (Versare acqua bollente sul tè
e scolare, quasi tutta la teina se ne va con l’acqua, poi rimetter l’acqua
bollente e lasciare 3-5 minuti in infusione) o bancha. Evitare la crema
di orzo germogliato (interessante per altri tumori per l’azione
antinfiammatoria).
Per ridurre l’assunzione di metionina
e di glutamina:
Evitare i cibi animali (consumare solo occasionalmente il
pesce). Le proteine vegetali sono povere di metionina; alcuni vegetali,
tuttavia, ne sono piuttosto ricchi, come le noci del brasile e, in grado
minore, il sesamo, i semi di girasole, pistacchi, pinoli (che si mangiano
comunque in piccola quantità), la soia (va bene la zuppa di miso, che comporta
minime dosi di soia, ma è prudente limitare gli altri prodotti di soia e
evitare le proteine isolate di soia utilizzate per produrre hamburger e wurstel
vegani). I legumi è bene che siano presenti, anche in ogni pasto, ma in piccola
quantità, perché molto proteici e ricchi di glutamina.
Per aumentare l’efficacia dei
radicali liberi:
Olio di boragine, il cui alto contenuto di acido
gammalinolenico promuove l’apoptosi delle cellule tumorali facendo aumentare i
radicali liberi e la perossidazione lipidica;[lii] aumenta inoltre la radiosensibilità
delle cellule dei gliomi.[liii]
Per ridurre l’infiammazione:
Evitare i cibi animali (eccetto piccole porzioni di pesce
piccolo) e i cibi ad alto indice glicemico. Consumare verdure (in particolare
cipolle, crocifere, boragine, foglie verdi, erbe selvatiche), meglio cotte che
crude, frutta non zuccherina (evitare fichi, uva) cotta con kuzu e consumata
assieme a grassi di buona qualità per ridurre l’indice glicemico,
curcuma, zenzero, cacao amaro.
Per tutti gli scopi di cui sopra:
Praticare periodicamente alcuni giorni di digiuno (anche
alcune settimane se si è in sovrappeso),[liv] bevendo (in abbondanza, più di 2
litri al giorno) solo acqua o tè o tisane non caloriche. Chi non se la sente di
digiunare per più giorni consecutivi può fare digiuno un giorno si e uno no.
Meglio far precedere al digiuno una pulizia intestinale.
Sono suggerimenti basati su casistiche cliniche,
ragionamenti fisiopatologici e studi su cellule coltivate in vitro, ma non sono
ancora state condotte sperimentazioni cliniche capaci di confermarne o
falsificarne la validità. Ci auguriamo che la neuro-oncologia cominci ad
occuparsene.
__________________________
[i] La supplementazione di
aminoacidi ramificati attiva l’oncogene mTOR e in sistemi sperimentali aumenta
la crescita tumorale (Liu KA 2014 Cancer Metab 2:6).
[ii] Il ruolo prognostico
dell’obesità è ben documentato per i tumori della mammella (Protani M 2010
Breast Cancer Res Treat 123:627), dell’intestino (Dignam JJ 2006 JNCI 98:1647;
Haydon AMM 2006 Gut 55:62; Shibakita M 2010 Hepatogastroenterology
57:62; ma non confermato da Meyerhardt JA 2008 J Clin Oncol 26:4109 e da
Hines 2009 Cancer 115:5798), del pancreas (Yuan C 2013 J Clin Oncol 31:4229;
McWilliams RR 2010 Cancer116:5054; Li D 2009 JAMA 301:2553), dello stomaco (Wu
XS 2013 World J Gastroenterol 19:4596), della prostata (Gong Z 2007 Cancer
15:1192; Ma J 2008 Lancet Oncol 9:1039; Møller H 2014 Int J Cancer Epub ahead
of print), della vescica (Kluth LA 2013 J Urol 190:480), dell’endometrio (Arem
H 2013 JNCI 105:342).
Essere magri, al contrario, comporta una prognosi peggiore
nei pazienti con tumori del polmone (Fiorelli A 2014 Thorac Cardiovasc
Surg 62:578; Luo J 2012 Oncol Nurs Forum 39:609; ma solo a breve termine,
mentre a lungo termine sono gli obesi che vanno peggio, Dalhberg SE J Thorac
Oncol8:1121; Friedel G 2013 Anticancer Res 33:1609), delle prime vie
aereodigestive (Takenaka Y 2014 Head Neck epub ahead of print; Pai PC
2012 Int J Radiat Oncol Biol Phys 83:e93), dell’esofago (Scarpa M 2013 J
Gastrointest Surg 17:218; Zhang SS 2013 Br J Cancer 109:2894; Watanabe M 2013
Ann Surg Oncol 20:3984; ma solo nei fumatori, Yoon HH 2011 J Clin Oncol
29:4561), del rene (Choi Y 2013 Int J Cancer 132:625; Inamoto T 2012 Int J Clin
Oncol 17:256; Sunela KL 2013 Clin Genitourin Cancer 11:458).
[iii] Una sperimentazione
clinica controllata per valutare se la riduzione del consumo di grassi in
pazienti con cancro mammario avrebbe ridotto le recidive ha mostrato
effettivamente una riduzione significativa delle riprese di malattia nelle
donne del gruppo di intervento, che complessivamente avevano perso in media due
Kg (Chlebowski RT 2006 JNCI 98:1767).
[iv] Muti 2000 Cancer Causes
Control 11:721.
[v] In questi casi sono
utili I cibi predigeriti come la zuppa di miso, l’amasake, gli yogurt, la
farina di orzo pregermogliata.
[vi] Heyland DK 2001 Can J Surg
44:102 e 1998 JAMA 280:2013.
[vii] McGeer AJ 1990 Nutrition
6:233; Klein S 1986 Cancer 58:1378; Levine AS 1982 cancer Res 42:774:
[viii] Koretz RL 1986 Gut 27 Suppl
1:85.
[ix] Gramlich L 2004 Nutrition
20:843.
[x] Haydon AMM 2006 Gut 55:62;
Meyerhardt JA2006 J Clin Oncol 24:3527 e 2009 Arch Intern Med 169:2102.
[xi] Chlebowski RT 2013
Breast Suppl 2: S30; Ibrahim EM, Al-Homaidh A 2011 Med Oncol 28:753.
[xii] Norat T 2007 Eur J Nutr
61;91; Crowe FL 2009 Cancer Epidemiol Biomarkers Prev 18:1333.
[xiii] Berrino F 2001 Cancer
Epidemiol Biomarkers Prev 156:439.
[xiv] Se le membrane
cellulari sono ricche di grassi animali, saturi, che sono più rigidi rispetto
ai grassi vegetali, insaturi, l’insulina ha difficoltà a far entrare il
glucosio nelle cellule (è la cosiddetta resistenza insulinica), per cui sale la
glicemia e il pancreas è costretto a produrre più insulina.
[xv] È il principio
fisiologico alla base della PET, l’esame in cui si inietta in vena glucosio
radioattivo per evidenziare dove si è esteso il tumore.
[xvi] È noto che i pazienti
diabetici si ammalano di più di cancro, ma la condizione prediabetica, o quando
la glicemia è verso l’alto dei valori normali, è associata a rischi ancora più
alti. La glicemia nella zona alta dei valori normali (superiore a 100 mg/ 100
ml) è associata a un rischio di ammalarsi di cancro dell’ordine del
20% superiore rispetto a chi sta nella zona bassa dei valori normali (< 90).
Il rischio è particolarmente elevato per il cancro del fegato e delle vie
biliari e del pancreas, ma è stato riscontrato significativamente elevato
anche per il cancro colorettale, per la mammella, la vescica, la prostata, la
tiroide, la cervice uterina e, ma non sempre, per i linfomi e le leucemie (Rapp
K 2006 Diabetologia 49:945; Jee SH 2005 JAMA 293:194; Tulinius H 1997 6:863).
[xvii] La relazione della
glicemia con la prognosi è ben documentata per i tumori della mammella
(Contiero P 2013 Breast Cancer Res Treat 138:951; Minicozzi P 2013 Eur J
Cancer 49:3881) dell’intestino (Siddiqui AA 2008 Dig Dis Sci 53:2486; Yang Y 2013
Cancer 119:1512), del fegato (Hosokawa T 2013 World J Gastroenterol 19:249; Abe
H 2013 world J Gastroenterol 19:78), del polmone (Luo J 2012 Lung Cancer
76:242), del collo dell’utero (Lee J 2009 Gynecol Oncol 116:459), dell’ovaio
(Lamkin DM 2009 Cancer 115:1021), della prostata (Wright JL 2013 Prostate
Cancer Prostatic Dis 16:204), per i linfomi di Hodgkin (Schilling RF 1984 J
Clin Oncol 2:828), i linfomi non-Hodgkin e i mielomi (Cai Q 2013 Br J Cancer
108:380; Chiu BC 2006 Cancer Epidemiol Biomarkers Prev 15:2348)), le leucemie
infantili (Sonabend RY 2009 J Pediatr 155:73) e per i glioblastomi cerebrali
(Derr RL 2009 J Clin Oncol 27:1082; Seyfried TN 2010 Nutr Metab 7:7; Champ CE
2014 J Neurooncol 117:125; Mayer A 2014 Strahlenther Onkol Epub ahead of print).
Cinquanta anni fa si erano osservate regressioni clamorose di tumori avanzati
in pazienti psicotici in cui era stato indotto un prolungato coma
ipogligemico con un trattamento insulinico (Koroljow S 1962 Psychiatr Q 36:261,
citato da Krone CA 2005 Integr Cancer Ther 4:25); si era inoltre osservato che
togliendo lo zucchero la radioterapia per carcinomi della cervice uterina era
più efficace (Cheraskin E 1968 Acta Citologica 12:433).
[xviii] Alcuni studi hanno
suggerito che il consumo di grassi saturi sia associato alla progressione del
cancro della prostata (Fradet Y 1999 Eur J Urol35:388; Epstein MM 2012 Am J
Epidemiol 176:240) e della mammella (Jain M e Miller AB 1994 J Natl cancer Inst
86:1390).
[xix] Legumi e semi
oleaginosi hanno basso indice glicemico e riducono la velocità di assorbimento
intestinale del glucosio.
[xx] Il ruolo prognostico
dell’insulinemia o dei livelli di C-peptide è ben documentato per i tumori
della mammella (Goodwin P 2002 JCO 20:42) e del colon ( Wolpin BM 2009 J Clin
Oncol 27:176). L’insulina, inoltre, stimola la sintesi di ormoni androgeni,
anch’essi associati a una prognosi peggiore del cancro mammario (Berrino
F 2005 Int J Cancer 113:499)
[xxi] Alcuni medici
prescrivono ai pazienti tumorali integratori a base di proteine del siero di
latte (quelle che rimangono dopo la coagulazione della caseina per fare il
formaggio), ma pare che siano proprio queste lattoalbumine, o loro prodotti di
degradazione, a stimolare la sintesi di insulina (Melnik BC 2009 Medical
Hypothesis 72:631).
[xxii] Alcuni studi hanno
suggerito che il consumo di grassi saturi sia associato alla progressione del
cancro della prostata (Fradet Y 1999 Eur J Urol35:388; Epstein MM 2012 Am J
Epidemiol 176:240) e della mammella (Jain M e Miller AB 1994 J Natl cancer Inst
86:1390).
[xxiii] Praticamente tutti i
tumori sono sensibili agli effetti proliferativi e antiapoptotici dell’IGF-I;
in molti casi è stato dimostrato che la presenza di recettori per l’IGF-I nelle
cellule tumorali e la concentrazione intratumorale di IGF-I sono fattori di
cattiva prognosi. Solo pochi studi hanno esaminato il ruolo prognostico della
concentrazione plasmatica di IGF-I e la prognosi. Nei tumori della mammella la
prognosi è peggiore se sono alti sia l’IGF-I sia il PDGF (Pasanisi P 2008
Cancer Epidemiol Biomarkers Prev 17:1719). L’IGF-I libero (non legato alle sue
proteine leganti IGFBP) è associato a cattiva prognosi nel cancro dell’ovaio
(Borkaw J 2007 Growth Factors 25:346). La concentrazione plasmatica elevata di
IGFBP-1, una delle proteine che riducono la biodisponibilità di IGF-I, è
associata a migliore prognosi in pazienti con cancro del colon (Wolpin 2009 J
Clin Oncol 27:156). In alcuni studi su pazienti con carcinoma epatocellulare
(Cho EJ 2013 Clin Cancer Res 19:4218; Shao YY 2012 Clin Cancer Res 18:3992) e
nei pazienti con epatite virale si è osservato, invece, che bassi livelli di
IGF-I sono associati a prognosi peggiore, ma bisogna tener conto che il fegato
è la principale fonte di IGF-I plasmatico e che bassi livelli dipendono dalla
distruzione del parenchima epatico.
[xxiv] I legumi, comunque, è
bene che ci siano, quotidianamente: negli animali di laboratorio riducono la
glicemia, l’insulina e anche l’IGF-1; inoltre riducono la proteina C
reattiva, attivano AMPK, il gene attivato dalla restrizione calorica, e
riducono l’attività di AKT, e quindi quella di mTOR , e di conseguenza la
sintesi di grassi e proteine indispensabili per la crescita tumorale; in
sistemi sperimentali riducono l’incidenza e la dimensione di carcinomi mammari
(Thompson MD 2012 Cell Cycle 11:5835; 2012 Carcinogenesis 33:226). Nella
coorte delle infermiere americane seguite dagli epidemiologi di Harvard il
consumo di legumi è associato a una minor incidenza di cancro mammario: un
quarto in meno per chi ne consuma almeno due volte alla settimana (Adebamowo CA
2005 Int J Cancer 114:628).
[xxv] Cavuoto P, Fenech MF 2012
Cancer Treat Rev 38:726.
[xxvi] McCarty MF 2009 Med
Hypothesis 72:125.
[xxvii] Goseki N 1995 Jpn J Cancer
Res 86:484; Durando X 2010 Oncology 205:9.
[xxviii] Fritz H 2013 PLoS Med
8:e81968.
[xxix] Livelli plasmatici
alti di proteina reattiva C (PCR), espressione di stato infiammatorio
cronico pur all’interno dell’intervallo di normalità, sono associati a cattiva
prognosi dei tumori. Poiché citochine infiammatorie sono immesse nel sangue dal
tumore stesso e dai macrofagi associati al tumore, la loro presenza nel sangue
e la presenza di alti livelli di PCR potrebbero indicare semplicemente che il
tumore è più aggressivo. Ci sono indizi, tuttavia, che anche altri fattori che
inducono un aumento di PCR influenzano la prognosi: infezioni nel corso delle
terapie o dopo la fine delle terapie per il cancro del colon peggiorano la
prognosi (Attiê R 2014 World J Gastroenterol 20:13930); complicazioni della
ferita chirurgica peggiorano la prognosi del carcinoma mammario (Murthy BL 2007
Br J Cancer97:1211); la mortalità per cancro del colon è
significativamente più bassa se i pazienti sono trattati con aspirina o
inibitori di COX-2 (Sandler MS 2003 N Engl J Med 348:883; Chan AT 2009 JAMA
302:649; Fuchs C 2005 J Clin Oncol 23 (16S) abstract 3530).
Alti liveli di PRC indicano cattiva prognosi dei tumori
delle prime vie aerodigestive (Andersson BÅ 2014 J Cancer Res Clin Oncol
140:515), del rinofarnge (Xia WX 2013 OLoS One 8:e76958), dell’esofago (Song ZB
2013 Kaohsiung J Med Sci 29:662), dello stomaco (Yu Q 2013 Asia Pac J
cancer Prev 14:5735; Baba H 2013 Anticancer Res 33:5591; Nozoe T 2011 Surg
Today 41:510), dell’intestino (Lin M 2013 Exp Ther Med 6:1369; Kersten C 2013
Acta Oncol 52: 1691), del pancreas (Alkhateeb A 2014 J gastrointest Cancer
45:161; Szkandera J 2014 Br J Cancer 110:183), del polmone (Hong S 2012 Yonsei
Med J 53:111), degli osteosarcomi ( Yi JH 2014 PLoS One 9: e94632), dei sarcomi
dei tessuti molli (Choi ES 2014 Ann Surg Oncol 21:778), del melanoma (Tarhini
AA 2014 J Transl Med 12:19), della mammella (Pierce J J Clin Oncol
21:3437), dell’ovaio (Dobrzycka B 2013 Eur Cytokine Net 24:106; Ose J,
progetto EPIC, inviato in pubblicazione), della prostata (Liu ZQ 2014 Asian J
Androl 16:1), delle vie urinarie (Dai J 2014 Asian Pac J Cancer Prev 15:3369),
del rene (Hu Q 2014 Urol Oncol 32:50), dei gliomi cerebrali ( Strojnik T 2014
Anticancer Res 34:339), dei linfomi non-Hodgkin (Troppan KT 2014 Br J Cancer
111:55). Livelli alti di granulociti neutrofili e del rapporto
neutrofili/linfociti sono associati a cattiva prognosi di molti tumori :del
colon, dello stomaco, dell’esofago, del fegato, del polmone, del rene, della
vescica, dell’ovaio (revisione di Guthrie GJ 2013 Crit Rev Oncol Hematol
88:218), dell’epatocarcinoma sia in stadio resecabile (Xue TC 2014 PLoS
One 9:e96072) sia in stadio avanzato (Li X 2014 Tumor Biol Epub ahead of
print), del carcinoma del colon con metastasi epatiche (Kishi Y 2009 Ann Surg
Oncol 16:614).
[xxx] Si tratta della
putrescina, della spermina e della spermidina. Derivano dall’arginina, che
viene deaminata in ornitina e decarbossilata in putrescina. Oltrea stimolare la
proliferazione cellulare queste sostanze riducono le difese immunitarie contro
i tumori e favoriscono la migrazione metastatica delle cellule tumorali e
l’angiogenesi (Soda K 2011 J Exp Clin Cancer Res 30:95). .
[xxxi] Le arance contengono
anche sostanze antitumorali. L’Istituto Europeo di Oncologia ha in corso uno
studio controllato e randomizzato per valutare l’eventuale effetto protettivo
del consumo di spremute di arance rosse nelle donne operate di cancro al seno.
[xxxii] Gli alcaloidi delle
solanacee (α-solanina, α-ciaconina), inoltre, attivano
l’ornitina-decarbossilasi (Caldwell KA 1991 Food Chem Toxicol 29:531).
[xxxiii] Molti studi hanno
dimostrato che la concentrazione di poliamine è alta nei tumori e che le
cellule tumorali ne sono avidissime. I malati di tumore hanno concentrazioni
plasmatiche e urinarie di poliamine più alte rispetto ai sani e chi ha
concentrazioni alte ha prognosi peggiore. La concentrazione nel sangue dipende
sia dalla sintesi da parte delle cellule tumorali (asportando il tumore la concentrazione
si abbassa) sia dall’assorbimento intestinale. Gli inibitori della
ornitina-decarbossilasi, un enzima essenziale per la sintesi delle poliamine,
sono stati usati in clinica e si sono dimostrati efficaci, ma sono molto
tossici. Pochi studi hanno invece esaminato il ruolo delle poliamine nella
dieta sulla crescita tumorale: uno studio prospettico sui pazienti
operati di polipi intestinali ha mostrato che chi ha una dieta ricca di
poliamine ha più frequentemente recidive (Vargas AJ 2012 Am J Clin Nutr
96:133); uno studio su tumori prostatici avanzati che non rispondevano più agli
ormoni ha mostrato un prolungamento della sopravvivenza con una dieta povera di
poliamine associata ad un trattamento antibiotico con neomicina per
sterilizzare l’intestino e quindi abolire la sintesi di poliamine da parte dei
batteri intestinali (Cipolla BG 2010 Biomed Pharmacother 64:363). Si sa
da molti anni che una dieta senza poliamine riduce la crescita e la diffusione
metastatica di tumori indotti sperimentalmente negli animali e aumenta
l’efficacia della chemioterapia (Sarhan S 1989 Anticancer Res 9:215; Quemener V
1992 Anticancer Res 12:1447).
[xxxiv] Lesperance ML 2002 Breast
Cancer Res Treat 76;137.
[xxxv] Bougnoux P 2006
Cancer Epidemiol Biomarkers Prev 15:416.
[xxxvi] Fuchs MA 2014 PLoS One
9: e99816. In generale gli studi epidemiologici non hanno riscontrato una
relazione diretta fra consumo di bevande zuccherate e insorgenza di tumori
(Boyle P 2014 Eur J Cancer Prev 23:481), la relazione è mediata dall’effetto
delle bevande zuccherate sullìobesità.
[xxxvii] Meyerhardt JA 2007 JAMA
298:754. Uno studio più recente, tuttavia, ha riscontrato una minore frequenza
di recidive nei pazienti che consumano latticini (Yang B 2014 J Clin Oncol
32:2335). L’apparente contraddizione è interessante perché più studi hanno
anche riscontrato che chi consuma latticini si ammala meno di cancro del colon,
osservazione interpretata come dovuta alla ricchezza di calcio nei latticini. I
latticini di per sé, quindi potrebbero essere protettivi, ma lo stile
alimentare “occidentale” caratterizzato anche da un’alta frequenza di consumo
di latticini aumenterebbe il rischio.
[xxxviii] Queste alterazioni
metaboliche sono associate all’inibizione della via PI3K/Akt/mTOR e
all’aumentata espressione di AMPK, SIT-1, FOXO, PTEN (Longo VD e Fontana L 2010
Trends Pharmacol Sci 31:89).
[xxxix] Fontana L 2008 Aging
Cell 7:681.
[xl] Lee C, Longo VD 2011
Oncogene 30:3305.
[xli] Safdie FM 2009 Aging 1:988 e
2012 PLoS One 7:e44603; Klement RJ, Champ CE 2014 Cancer Metastasis Rev 33:217.
[xlii] La restrizione proteica
riduce la produzione di IGF-I, che, assieme all’insulina, attiva la via
PI3K-AKT-mTORC1, che promuove la proliferazione cellulare e la glicolisi
aerobia (la fonte energetica principale dei tumori, alternativa alla
respirazione mitocondriale); la restrizione di carboidrati, oltre a ridurre
glicemia e insulina, induce lipolisi con conseguente attivazione di
PPARα, che promuove l’ossidazione degli acidi grassi e inibisce la
glicolisi indispensabile per dare energia al tumore; la restrizione energetica
attiva AMPK, che inibisce mTOR, inibisce la neoglucogenesi epatica e promuove
l’ossidazione di acidi grassi, con conseguente aumento del rapporto NAD+/NADH e
amplificazione dell’attività di SIRT1, che a sua volta attiva PGC1α, che
coopera con PPAR nella promozione dell’attività mitocondriale. La radioterapia
induce nelle cellule la formazione di radicali liberi che causano rotture del
DNA. La restrizione calorica protegge le cellule sane da questi danni
attraverso vari meccanismi, fra cui l’attivazione di FOXO (un fattore di
trascrizione che contribuisce alla riparazione del DNA) che è regolata positivamente
da SIRT1 e negativamente da AKT. L’attivazione costituzionale di AKT impedisce
questa via di riparo del DNA nelle cellule tumorali. Inoltre la restrizione
calorica riduce la capacità di riparazione del DNA nelle cellule tumorali
inibendo TOR.
[xliii] La sostituzione dei
carboidrati con i grassi riduce la cachessia neoplastica in sistemi
sperimentali (Beck SA 1989 Cancer Res 49:3800) e ottiene un aumento del peso
corporeo e della massa magra in pazienti denutriti con tumori pancreatici
(Barber MD 2000 Clinical Sci 98:389) e gastrointestinali (Breitkreutz R 2005
117:685). Ci sono indicazioni che la sola riduzione dei carboidrati sia
sufficiente ad attivare AMPK (Draznin B 2012 Horm Metab Res 44:650).
[xliv] La restrizione di
metionina riduce la proliferazione di gliomi umani trapiantati in animali da
esperimento e aumenta l’efficacia della chemioterapia (Kokkinakis DM 2002
Chem Res Toxicol 15:1472; Poirson-Bichat F 1997 Life Sci 60:919 e 200o Clin
Cancer Res 6:643).
[xlv] Aspirina, indometacina,
acetaminofene e sulindac inibiscono la crescita delle cellule di glioma
murino coltivate in vitro (Aas AT 1995 Neurooncol 24:171; Bernardi A 2008 Eur J
Pharmacol 586:24).
[xlvi] Scheurer ME 2008 Cancer
Epidemiol Biomarkers Prev 17:1277.
[xlvii] La pasta industriale di
grano duro (i nostri spaghetti!) ha un indice glicemico molto basso, più basso
rispetto anche ai cereali integrali in chicco. Meglio evitare invece le paste
fresche.
[xlviii] I grassi saturi,
ostacolando il buon funzionamento dell’insulina, facilitano l’aumento della
glicemia.
[xlix] Una dieta chetogenica,
ricca di grassi e povera di carboidrati riesce a tener bassa la glicemia
(<90 mg/100 ml) anche se associata a trattamento con cortisone (Champ CE
2014 Neurooncol 117:125).
[l] Il miele contiene
polifenoli che inibiscono l’ornitinadecarbossilasi, l’enzima che sintetizza le
poliamine.
[li] Quando manca glucosio
le cellule del glioma derivano la loro energia dalla glutamina, che viene
deaminata in glutammato e deidrogenata in alfachetoglutarato, che alimenta il
ciclo di Krebs. Le catechinea del tè verde inibiscono la
glutamatodeidrogenasi (attivata dall’oncogene MYC).
[lii] Inoltre attiva p53 e
inibisce gli oncogeni RAS e BCL2 ( ). L’iniezione intratumorale di acido
gammalinolenico ha indotto la riduzione delle dimensioni di glomi maligni senza
effetti collaterali (Das UN 2007 Med Sci Monit 13:RA119)
[liii] Vartak S 1998 Br J Cancer
77:1612.
[liv] Digiunando, una volta
consumati i depositi di glicogeno dei muscoli e del fegato, si mantiene la
glicemia bassa e l’organismo trae energia dalla combustione dei grassi di
deposito, producendo corpi chetonici. Raffaghello L e Longo V hanno mostrato
che la riduzione della concentrazione di nutrienti nel mezzo di coltura delle
cellule di glioma coltivate in vitro ne aumenta la sensibilità alla
chemioterapia, mentre le cellule gliali normali non vengono danneggiate. (2008
Proc Natl Acad Sci 105:8215. (in studi condotti in donne con ovaio
policistico).
INFORMAZIONI E CONTATTI
INFORMAZIONI E CONTATTI
www.istitutotumori.mi.it/modules.php?name=Content&pa=showpage&pid=578
www.youtube.com/channel/UCMDdy3_qCtF-mVeW1_zTQ0g
www.youtube.com/channel/UCMDdy3_qCtF-mVeW1_zTQ0g
Per rimanere aggiornati sulle conferenze, i video e i contenuti
del Dott. Franco Berrino consultate la pagina Facebook ufficiale: “Prof. Franco Berrino”
Molto interessante anche:
http://gustodelproibito.blogspot.it/2014/10/rivelazione-shock-di-un-medicoin-molte.html
http://gustodelproibito.blogspot.it/2014/10/rivelazione-shock-di-un-medicoin-molte.html
Nessun commento:
Posta un commento
I commenti spam, offensivi, non pertinenti e quelli riportanti indirizzi mail o link sospetti saranno cancellati.