domenica 1 marzo 2015

LA DIETA PER I MALATI ONCOLOGICI, DI FRANCO BERRINO


Questo è un documento inviatoci dal Dr. Franco Berrino, Epidemiologo ed ex-direttore del Centro Tumori di Milano, che contiene le sue indicazioni in merito all’alimentazione adiuvante la terapia dei malati oncologici.
Il Dott. Berrino prega i pazienti affetti da tumore di iniziare a seguire queste indicazioni prima di prenotare una visita con lui, per cui vi sono lunghissime liste di attesa.
Ringraziamo il Dott. Berrino per averci dato la possibilità di diffondere questo prezioso contenuto.

  DIETA ADIUVANTE LE TERAPIE ONCOLOGICHE

Franco Berrino
Che il nostro stile alimentare favorisca lo sviluppo dei tumori è provato da numerosi studi: troppi zuccheri, troppa carne, troppi cibi industrialmente raffinati aumentano il rischio di ammalarci, mentre cereali integrali e verdure ci proteggono.  Ancora pochi studi hanno però affrontato gli effetti della dieta alimentare sulla guarigione, o sulla progressione della malattia. Molti oncologi, alla domanda dei loro pazienti su cosa dovrebbero mangiare, non sanno cosa rispondere. Taluni si preoccupano esclusivamente che non perdano peso, perché quando i tumori sono in stadio avanzato finiscono per consumare il corpo, soprattutto i muscoli. Nell’illusione che mangiando muscoli i pazienti possano conservare i loro muscoli, molti ancora oggi raccomandano di mangiare carne, o prescrivono integratori proteici con aminoacidi ramificati, pur senza prove scientifiche che migliorino la sopravvivenza, rischiando di peggiorare la situazione.[i]
Cosa si può consigliare dunque, in base a quel che si conosce oggi, a un malato di tumore?
Una delle conoscenze più solide, ripetutamente confermate, è che chi è in sovrappeso si ammala di più di vari tipi di tumore e chi si è ammalato, se in sovrappeso, ha più difficoltà a guarire.[ii]  Meglio quindi mantenersi snelli, e, se non lo si è più, ritornare snelli. Paradossalmente, però, non sono ancora stati fatti studi per valutare se aiutare i pazienti in sovrappeso a dimagrire migliora la prognosi.[iii] Ci sono sempre più indicazioni che sia il grasso depositato all’interno dell’addome il più pericoloso, piuttosto che l’obesità complessiva. Anche i magri con la pancetta hanno un rischio alto di ammalarsi.[iv] Un sano obiettivo, quindi è di mandar giù la pancetta: si raccomanda che la circonferenza vita non sia più di 85 cm nelle donne e 100 cm negli uomini, ma, senza andare sottopeso, più stretta è meglio è.
Naturalmente, se il malato è denutrito, occorre nutrirlo, cosa talvolta difficile perché i tumori in stadio avanzato causano spesso anoressia. Gli interventi chirurgici maggiori per tumori dell’apparato digerente, inoltre, possono causare difficoltà di digestione e di assorbimento.[v] Spesso si ricorre alla nutrizione parenterale (per via endovenosa), che però non ha mostrato alcun vantaggio circa la sopravvivenza né nei pazienti chirurgici (per i quali può però ridurre le complicazioni)[vi] né nei pazienti in chemioterapia.[vii] In taluni casi, anzi, la sopravvivenza è stata inferiore.[viii] La nutrizione artificiale enterale (con sondino nasogastrico) non migliora la sopravvivenza rispetto a quella parenterale, ma ha meno complicazioni infettive.[ix]  La perdita di peso dei malati di tumore dipenderebbe soprattutto dalla produzione di sostanze infiammatorie da parte del tumore: la priorità, in questi pazienti, è ridurre lo stato infiammatorio, e molto si può fare con la dieta.
Un’altra conoscenza ripetutamente confermata, almeno per i tumori del colon e della mammella, è che chi fa esercizio fisico si ammala di meno,  e chi si è ammalato di cancro dell’intestino[x] o della mammella[xi], a parità di stadio della malattia, se fa esercizio fisico ha una prognosi migliore. Per chi ha un lavoro sedentario si raccomanda di fare ogni giorno una passeggiata con passo vivace per almeno 30 minuti consecutivi, oppure un’ora di palestra o di sport almeno un giorno si e uno no.  Per molte persone ritagliare questo tempo nell’organizzazione della vita quotidiana sembra quasi impossibile, ma è tempo ben impiegato.
I meccanismi con cui sovrappeso e sedentarietà aumentano il rischio di cancro, oltre che di malattie di cuore e di diabete, sono abbastanza ben conosciuti. Un eccesso di grasso depositato nell’addome determina, con meccanismi complessi, livelli più alti, nel sangue, di insulina, di glucosio, di fattori di crescita, di fattori dell’infiammazione e, nelle donne, di ormoni sessuali, e chi ha questi fattori alti, anche se ha una corporatura snella, si ammala e si riammala di più. Si tratta di fattori che con diversi meccanismi stimolano la proliferazione cellulare. I fattori di crescita sono  indispensabili per la crescita dei bambini e per la riparazione di tessuti danneggiati da ferite o malattie, ma se sono in eccesso possono favorire la crescita dei tumori. Ci sono sempre più studi, in particolare, che riscontrano che chi è stato operato di cancro del colon o della mammella, se ha valori alti di questi fattori, ha un rischio più alto di recidive. E il livello di questi fattori dipende anche dalle nostre abitudini alimentari.  Chi mangia regolarmente latte, ad esempio, e chi ha una dieta ricca di proteine, ha più alti livelli nel sangue di IGF-1,[xii] uno dei più importanti fattori di crescita, e più bassi livelli di IGFBP-2, una delle proteine che regolano la biodisponibilità di IGF-I. Il latte, infatti, è un alimento per far crescere, e si sa che se mancano proteine nella dieta i bambini non crescono. L’insulina è essa stessa un fattore di crescita, e inoltre promuove una maggiore disponibilità di altri fattori di crescita e, nella donna, di ormoni sessuali.[xiii] Per tener bassa l’insulina è meglio mangiar poco, evitando soprattutto i cibi che fanno aumentare molto la glicemia (cibi a alto indice glicemico) e i cibi ricchi di grassi animali.[xiv]
L’infiammazione è un meccanismo di difesa dell’organismo. Quando ci feriamo, ad esempio, le cellule dell’infiammazione aiutano a contrastare eventuali infezioni e producono sostanze che stimolano le cellule dei tessuti vicini a proliferare per riparare il danno. Ma quando è un tumore a causare infiammazione queste stesse sostanze finiscono per stimolare ulteriormente la proliferazione delle cellule tumorali (vedi capitolo sull’infiammazione).
Le cellule tumorali che si formano nei nostri organi, o che si disseminano quando un tumore invade i vasi sanguigni o linfatici, sono come dei semi che germoglieranno e daranno origine a una pianta solo se si trovano in un ambiente favorevole, nel terreno giusto, ricco del nutrimento indispensabile alla loro crescita. Se invece il terreno è povero e arido, moriranno. Le nostre cellule inoltre hanno la capacità di suicidarsi quando sono alterate, e il suicidio sarà tanto più facile quanto più il nostro ambiente interno, il nostro terreno, renderà più difficile la loro sopravvivenza.  Cosa possiamo fare quindi, in pratica, per aiutare le terapie oncologiche modificando il nostro ambiente interno?

Tenere bassa la glicemia: le cellule tumorali consumano molto più glucosio delle cellule normali[xv], e sempre più studi evidenziano che chi ha la glicemia alta (pur nell’intervallo di normalità) si ammala di più[xvi] (ad esempio di tumori della mammella, del cervello, del pancreas) e se si è ammalato ha una prognosi peggiore.[xvii] Tenere bassa la glicemia, inoltre, aiuta a tener bassa l’insulina, e quindi i fattori di crescita. Quindi evitare le farine raffinate (00 e 0), il pane bianco, i dolciumi commerciali, le patate, il riso banco, i fiocchi di mais, la frutta molto zuccherina. Evitare inoltre lo zucchero, lo sciroppo di glucosio e fruttosio, e abituarsi progressivamente a gusti meno dolci. Evitare inoltre i cibi ricchi di grassi saturi (carni rosse e latticini), che aumentano la glicemia in quanto ostacolano il funzionamento dell’insulina. [xviii]Mangiare invece regolarmente, cereali integrali, meglio se associati a legumi, verdure, semi e frutti oleaginosi;[xix] se c’è infiammazione intestinale, come spesso durante la chemioterapia e radioterapia, questi cibi possono essere passati al setaccio e ridotti in crema per togliere la componente più fibrosa.

Tenere bassa l’insulina:[xx] oltre ai cibi ad alto indice glicemico di cui sopra è meglio evitare il latte (anche scremato),[xxi] che fa aumentare l’insulina anche se non fa salire la glicemia, e i cibi a alto contenuto di grassi saturi (salumi, carni rosse, formaggi) che ostacolano il buon funzionamento dell’insulina.[xxii]  Lo zucchero (saccarosio) ha un effetto diretto sull’insulina indipendente dalla glicemia.

Tenere bassi i fattori di crescita:[xxiii] quindi evitare il latte e limitare i cibi molto ricchi di proteine, soprattutto le proteine animali; anche le proteine vegetali, tuttavia, sono da mangiare con moderazione: la porzione di legumi, quindi, pur presente in ogni pasto, deve essere piccola.[xxiv] Le proteine vegetali sono più povere di metionina, un aminoacido essenziale, da cui i tumori sono dipendenti,[xxv] che stimolerebbe particolarmente la sintesi di IGF-I.[xxvi] Ci sono studi clinici che suggeriscono che una dieta parenterale povera di metionina associata a chemioterapia rallenti la crescita tumorale.[xxvii] Anche alcuni vegetali, tuttavia, sono piuttosto ricchi di metionina, come le noci del brasile e, in grado minore, il sesamo, i semi di girasole (che si mangiano comunque in piccola quantità), la soia (va bene quindi la zuppa di miso, che comporta minime dosi di soia, ma è prudente limitare le porzioni degli altri prodotti di soia, e evitare le proteine isolate di soia, utilizzate per produrre hamburger e wurstel vegani). La soia contiene fitoestrogeni, sostanze vegetali con una struttura chimica che mima gli ormoni sessuali e che hanno effettivamente una debole azione ormonale. Per questo gli oncologi raccomandavano alle donne con cancro al seno di non mangiare soia, temendo che i fitoestrogeni stimolassero la proliferazione di eventuali cellule tumorali residue o ostacolassero l’azione dei farmaci ormonali. In realtà studi su migliaia di pazienti hanno mostrato che le donne operate di cancro al seno che mangiano cibi contenenti soia hanno meno recidive rispetto a chi non ne mangia.[xxviii] Non ci sono quindi controindicazioni a un consumo moderato di prodotti tradizionali di soia (miso, tofu, tempeh).

Tenere bassi i livelli di infiammazione[xxix]: favoriscono l’infiammazione tutti i cibi animali, eccetto il pesce (privilegiare però i pesci piccoli, perché quelli grandi sono molto più inquinati). Favoriscono inoltre l’infiammazione lo zucchero e i cibi ad alto indice glicemico. Hanno invece azione anti-infiammatoria i cereali integrali, e molti altri alimenti vegetali, in particolare quelli che contengono grassi omega-3 (come i semi di lino, la soia, le erbe selvatiche) e inoltre le cipolle, le mele, e in generale le verdure, con l’eccezione delle solanacee (pomodori, melanzane, peperoni) che è meglio evitare. In caso di anoressia suggeriamo la crema di riso integrale (molto cotto e passato al setaccio) e la zuppa di miso in cui le proteine della soia sono già digerite dalla fermentazione, il che le rende facilmente assimilabili (si tratta praticamente di una zuppa di aminoacidi, che ha azione antinfiammatoria).

È prudente, inoltre, evitare i cibi ricchi di poliamine (sostanze indispensabili alla proliferazione cellulare);[xxx]come agrumi (in particolare i succhi di arance),[xxxi] pomodori,[xxxii] melanzane, peperoni, banane, kiwi, frutti tropicali. Anche l’altra frutta contiene poliamine, ma in quantità minore, e i frutti di bosco non ne contengono che tracce. La frutta è raccomandata per la prevenzione del cancro, ma non è detto che sia utile per chi si è ammalato. Altre fonti importanti di poliamine sono i molluschi bivalvi e la putrefazione intestinale delle proteine in chi ha una dieta ricca di cibi animali. Non sono stati fatti importanti studi clinici,[xxxiii] ma poiché le cellule tumorali sono avidissime di poliamine pare logico ridurne il consumo.
La frutta, inoltre, è molto ricca di sostanze antiossidanti (vitamine e polifenoli), utili per prevenire i tumori ma potenzialmente pericolose quando un tumore c’è già, perché potrebbero impedire ai radicali liberi di uccidere le cellule tumorali. Sia la radioterapia sia molte chemioterapie uccidono le cellule tumorali aumentando i radicali liberi. In alcuni ambienti si consiglia ai malati di cancro di consumare in abbondanza centrifugati o estratti di frutta e verdura; togliendo le fibre e la necessità di masticare i centrifugati consentirebbero di assumere grandi quantità di frutta e di aumentare l’assorbimento delle sostanze potenzialmente protettive che contiene. Può essere utile per un breve periodo di disintossicazione, ma è meglio essere prudenti, perché si rischia di aumentare troppo l’assunzione di sostanze antiossidanti, che potrebbero proteggere le cellule tumorali. È prudente che i malati di tumore non assumano integratori con alte dosi di vitamine o minerali antiossidanti: uno studio su 90 pazienti operate per cancro della mammella e trattate con cocktail di beta-carotene, vitamina C, selenio, zinco, coenzima Q e vitamina B3 ha mostrato una maggiore frequenza di recidive rispetto a pazienti identiche non trattate.[xxxiv] È un piccolo studio, ma anche in sistemi sperimentali in cui si induce il cancro mammario con sostanze cancerogene la somministrazione di antiossidanti  (vitamina E) promuove la crescita del cancro mammario.[xxxv]

In sintesi le raccomandazioni coincidono con quelle formulate dai ricercatori del Fondo Mondiale per la Ricerca sul Cancro (WCRF), che hanno valutato tutti gli studi scientifici sul rapporto fra dieta e tumori, e che oggi sono state riprese dal Codice Europeo Contro il Cancro: Basate la dieta quotidiana prevalentemente su cibi di provenienza vegetale non industrialmente raffinati, con un’ampia varietà di cereali integrali, legumi, verdure e frutta, magari con un’attenzione a non esagerare con la frutta. Le raccomandazioni del WCRF, inoltre, recitano: Limitate i cibi a alta densità calorica e evitate le bevande zuccherate (uno studio recente dell’università di Harvard[xxxvi] mostra che l’incidenza di metastasi nei pazienti operati per cancro del colon cresce con il numero di lattine consumate al giorno) e Limitate il consumo di carni rosse e evitate il consumo di carni conservate (uno studio sull’influenza prognostica dello stile alimentare dei pazienti operati per cancro del colon mostra che l’incidenza di metastasi cresce con il crescere dell’aderenza a uno stile “occidentale” caratterizzato da carni fresche e conservate, dolciumi e farine raffinate, formaggi).[xxxvii]
Tutti questi suggerimenti in alcune persone evocano uno scenario di grande difficoltà, un cambiamento radicale delle abitudini quotidiane. In molti casi si tratta di suggerimenti che vengono dati in una situazione di emergenza, ma l’esperienza è che in breve tempo ci si può innamorare di questo cibo, tanto da proseguire, trasformandolo nel cibo quotidiano, a volte più rigoroso, a volte più permissivo,  aiutandoci a percorrere la via della conoscenza di noi stessi, rendendoci meno schiavi: l’uomo libero sa stare nella semplicità.
Numerosi studi hanno dimostrato che la restrizione calorica senza malnutrizione (25-30% di calorie in meno rispetto a una dieta ad libitum, ma con una dieta varia per garantire la presenza di tutti i nutrienti essenziali) prolunga la vita e riduce l’incidenza del cancro negli animali. Gli esperimenti sull’uomo mostrano che effettivamente la restrizione calorica migliora vari parametri metabolici di rischio cardiovascolare e neoplastico (riduzione dell’insulina, della glicemia, degli ormoni sessuali, dello stato infiammatorio, dello stress ossidativo, della proliferazione cellulare, aumento del cortisolo, dell’adiponectina, della sorveglianza immunitaria, del riparo del DNA, degli enzimi detossificanti, dell’autofagia e dell’apoptosi).[xxxviii]  La restrizione calorica, tuttavia, non è sufficiente a ridurre i livelli plasmatici di IGF-I se non è associata anche a restrizione proteica.[xxxix] Questi esperimenti suggeriscono che la restrizione calorica e/o proteica possa essere un ausilio alla terapia. Molto spesso, però, i tumori, specie in stadio avanzato, causano perdita di peso, per cui la restrizione calorica è controindicata.  Ci sono sempre più indicazioni, invece, che brevi periodi di digiuno (un paio di giorni alla settimana), che riducono marcatamente il glucosio, l’insulina e l’IGF-I nel sangue senza compromettere lo stato nutrizionale, possano aumentare l’efficacia delle terapie oncologiche.[xl]  Si tratta di studi su cellule coltivate in vitro e su animali di laboratorio, ma sono in corso studi sull’uomo e dati preliminari suggeriscono che alcuni giorni di digiuno prima e dopo i cicli di chemioterapia, o un digiuno a giorni alterni durante la radioterapia, proteggano le cellule sane e mettano in difficoltà le cellule tumorali aumentando l’efficacia dei farmaci e riducendone gli effetti collaterali.[xli] Il digiuno agisce sulle stesse vie molecolari su cui si cerca di agire con i nuovi farmaci a bersaglio molecolare.[xlii] Non è praticabile con pazienti denutriti ma ci sono indicazioni che lo stesso effetto possa essere ottenuto con una dieta chetogenica (cioè diminuendo i carboidrati e aumentando i grassi, vedi anche capitolo sui tumori cerebrali),[xliii] anche se ipercalorica.

Tumori cerebrali
Dedico un capitoletto ai tumori cerebrali perché le loro esigenze metaboliche suggeriscono qualche presidio alimentare in più rispetto a quanto illustrato nel capitolo sulla dieta adiuvante le terapie oncologiche. I tumori delle cellule nervose (i neuroni) sono molto rari e si manifestano pressoché esclusivamente nei bambini, quando il tessuto nervoso è ancora in formazione. La grande maggioranza dei tumori cerebrali originano dalle cellule gliali (il termine deriva dal greco clea, colla), molto più numerose, capaci di moltiplicarsi, che hanno funzione di nutrizione, di isolamento e di sostegno per i neuroni. I tumori gliali più frequenti sono i cosiddetti astrocitomi, che possono avere diversi gradi di malignità. I più maligni sono i glioblastomi, raramente curabili radicalmente.
I tumori cerebrali derivano la loro energia dalla glicolisi (come tutti i tumori, ma in grado più elevato), per cui necessitano di grandi quantità di glucosio (la glicemia alta è associata a prognosi peggiore), e dalla glutamina (la cui disponibilità è favorita dai trattamenti radio e chemioterapici), e la loro proliferazione richiede la presenza di poliamine, mentre non sono in grado, per produrre energia, di utilizzare i corpi chetonici, utilizzabili invece dalle cellule nervose normali.  È quindi indicato ridurre le calorie totali (la restrizione calorica riduce la glicemia), i cibi a alto indice glicemico e i cibi molto proteici, ma aumentare al contempo il consumo di grassi per produrre corpi chetonici, evitare i cibi ricchi di poliamine, e ostacolare l’utilizzo di glutamina. Poiché i gliomi cerebrali sono molto avidi di metionina, un aminoacido essenziale che è usato anche come tracciante nella PET, è prudente ridurne l’assunzione con la dieta.[xliv] Lo studio EPIC ha dimostrato che alti livelli plasmatici di IGF-I (il fattore di crescita insulinosimile di tipo I) sono associati a un significativo maggior rischio di sviluppare tumori cerebrali e studi in vitro suggeriscono che il blocco dei recettori di IGF-I riduce la crescita: è prudente quindi modificare la dieta per tenere bassi i livelli di IGF-I. Pare utile, inoltre, ridurre lo stato infiammatorio:[xlv] chi soffre di asma e di emicrania e chi fa uso cronico di farmaci antinfiammatori non steroidei, infatti, si ammala meno di tumori cerebrali.[xlvi] Poiché il trattamento con cortisone, spesso necessario per ridurre l’edema cerebrale, ha il difetto di far aumentare la glicemia, è consigliabile utilizzare i cortisonici nella dose minima efficace. Come tutti i tumori, anche i tumori cerebrali sono sensibili ai radicali liberi, meglio quindi evitare integratori di sostanze antiossidanti.

Per tener bassa la glicemia:
Evitare zucchero e dolci commerciali, patate, mais, fiocchi di mais, popcorn, pane bianco e farine raffinate, cerali raffinati (riso bianco, orzo perlato).
Consumare piuttosto pasta e fagioli,[xlvii] o piccole porzioni di cereali integrali in chicco con legumi e verdure, oppure con un pesto di mandorle o noci; la porzione di cereali deve essere piccola per ridurre il carico glicemico e la porzione di legumi deve essere piccola (uno o due cucchiai), perché i legumi sono molto proteici, ma è bene che legumi o noci o mandorle, che rallentano l’assorbimento intestinale del glucosio accompagnino sempre i cereali.
Per fare un dolce: Impastare Farina di mandorle, un pizzico di sale, polpa di mela cotta (o purea di batata), farne delle palline da asciugare al forno x 30 minuti.
Varianti: far rotolare le palline su  semi di sesamo, o cocco grattugiato, o cacao amaro, o cannella..
Per il buon funzionamento dell’insulina evitare:
Grassi saturi (burro, formaggi, carni rosse, salumi).[xlviii]
Per ridurre i fattori di crescita:
Evitare il latte, ridurre le proteine (togliere carni, formaggi, seitan, tofu)
Per favorire la produzione di corpi chetonici:
Aumentare i grassi nella dieta, ma non i grassi saturi: vanno bene mandorle, noci, nocciole, semi di girasole, zucca, sesamo, lino, tahini, olio di oliva, olio di lino in humus di ceci molto grasso.[xlix]
Per ridurre l’assunzione di poliamine evitare:
Arance, pompelmi, kiwi, banane, frutti tropicali, pomodori, melanzane, peperoni, mais in scatola, molluschi bivalvi. Vanno bene i frutti di bosco e il miele (in modesta quantità e associato a una crema di mandorle, nocciole, tahini o purea di azuki per ridurne l’indice glicemico).[l]
Per ridurre l’utilizzo della glutamina:[li]
Tè verde deteinato in casa (Versare acqua bollente sul tè e scolare, quasi tutta la teina se ne va con l’acqua, poi rimetter l’acqua bollente e lasciare 3-5  minuti in infusione) o bancha. Evitare la crema di orzo germogliato (interessante per altri tumori per l’azione antinfiammatoria).
Per ridurre l’assunzione di metionina e di glutamina:
Evitare i cibi animali (consumare solo occasionalmente il pesce). Le proteine vegetali sono povere di metionina; alcuni vegetali, tuttavia, ne sono piuttosto ricchi, come le noci del brasile e, in grado minore, il sesamo, i semi di girasole, pistacchi, pinoli (che si mangiano comunque in piccola quantità), la soia (va bene la zuppa di miso, che comporta minime dosi di soia, ma è prudente limitare gli altri prodotti di soia e evitare le proteine isolate di soia utilizzate per produrre hamburger e wurstel vegani). I legumi è bene che siano presenti, anche in ogni pasto, ma in piccola quantità, perché molto proteici e ricchi di glutamina.
Per aumentare l’efficacia dei radicali liberi:
Olio di boragine, il cui alto contenuto di acido gammalinolenico promuove l’apoptosi delle cellule tumorali facendo aumentare i radicali liberi e la perossidazione lipidica;[lii] aumenta inoltre la radiosensibilità delle cellule dei gliomi.[liii]
Per ridurre l’infiammazione:
Evitare i cibi animali (eccetto piccole porzioni di pesce piccolo) e i cibi ad alto indice glicemico. Consumare verdure (in particolare cipolle, crocifere, boragine, foglie verdi, erbe selvatiche), meglio cotte che crude, frutta non zuccherina (evitare fichi, uva) cotta con kuzu e consumata assieme a grassi di buona qualità per ridurre l’indice glicemico,  curcuma, zenzero, cacao amaro.
Per tutti gli scopi di cui sopra:
Praticare periodicamente alcuni giorni di digiuno (anche alcune settimane se si è in sovrappeso),[liv] bevendo (in abbondanza, più di 2 litri al giorno) solo acqua o tè o tisane non caloriche. Chi non se la sente di digiunare per più giorni consecutivi può fare digiuno un giorno si e uno no. Meglio far precedere al digiuno una pulizia intestinale.
Sono suggerimenti basati su casistiche cliniche, ragionamenti fisiopatologici e studi su cellule coltivate in vitro, ma non sono ancora state condotte sperimentazioni cliniche capaci di confermarne o falsificarne la validità. Ci auguriamo che la neuro-oncologia cominci ad occuparsene.
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[i] La supplementazione di aminoacidi ramificati attiva l’oncogene mTOR e in sistemi sperimentali aumenta la crescita tumorale (Liu KA 2014 Cancer Metab 2:6).
[ii] Il ruolo prognostico dell’obesità è ben documentato per i tumori della mammella (Protani M 2010 Breast Cancer Res Treat 123:627), dell’intestino (Dignam JJ 2006 JNCI 98:1647; Haydon AMM 2006 Gut  55:62; Shibakita M 2010 Hepatogastroenterology 57:62;  ma non confermato da Meyerhardt JA 2008 J Clin Oncol 26:4109 e da Hines 2009 Cancer 115:5798), del pancreas (Yuan C 2013 J Clin Oncol 31:4229; McWilliams RR 2010 Cancer116:5054; Li D 2009 JAMA 301:2553), dello stomaco (Wu XS 2013 World J Gastroenterol 19:4596), della prostata (Gong Z 2007 Cancer 15:1192; Ma J 2008 Lancet Oncol 9:1039; Møller H 2014 Int J Cancer Epub ahead of print), della vescica (Kluth LA 2013 J Urol 190:480), dell’endometrio (Arem H 2013 JNCI 105:342).
Essere magri, al contrario, comporta una prognosi peggiore nei  pazienti con tumori del polmone (Fiorelli A 2014 Thorac Cardiovasc Surg 62:578; Luo J 2012 Oncol Nurs Forum 39:609; ma solo a breve termine, mentre a lungo termine sono gli obesi che vanno peggio, Dalhberg SE J Thorac Oncol8:1121; Friedel G 2013 Anticancer Res 33:1609), delle prime vie aereodigestive (Takenaka Y 2014 Head  Neck epub ahead of print; Pai PC 2012 Int J Radiat Oncol Biol Phys 83:e93),  dell’esofago (Scarpa M 2013 J Gastrointest Surg 17:218; Zhang SS 2013 Br J Cancer 109:2894; Watanabe M 2013 Ann Surg Oncol 20:3984; ma solo nei fumatori, Yoon HH 2011 J Clin Oncol 29:4561), del rene (Choi Y 2013 Int J Cancer 132:625; Inamoto T 2012 Int J Clin Oncol 17:256; Sunela KL 2013 Clin Genitourin Cancer 11:458).
[iii] Una sperimentazione clinica controllata per valutare se la riduzione del consumo di grassi in pazienti con cancro mammario avrebbe ridotto le recidive ha mostrato effettivamente una riduzione significativa delle riprese di malattia nelle donne del gruppo di intervento, che complessivamente avevano perso in media due Kg (Chlebowski RT 2006 JNCI 98:1767).
[iv] Muti 2000 Cancer Causes Control 11:721.
[v] In questi casi sono utili I cibi predigeriti come la zuppa di miso, l’amasake, gli yogurt, la farina di orzo pregermogliata.
[vi] Heyland DK 2001 Can J Surg 44:102 e 1998 JAMA  280:2013.
[vii] McGeer AJ 1990 Nutrition 6:233; Klein S 1986 Cancer 58:1378; Levine AS 1982 cancer Res 42:774:
[viii] Koretz RL 1986 Gut 27 Suppl 1:85.
[ix] Gramlich L 2004 Nutrition 20:843.
[x] Haydon AMM 2006 Gut 55:62; Meyerhardt JA2006 J Clin Oncol 24:3527 e 2009 Arch Intern Med 169:2102.
[xi] Chlebowski RT 2013 Breast  Suppl 2: S30; Ibrahim EM, Al-Homaidh A 2011 Med Oncol 28:753.
[xii] Norat T 2007 Eur J Nutr 61;91; Crowe FL 2009 Cancer Epidemiol Biomarkers Prev 18:1333.
[xiii] Berrino F 2001 Cancer Epidemiol Biomarkers Prev 156:439.
[xiv] Se le membrane cellulari sono ricche di grassi animali, saturi, che sono più rigidi rispetto ai grassi vegetali, insaturi, l’insulina ha difficoltà a far entrare il glucosio nelle cellule (è la cosiddetta resistenza insulinica), per cui sale la glicemia e il pancreas è costretto a produrre più insulina.
[xv] È il principio fisiologico alla base della PET, l’esame in cui si inietta in vena glucosio radioattivo per evidenziare dove si è esteso il tumore.
[xvi] È noto che i pazienti diabetici si ammalano di più di cancro, ma la condizione prediabetica, o quando la glicemia è verso l’alto dei valori normali, è associata a rischi ancora più alti. La glicemia nella zona alta dei valori normali (superiore a 100 mg/ 100 ml)   è associata a un rischio di ammalarsi di cancro dell’ordine del 20% superiore rispetto a chi sta nella zona bassa dei valori normali (< 90). Il rischio è particolarmente elevato per il cancro del fegato e delle vie biliari e del pancreas,  ma è stato riscontrato significativamente elevato anche per il cancro colorettale, per la mammella, la vescica, la prostata, la tiroide, la cervice uterina e, ma non sempre, per i linfomi e le leucemie (Rapp K 2006 Diabetologia 49:945; Jee SH 2005 JAMA 293:194; Tulinius H 1997 6:863).
[xvii] La relazione della glicemia con la prognosi è ben documentata per i tumori della mammella (Contiero P 2013 Breast Cancer Res Treat 138:951; Minicozzi P  2013 Eur J Cancer 49:3881) dell’intestino (Siddiqui AA 2008 Dig Dis Sci 53:2486; Yang Y 2013 Cancer 119:1512), del fegato (Hosokawa T 2013 World J Gastroenterol 19:249; Abe H 2013 world J Gastroenterol 19:78), del polmone (Luo J 2012 Lung Cancer 76:242), del collo dell’utero (Lee J 2009 Gynecol Oncol 116:459), dell’ovaio (Lamkin DM 2009 Cancer 115:1021), della prostata (Wright JL 2013 Prostate Cancer Prostatic Dis 16:204), per i linfomi di Hodgkin (Schilling RF 1984 J Clin Oncol 2:828), i linfomi non-Hodgkin e i mielomi (Cai Q 2013 Br J Cancer 108:380; Chiu BC 2006 Cancer Epidemiol Biomarkers Prev 15:2348)), le leucemie infantili (Sonabend RY 2009 J Pediatr 155:73) e per i glioblastomi cerebrali (Derr RL 2009 J Clin Oncol 27:1082; Seyfried TN 2010 Nutr Metab 7:7; Champ CE 2014 J Neurooncol 117:125; Mayer A 2014 Strahlenther Onkol Epub ahead of print).  Cinquanta anni fa si erano osservate regressioni clamorose di tumori avanzati in  pazienti psicotici in cui era stato indotto un prolungato coma ipogligemico con un trattamento insulinico (Koroljow S 1962 Psychiatr Q 36:261, citato da Krone CA 2005 Integr Cancer Ther 4:25); si era inoltre osservato che togliendo lo zucchero la radioterapia per carcinomi della cervice uterina era più efficace (Cheraskin E 1968 Acta Citologica 12:433).
[xviii] Alcuni studi hanno suggerito che il consumo di grassi saturi sia associato alla progressione del cancro della prostata (Fradet Y 1999 Eur J Urol35:388; Epstein MM 2012 Am J Epidemiol 176:240) e della mammella (Jain M e Miller AB 1994 J Natl cancer Inst 86:1390).
[xix] Legumi e semi oleaginosi hanno basso indice glicemico e riducono la velocità di assorbimento intestinale del glucosio.
[xx] Il ruolo prognostico dell’insulinemia o dei livelli di C-peptide è ben documentato per i tumori della mammella (Goodwin P 2002 JCO 20:42) e del colon ( Wolpin BM 2009 J Clin Oncol 27:176). L’insulina, inoltre, stimola la sintesi di ormoni androgeni, anch’essi associati a una prognosi peggiore del cancro mammario (Berrino  F 2005 Int J Cancer 113:499)
[xxi] Alcuni medici prescrivono ai pazienti tumorali integratori a base di proteine del siero di latte (quelle che rimangono dopo la coagulazione della caseina per fare il formaggio), ma pare che siano proprio queste lattoalbumine, o loro prodotti di degradazione, a stimolare la sintesi di insulina (Melnik BC 2009 Medical Hypothesis 72:631).
[xxii] Alcuni studi hanno suggerito che il consumo di grassi saturi sia associato alla progressione del cancro della prostata (Fradet Y 1999 Eur J Urol35:388; Epstein MM 2012 Am J Epidemiol 176:240) e della mammella (Jain M e Miller AB 1994 J Natl cancer Inst 86:1390).
[xxiii] Praticamente tutti i tumori sono sensibili agli effetti proliferativi e antiapoptotici dell’IGF-I; in molti casi è stato dimostrato che la presenza di recettori per l’IGF-I nelle cellule tumorali e la concentrazione intratumorale di IGF-I sono fattori di cattiva prognosi. Solo pochi studi hanno esaminato il ruolo prognostico della concentrazione plasmatica di IGF-I e la prognosi. Nei tumori della mammella la prognosi è peggiore se sono alti sia l’IGF-I sia il PDGF (Pasanisi P 2008 Cancer Epidemiol Biomarkers Prev 17:1719). L’IGF-I libero (non legato alle sue proteine leganti IGFBP) è associato a cattiva prognosi nel cancro dell’ovaio (Borkaw J 2007 Growth Factors 25:346). La concentrazione plasmatica elevata di IGFBP-1, una delle proteine che riducono la biodisponibilità di IGF-I, è associata a migliore prognosi in pazienti con cancro del colon (Wolpin 2009 J Clin Oncol 27:156). In alcuni studi su pazienti con carcinoma epatocellulare (Cho EJ 2013 Clin Cancer Res 19:4218; Shao YY 2012 Clin Cancer Res 18:3992) e nei pazienti con epatite virale si è osservato, invece, che bassi livelli di IGF-I sono associati a prognosi peggiore, ma bisogna tener conto che il fegato è la principale fonte di IGF-I plasmatico e che bassi livelli dipendono dalla distruzione del parenchima epatico.
[xxiv] I legumi, comunque, è bene che ci siano, quotidianamente: negli animali di laboratorio riducono la glicemia, l’insulina e anche l’IGF-1; inoltre riducono la proteina C reattiva,  attivano AMPK, il gene attivato dalla restrizione calorica, e riducono l’attività di AKT, e quindi quella di mTOR , e di  conseguenza la sintesi di grassi e proteine indispensabili per la crescita tumorale; in sistemi sperimentali riducono l’incidenza e la dimensione di carcinomi mammari (Thompson MD  2012 Cell Cycle 11:5835; 2012 Carcinogenesis 33:226). Nella coorte delle infermiere americane seguite dagli epidemiologi di Harvard il consumo di legumi è associato a una minor incidenza di cancro mammario: un quarto in meno per chi ne consuma almeno due volte alla settimana (Adebamowo CA 2005 Int J Cancer 114:628).
[xxv] Cavuoto P, Fenech MF 2012 Cancer Treat Rev 38:726.
[xxvi] McCarty MF 2009 Med Hypothesis 72:125.
[xxvii] Goseki N 1995 Jpn J Cancer Res 86:484; Durando X 2010 Oncology 205:9.
[xxviii] Fritz H 2013 PLoS Med 8:e81968.
[xxix] Livelli plasmatici alti  di proteina reattiva C (PCR), espressione di stato infiammatorio cronico pur all’interno dell’intervallo di normalità, sono associati a cattiva prognosi dei tumori. Poiché citochine infiammatorie sono immesse nel sangue dal tumore stesso e dai macrofagi associati al tumore, la loro presenza nel sangue e la presenza di alti livelli di PCR potrebbero indicare semplicemente che il tumore è più aggressivo. Ci sono indizi, tuttavia, che anche altri fattori che inducono un aumento di PCR influenzano la prognosi: infezioni nel corso delle terapie o dopo la fine delle terapie per il cancro del colon peggiorano la prognosi (Attiê R 2014 World J Gastroenterol 20:13930); complicazioni della ferita chirurgica peggiorano la prognosi del carcinoma mammario (Murthy BL 2007 Br J Cancer97:1211); la mortalità  per cancro del colon è significativamente più bassa se i pazienti sono trattati con aspirina o inibitori di COX-2 (Sandler MS 2003 N Engl J Med 348:883; Chan AT 2009 JAMA 302:649; Fuchs C 2005 J Clin Oncol 23 (16S) abstract 3530).
Alti liveli di PRC indicano cattiva prognosi dei tumori delle prime vie aerodigestive (Andersson BÅ 2014 J Cancer Res Clin Oncol 140:515), del rinofarnge (Xia WX 2013 OLoS One 8:e76958), dell’esofago (Song ZB 2013 Kaohsiung J Med Sci  29:662), dello stomaco (Yu Q 2013 Asia Pac J cancer Prev 14:5735; Baba H 2013 Anticancer Res 33:5591; Nozoe T 2011 Surg Today 41:510), dell’intestino (Lin M 2013 Exp Ther Med 6:1369; Kersten C 2013 Acta Oncol 52: 1691), del pancreas (Alkhateeb A 2014 J gastrointest Cancer 45:161; Szkandera J 2014 Br J Cancer 110:183), del polmone (Hong S 2012 Yonsei Med J 53:111), degli osteosarcomi ( Yi JH 2014 PLoS One 9: e94632), dei sarcomi dei tessuti molli (Choi ES 2014 Ann Surg Oncol 21:778), del melanoma (Tarhini AA 2014 J Transl Med 12:19), della mammella (Pierce J J Clin Oncol 21:3437),  dell’ovaio (Dobrzycka B 2013 Eur Cytokine Net 24:106; Ose J, progetto EPIC, inviato in pubblicazione), della prostata (Liu ZQ 2014 Asian J Androl 16:1), delle vie urinarie (Dai J 2014 Asian Pac J Cancer Prev 15:3369),  del rene (Hu Q 2014 Urol Oncol 32:50), dei gliomi cerebrali ( Strojnik T 2014 Anticancer Res 34:339), dei linfomi non-Hodgkin (Troppan KT 2014 Br J Cancer 111:55). Livelli alti di granulociti neutrofili e del rapporto neutrofili/linfociti sono associati a cattiva prognosi di molti tumori :del colon, dello stomaco, dell’esofago, del fegato, del polmone, del rene, della vescica, dell’ovaio (revisione di Guthrie GJ 2013  Crit Rev Oncol Hematol 88:218), dell’epatocarcinoma  sia in stadio resecabile (Xue TC 2014 PLoS One 9:e96072) sia in stadio avanzato (Li X 2014 Tumor Biol Epub ahead of print), del carcinoma del colon con metastasi epatiche (Kishi Y 2009 Ann Surg Oncol 16:614).
[xxx]  Si tratta della putrescina, della spermina e della spermidina. Derivano dall’arginina, che viene deaminata in ornitina e decarbossilata in putrescina. Oltrea stimolare la proliferazione cellulare queste sostanze riducono le difese immunitarie contro i tumori e favoriscono la migrazione metastatica delle cellule tumorali e l’angiogenesi (Soda K 2011 J Exp Clin Cancer Res 30:95). .
[xxxi] Le arance contengono anche sostanze antitumorali. L’Istituto Europeo di Oncologia ha in corso uno studio controllato e randomizzato per valutare l’eventuale effetto protettivo del consumo di spremute di arance rosse nelle donne operate di cancro al seno.
[xxxii] Gli alcaloidi delle solanacee (α-solanina, α-ciaconina), inoltre, attivano l’ornitina-decarbossilasi (Caldwell KA 1991 Food Chem Toxicol 29:531).
[xxxiii] Molti studi hanno dimostrato che la concentrazione di poliamine è alta nei tumori e che le cellule tumorali ne sono avidissime. I malati di tumore hanno concentrazioni plasmatiche e urinarie di poliamine più alte rispetto ai sani e chi ha concentrazioni alte ha prognosi peggiore. La concentrazione nel sangue dipende sia dalla sintesi da parte delle cellule tumorali (asportando il tumore la concentrazione si abbassa) sia dall’assorbimento intestinale. Gli inibitori della ornitina-decarbossilasi, un enzima essenziale per la sintesi delle poliamine, sono stati usati in clinica e si sono dimostrati efficaci, ma sono molto tossici. Pochi studi hanno invece esaminato il ruolo delle poliamine nella dieta sulla crescita tumorale:  uno studio prospettico sui pazienti operati di polipi intestinali ha mostrato che chi ha una dieta ricca di poliamine ha più frequentemente recidive (Vargas AJ 2012 Am J Clin Nutr 96:133); uno studio su tumori prostatici avanzati che non rispondevano più agli ormoni ha mostrato un prolungamento della sopravvivenza con una dieta povera di poliamine associata ad un trattamento antibiotico con neomicina per sterilizzare l’intestino e quindi abolire la sintesi di poliamine da parte dei batteri intestinali (Cipolla BG 2010 Biomed Pharmacother 64:363).  Si sa da molti anni che una dieta senza poliamine riduce la crescita e la diffusione metastatica di  tumori indotti sperimentalmente negli animali e aumenta l’efficacia della chemioterapia (Sarhan S 1989 Anticancer Res 9:215; Quemener V 1992 Anticancer Res 12:1447).
[xxxiv] Lesperance ML 2002 Breast Cancer Res Treat 76;137.
[xxxv] Bougnoux P 2006 Cancer Epidemiol Biomarkers Prev 15:416.
[xxxvi] Fuchs MA 2014 PLoS One 9: e99816. In generale gli studi epidemiologici non hanno riscontrato una relazione diretta fra consumo di bevande zuccherate e insorgenza di tumori (Boyle P 2014 Eur J Cancer Prev 23:481), la relazione è mediata dall’effetto delle bevande zuccherate sullìobesità.
[xxxvii] Meyerhardt JA 2007 JAMA 298:754. Uno studio più recente, tuttavia, ha riscontrato una minore frequenza di recidive nei pazienti che consumano latticini (Yang B 2014 J Clin Oncol 32:2335). L’apparente contraddizione è interessante perché più studi hanno anche riscontrato che chi consuma latticini si ammala meno di cancro del colon, osservazione interpretata come dovuta alla ricchezza di calcio nei latticini. I latticini di per sé, quindi potrebbero essere protettivi, ma lo stile alimentare “occidentale” caratterizzato anche da un’alta frequenza di consumo di latticini aumenterebbe il rischio.
[xxxviii] Queste alterazioni metaboliche sono associate all’inibizione della via PI3K/Akt/mTOR e all’aumentata espressione di AMPK, SIT-1, FOXO, PTEN (Longo VD e Fontana L 2010 Trends Pharmacol Sci 31:89).
[xxxix] Fontana L 2008 Aging Cell 7:681.
[xl] Lee C, Longo VD 2011 Oncogene 30:3305.
[xli] Safdie FM 2009 Aging 1:988 e 2012 PLoS One 7:e44603; Klement RJ, Champ CE 2014 Cancer Metastasis Rev 33:217.
[xlii] La restrizione proteica riduce la produzione di IGF-I, che, assieme all’insulina, attiva la via PI3K-AKT-mTORC1, che promuove la proliferazione cellulare e la glicolisi aerobia (la fonte energetica principale dei tumori, alternativa alla respirazione mitocondriale); la restrizione di carboidrati, oltre a ridurre glicemia e  insulina, induce lipolisi con conseguente attivazione di PPARα, che promuove l’ossidazione degli acidi grassi  e inibisce la glicolisi indispensabile per dare energia al tumore; la restrizione energetica attiva AMPK, che inibisce mTOR, inibisce la neoglucogenesi epatica e promuove l’ossidazione di acidi grassi, con conseguente aumento del rapporto NAD+/NADH e amplificazione dell’attività di SIRT1, che a sua volta attiva PGC1α, che coopera con PPAR nella promozione dell’attività mitocondriale. La radioterapia induce nelle cellule la formazione di radicali liberi che causano rotture del DNA. La restrizione calorica protegge le cellule sane da questi danni attraverso vari meccanismi, fra cui l’attivazione di FOXO (un fattore di trascrizione che contribuisce alla riparazione del DNA) che è regolata positivamente da SIRT1 e negativamente da AKT. L’attivazione costituzionale di AKT impedisce questa via di riparo del DNA nelle cellule tumorali. Inoltre la restrizione calorica riduce la capacità di riparazione del DNA nelle cellule tumorali inibendo TOR.
[xliii] La sostituzione dei carboidrati con i grassi riduce la cachessia neoplastica in sistemi sperimentali (Beck SA 1989 Cancer Res 49:3800) e ottiene un aumento del peso corporeo  e della massa magra in pazienti denutriti con tumori pancreatici (Barber MD 2000 Clinical Sci 98:389) e gastrointestinali (Breitkreutz R 2005 117:685). Ci sono indicazioni che la sola riduzione dei carboidrati sia sufficiente ad attivare AMPK (Draznin B 2012 Horm Metab Res 44:650).
[xliv] La restrizione di metionina riduce la proliferazione di gliomi umani trapiantati in animali da esperimento e aumenta l’efficacia della chemioterapia (Kokkinakis DM  2002 Chem Res Toxicol 15:1472; Poirson-Bichat F 1997 Life Sci 60:919 e 200o Clin Cancer Res 6:643).
[xlv] Aspirina, indometacina, acetaminofene e sulindac  inibiscono la crescita delle cellule di glioma murino coltivate in vitro (Aas AT 1995 Neurooncol 24:171; Bernardi A 2008 Eur J Pharmacol 586:24).
[xlvi] Scheurer ME 2008 Cancer Epidemiol Biomarkers Prev 17:1277.
[xlvii] La pasta industriale di grano duro (i nostri spaghetti!) ha un indice glicemico molto basso, più basso rispetto anche ai cereali integrali in chicco. Meglio evitare invece le paste fresche.
[xlviii] I grassi saturi, ostacolando il buon funzionamento dell’insulina, facilitano l’aumento della glicemia.
[xlix] Una dieta chetogenica, ricca di grassi e povera di carboidrati riesce a tener bassa la glicemia (<90 mg/100 ml) anche se associata a trattamento con cortisone (Champ CE 2014 Neurooncol 117:125).
[l] Il miele contiene polifenoli che inibiscono l’ornitinadecarbossilasi, l’enzima che sintetizza le poliamine.
[li] Quando manca glucosio le cellule del glioma derivano la loro energia dalla glutamina, che viene deaminata in glutammato e deidrogenata in alfachetoglutarato, che alimenta il ciclo di Krebs. Le catechinea del tè verde inibiscono  la glutamatodeidrogenasi (attivata dall’oncogene MYC).
[lii] Inoltre attiva p53 e inibisce gli oncogeni RAS e BCL2 ( ). L’iniezione intratumorale di acido gammalinolenico ha indotto la riduzione delle dimensioni di glomi maligni senza effetti collaterali (Das UN 2007 Med Sci Monit 13:RA119)
[liii] Vartak S 1998 Br J Cancer 77:1612.
[liv] Digiunando, una volta consumati i depositi di glicogeno dei muscoli e del fegato, si mantiene la glicemia bassa e l’organismo trae energia dalla combustione dei grassi di deposito, producendo corpi chetonici. Raffaghello L e Longo V hanno mostrato che la riduzione della concentrazione di nutrienti nel mezzo di coltura delle cellule di glioma coltivate in vitro ne aumenta la sensibilità alla chemioterapia, mentre le cellule gliali normali non vengono danneggiate. (2008 Proc Natl Acad Sci 105:8215. (in studi condotti in  donne con ovaio policistico). 
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