Bauman: “Stiamo nel mondo online per sentirci meno soli”
CULTURA – La
Rete ci permette di comunicare di più, sempre e dovunque permettendoci di
superare il timore della solitudine. Ma le tecnologie informatiche e i media
nascondono anche il pericolo di divenire nuovi strumenti di emarginazione
sociale. Così si è espresso Zygmunt Bauman sul rapporto tra società
e il Web 2.0.
Una
brillante fotografa parigina ha pubblicato nel suo blog una serie di scatti
fotografici che ritraggono la solitudine dei moderni iperconnessi. La sua
gallery “Lonely
Window” ha inteso evidenziare come l’aumento della connettività, senza
alcuna interazione fisica, conduca a una nuova forma di solitudine.
Un tema, quello della solitudine, attorno al quale ruota anche la riflessione
del noto sociologo Zygmunt Bauman per spiegare la diffusione dei media digitali
e la loro influenza nelle nostre abitudini quotidiane. Durante il ritiro del Premio Ernest Hemingway
2014, consegnatogli lo scorso fine giugno a Lignano Sabbiadoro, il novantenne
professore polacco ci ha spiegato cosa pensa della tendenza verso una forma di
connessione permanente. Sempre e dovunque. E le risposte alle nostre domande
sono state profonde e originali. Come ormai ci ha abituato, il sociologo polacco
naturalizzato inglese, divenuto famoso per la sua definizione di “modernità
liquida”, non ha deluso le aspettative. Spingendo le sue osservazioni in
profondità e con l’acume che lo contraddistingue Bauman ha ripercorso i
cambiamenti sociali che sono intervenuti con l’introduzione di nuove tecnologie
comunicative. E le ripercussioni hanno
riguardato sia il comportamento sociale sia quello individuale. Un cambiamento
notevole che ha segnato un’epoca. L’avvento di Internet e del web 2.0 sono
state una vera e propria rivoluzione. E come in ogni rivoluzione, a pagarne le
spese sono in particolare le persone economicamente e socialmente più deboli.
Professor Bauman, qual è il ruolo delle tecnologie informatiche nella
nostra contemporaneità?
Questo
è un argomento di ampio respiro. Noi sappiamo che queste tecnologie hanno
rivoluzionato enormemente la nostra vita. Secondo le ultime ricerche
sociologiche svolte in questo campo una persona, in media, nell’ambiente
occidentale in cui ci troviamo a vivere, passa sette ore e mezzo al giorno
davanti a uno schermo. Non davanti ad una vera faccia umana con cui palare,
bensì davanti a un monitor. Le nostre vite sono divise, spaccate, tra due
universi: l’universo online e l’universo offline. E questi due universi sono
mondi regolati e disciplinati da regole estremamente diverse. Trascorriamo
la nostra vita a cercare di riconciliare le esigenze contraddittorie che
caratterizzano questi due mondi.
Mondo online e mondo offline: cosa differenzia questi due universi?
Innanzitutto
ci sono delle attrattive associate al mondo online e alla tecnologia. La
cosa più attrattiva di questo mondo è che riesce a rendere molto più facili dei
compiti e dei problemi che sono difficili da risolvere nel mondo offline.
Cioè online è più facile risolve certi problemi. Perché, secondo me, e non
smetterò mai di ripeterlo, Mark Zuckerberg ha guadagnato i suoi cinquanta
miliardi di dollari perché ha capitalizzato quello che è il nostro desiderio di
evitare
il disagio della vita.
Disagi ce ne possono essere molti. Qual è il disagio su cui i
fondatori dei diversi social network hanno puntato?
Quello appunto di sentirsi soli. Perché c’è una cosa che l’online
può garantire e che invece l’offline non può fare: cioè garantire la sicurezza
che non si è mai da soli. La solitudine, ovviamente, è un problema sentito a
livello generalizzato. Noi tutti abbiamo paura di restare da soli. E nelle
società moderne, che sono diventate sempre più individualizzate, il tempo che
trascorriamo da soli è diventato esponenzialmente maggiore. Quando uscì il
walk-man, parlo veramente della preistoria della tecnologia, i pubblicitari
utilizzarono un motto veramente contagioso per pubblicizzarlo: “Mai più soli”.
E la parola chiave era proprio in quel “più”. Però il walk-man era lontano,
ovviamente, anni luce dalla tecnologia attuale. Non era interattivo. Oggi
abbiamo Facebook. Basta avere un account Facebook e non si è mai soli.
Ventiquattrore su ventiquattro, sette giorni su sette, c’è sempre qualcuno a
cui possiamo mandare un messaggio. Addirittura è più facile comunicare con i
propri “amici” della Nuova Zelanda rispetto al nostro vicino di casa. Magari il
nostro vicino di casa è uscito, magari è malato, magari sta ricevendo altre
persone quindi non è online per noi, non è disponibile. Ma, nel
mondo online, c’è sempre qualcuno di accessibile.
Quindi se ho ben capito la rete e i social network non ci abbandonano
mai. Non ci lasciano mai soli. È così?
Non
dico che noi non siamo mai soli, ma che non ci sentiamo mai soli. Perché in
rete c’è sempre qualcuno da contattare.
La presenza costante in Rete, nella nuova agorà pubblica, come cambia
la nostra identità e i nostri rapporti con gli altri?
La
possibilità di essere sempre presenti e di farsi vedere a livello pubblico
conferma la propria presenza nel mondo. Il secondo vantaggio offerto dal mondo
online è la possibilità di diventare personaggi pubblici senza bisogno di
mediazione. Non è più necessario entrare a far parte di un
programma televisivo o che si riunisca la redazione di un’importante rivista
patinata e scelga di metterci in copertina. No, adesso si può fare tutto da
soli. Si può diventare un personaggio
pubblico semplicemente premendo un tasto. O basta mandare un tweet. Se si
manda un tweet, improvvisamente si raggiungono mille, duemila persone. Da una
parte si diventa pubblici, nel senso che si raggiungono tutte queste persone,
dall’altra potresti avere dei seguaci. Se qualcuno mette “like” (mi piace) al tuo
tweet non sei più solo una persona pubblica, hai anche dei followers e quindi
vuol dire che tu vali qualcosa, che tu hai veramente un significato come
persona. Questa potrebbe essere un’illusione che però è molto confortante.
Grazie all’online la paura dell’emarginazione, del non valere nulla dell’esser
escluso completamente dall’accesso alle cose che contano, non esiste più. E
questo è uno dei grandi vantaggi associato al mondo online.
Professore, ha usato il termine “emarginazione”. Pensa che siamo
entrati in un’epoca in cui l’esclusione sociale di alcune fasce di popolazione
passi anche attraverso le tecnologie informatiche?
Potrei
passare veramente delle ore a disquisire sulle differenze tra il mondo online e
il mondo offline però lasciate che io citi almeno una differenza perché, almeno
in potenziale, potrebbe avere delle ripercussioni davvero ingenti. Uno dei
problemi con i quali noi ci dobbiamo confrontare nel mondo d’oggi è la presenza
degli estranei. Estranei come persone che hanno opinioni diverse dalle nostre.
Persone che ti sfidano e potrebbero addirittura criticare o non accettare le
tue convinzioni. E questa presenza di queste persone estranee che ci circondano
in un certo senso è inquietante, ci disturba, ci mette a disagio. È piena di
rischi. Noi dobbiamo compiere notevoli sforzi per riuscire a negoziare, a trovare
un modo di coabitare, con tutte queste persone che ci circondano e che sono
diverse da noi. Ovviamente capita sempre più spesso di ritrovarci, in un mondo
come quello di oggi, circondati da estranei. Grazie ai grandi movimenti
migratori. Pensiamo, ad esempio, alla vita offline: noi ce ne andiamo per
strada e non si può evitare il confronto con la varietà del genere umano. Si
trovano persone diverse da noi ovunque noi ci giriamo. E quindi bisogna
acquisire determinate competenze, determinati skills, per riuscire a negoziare
la coesistenza con loro. Pensiamo al posto di lavoro, dove ogni giorno dobbiamo
confrontarci con persone che la pensano in maniera diversa da noi. Anche i
bambini che vanno a scuola hanno questi problemi. Anche nelle scuole, ormai, ci
sono bambini che provengono da famiglie diverse, contesti culturali diversi,
lingue diverse. Il mondo online invece è diverso da questo. Non è così.
Com’è il mondo online?
Il mondo online ha manifestato un
grande paradosso.
Internet ci da accesso ad una massa enorme di informazioni. Oggi, possiamo
veramente sapere come vivono, cosa pensano, cosa sognino tutte le persone in
qualsiasi angolo del pianeta si trovino ad abitare. Alcuni osservatori,
all’inizio dell’era di Internet, sostenevano che questo potesse rappresentare
una speranza verso un cambiamento. Verso una maggiore tolleranza e una migliore
convivenza. Grazie al fatto che le persone, con tutte queste informazioni,
amplieranno i propri orizzonti, riusciranno a capire che ci sono molti diversi
esseri umani, riusciranno ad accettare gli altri perché sapranno più cose sugli
altri. In realtà non succede proprio così. Perché chi sfrutta molto internet, non
lo sfrutta per risolvere o confrontarsi con la gestione della diversità ma per
spazzare questo problema sotto il tappeto. Per evitare la diversità. Evitare il
confronto. Perché noi, nella nostra tastiera, abbiamo questo tasto magico che
dice “cancella”. Non appena ci imbattiamo in qualcuno o in qualcosa che
non è affine a noi, possiamo sempre cancellarlo. Ci circondiamo esclusivamente da
persone affini che abitano il nostro mondo. L’effetto collaterale, veramente
inarrestabile, ma che avanza in maniera costante, è il fatto che noi finiamo
per perdere la capacità di creare una coesistenza nel mondo offline.
Perché, se nel mondo offline, le cose diventano difficili da gestire, noi ci
rifuggiamo online, dove vivono tutte le persone che la pensano come noi.
Il mondo online rappresenta un’estensione del nostro Ego, della nostra
autostima.
Quindi, in conclusione, potremmo dire che l’avvento di una nuova
tecnologia all’interno di una società ne corrompe la struttura e i valori?
No.
Concluderei dicendo che ogni nuova tecnologia che si affaccia
all’orizzonte determina un guadagno e una perdita. Si perde qualcosa e si guadagna
qualcosa. Dobbiamo semplicemente capire se in queste attuali tecnologie il
guadagno giustifica le perdite.
wow un bellissimo post molto interessante e vero grazie e complimenti Marcello posso condividerlo? Grazie
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