venerdì 19 dicembre 2014

Stiamo nel mondo online per sentirci meno soli

Bauman: “Stiamo nel mondo online per sentirci meno soli

CULTURA – La Rete ci permette di comunicare di più, sempre e dovunque permettendoci di superare il timore della solitudine. Ma le tecnologie informatiche e i media nascondono anche il pericolo di divenire nuovi strumenti di emarginazione sociale. Così si è espresso Zygmunt Bauman sul rapporto tra società e il Web 2.0.
Una brillante fotografa parigina ha pubblicato nel suo blog una serie di scatti fotografici che ritraggono la solitudine dei moderni iperconnessi. La sua gallery “Lonely Window” ha inteso evidenziare come l’aumento della connettività, senza alcuna interazione fisica, conduca a una nuova forma di solitudine. Un tema, quello della solitudine, attorno al quale ruota anche la riflessione del noto sociologo Zygmunt Bauman per spiegare la diffusione dei media digitali e la loro influenza nelle nostre abitudini quotidiane. Durante il ritiro del Premio Ernest Hemingway 2014, consegnatogli lo scorso fine giugno a Lignano Sabbiadoro, il novantenne professore polacco ci ha spiegato cosa pensa della tendenza verso una forma di connessione permanente. Sempre e dovunque. E le risposte alle nostre domande sono state profonde e originali. Come ormai ci ha abituato, il sociologo polacco naturalizzato inglese, divenuto famoso per la sua definizione di “modernità liquida”, non ha deluso le aspettative. Spingendo le sue osservazioni in profondità e con l’acume che lo contraddistingue Bauman ha ripercorso i cambiamenti sociali che sono intervenuti con l’introduzione di nuove tecnologie comunicative. E le ripercussioni hanno riguardato sia il comportamento sociale sia quello individuale. Un cambiamento notevole che ha segnato un’epoca. L’avvento di Internet e del web 2.0 sono state una vera e propria rivoluzione. E come in ogni rivoluzione, a pagarne le spese sono in particolare le persone economicamente e socialmente più deboli.

Professor Bauman, qual è il ruolo delle tecnologie informatiche nella nostra contemporaneità?
Questo è un argomento di ampio respiro. Noi sappiamo che queste tecnologie hanno rivoluzionato enormemente la nostra vita. Secondo le ultime ricerche sociologiche svolte in questo campo una persona, in media, nell’ambiente occidentale in cui ci troviamo a vivere, passa sette ore e mezzo al giorno davanti a uno schermo. Non davanti ad una vera faccia umana con cui palare, bensì davanti a un monitor. Le nostre vite sono divise, spaccate, tra due universi: l’universo online e l’universo offline. E questi due universi sono mondi regolati e disciplinati da regole estremamente diverse. Trascorriamo la nostra vita a cercare di riconciliare le esigenze contraddittorie che caratterizzano questi due mondi.

Mondo online e mondo offline: cosa differenzia questi due universi?
Innanzitutto ci sono delle attrattive associate al mondo online e alla tecnologia. La cosa più attrattiva di questo mondo è che riesce a rendere molto più facili dei compiti e dei problemi che sono difficili da risolvere nel mondo offline. Cioè online è più facile risolve certi problemi. Perché, secondo me, e non smetterò mai di ripeterlo, Mark Zuckerberg ha guadagnato i suoi cinquanta miliardi di dollari perché ha capitalizzato quello che è il nostro desiderio di evitare il disagio della vita.

Disagi ce ne possono essere molti. Qual è il disagio su cui i fondatori dei diversi social network hanno puntato?
Quello appunto di sentirsi soli. Perché c’è una cosa che l’online può garantire e che invece l’offline non può fare: cioè garantire la sicurezza che non si è mai da soli. La solitudine, ovviamente, è un problema sentito a livello generalizzato. Noi tutti abbiamo paura di restare da soli. E nelle società moderne, che sono diventate sempre più individualizzate, il tempo che trascorriamo da soli è diventato esponenzialmente maggiore. Quando uscì il walk-man, parlo veramente della preistoria della tecnologia, i pubblicitari utilizzarono un motto veramente contagioso per pubblicizzarlo: “Mai più soli”. E la parola chiave era proprio in quel “più”. Però il walk-man era lontano, ovviamente, anni luce dalla tecnologia attuale. Non era interattivo. Oggi abbiamo Facebook. Basta avere un account Facebook e non si è mai soli. Ventiquattrore su ventiquattro, sette giorni su sette, c’è sempre qualcuno a cui possiamo mandare un messaggio. Addirittura è più facile comunicare con i propri “amici” della Nuova Zelanda rispetto al nostro vicino di casa. Magari il nostro vicino di casa è uscito, magari è malato, magari sta ricevendo altre persone quindi non è online per noi, non è disponibile. Ma, nel mondo online, c’è sempre qualcuno di accessibile.

Quindi se ho ben capito la rete e i social network non ci abbandonano mai. Non ci lasciano mai soli.  È così?
Non dico che noi non siamo mai soli, ma che non ci sentiamo mai soli. Perché in rete c’è sempre qualcuno da contattare.
La presenza costante in Rete, nella nuova agorà pubblica, come cambia la nostra identità e i nostri rapporti con gli altri?
La possibilità di essere sempre presenti e di farsi vedere a livello pubblico conferma la propria presenza nel mondo. Il secondo vantaggio offerto dal mondo online è la possibilità di diventare personaggi pubblici senza bisogno di mediazione. Non è più necessario entrare a far parte di un programma televisivo o che si riunisca la redazione di un’importante rivista patinata e scelga di metterci in copertina. No, adesso si può fare tutto da soli. Si può diventare un personaggio pubblico semplicemente premendo un tasto. O basta mandare un tweet. Se si manda un tweet, improvvisamente si raggiungono mille, duemila persone. Da una parte si diventa pubblici, nel senso che si raggiungono tutte queste persone, dall’altra potresti avere dei seguaci. Se qualcuno mette “like” (mi piace) al tuo tweet non sei più solo una persona pubblica, hai anche dei followers e quindi vuol dire che tu vali qualcosa, che tu hai veramente un significato come persona. Questa potrebbe essere un’illusione che però è molto confortante. Grazie all’online la paura dell’emarginazione, del non valere nulla dell’esser escluso completamente dall’accesso alle cose che contano, non esiste più. E questo è uno dei grandi vantaggi associato al mondo online.

Professore, ha usato il termine “emarginazione”. Pensa che siamo entrati in un’epoca in cui l’esclusione sociale di alcune fasce di popolazione passi anche attraverso le tecnologie informatiche?
Potrei passare veramente delle ore a disquisire sulle differenze tra il mondo online e il mondo offline però lasciate che io citi almeno una differenza perché, almeno in potenziale, potrebbe avere delle ripercussioni davvero ingenti. Uno dei problemi con i quali noi ci dobbiamo confrontare nel mondo d’oggi è la presenza degli estranei. Estranei come persone che hanno opinioni diverse dalle nostre. Persone che ti sfidano e potrebbero addirittura criticare o non accettare le tue convinzioni. E questa presenza di queste persone estranee che ci circondano in un certo senso è inquietante, ci disturba, ci mette a disagio. È piena di rischi. Noi dobbiamo compiere notevoli sforzi per riuscire a negoziare, a trovare un modo di coabitare, con tutte queste persone che ci circondano e che sono diverse da noi. Ovviamente capita sempre più spesso di ritrovarci, in un mondo come quello di oggi, circondati da estranei. Grazie ai grandi movimenti migratori. Pensiamo, ad esempio, alla vita offline: noi ce ne andiamo per strada e non si può evitare il confronto con la varietà del genere umano. Si trovano persone diverse da noi ovunque noi ci giriamo. E quindi bisogna acquisire determinate competenze, determinati skills, per riuscire a negoziare la coesistenza con loro. Pensiamo al posto di lavoro, dove ogni giorno dobbiamo confrontarci con persone che la pensano in maniera diversa da noi. Anche i bambini che vanno a scuola hanno questi problemi. Anche nelle scuole, ormai, ci sono bambini che provengono da famiglie diverse, contesti culturali diversi, lingue diverse. Il mondo online invece è diverso da questo. Non è così.

Com’è il mondo online?
Il mondo online ha manifestato un grande paradosso. Internet ci da accesso ad una massa enorme di informazioni. Oggi, possiamo veramente sapere come vivono, cosa pensano, cosa sognino tutte le persone in qualsiasi angolo del pianeta si trovino ad abitare. Alcuni osservatori, all’inizio dell’era di Internet, sostenevano che questo potesse rappresentare una speranza verso un cambiamento. Verso una maggiore tolleranza e una migliore convivenza. Grazie al fatto che le persone, con tutte queste informazioni, amplieranno i propri orizzonti, riusciranno a capire che ci sono molti diversi esseri umani, riusciranno ad accettare gli altri perché sapranno più cose sugli altri. In realtà non succede proprio così. Perché chi sfrutta molto internet, non lo sfrutta per risolvere o confrontarsi con la gestione della diversità ma per spazzare questo problema sotto il tappeto. Per evitare la diversità. Evitare il confronto. Perché noi, nella nostra tastiera, abbiamo questo tasto magico che dice “cancella”. Non appena ci imbattiamo in qualcuno o in qualcosa che non è affine a noi, possiamo sempre cancellarlo. Ci circondiamo esclusivamente da persone affini che abitano il nostro mondo. L’effetto collaterale, veramente inarrestabile, ma che avanza in maniera costante, è il fatto che noi finiamo per perdere la capacità di creare una coesistenza nel mondo offline. Perché, se nel mondo offline, le cose diventano difficili da gestire, noi ci rifuggiamo online, dove vivono tutte le persone che la pensano come noi. Il mondo online rappresenta un’estensione del nostro Ego, della nostra autostima.

Quindi, in conclusione, potremmo dire che l’avvento di una nuova tecnologia all’interno di una società ne corrompe la struttura e i valori?
No. Concluderei dicendo che ogni nuova tecnologia che si affaccia all’orizzonte determina un guadagno e una perdita. Si perde qualcosa e si guadagna qualcosa. Dobbiamo semplicemente capire se in queste attuali tecnologie il guadagno giustifica le perdite.

1 commento:

  1. wow un bellissimo post molto interessante e vero grazie e complimenti Marcello posso condividerlo? Grazie

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