È ormai da
diversi mesi (dal dicembre 2019) che i mass media parlano quasi esclusivamente
del coronavirus SARS-CoV-2 e della Covid-19. La comunicazione riguardo
quest’argomento si è fatta ancor più insistente da quando, ormai alla fine di
gennaio 2020, erano stati confermati ufficialmente i primi casi d’infezione in
Italia.
Nelle
successive quattro settimane (l’intero mese di Febbraio) abbiamo assistito a ore e ore di trasmissioni dedicate all’argomento
da radio e Tv e centinaia di articoli su
tutte le testate giornalistiche (solo su Ansa si contano quasi 1000 articoli
sull’argomento in appena 30 giorni con una media di oltre 34 al giorno, più di
uno ogni ora), ad annunci e disposizioni sanitarie disposte da Governi,
Regioni e Comuni, con chiusure di scuole, isolamento d’intere città e
quarantene per migliaia di persone.
In tutto
questo, non si sono fatte attendere le
interviste a virologi e medici, che hanno cercato di fare un minimo di
chiarezza nell’approssimativa comunicazione fatta nelle settimane precedenti
dagli impreparati, disinformati e mediocri giornalisti che popolano il panorama
italiano, del settore chiamato impropriamente “dell’informazione”. Al contempo,
in questo caos generalizzato, abbiamo potuto osservare le reazioni della
popolazione a tutto ciò che stava e sta accadendo.
Gli
accadimenti, in special modo quelli degli ultimi due mesi (febbraio e marzo
2020), ci consentono di fare alcune importanti riflessioni riguardo
l’attività svolta dai mass media italiani, le reazioni e le affermazioni
odierne e passate delle autorità in tema di focolai epidemici, e il rapporto
tra popolazione e la comunicazione proveniente da questi due soggetti (mass
media e autorità).
Ma andiamo
con ordine e iniziamo innanzitutto dalle basi scientifiche e dati concreti,
poiché ritengo debbano essere sempre i dati oggettivi a incidere nella
formulazione delle nostre idee e considerazioni e non viceversa. Cercherò
quindi di fare innanzitutto una corretta e completa informazione, per poi
passare a esporre le mie considerazioni personali.
Cos’è il coronavirus di cui
parlano in continuazione i mass media?
Quello di
cui si parla genericamente oggi con l’appellativo di “Coronavirus”, in realtà si chiama SARS-CoV-2 (in precedenza
2019-nCoV). A scegliere il nome è stato l'International Committee on
Taxonomy of Viruses (ICTV) che si occupa della designazione e della
denominazione dei virus (ovvero specie, genere, famiglia, ecc.). A indicare il
nome è stato un gruppo di esperti appositamente incaricati di
studiare il nuovo ceppo di coronavirus. Secondo questo pool di scienziati il
nuovo coronavirus è fratello di quello che ha provocato la Sars (SARS-CoVs), da qui il
nome scelto di SARS-CoV-2.
La malattia
provocata dal nuovo Coronavirus ha un nome: “COVID-19” (dove "CO" sta per corona, "VI" per
virus, "D" per disease e "19" indica l'anno in cui si è
manifestata). Il nome è stato scelto dall’OMS (Organizzazione mondiale della
Sanità). Si tratta di un virus della famiglia Coronavirus, noti per causare
malattie che vanno dal comune raffreddore a malattie più gravi come la Sindrome respiratoria
mediorientale (MERS) e la
Sindrome respiratoria acuta grave (SARS). Tuttavia, pur facendo
parte della stessa tipologia, il SARS-CoV-2 non è il virus dalla SARS, ma un
virus diverso, la cui origine certa non è ancora nota.
Quanto è pericoloso il nuovo
virus?
Su questo punto c’è stata molta
disinformazione, fatta soprattutto (se non esclusivamente) dai mass media
mainstream.
Fin
dall’inizio dell’epidemia in Cina tutti i mass media si sono limitati soltanto ad aggiornare il numero dei casi conclamati e
il numero dei morti, omettendo colpevolmente di spiegare all’opinione
pubblica quali fossero le condizioni igienico sanitarie in cui si è sviluppato
e diffuso il focolaio in Cina, quale fosse il contesto sociale in cui il virus
si stava diffondendo, quali fossero le modalità e le possibilità di accesso
alla sanità cinese e quindi alle cure, quali fasce di età della popolazione
fossero più colpite, quali fossero le condizioni di salute preesistenti nei
soggetti colpiti e poi deceduti e, infine, omettendo sempre il numero delle
persone guarite.
Tutte queste
omissioni, colpevoli o colpose, hanno trasformato
quella che doveva essere “informazione” in disinformazione, generando
confusione, prima, allarmismo e panico poi, una volta che il virus è arrivato
in Italia. Sui motivi che
hanno indotto tutti i mass media a tale superficiale comportamento, tornerò più
avanti, poiché qualcuno potrebbe considerare le spiegazioni a riguardo solo
delle opinioni. Proseguiamo allora, prima con i fatti.
Secondo
quanto riporta il sito del Governo italiano www.salute.gov.it,
se si prende il virus SARS-CoV-2 (che da qui in avanti per semplicità chiamerò
anch’io “coronavirus” al fine di facilitare la comprensione del lettore), “Alcune persone si infettano ma non sviluppano alcun
sintomo. Generalmente i sintomi sono lievi, soprattutto nei bambini e nei
giovani adulti, e a inizio lento. Circa 1 su 5 persone con COVID-19 si ammala
gravemente e presenta difficoltà respiratorie, richiedendo il ricovero in
ambiente ospedaliero”.
Secondo ISS (Istituto Superiore
di Sanità) quindi, il virus porta complicazione in circa il 20% dei malati. Ma
è davvero così? Cosa dicono i virologi?
Esporrò
alcuni eminenti pareri, mettendo ovviamente da parte l’opinione di quei medici
che di virologi hanno soltanto il titolo e che, al soldo di taluni partiti politici,
sono saliti alla ribalta negli ultimi anni lucrando costantemente sulla salute
della popolazione facendo propaganda politica e non informazione scientifica,
mediante un’esposizione mediatica continua e la pubblicazione immediata di
libri (a solo 30 giorni dall’arrivo del nuovo coronavirus in Italia, il
virologo a cui mi riferisco e di cui non farò il nome per non fargli
pubblicità, ha già pubblicato un libro sull’argomento) su ciascun argomento che
possa rientrare nella loro sfera di competenza.
Qui di
seguito invece, riporto un estratto degli interventi di due prestigiosi
virologi italiani, intervenuti in due distinte trasmissioni di Radio Rai,
Speciale GR1 sul coronavirus, nei giorni 24 e 25 febbraio 2020. È molto
importante porre particolare attenzione alle affermazioni che ho sottolineato.
Torneranno utili per le considerazioni finali. Nella trasmissione del 24
febbraio, è intervenuto il virologo Giovanni Maga, direttore dell’istituto
Molecolare del CNR (Centro Nazionale delle Ricerche). Ecco cosa ha detto.
Giornalista Radi orai: “Vorrei
con Lei ridimensionare quella che è la pericolosità di questo virus, che è
altamente contagioso ma, lo abbiamo detto più volte, essere positivi al test
del coronavirus, quindi avere il contagio, non significa essere in pericolo di
vita.” (Si può morire per coronavirus, ma le persone che sono
a oggi decedute erano persone fragili - dal punto di vista immunitario NDR.)
Giovanni Maga: “Assolutamente.
L’infezione da questo nuovo coronavirus ha un decorso benigno nell’assoluta
maggioranza delle persone. Insomma, guarire è la regola! Almeno
l’80%, ma come dicevo, in base anche all’età, quindi in età giovane può essere
anche il 90%, le persone hanno una sintomatologia moderata o lieve, cioè non
richiedono ospedalizzazione, e guariscono senza particolari conseguenze.
C’è una percentuale significativa, tra 10 e 15%, sempre a seconda della
propria costituzione e del proprio stato fisico, che può sviluppare una
polmonite virale. Questa incidenza è superiore a quella causate dal normale
virus influenzale in percentuale, ma anche in questo caso, nell’assoluta
maggioranza dei casi il decorso è benigno.”
Giornalista Radio Rai: “Quindi
a questo punto l’importante è contenere i contagi. Si è sviluppata una sorta di
caccia al paziente zero, ma potremmo già essere alla terza o quarta generazione
del virus. Perché è importante risalire al fantomatico paziente zero”.
Giovanni Maga: “Il
paziente zero, in qualsiasi focolaio epidemico, è importante per due motivi.
Perché definisce il contesto in cui il virus è entrato, cioè ci fa capire com’è
arrivato, e inoltre ci consente di tracciare i primi contatti, quindi risalire
ai primi che sono stati potenzialmente infettati e da cui potrebbe essere
partito il focolaio. Questo ovviamente, se viene fatto subito, consente di
circoscrivere immediatamente l’area. La nostra situazione attuale è che,
purtroppo, non è stato possibile identificare il paziente zero all’inizio, e
quindi ci siamo un po’ allontanati dalla radice di quest’albero d’infezione che
si sta diffondendo. Però questo vuol dire che abbiamo messo in campo
un’area di delimitazione molto ampia proprio per renderci conto della dinamica
dell’infezione, per limitarne la diffusione, intanto che gli studi
epidemiologici cercano di tracciare all’indietro i contatti. Però a oggi per la
limitazione dell’infezione la misura migliore è quella di circoscrivere le zone
potenzialmente interessate.”
Giornalista Radio Rai: “C’è
la speranza che con la buona stagione questo virus cominci a decrescere nei
contagi, così come sta accadendo anche per la normale influenza?”
Giovanni Maga: “È
una ragionevole ipotesi. AL momento non sappiamo come questo virus si comporti
da un punto di vista stagionale. È molto simile alla SARS come tipologia ma non
certamente come gravità dei sintomi, la
SARS era molto più aggressiva e molto più letale, è
10-50-100 volte più letale, a seconda delle classi di rischio, ma così come
la sars era scomparsa con l’arrivo della bella stagione, se anche questo virus
seguirà l’andamento di tutti i virus respiratori, come quello dell’influenza,
si può ragionevolmente sperare che, con l’aumento delle temperature, perda di
potenza. Io vorrei anche sottolineare che anche nell’epicentro della malattia,
in Cina, si sta iniziando a vedere una diminuzione dei casi, l’aumento sempre
maggiore delle persone guarite, tant’è che la Cina ha deciso di allentare un pochino i cordoni
di contenimento, proprio perché sembra che l’epidemia stia rallentando e si
spera nei prossimi mesi scenderà … Quindi nel frattempo, l’importante è evitare
che nuovi focolai si accendano e si espandano in altre zone.”
Giornalista Radio Rai: “Sembrerebbe anche dai dati che sono stati registrati in Cina e in tutti
i paesi colpiti dal virus, che questo virus colpisca meno i più piccoli, i più
giovani. C’è qualche spiegazione o è solamente un fatto statistico ancora non
emerso?”
Giovanni Maga: “In
questa fase è difficile a dirsi, perché non è chiaro di quanto sia stata
l’esposizione della popolazione infantile al virus, almeno in Cina. Certamente il dato
statistico è chiaro. Ci sono poche infezioni in età pediatrica. Una possibilità
sta nelle differenze del sistema immunitario dei bambini rispetto all’adulto,
perché una delle cause delle complicazioni di questo virus è un’eccessiva
risposta di tipo infiammatorio mediata da un sistema immunitario adulto, che
nei bambini è meno soggetta a dare questo tipo di complicazioni quindi, in
qualche modo, li rende meno suscettibili e gli fa passare questa infezione in
maniera molto blanda. Per diminuire possibilità di contagio è buona
norma (ma questo vale sempre anche nei periodi di normale influenza) lavarsi
bene (anche con un semplice sapone) sempre le mani prima di portarle alla
bocca, agli occhi o al naso. Gli antibiotici non servono a nulla perché gli
antibiotici distruggono i batteri. Questo è un virus.”
Il giorno
seguente, nella trasmissione del 24 febbraio, è intervenuta Ilaria Capua,
pluripremiata virologa italiana, che oggi dirige un dipartimento dell'Emerging
Pathogens Institute dell'Università della Florida.
Giornalista Radio Rai: “Vorrei
parlare di anticorpi: man mano che il virus colpisce gli italiani, chi viene
colpito sviluppa gli anticorpi. Questo potrebbe essere una chiave di
lettura interessante: più popolazione viene colpita più anticorpi si
sviluppano.”