Caro Grillo, la mammografia si deve fare. Però è vero: non è prevenzione
Un
personaggio pubblico che parla di salute ha sempre grandissime responsabilità:
dire, come ha fatto Beppe Grillo
a Perugia, che le mammografie sono il
business di Veronesi è un atto irresponsabile, perché le donne
possono dedurne che la mammo non serve a niente, se non ad arricchire qualcuno,
e quindi non farla. Il che può
mettere a rischio la loro vita. Più tardi Grillo ha precisato:
“Non penso che la mammografia non sia
utile o necessaria. Anzi penso che sia utilissima. Ce l’avevo con la cattiva
informazione che fa credere che facendo questo esame non venga il tumore”.
Bene: questo è tutt’altro conto.
Perché
sbaglia anche la ministra per la
Salute Beatrice Lorenzin a sostenere che “l’arma più efficace, talvolta l’unica, per
sconfiggere il cancro è la prevenzione» e che uno degli esempi più eloquenti
è il tumore al seno, che «le donne
possono sconfiggere proprio grazie alle mammografie e ai controlli da
protocollo».
Mammografie e controlli sono utilissimi, ma non possono essere
definiti “prevenzione”. I controlli periodici consentono diagnosi precoci, e quindi diminuiscono il rischio di
morire per tumore al seno. Ma il tumore, quando viene scoperto ai controlli, ce
l’hai già, e non può più essere “prevenuto”. Sulla vera prevenzione del tumore al seno in verità si fa poco o
nulla, ed è una cosa terribile se consideriamo che verosimilmente nessun tumore
ha un simile tasso di incidenza (1 donna ogni 8) con tendenza ad aumento tra le
under 40 e soprattutto fra le under 30.
Un po’ di numeri, spaventosi: nel 2014 in Italia sono stati diagnosticati 48
mila 200 nuovi casi, con 12.500 decessi. si stima che nel 2020 saranno
51500 (fonte AIRTUM-AIOM). Nel 2011 (dato più recente) il carcinoma mammario ha
rappresentato la prima causa di morte per tumore nelle donne, con 11 mila 959
decessi (fonte ISTAT), al primo posto anche in diverse età della vita,
rappresentando il 29 per cento delle cause di morte oncologica prima dei
50 anni, il 23 per cento tra i 50 e i 69 anni e il 16 per cento dopo i 70 anni.
Tutte conosciamo il problema, se non è toccato a noi è capitato a
parenti, amiche, conoscenti.
Le
case farmaceutiche non hanno alcun interesse a finanziare ricerche che
consentano una reale prevenzione, perché la
prevenzione non fa vendere farmaci. Ma è proprio su questo
fronte che si deve agire, sgombrando il campo dall’equivoco secondo il quale
screening e controlli servono a non ammalarsi: screening e controlli servono solo a curarsi tempestivamente quando
sei GIA’ ammalata.
Il numero di donne che si sottopongono ai controlli è aumentato, ma il tumore al seno non diminuisce. Anzi. Come avete visto le prospettive sono pessime. A quanto pare le strategie che sono state adottate non sono efficaci.
Ne
parliamo con Alberta Ferrari,
senologa chirurga presso il Policlinico San Matteo di Pavia.
Ferrari è anche promotrice di un gruppo che aggrega le donne con mutazione dei geni BRCA (la
patologia di Angelina Jolie,
che ha deciso di sottoporsi a mastectomia e ovariectomia preventiva), donne ad
altissimo rischio di sviluppare tumori al seno e alle ovaie.
“Non
si discute la validità della mammografia come mezzo di diagnosi o di
sorveglianza” dice. “Ma ci sono studi -per esempio una grossa ricerca canadese-
secondo i quali gli screening
mammografici sostanzialmente non influiscono sulla mortalità per tumore al seno.
In Svizzera infatti gli screening
sono stati sospesi. Altri studi danno risultati diversi: secondo la maggior parte delle ricerche, gli screning diminuiscono la
mortalità del 15-25 per
cento. L’opinione più diffusa tra gli addetti ai lavori è che lo screening mammografico resti utile, anche se non
si deve farne un oggetto di culto. Il rischio è che le donne
pensino che l’esame serva a non ammalarsi”.
Che cosa si sta facendo invece sul
fronte della prevenzione primaria?
“Poco o niente. Si parla di stile di vita (alimentazione,
obesità, sedentarietà) che senz’altro incide per l’età “classica”, tra i 50 e i
70 anni, ma difficilmente può spiegare i casi di tumore al seno tra le
venti-trentenni. Non conosciamo ancora le cause del cancro al seno, il
che significa che non sappiamo ancora come prevenirlo”.
continua
alla fonte >>> http://blog.iodonna.it/marina-terragni/2015/05/11/caro-grillo-la-mammografia-si-deve-fare-pero-e-vero-non-e-prevenzione/?refresh_ce-cp
E se le cause fossero note? Articoli correlati:
E se le cause fossero note? Articoli correlati:
Nessun commento:
Posta un commento
I commenti spam, offensivi, non pertinenti e quelli riportanti indirizzi mail o link sospetti saranno cancellati.