Martina torna a casa sempre verso le
sette e ha in mente solo un pensiero: mangiare sano, dimagrire, smetterla col
cibo. Mette in ordine, si fa una doccia
rilassante e poi apre il frigo. Comincia con una minestra di verdure e una
grande insalata. Sparecchia, lava i piatti. Poi qualcosa fa click nella sua
testa. Apre la dispensa e mangia cinque biscotti al cioccolato.
Il senso di colpa la assale e anestetizza le papille gustative. Non sente il gusto del cioccolato, è come se masticasse cartapesta. Riapre la dispensa. Prende l’intero pacco di biscotti. Alla fine, capovolge la confezione ormai vuota e con le dita umide raccoglie le briciole sul tavolo e le ingurgita. Sapore di sabbia. Incapace di fermarsi scongela una pizza surgelata e la divora prima che sia cotta.
Il senso di colpa la assale e anestetizza le papille gustative. Non sente il gusto del cioccolato, è come se masticasse cartapesta. Riapre la dispensa. Prende l’intero pacco di biscotti. Alla fine, capovolge la confezione ormai vuota e con le dita umide raccoglie le briciole sul tavolo e le ingurgita. Sapore di sabbia. Incapace di fermarsi scongela una pizza surgelata e la divora prima che sia cotta.
Ormai ha iniziato, non vale più la pena
fermarsi. Mangia mezza vaschetta di gelato alla panna e quattro cioccolatini.
Ad un tratto il raptus si interrompe, Martina passa di fronte allo specchio del
bagno come si sorpassa uno sconosciuto inquietante e cerca il vomito
laboriosamente e faticosamente per svuotarsi.
Guido esce da lavoro e corre in
palestra. Si allena ogni sera per due ore, scrutandosi sulle pareti specchiate
con preoccupazione. Nonostante il fisico invidiabile si sente fuori forma.
Maneggia carichi sempre più grossi,
ma niente lo solleva dalla frustrazione del corpo.
Torna a casa stravolto e si alimenta controvoglia in una cucina ingombra come un emporio di integratori alimentari e beveroni ultraproteici. Pensa con preoccupazione alla cena di compleanno a cui lo hanno invitato, e si addormenta con la testa vuota dopo un rosario di flessioni massacranti.
Torna a casa stravolto e si alimenta controvoglia in una cucina ingombra come un emporio di integratori alimentari e beveroni ultraproteici. Pensa con preoccupazione alla cena di compleanno a cui lo hanno invitato, e si addormenta con la testa vuota dopo un rosario di flessioni massacranti.
Per quanto appaiano diversi, Guido e Martina sono apparentati dalla stessa
dipendenza: l’ossessione per il cibo. Guido la affronta con ascetismo, un
autocontrollo maniacale che lo induce al conteggio minuzioso di calorie e al
rifiuto categorico di cibi gratificanti. Martina cede al cibo quotidianamente,
in una catena di crisi d’astinenza e colossali abbuffate che compensa, anche se non sempre riesce,
procurandosi il vomito.
Le dipendenze alimentari possono essere
descritte attraverso un continuum che va dall’astinenza, tipica dell’anoressia
alla compulsività della bulimia, passando per forme cliniche e sub-cliniche di
differente entità e rilevanza.
A livello neuro-psicologico, sia le condotte sacrificanti di Guido che quelle bulimiche di Martina producono un’alterazione nel rilascio di dopamina. Gli stress a cui entrambi sottopongono il loro corpo determinano un sentimento di alienazione e di stordimento, e generano il bisogno di ripetere, senza potersi più fermare, i rispettivi rituali alimentari di privazione o di perdizione.
A livello neuro-psicologico, sia le condotte sacrificanti di Guido che quelle bulimiche di Martina producono un’alterazione nel rilascio di dopamina. Gli stress a cui entrambi sottopongono il loro corpo determinano un sentimento di alienazione e di stordimento, e generano il bisogno di ripetere, senza potersi più fermare, i rispettivi rituali alimentari di privazione o di perdizione.
I due condividono la stessa convinzione sul proprio corpo: è un corpo sbagliato,
inadeguato e che li fa sentire a disagio con gli altri.
Nella dipendenza alimentare, sia anoressica o bulimica, le relazioni umane diventato difficilmente sostenibili e si assiste a un progressivo ritiro sociale, accompagnato dal tentativo di nascondere agli altri la propria dipendenza e l’esecuzione dei rituali che la sostengono.
Il rapporto cibo-corpo-peso è per di dipendenti alimentari un enigma ossessionante che, come accade nelle altre forme di addiction diventa il fulcro della quotidianità e si afferma, giorno dopo giorno, come l’unico criterio di appagamento o di frustrazione.
Nella dipendenza alimentare, sia anoressica o bulimica, le relazioni umane diventato difficilmente sostenibili e si assiste a un progressivo ritiro sociale, accompagnato dal tentativo di nascondere agli altri la propria dipendenza e l’esecuzione dei rituali che la sostengono.
Il rapporto cibo-corpo-peso è per di dipendenti alimentari un enigma ossessionante che, come accade nelle altre forme di addiction diventa il fulcro della quotidianità e si afferma, giorno dopo giorno, come l’unico criterio di appagamento o di frustrazione.
In letteratura, una classica distinzione
tra i disturbi del comportamento alimentare distingue tre tipologie[1]:
anoressia restricter, caratterizzata dall’astinenza drastica da cibo
attraverso intensa attività fisica
buli-anoressia, in cui a periodi di rifiuto del cibo o di ipoalimentazione seguono abbuffate con vomito indotto o spontaeo finalizzato al controllo del peso;
anoressia con vomiting, dove l’atto di vomitare è sistematico ed è associato all’utilizzo di lassativi o diuretici.
buli-anoressia, in cui a periodi di rifiuto del cibo o di ipoalimentazione seguono abbuffate con vomito indotto o spontaeo finalizzato al controllo del peso;
anoressia con vomiting, dove l’atto di vomitare è sistematico ed è associato all’utilizzo di lassativi o diuretici.
Negli anni novanta, con la
trasformazione dei modelli culturali e sociali maschili, data dalla
comunicazione mediatica e, in particolare, dalla pubblicità coi suoi maschi
palestrati e abbronzati, sono
sempre più gli uomini affetti da dipendenze alimentari caratterizzate
dall’ossessione per il corpo e dall’assunzione compulsiva di integratori mirati
al controllo del perso corporeo e all’aumento della massa muscolare. Il ricercatore americano Harrison Hope ha
denominato questa sindrome emergente “anoressia inversa”.
[1] Colombo G.(2001) ”Manuale di
psicopatologia generale”,Cluep. Padova
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