Storia della frode del contagio
In
quest’articolo cercherò di mostrare che
l’intero concetto di contagio (prima del “maligno”, in seguito dei
microrganismi come i batteri, e infine dei virus), così profondamente radicato
nella nostra società, sia in realtà frutto
di una serie di manipolazioni della verità, oltre che di vere e proprie frodi scientifiche avvenute
nell’epoca moderna.
E
cercherò di mostrare che tali inganni
siano stati messi in piedi e propagandati dal potere costituito, o per
raggiungere determinati obiettivi geopolitici, oppure per implementare un
maggior controllo sulla società. Per le mie riflessioni mi baserò
principalmente sull’ottima conferenza del biologo Stephen Lanka (il cui link
integrale troverete alla fine dello scritto) oltre ovviamente, e come sempre,
sulle scoperte del grande Hamer, grazie alle quali possiamo conoscere davvero
come funzionano la salute e la malattia (e quindi non farci ingannare…).
Andiamo però con ordine.
Il concetto di contagio delle malattie è stato inventato nell’antichità, in Europa e nel bacino del Mediterraneo. Nessun altra popolazione del mondo ha tale concetto nella sua tradizione medica. Non è presente nella Medicina Popolare Cinese, nè nella tradizione indiana dell’Ayurveda, nè tantomeno all’interno delle popolazioni autoctone delle Americhe, dell’Africa e dell’Australia.
La prima malattia “contagiosa” di cui si ha notizia storica è quella
che viene chiamata lebbra. La parola lebbra deriva dal latina lepra, che significa “squamare”, ma in
molte lingue, come per esempio il tedesco, troviamo anche un termine più antico
(in tedesco, Assautz,
“gettare via”) che ha il significato generico di “esclusione dalla società”.
Dobbiamo considerare che il contesto
sociale medievale europeo, ed anche parte di quello antico, era dominato dal potere delle autorità
religiose. E quasi sempre tali autorità avevano l’abitudine di dividere le
malattie in malattie “sacre” e in malattie derivanti dal peccato (altro
concetto tipicamente occidentale), perchè tale divisione (totalmente arbritraria)
era molto utile per gestire la società:
le malattie di ricchi e potenti erano etichettate come sacre, mentre le
malattie di quella parte del popolo che si ribellava e non si sottometteva
erano bollate come malvagie, derivanti dal peccato.
Così, una persona che presentava determinati sintomi, diversi da epoca
in epoca e da regno in regno, poteva ricevere la diagnosi di “lebbra”, cioè di
“esclusione dalla società”. La persona non poteva più nemmeno avvicinarsi ad una qualsiasi
città “civile”, pena la morte. Possiamo intuire che tali “esclusi” vivessero
quasi sempre pesanti conflitti biologici, fra i quali i più comuni erano
conflitti di separazione e di attacco, che come sappiamo da Hamer portano
sintomi alla pelle (dermatiti, psoriasi, vitiligine, melanomi, ecc.). Tali
conflitti non andavano mai in soluzione definitiva, perchè il reinserimento
nella società per i lebbrosi era impossibile, ma solo saltuariamente in
soluzione parziale, quando magari parenti e amici riuscivano a raggiungere il
malcapitato per rifornirlo di beni essenziali e per dargli un po’ di conforto. La
pelle dei poveri “lebbrosi”, in realtà persone senza alcun peccato
ingiustamente escluse dalla società, non poteva quindi che aggravarsi
ulteriormente (molteplici recidive di separazione e di attacco da familiari,
amici, branco) portando a varie sintomatologie di desquamazione generalizzata.
Per questo la parola lebbra è stata col tempo associata alla desquamazione
della pelle.
La
“lebbra” è di solito storicamente considerata come la prima malattia
contagiosa, anche se ovviamente i microrganismi, nel mondo antico e nel
medioevo, non erano ancora stati scoperti.
L’illusione del contagio è probabilmente nata dal fatto che i
lebbrosi, ovvero gli esclusi, spesso si riunivano in determinati posti, per
potersi il più possibile aiutare. Se una persona di città frequentava quei
posti (cosa proibita) per far visita a parenti o amici, poteva alla fine
ricevere essa stessa la sentenza di “lebbroso”, e quindi venir “contagiato”.
Nel
basso medioevo (dall’anno 1000 all’anno 1492) avvennero graduali ma importanti modificazioni
di potere in Europa. Il predominio dalla Chiesa di Roma cominciò ad essere insidiato
dagli emergenti Stati Nazione, oltre che da rivolte teologiche interne. Questi nuovi poteri, tuttavia, non rinunciarono
affatto al concetto di contagio, e anzi lo utilizzarono ancora di più a fini di
controllo della popolazione, e per determinati obiettivi politici.
Il
termine “lebbra”, usato generalmente come sinonimo di “malattia contagiosa”,
venne sostituito dal termine “peste”, che nel medioevo indicava in modo molto
generico una vasta gamma di malattie gravi, che generalmente portavano alla
morte.
Quando si voleva colpire duramente
un territorio ribelle, una città, un quartiere, determinati gruppi etnici,
determinati scambi e commerci consolidati tra popolazioni che infastidivano i
potenti, si dichiarava una epidemia in atto in quella specifica zona. Questo,
per la popolazione di quella zona, voleva dire essere messi in quarantena,
sotto chiave, morti di fame, massacrati, avvelenati, sottoposti a qualsiasi
tipo di vessazione e sperimentazione. Un terrorismo senza fine (vi ricorda
qualcosa?).
Ovviamente,
le condizioni di vita di quel territorio portavano ad una serie infinita di
conflitti possibili tra la popolazione, con poi tutte le manifestazioni
sintomatiche che in seguito sono state associate alla “peste”.
Nel XVI secolo vennero inventati i
primi microscopi.
(Tale invenzione avvenne in parallelo con quella dei cannocchiali, che aprì la
strada ad un altra grande frode, quella dell’astronomia, che merita però una
trattazione a parte…). Col tempo i microscopi aumentarono il loro potere
ingrandente, finchè fu possibile osservare sia le cellule costituenti gli
organismi viventi, sia i vari microrganismi simbionti. Si pensò quindi, anche qui, di fare la solita suddivisione arbitraria
ed estremamente funzionale al potere: alcuni microrganismi vennero classificati
come “buoni” e altri come “cattivi”, ovvero portatori di malattie.
Il generico e immateriale concetto di contagio trovava quindi una sua applicazione concreta e materiale.
Il generico e immateriale concetto di contagio trovava quindi una sua applicazione concreta e materiale.
Bisognava solo dimostrare che questi batteri malvagi causavano le malattie, e il gioco era fatto.
Seguendo
la semplice logica, per arrivare a tale dimostrazione devono essere verificate, in ogni osservazione, 3 specifiche
circostanze, che oggi sono conosciute come “postulati di Koch”. Robert Koch
era un biologo tedesco del XIX secolo, contemporaneo di Louis Pasteur. Egli era
un grande sostenitore della teoria patogena dei batteri. I risultati sperimentali
hanno tuttavia sempre mostrato (e dimostrano tuttora) quanto segue, in relazione
ai suddetti postulati.