INTOSSICAZIONE
ALIMENTARE E MALATTIE
Conferenza di Viterbo dell'11/04/2015(Valdo Vaccaro)
CONTAGIO E INFETTIVITÀ SONO TERMINI FUORI LUOGO NELLA HEALTH SCIENCE
Molte
malattie non sono infettive, scrive Peter Duesberg, nel suo bestseller mondiale
Aids: il virus inventato (Baldini & Castoldi in lingua italiana). Duesberg
è uno scienziato trasparente e straordinario, nonché docente alla California
University, ma rimane sempre un virologo, per cui gli concediamo un margine di
tolleranza nell'addossare ai virus qualche sorta di responsabilità infettiva.
Da ricercatore e filosofo igienista, da rappresentante della salute, parole come
infettività e contagio non entrano nel mio vocabolario. Chi vuole
approfondire troverà pane per i suoi denti nel mio blog. Basta digitare sul
motore di ricerca parole come virus, batteri, vaccini, contagio, Aids e simili,
per trovare tesine tipo "la farsa del contagio batterico virale", e
tante altre.
LE MALATTIE
SONO DI TIPO TOSSICO E NON INFETTIVO
Noi oggi sappiamo con certezza che
la maggior parte delle malattie a catalogo è di tipo tossico e non infettivo. Eppure per tutto il XIX e il XX
secolo appena trascorsi, molti microbi, in forza delle storture pasteuriane,
sono stati incolpati di averle provocate. Nel 1840 Jakob
Henle, docente all'Università di Göttingen, formulò pubblicamente l'ipotesi che
le malattie infettive potevano essere conseguenza di qualche organismo
invisibile che si trasmetteva da persona a persona. Ma, per provare che
questo contagio provocava la malattia, si sarebbe dovuto isolare il microbo e
farlo crescere al di fuori del corpo umano. Tre anni dopo, all'Università di
Praga, un altro ricercatore di nome Edwin Klebs, sostenne che non solo il microbo
andava coltivato fuori dal corpo, ma che avrebbe anche dovuto produrre lo
stesso tipo di malattia, quando fosse stato iniettato in un altro organismo,
umano o animale. A questo punto
entrò in azione Robert Koch, che inventò un sistema per coltivare i batteri nel
liquido lacrimale del bestiame macellato. Inoculando queste colture batteriche
nei topi, anch'essi si ammalavano man mano che tali microrganismi invadevano il
loro corpo. Koch fu il primo scienziato a soddisfare i Requisisti di Klebs.
LA
STORIA DELLO SCORBUTO
La
paura del contagio, precede le scoperte di Koch sui batteri. Verso la metà del
XVI secolo, un secolo prima che Antony Van Leeuwemhoek scoprisse i microbi con
il suo microscopio casalingo, lo scorbuto fu descritto correttamente dal dr
Ronsseus, sostenitore dell'ipotesi alimentare come causa di malattia. Ma il suo
contemporaneo Echthius osservò focolai di scorbuto fra i monaci di un singolo
monastero tedesco, e dedusse che si trattava di malattia contagiosa.
UNA
PAURA CHE AVVOLSE L'UMANITÀ PER SECOLI
Questa
opinione e questo terrore prevalse molto a lungo. Sir Richard Hawkings,
ammiraglio inglese, ebbe parecchi casi di scorbuto fra i suoi marinai durante
un lungo viaggio del 1593. Raggiunta la costa del Brasile scoprì che mangiando
arance e limoni, i suoi marinai guarivano. James Lind, medico di bordo inglese,
si accorse pure lui dell'efficacia degli agrumi in funzione antiscorbutica, e
lo espresse in un suo libro nel 1753. Ma le sue conclusioni furono
energicamente respinte dalla classe medica inglese che aspettò altri quarant'anni
prima di riconoscerne la validità. James Cook scoperse per conto suo, durante
un viaggio del 1769, che verdure fresche e agrumi servivano a vincere lo
scorbuto.
OSSESSIONE PER LA CACCIA AL
MICROBO
L'ossessione
per la caccia al microbo distraeva gli scienziati dalle ricerche sulla vitamina
C, e finì per favorire ulteriori epidemie di scorbuto. La sterilizzazione
del latte mediante calore voluta da Pasteur, distruggeva quel po' di vitamina C
che sta nel latte, per cui c'erano centinaia di nuovi casi di scorbuto tra i
bambini piccoli. Nel comunicato del 1898 sullo scorbuto infantile,
l'associazione dei pediatri emise un comunicato dove si concludeva che la causa
di epidemia non era la bollitura del latte ma un avvelenamento da ptomaina,
sostanza cadaverica, prodotta sempre dai batteri. I ricercatori semplicemente
non riuscivano a staccarsi dalle teorie batteriologiche. L'influenza della
batteriologia era così forte che molte malattie dovute a deficit nutritivi o
endocrini, furono ritenute batterio-tossiemie fino al 1910. In mancanza
di prove concrete di presenza di un microrganismo infettivo, venivano tirate in
ballo immaginarie tossine elaborate da batteri sconosciuti.
LA
SCOPERTA DEL BERI-BERI
Il
primo a scoprire la causa del Beri-Beri fu Kanehiro Takaki, medico della Marina
Giapponese. L'epidemia era assai diffusa tra i militari e nelle grandi città.
Sperimentò diete sui marinai di diverse navi, riuscendo ad arginare l'epidemia
del tutto nel 1885. Pubblicò nel 1887 le sue teorie sulla rivista inglese
Lancet. Invece di essergli grata e di riconoscere che la causa del Beri-Beri
stava in una cattiva nutrizione, la comunità scientifica mondiale reagì
dileggiandolo!
L'ISOLAMENTO
DELLA VITAMINA B1
Le
segnalazioni di microbi presunti responsabili del Beri-Beri, continuavano fino
al 1910 e oltre, con teorie infettive e spaventosi trattamenti a base di
chinino, arsenico e stricnina. La questione Beri-Beri fu definita una volta per
tutte solo con l'isolamento della vitamina B1 da parte di Robert Williams nel 1926.
Il suo commento al vetriolo? A causa dell'opera di Pasteur e Koch, la
batteriologia era arrivata ad essere la pietra d'angolo dell'istruzione medica.
A tutti i giovani
medici era stata talmente instillata l'idea che le malattie fossero causate da
un'infezione, che veniva accettato come assiomatico il concetto per cui non
poteva esserci un'altra causa! A questa fissazione dei medici per le
infezioni, si deve la mancanza di attenzioni prestate al cibo come fattore
causante del Beri-Beri.
LA PIAGA DELLA PELLAGRA, AIDS DI INIZIO SECOLO
In termini di persone colpite, la
pellagra è stata la malattia da deficit vitaminico più devastante di tutte. Chiazze rossastre di pelle
ruvida e desquamante, nonché manifestazioni neurologiche e demenza,
dimagrimento e diarrea fino alla morte. Descritta per la prima volta nel XVIII
secolo, assunse proporzioni epidemiche in Italia e nel Mediterraneo. Gli untori
della pellagra non mancavano. Il tedesco Titius nel 1791 la definì infettiva. Il
francese Jean Marie Hameau nel 1853 la definì trasmessa
dalle pecore, e si continuò per decenni a trattarla con cure mortali come
salassi, chinino e arsenico. Nel 1881 il medico italiano Majocchi,
coadiuvato da Cassaroli e Ceni, isolò un batterio nel granoturco deteriorato e
in diversi funghi. La caccia al microbo non si fermava. Tizzoni nel 1906
dichiarò con grande sicurezza che la pellagra era comunque una malattia
batterica.
OSTRACISMO
NEI RIGUARDI DEI PRESUNTI APPESTATI
Il
terrore per la pellagra era tale che una diagnosi di questa malattia equivaleva
a una condanna all'ostracismo. Bastava un banale eczema per gettare nel panico
l'intera comunità. Le infermiere dell'ospedale di Atlanta entrarono in sciopero
ad oltranza quando venne loro richiesto di occuparsi dei pellagrosi. La paura
del contagio si diffuse nelle scuole e negli alberghi. Nel 1912 si creò la
Commissione Thomson-McFadden per studiare la pellagra negli stati del sud.
Mostrando un totale disinteresse per i legami tra dieta e malattia, la
commissione accentrò gli interessi su acque sporche, batteri e funghi, e arrivò
anche ad ipotizzare che la pellagra fosse stata introdotta in USA dagli
immigrati italiani!
IPOTESI
MICROBICA E IPOTESI TOSSICA
Tra
l'ipotesi microbica e quella nutritiva, i medici propendevano sempre per la
prima. Quando
arrivò alla direzione del Public Health Institute Joseph Goldberger, nuovo
medico militare dotato di scienza e di coraggio, riuscì a dimostrare che la
pellagra guariva cambiando dieta in orfanotrofi, ospedali e prigioni. I
microbiologi reagirono allarmati e indispettiti. Goldberger, sua moglie e
14 stretti collaboratori, arrivarono ad iniettarsi il sangue di diversi
pellagrosi e nessuno contrasse la pellagra. Ma intanto la malattia provocava
sempre più vittime. La
niacina B3, vitamina carente nei pellagrosi, venne poi isolata negli anni
'30. A quel punto l'era della caccia ai batteri volse rapidamente al termine. Oggi però la
caccia al microbo sta vivendo un nuovo periodo di fortuna sulla scia della
ricerca virale che domina la tecnologia biomedica.
SCELTE
MEDICHE ABERRANTI IN FATTO DI ALIMENTAZIONE
Diciamo
pure che la medicina ha una lunga storia di sottovalutazione nei riguardi del
cibo e dei suoi microelementi. Non sorprende pertanto che, a tutt'oggi, la
medicina convenzionale nelle sue cure attribuisca scarsa considerazione e
ridicola importanza al fattore alimentare. Quando poi si veste un po' di
nutrizionismo, essa privilegia scelte sistematicamente aberranti, raccomandando
e prescrivendo diete alto-proteiche e difendendo a spada tratta proteine
animali, integratori, farmaci, vaccini, assunzioni massicce di acqua e altre cose
del genere..