Non è che questo mondo stia dando proprio il meglio di sé in questo particolare momento storico, infatti, il male
sembra prevalere su ogni cosa, cercando di spegnere continuamente la
vita per creare un habitat adeguato nel quale potersi trovare sempre di
più a proprio agio.
Ovunque ti giri non c’è scampo, infatti, ti devono insufflare quanto
di più becero ci possa essere, con l’intento di sfiancarti perché tu non
possa avere la forza di ribellarti, così da cedere ad un automatismo,
anticamera dell’abbruttimento nel quale il male viene condiviso a mò di untori del terzo millennio.
Scusate il preambolo con sfogo annesso, ma a supporto di quanto detto
voglio raccontarvi quanto accadutomi stasera. Premetto che non guardo
praticamente mai la televisione, ma stasera, post corsetta, mi sono
messo a fare 5 minuti di zapping televisivo, ma lo spettacolo che mi si è
parato davanti è stato desolante.
Tra le altre cose ho visto la faccia di Barbara D’Urso
alle prese con la reiterata riesumazione di un delitto, con la sua
solita faccia mesta che indossa nel sentirsi raccontare disgrazie, ma
con la sensazione che ci sguazzi come un paperotto pescando
continuamente nel torbido come solo lei sa fare.
Nel cambiare canale ho visto il medesimo delitto su un canale Rai,
identico preciso, anche loro famelici sulla disgrazia in pieno accordo
RaiSet o MediaRai, fate voi. Anche qui facce meste, ma si sa, il delitto
rende, la disgrazia pure, non si può quindi interrompere una emozione.
Anche questo è servizio “pubblico”, e si sa, la sofferenza affratella,
come affratella lo sanno solo loro, visto che continuano a tenere aperte
ferite purulenti.
Cambio canale e vedo una climatologa che tutta compita e seriosa,
come nulla fosse, ci avverte che il clima sta cambiando e che dobbiamo
prepararci a disastri climatici sempre più frequenti, con la
tranquillità di chi sta dicendo cose ovvie, come se parlasse di che cosa
andrà di moda nel campo dell’abbigliamento la prossima stagione. La
voce era un po’ monocorde, lo sguardo fisso, tanto umana non sembrava,
forse ha avuto qualche dritta da qualche appassionato di geoingegneria, i quali, si sa, un po’ ci giocano con queste cose.
Cambio canale ancora e vedo un altro programma interessante dal tipo:
“la furia della natura”, o qualcosa di simile, un programma, se ho
capito bene, che trasmette filmati di luoghi nei quali sono avvenuti dei
disastri climatici, tipo tornado, tsunami, terremoti e altre
sciocchezzuole di questo genere.
Deve piacere molto questa roba, chissà
cosa spinge le persone a vedere sta roba, mah, che sia l’attaccamento al
male?
Mi sono soffermato un paio di minuti e vedo un tipo che viene
intervistato e, tra le altre cose, ci comunica che gli piace trovarsi
nel mezzo di queste calamita “naturali”, o almeno una volta si diceva
così, e che possiede una certa familiarità e destrezza nel filmare in
condizioni estreme. Con un sorriso sulle labbra, a malapena celato che
mi ha lasciato sconcertato, continuava a raccontare di disgrazie, ma si
vedeva benissimo che godeva come un riccio sotto sotto, ma neanche tanto
sotto.
A questo punto dico basta, 5 minuti possono bastare, e passerà un po’
di tempo prima che si riapra uno stargate di questo tipo, almeno per
me, vado quindi a consegnare un film che avevo noleggiato. Mentre lo
consegno, mi cade l’occhio su di una locandina di un film che, visto
com’era posizionata, era impossibile non vedere, una locandina nella
quale era scritto che il male non si era mai spinto così in fondo come in questa pellicola… bene, gli faccio bye bye e me ne fotto.
Il male è fatto così, ha bisogno di attenzione e fa
di tutto perché gli si presti tutto quanto richiede. Tra zapping
televisivo e consegna film saranno passati 15 minuti, provate a pensare
nell’arco della giornata quanti eventi con la medesima energia
incrociamo sulla nostra strada.
Non possiamo impedire al male di fare il suo lavoro,
qualcuno lo deve pur fare visto che esiste, ma da parte nostra non
dobbiamo identificarci, non possiamo divenire complici di tutto questo,
finiremo per alimentarlo.
Rimaniamo umani e coltiviamo il bello,
condividendolo in tutte le salse, non importa se ci faranno sentire
“strani”, rimaniamo coerenti, e andiamo dritti per la nostra strada,
prima o poi ci seguiranno, perché il bello cura noi stessi e la vita.
Il male divide e produce malattia, il bello invece
risana, aiutandoci a prenderci cura della vita. Abbiate fiducia,
ricordate i vecchi film, archetipi di un mondo lontano ma sempre accanto
a noi, nei quali l’happy end era di prassi, e così sarà, perché le
forze del male non prevarranno sul cuore del genere umano.