Dittatura sanitaria
Non mi sono meravigliata del diktat della Federazione
Nazionale dell’Ordine dei Medici: è in linea col governo, da sempre.
Alla luce dei decenni passati tra studio ed esercizio
della professione medica, posso sostenere con giusta convinzione che in nessun altro paese del mondo i medici
siano maltrattati e umiliati come in Italia.
L’Italia ha il più alto numero di medici del mondo:
qui i medici devono essere manovalanza
a basso costo per essere impiegati in un ramificato sistema succhia-soldi a
benefico del malaffare.
Università a porte spalancate dagli anni ottanta, il
numero chiuso attuale comunque è una presa in giro, un ulteriore costo per le
famiglie e per gli aspiranti studenti che si sobbarcano mesi di studio di quiz
assurdi ed esami burletta in giro per il paese, graduatorie, pescaggi e ripescaggi,
trasferimenti forzati in altre città per regole mutevoli secondo logiche
inespresse, motivate in modo pretenzioso dall’imbecille ministeriale di turno.
Una pletora di studenti senza tutor che intasa Università
sempre più povere ma con numero crescente di Cattedre dai nomi fantasiosi
(cos’è la “medicina Traslazionale”? – questa parola non l’ho trovata nella
Treccani) dove nominare il raccomandato di turno, studenti fuoricorso
perenni, mai cacciati perché continuano a pagare rette.
Alla laurea si
arriva senza saper fare nulla, nemmeno preparare una terapia venosa, incidere un
ascesso, suturare e medicare una ferita banale. Per quello ci sarebbe il corso
di specializzazione post-laurea di ben 5 anni, dove però solo ben pochi della
pletora dei laureati potranno entrare, per poi essere spesso defenestrati al
termine del corso, ormai con le tempie striate di bianco.
I posti chiave dove far carriera sono già prenotati dalla
schiera degli eletti per diritto di nascita, altri posti spetteranno ai
meritevoli per militanza politica o per frequentazioni giuste, camere da
letto comprese.
Nel corso della mia vita professionale lo stato italiano
mi ha fatto lavorare senza versare alcun onere previdenziale, praticamente “in
nero”, per sette anni. Nemmeno ho potuto riscattare, allora, ai fini
pensionistici gli anni di laurea, causa regole allora vigenti, poi modificate
quando orami le cifre erano diventate irraggiungibili.
Successivamente lo stato italiano ha tolto a molti medici
il lavoro obbligando quelli di noi che svolgevano più di una attività, ad
abbandonarla e lavorare solo in ospedale; successivamente ha preteso la
“mazzetta” sulla attività libero–professionale, persino se fatta presso il
proprio studio privato.
Negli anni recenti, obbligo della posta elettronica certificata,
dotazione del POS e persino obbligo di trasmettere alla agenzia delle Entrate
le fatture dei pazienti; tutto ciò ha un costo economico che prescinde dal
fatturato ed un costo in termini di scadente qualità di vita.
Per brevità taccio sull’Enpam e sulle tassazioni, sulle
vicende dei medici di famiglia.
Il governo dittatoriale, nel silenzio totale della stampa
e delle tv sta smaltellando rapidamente, a colpi di “riforme”, quello che
era il Sistema Sanitario Nazionale togliendo le cure persino ai pazienti
oncologici mentre vuole imporre l’obbligo vaccinale a tutti e minaccia la
libertà decisionale del medico.
Ormai è chiaro che
nessuna forza politica parlamentare difende i diritti dei cittadini, anzi, nessuna ha fiatato contro
il diktat dei burattini ministeriali .
Quel che continua a meravigliare è l’acquiescenza degli
Italiani, i commenti dei medici sui social sono troppo garbati, i dittatori
della medicina meritano di essere presi a male parole e cacciati.
Ricordiamoci che noi li manteniamo e noi possiamo e
dobbiamo rifiutare qualunque imposizione: quella
dei vaccini è solo una delle punte di un iceberg enorme che sgretolerà l’intero
paese.
Solo la presa di
coscienza costruttiva di molti potrà, forse, ritardare, se non impedire tale
sfacelo.
La categoria dei medici potrebbe cominciare a ribellarsi, almeno quella parte di essa che
conserva dirittura morale, amore per la professione, dedizione alla cura dei
malati, rispetto per la propria libertà di giudizio, autonomia da qualunque
imposizione politica ed economica.
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