mercoledì 1 marzo 2017

Una riflessione sulle biotecnologie



UNA RIFLESSIONE SULLE BIOTECNOLOGIE

Alcuni hanno chiamato gli oppositori degli organismi geneticamente modificati retrogradi, oscurantisti contro lo sviluppo scientifico e il progresso.
Dietro a questo cosidetto Sviluppo, concetto cosi' relativo e spacciato come univoco da coloro che proclamano le "future sorti positive della scienza", dietro a questa fragile opera di addomesticamento retorico, si nasconde tutta una serie di dati reali sui quali è necessario riflettere, se si vuole porre correttamente la questione delle biotecnologie.

Innanzitutto occorre fare una precisazione, distinguendo ciò che è la ricerca scientifica "pura" dalla tecnologia, che è l'applicazione della ricerca scientifica, mettendo comunque tra virgolette quel concetto, dal momento che la scienza è sempre una sotto-struttura della società cui appartiene, attinge sempre al suo "serbatoio metafisico e ideologico". Comunque quando si parla di ogm, (organismi geneticamente modificati) ci troviamo di fronte appunto all'applicazione di una scoperta scientifica, nella fattispecie a una "invenzione naturale" su cui si mette un brevetto che ne delimita la proprietà intellettuale, che si svolge in laboratori privati di industrie transnazionali, la cui funzione è aumentare i profitti dell'industria stessa.

Il primo problema che si pone di fronte, riguarda dunque la questione della brevettabilità delle piante e delle sementi trangeniche. Come Rifkin fa notare in "L'era dell'accesso" il primo rilascio di un brevetto su un ogm negli USA nel 1987, rappresentò un precedente rivoluzionario nella storia dei brevetti: per la prima volta, un elemento naturale, il gene, veniva considerato invenzione. Così questi giganti dell'agroalimentare cominciarono a sguinzagliare per tutti gli angoli del mondo e soprattutto nelle foreste pluviali, serbatoi di mega-diversità genica, i propri ricercatori, in cerca di geni appetibili per l'industria alimentare, chimica, farmaceutica, ma anche per la ricerca sui combustibili che potrebbero essere ricavati da processi chimici di piante ogm (e non è un caso, a questo proposito, che Novartis e Monsanto fossero, prima di comprare la maggior parte dei laboratori di biotech e le industrie distributrici di sementi, leader nel settore petrolchimico). 

Il concetto di brevettabilità è connesso alla questione della protezione di questa "invezione naturale", nasce insieme all'idea di considerare i geni della pianta bioingenierizzata proprietà costante, da affittare annualmente ai contadini tramite la vendita dei semi, con una sorta di copyright ad essi applicato, che rende perseguibili penalmente gli agricoltori che decidano di riutilizzare il seme del proprio raccolto per l'anno seguente.

Veniamo ai fatti: il primo tentativo clamoroso di esercitare questa protezione venne da Monsanto, che brevettò una tecnologia divenuta famosa come TERMINATOR, poiché esercita un blocco nello sviluppo del seme , rendendolo di fatto improduttivo per i futuri raccolti.

Come conciliare questa spaventosa realtà con la "pubblicità Pulita" che queste multinazionali tentano di farsi favoleggiando di ipotetiche risoluzioni della fame del mondo, grazie ai loro brevetti?
Pare un castello di carte che crolla da solo, se pensiamo ai milioni di contadini dei Paesi piu' poveri, la cui sopravvivenza dipende dai semi dei raccolti precedenti, tecnica colturale che tra l'altro vige dal neolitico in tutto il globo e poi, chi ha un minimo di conoscenza sui problemi dell'autosufficienza alimentare nei PVS, SA CHE IL PROBLEMA STA NELLA MANCANZA DELLA TERRA PER I PICCOLI CONTADINI , A VANTAGGIO DELLE PIANTAGIONI INTENSIVE PER L'ESPORTAZIONE, le quali hanno già goduto dei vantaggi della Rivoluzione Verde negli anni '60, e che saranno il teatro anche di questa nuova rivoluzione biotecnologica: per i piccoli produttori, sarà il ricatto dell'affitto annuale dei geni brevettati, per i poveri, l'esclusione.

Il caso della rivolta dei 100 piccoli contadini indiani del Karnataca che didero fuoco ad un intero raccolto del Cotone Bt (cotone ogm di Monsanto), che aveva causato una flessione notevolissima nei rendimenti, la legge della commissione Africana per l'agricoltura che vietava l'uso di tecnologie affini a Terminator, per la tutela della popolazione locale, questi sono i fatti , il resto resta fantaretorica.

I promotori delle biotecnologie, tentano anche di mostrarsi sensibili rispetto alle sorti dell'ambiente, parlano della possibilità di inventare batteri ogm in grado di disinquinare gli oceani dalle fuoriuscite di petrolio, di inventare piante resistenti ai parassiti, che necessitino di minori quantità di fitofarmaci... ma la realtà dei laboratori privati di Monsanto ci parla di SOIA ROUNDUP, modificata per resistere a elevate quantità di erbicida Roundup, prodotto chiaramente dalla stessa Monsanto, un vero e proprio monopolio non solo sul seme, ma anche sull'erbicida gemello insomma.

Nel mondo ogni giorno scompaiono circa 1000 specie animali e vegetali, soprattutto a causa dell'elevato tasso di deforestazione nei bacini pluviali, frutto degli accordi commerciali dettati da organismi come IMF , BW e WTO, (veri e propri strumenti per l'azione monopolistica delle società transnazionali) e contemporaneamente si moltiplicano i campi seminati con ogm, che producono rischi, non stimabili attualmente, circa l'inquinamento genico delle specie autoctone, e inoltre nessuno scienziato può stimare oggi quali saranno gli effetti di un'alimentazione transgenica sulla salute umana, tuttavia i sostenitori ci vogliono convincere che i benefici delle biotech sono ragionevolmente elevati per sopportare i rischi.

E' vero che nessuna nuova tecnologia è esente da rischi, ma in questo caso l'applicazione di queste "invenzioni naturali", la loro commercializzazione e brevettabilità mostrano benefici solo ed esclusivamente per i detentori dei brevetti, i rischi e le ripercussioni invece appaiono solo a carico delle persone e dell'ambiente.

E' l'umanità che deve a questo punto innescare un meccanismo di autodifesa per sé e per le generazioni future.

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