Seduti sul trono di Dio
VERSO UNA
POST-UMANITÀ
Andiamo
verso una post-umanità che, credendosi libera, sarà schiava delle Tenebre. E'
in atto una vera e propria mutazione antropologica: il cervello e il cuore
dell’uomo non funzionano più come una volta di Francesco Lamendola.
Abbiamo più volte osservato come sia in atto,
a causa di una serie di fattori, una vera e propria mutazione antropologica,
per cui si sta creando, fra le nuove e
le vecchie generazioni, un divario che è molto più grande e che è, soprattutto,
qualitativamente diverso da qualunque altro possa essersi mai prodotto nelle
epoche precedenti. Infatti, non solo è cambiato il modo di pensare e di
sentire, ma sono cambiati i meccanismi stessi del pensare e del sentire; il
cervello e il cuore dell’uomo non funzionano più come una volta: di conseguenza,
qualunque tipo di comunicazione è divenuto impossibile, perché non solo il
linguaggio, ma il retroterra del linguaggio – sensibilità, volontà, memoria,
intelligenza, cultura – ha assunto una struttura totalmente nuova, senza più
punti di contatto con quello che Stefan Zweig chiamava il mondo di
ieri.
Fra non molti anni, quando gli ultimi rappresentanti dell’umanità pre-moderna saranno
usciti di scena, si verificherà una situazione del tutto inedita: per la prima
volta nella storia, il progresso procederà nell’ignoranza totale della
tradizione, ed il nuovo verrà costruito senza più il minimo legame con il
vecchio. Non ci saranno più persone in grado di leggere e capire veramente,
non diciamo la Divina Commedia, ma neppure i Promessi Sposi,
anzi, neppure Il cavallo rosso di Eugenio Corti, o L’Albero degli
zoccoli del regista Ermanno Olmi: sarà come ripartire da zero, da una tabula
rasa. Le cose del passato, anche recente, appariranno remote e
incomprensibili, quanto oggi ci appaiono remote e incomprensibili le piramidi
maya sprofondate nella giungla, o i templi khmer o le piramidi d’Egitto.
Il tempo
si è appiattito, la sua profondità è scomparsa: già oggi, per molti ragazzi,
compresi molti studenti di liceo, non v’è differenza fra Risorgimento e Rinascimento
(e, infatti, spesso li confondono), oppure fra Bach e Beethoven, per il
semplice fatto che un evento passato da quattro o cinque secoli appare loro
remoto e incomprensibile quanto lo è uno che sia trascorso da 200 o 150
anni.
"Il sentimento sarà un lusso indesiderato"
Dal punto di vista psicologico, la
caratteristica saliente dell’uomo e della donna posto-moderni sarà la loro
quasi completa anaffettività (o sociopatia), o, quanto meno, il radicale
scollamento e l’irreparabile scissione tra la sfera dei bisogni fisiologici,
sesso compreso, e quella del sentimento.
Le persone capaci d’innamorarsi e di voler
bene a qualcuno non ci saranno più, o, se ci saranno, saranno una razza in via
di estinzione, oggetto di curiosità, se non di aperta derisione: al loro posto, verrà avanti una nuova generazione, molto
pragmatica e operativa, per la quale il sentimento sarà un lusso
indesiderato o una pietra d’inciampo, la quale cercherà la soddisfazione
pratica dei suoi bisogni e che troverà un qualche modus vivendi con gli
altri, sulla base del solo interesse. A forza di essere negletto, disprezzato e
giudicato scomodo e pericoloso, il
sentimento finirà per appassire e morire: le nuove generazioni non ne
avranno più bisogno, e rivolgeranno ogni loro attenzione e interesse al
soddisfacimento dei bisogni e alla messa a punto di una tecnologia sempre più
sofisticata, capace di offrire, magari in forma virtuale, qualsiasi tipo di
realtà, di esperienza, di situazione, compreso l’eventuale sfizio di provare
quel che prova un innamorato, indossando un apposito kit elettronico e
divertendosi un poco, come oggi fanno i bambini con un qualsiasi gioco
elettronico, ad esempio “pilotando” un’automobile da corsa sul circuito
d’Indianapolis.
Naturalmente, sarà una umanità priva di senso
etico, perché il sentimento è un ausilio fondamentale per lo sviluppo
del senso morale; la compassione, ad esempio, nasce dalla naturale simpatia
verso chi soffre, così come la giustizia si accende nel cuore di chi assiste ad
una ingiustizia, e vorrebbe rimediarvi. Infatti, se il sentimento si atrofizza
e muore, scompare anche il giudizio di valore, che è ciò che ci fa ritenere
buona una cosa, e cattiva un’altra; giusta un cosa, e un’altra sbagliata. Senza
il sentimento, le cose non sono più giuste o sbagliate, buone o cattive, ma
solo utili o dannose.
Ha osservato il sociologo tedesco Falko Blask
nel suo saggio Q come caos (titolo originale: Ich willsprass,
Munchen, Wilhelm Heyne Verlag, 1996; traduzione dal tedesco di Rita Recalcati e
Franco Forte, Milano, Marco Tropea Editore, 1997, pp. 10-12):
"Conoscono la differenza fra bene e male, e se ne
fregano".
Così, uno psichiatra perplesso, mentre
commenta il viaggio all'inferno di Mickey Mallory nel film carneficina di
Oliver Stone "Natural Born Killers", pronuncia il nuovo credo di
un'intera generazione. Il tempo di raggiungere l'acme e la Generazione X, con
la sua religione di rassegnata autocommiserazione, è rapidamente tramontata.
L'ostinato rimuginare su problemi all'apparenza più essenziali delle prosaiche
preoccupazioni che affliggono i tanto disprezzati conformisti ha fatto il suo
tempo. La solita crisi di senso di fine secolo oggi non suscita più le
tradizionali reazioni: protesta caparbia o incondizionato adeguamento. Insomma,
al di là del taumaturgico ottimismo high-tech e della restaurazione neohippie,
un numero sempre maggiore di giovani preferisce impegnarsi in un progetto di
vita che, quanto a radicalità, supera di gran lunga i tentativi poco convinti
di uno autogestione al passo con i temi della società del caos. Cavalcano il
fattore Q. Q, il semidio che vive nel "Continuum", l'universo
parallelo della serie "Star Trek", fa da padrino a questo nuovo
principio di piacere: un buffone cosmico, fantasioso ed egocentrico, che
rappresenta l'incarnazione ideale del mascalzone privo di scrupoli, ma
equanime, al di là del bene e del male.
Negli
anni Novanta non usa più tirare bilanci morali, ci si dedica piuttosto a
perfezionare il piacere egocentrico dell'avventura. Passata l'era dell'edonismo,
è arrivata quella dei sentimenti simulati. La lotta per la
sopravvivenza ha ormai travolto ogni argine morale e infuria senza più limiti
artificiosi. L'arbitrio assoluto e l'imprevedibilità sono i veri principi di
vita di quest'epoca. Nella società dello spettacolo cresce una serena indifferenza verso tutte le relazioni sociali, e
si affermano forze completamente nuove. Dopo la fuggevole apparizione di una
riciclata "lost generation", ora è il momento della rivolta dei
sociopatici, pronti a gettarsi con assurdo ottimismo nella mischia delle
relazioni interpersonali. Vivono fino in
fondo il culto dell'ego con una mentalità senza scrupoli: ovvero il fattore Q.
Sono scampati a tutte le regole sociali e si sono lasciati alle spalle gli
ultimi residui di morale.
Nel romanzo "Blue Belle", lo scrittore americano Andrew Vachss descrive con precisione il sociopatico: è uno che "segue solo i propri pensieri, procede per la sua strada. Avverte solo il proprio dolore. Siiii. Non è forse la via giusta per sopravvivere in questo letamaio? Aspetta il tuo momento, abbassa la visiera. Non lasciare che ti leggano nel cuore".
Questa indifferenza egocentrica, abbinata alla rinascita del concetto di "destino", dà luogo al più potente esplosivo sociale del nostro tempo. Anche sul destino il predicatore Stone ci fa da maestro: con quest'alibi fatalistico toglie a Mickey, il "Natural Born Killer", ogni responsabilità per i massacri commessi, restituendolo all'innocenza.
Di fronte alla TV, il fattore Q ci inorridisce con un mix di fascino e disgusto: serial killer diventano star dei media, pazzi sanguinari dal grilletto facile ed evasi imprendibili sono gli eroi delle nostre serate televisive, stupratori di bambini sono i protagonisti delle conversazioni quotidiane nelle redazioni e a tavola. Nella lotta con il vicinato, che a volte si trasforma in una guerra sanguinosa, persino il ligio cittadino tedesco, tutto "law and order", può sfogare nel privato le sue pulsioni sociopatiche. Ma hooligan, eviratrici, e pazzi che aprono il fuoco alla cieca nei ristoranti non sono altro che dei poveri dilettanti. Il loro divertimento si conclude inevitabilmente con la cella d'isolamento o con la camicia di forza. Sono le vittime del desiderio irrefrenabile di essere "Hero just for one day". I veri sociopatici, invece, mettono in scena azioni meno spettacolari. Vanno su di giri al semplice ed esaltante pensiero che ciascuno, nella propria vita, va in diretta ventiquattr'ore su ventiquattro.
Nel romanzo "Blue Belle", lo scrittore americano Andrew Vachss descrive con precisione il sociopatico: è uno che "segue solo i propri pensieri, procede per la sua strada. Avverte solo il proprio dolore. Siiii. Non è forse la via giusta per sopravvivere in questo letamaio? Aspetta il tuo momento, abbassa la visiera. Non lasciare che ti leggano nel cuore".
Questa indifferenza egocentrica, abbinata alla rinascita del concetto di "destino", dà luogo al più potente esplosivo sociale del nostro tempo. Anche sul destino il predicatore Stone ci fa da maestro: con quest'alibi fatalistico toglie a Mickey, il "Natural Born Killer", ogni responsabilità per i massacri commessi, restituendolo all'innocenza.
Di fronte alla TV, il fattore Q ci inorridisce con un mix di fascino e disgusto: serial killer diventano star dei media, pazzi sanguinari dal grilletto facile ed evasi imprendibili sono gli eroi delle nostre serate televisive, stupratori di bambini sono i protagonisti delle conversazioni quotidiane nelle redazioni e a tavola. Nella lotta con il vicinato, che a volte si trasforma in una guerra sanguinosa, persino il ligio cittadino tedesco, tutto "law and order", può sfogare nel privato le sue pulsioni sociopatiche. Ma hooligan, eviratrici, e pazzi che aprono il fuoco alla cieca nei ristoranti non sono altro che dei poveri dilettanti. Il loro divertimento si conclude inevitabilmente con la cella d'isolamento o con la camicia di forza. Sono le vittime del desiderio irrefrenabile di essere "Hero just for one day". I veri sociopatici, invece, mettono in scena azioni meno spettacolari. Vanno su di giri al semplice ed esaltante pensiero che ciascuno, nella propria vita, va in diretta ventiquattr'ore su ventiquattro.
I sociopatici portano alle estreme conseguenze
il principio di non dover mai chiedere il permesso a nessuno. Non chiedono più
nulla nemmeno a se stessi, e si dedicano totalmente al compito d'inventare
nuove regole del gioco là dove grava la routine, si concentrano sulla
possibilità di escogitare qualche sorpresa dove domina l'angoscia dell'eterna
ripetizione; in questo modo inscenano tutta la loro vita come un esperimento
sociale dall'esito incerto.
Questa nuova versione della "rinascita del male" non prevede il ricorso alla violenza insensata. I suoi eroi utilizzano una forma più vitale di assurdo. Il fattore Q innesca l'avventura quotidiana partendo da un misto d'indifferenza, arbitrio, e dalla fede giocosa ed egocentrica nella profezia di "Highlander": "Ne resterà soltanto uno".
Questa nuova versione della "rinascita del male" non prevede il ricorso alla violenza insensata. I suoi eroi utilizzano una forma più vitale di assurdo. Il fattore Q innesca l'avventura quotidiana partendo da un misto d'indifferenza, arbitrio, e dalla fede giocosa ed egocentrica nella profezia di "Highlander": "Ne resterà soltanto uno".
Quel che descrive Falko Blask è un fenomeno
sociologico; quel che noi stiamo cercando di dire, invece, è che, in una società ove i sociopatici
diventassero la regola, nessuno farebbe più una analisi di tipo psicopatologico,
a nessuno verrebbe in mente di lanciare un grido d’allarme, o di chiedersi
perché le cose fossero giunte a quel punto, per il semplice fatto che nessuno
coglierebbe più il lato oscuro e malato del carattere. I vecchi libri – e
non solo i romanzi, come Il rosso e il nero o Delitto e castigo, ma
anche i manuali di psicologia e psichiatria – verrebbero messi da parte, con
un’alzata di spalle, quali testimonianze di una umanità ancora avviluppata nei
lacci di un pensiero “magico” e di una scienza non ancora emancipata da
cose superate, come il senso di colpa e, più in generale, la morale
“eterodiretta”. Si tratterebbe di una umanità post-umana, priva di alcun legame col
passato, e quindi, in ultima analisi, di una nuova specie umana, la cui
caratteristica saliente sarebbe lo spiccato sviluppo della razionalità, ma a
totale detrimento dell’affettività e della morale.
Una simile “umanità” (le virgolette, a questo
punto, sono d’obbligo) sarebbe capace di qualsiasi cosa, compresa la
soppressione dei disabili o degli anziani, e praticherebbe la manipolazione
genetica nelle forme più estreme, fino alla creazione di specie ibride
semi-umane e semi-animali, dal momento che non conoscerebbe né la pietà, né l’
amicizia, né alcun senso del limite; ma possiederebbe, in compenso, una
attitudine imperiosa ad imboccare la strada più conveniente, a scegliere il
sentiero più comodo e facile, per risparmiarsi qualunque genere di problema, di
fastidio o, semplicemente, di limitazione. Inoltre, la mancanza totale di scrupoli
e il venir meno del timor di Dio, non essendoci più alcun Dio da temere, le
suggerirebbe una astuzia infernale per motivare e giustificare le procedure più
inumane e aberranti, più ripugnanti e crudeli; e c’è da credere che sia la
giurisprudenza, sia il soggetto della legge, ossia lo Stato, adotterebbero una
simile filosofia, depenalizzando una serie di pratiche omicide o manipolatorie
e lasciando al singolo individuo la libertà più completa di gestire la propria
vita, anche calpestando quella degli altri. Sarebbe una situazione da incubo,
quale nessuno scrittore del genere horror ha mai rappresentato in tutta
la sua crudezza e la sua assoluta, irredimibile desolazione morale.
C’è una cosa, infatti, che i signori progressisti, fautori del progresso sempre e comunque – ossia a qualunque prezzo e senza badare al vero progresso, che è sempre e solo quello spirituale e individuale, da essi del tutto ignorato – non tengono presente, allorché magnificano sino alle stelle le meraviglie del futuro, quando il progresso, appunto, ci avrà emancipati da tutta una serie di “schiavitù” e ci avrà gioiosamente proiettati verso le magnifiche sorti e progressive: che, per quanto una società possa apparire “nuova” e una umanità possa ripartire daccapo, esiste un avversario, il Diavolo, che non è mai nuovo, ma è sempre lo stesso, e sempre attento a spiare il momento in cui gli uomini, pazzi di superbia e d’orgoglio, si accingono a ribellarsi alle leggi divine e a glorificare se stessi, sedendosi sul trono di Dio e rivendicando per se stessi gli onori a Lui solo dovuti; un antico avversario che agisce con l’astuzia di sempre, servendosi della loro apparente astuzia, che è, invece, il cavallo di Troia del quale egli si serve per trasformarli in miseri burattini della sua battaglia contro Dio e conto l’uomo. Un uomo post-umano, come quello che abbiamo cercato di descrivere, e il cui avvento non è questione di fantascienza, ma è una realtà ormai imminente, e, per così dire, dietro l’angolo, sarà, infatti, il migliore (o peggiore) nemico di se stesso.
C’è una cosa, infatti, che i signori progressisti, fautori del progresso sempre e comunque – ossia a qualunque prezzo e senza badare al vero progresso, che è sempre e solo quello spirituale e individuale, da essi del tutto ignorato – non tengono presente, allorché magnificano sino alle stelle le meraviglie del futuro, quando il progresso, appunto, ci avrà emancipati da tutta una serie di “schiavitù” e ci avrà gioiosamente proiettati verso le magnifiche sorti e progressive: che, per quanto una società possa apparire “nuova” e una umanità possa ripartire daccapo, esiste un avversario, il Diavolo, che non è mai nuovo, ma è sempre lo stesso, e sempre attento a spiare il momento in cui gli uomini, pazzi di superbia e d’orgoglio, si accingono a ribellarsi alle leggi divine e a glorificare se stessi, sedendosi sul trono di Dio e rivendicando per se stessi gli onori a Lui solo dovuti; un antico avversario che agisce con l’astuzia di sempre, servendosi della loro apparente astuzia, che è, invece, il cavallo di Troia del quale egli si serve per trasformarli in miseri burattini della sua battaglia contro Dio e conto l’uomo. Un uomo post-umano, come quello che abbiamo cercato di descrivere, e il cui avvento non è questione di fantascienza, ma è una realtà ormai imminente, e, per così dire, dietro l’angolo, sarà, infatti, il migliore (o peggiore) nemico di se stesso.
Credendosi
del tutto libero, sarà del tutto schiavo del Nemico che, con pazienza, da sempre
insidia la creazione, mirando a sovvertire l’opera del Creatore; e, quel
che è peggio, non si renderà conto della sua abiezione, né della sua schiavitù,
ma esulterà di superbia ad ogni nuova tappa del suo cammino verso
l’autodistruzione, ad ogni ulteriore discesa sulla scala
dell’auto-degradazione. E non è questo lo scopo ultimo del Diavolo: contraffare
l’opera di Dio e mutare l’uomo nella scimmia di se stesso?
Francesco Lamendola è nato a Udine nel 1956. Laureato in Materie Letterarie e in Filosofia,
è abilitato in Lettere, in Filosofia e Storia, Filosofia e Pedagogia, Storia
dell’Arte, Psicologia Sociale. Insegna nell’Istituto Superiore “Marco
Casagrande” di Pieve di Soligo e ha pubblicato una decina di volumi tra saggi
storici, musicali, filosofici, di poesia e di narrativa, di cui ricordiamo
“Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C.”, “Il genocidio
dimenticato. La soluzione finale del problema herero nel sud-ovest africano”,
“Metafisica del Terzo Mondo”, “L’unità dell’Essere”, “La bambina dei sogni e
altri racconti”, “Voci di libertà dei popoli oppressi.” Fogli Sparsi (E-Book).
Collabora con numerose riviste scientifiche (tra cui “Il Polo” dell’Istituto
Geografico Polare e “L’Universo” dell’Ist. Geogr. Militare) e letterarie, su
cui ha pubblicato diverse centinaia di articoli e a siti internet “Arianna
Editrice”, “Edicola Web” ,”Libera Opinione” e “il Corriere delle Regioni”
Quaderni culturali: Giornale Web animato aggiornato sui suoi ultimi scritti.
Tiene conferenze per la Società “Dante Alighieri” di Treviso, per l’”Alliance
Française”, per l’Associazione Italiana di Cultura Classica, per l’Associazione
Eco-Filosofica, per l’Istituto per la Storia del Risorgimento, “Alfa e Omega”, “Il
pensiero mazziniano” e per varie Amministrazioni Comunali, oltre alla
presentazione di mostre di pittura e scultura.
Link Diretto alla fonte: http://www.ilcorrieredelleregioni.it/index.php?option=com_content&view=article&id=9874:andiamo-verso-una-post-umanita-che-credendosi-libera-sara-schiava-delle-tenebre&catid=131:mistero-a-trascendenza&Itemid=162
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