Quando l'anima compie un salto evolutivo cade la prigione delle vecchie cose ed abitudini
di Francesco Lamendola
Che cosa accade, dal punto di vista psicologico e umano, e
specialmente nelle relazioni interpersonali, quando l'anima compie uno di quei
rari e preziosi salti evolutivi, che le consentono di passare ad un livello
superiore di esistenza?
Abbiamo
detto «rari», perché non accade di frequente che un'anima riesca a compiere
un'impresa del genere: al contrario, ve ne sono che rimangono ferme per tutto
il proprio ciclo di vita; ed altre le quali, addirittura, regrediscono,
scendendo su un livello più basso.
Ma che cosa accade quando essa riesce a salire ad una dimensione superiore, innalzandosi al di sopra di se stessa e creandosi, per così dire, un nuovo cielo al di sopra del suo cielo, un nuovo orizzonte al di là del suo orizzonte, scorgendo cose che prima non vedeva, e udendo voci che prima non udiva, e assaporando profumi che prima non coglieva?
Ma che cosa accade quando essa riesce a salire ad una dimensione superiore, innalzandosi al di sopra di se stessa e creandosi, per così dire, un nuovo cielo al di sopra del suo cielo, un nuovo orizzonte al di là del suo orizzonte, scorgendo cose che prima non vedeva, e udendo voci che prima non udiva, e assaporando profumi che prima non coglieva?
Una immagine convenzionale ed ingenua del salto evolutivo
pretenderebbe che i suoi frutti immediati siano, insieme alla chiarificazione
interiore, anche un evidente miglioramento delle relazioni umane, un approfondimento
e un aumento di benessere rispetto ai sentimenti e alle emozioni, insomma un
generale progresso qualitativo. Invece non è affatto così, almeno in una prima
fase; e la
ragione dovrebbe essere facilmente intuibile.
Ciascuno di noi, anche l'individuo più isolato ed ombroso, vive in un mondo di relazioni: professionali, umane, affettive; tutta una rete che si è costruita attraverso il tempo, giorno dopo giorno, e che riflette il livello raggiunto complessivamente dalla nostra anima. Infatti, il tipo di relazioni che abbiamo costruito nel tempo - sia quelle pienamente volontarie, come possono esserlo quelle di amicizia, sia quelle che non dipendono da noi, almeno in apparenza (poi diremo perché), come quelle di lavoro - altro non sono che la testimonianza del livello spirituale sul quale la nostra anima ha saputo attestarsi.
Per fare un esempio banale, un'anima malvagia, indurita nel commettere il male, tenderà ad associarsi con individui del suo stesso genere, a frequentare quel certo tipo di ambienti, eccetera, secondo il vecchio adagio: «Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei». Infatti, se noi non sapessimo null'altro di una determinata persona, ma avessimo la possibilità di conoscere le persone con le quali ha costruito la propria rete di relazioni, e udissimo come esse parlano di lei (la moglie o il marito; i figli; i genitori; gli amici; i colleghi), saremmo nondimeno in grado di farci un'idea abbastanza precisa del livello spirituale che la contraddistingue.
Le
relazioni involontarie non fanno eccezione a questa regola, perché, se è vero
che non dipendono direttamente da noi (e questo vale non solo per i colleghi di
lavoro o per i vicini di casa, ma anche per i nostri parenti, compresi
quelli più stretti), è pur vero che il nostro orientamento spirituale
complessivo ci ha indirizzati verso un determinato ambiente, anziché un altro.
Per esempio, se abbiamo scelto di dedicare la nostra vita all'arte, ci troveremo a frequentare soprattutto degli artisti: ossia delle persone che, al di là delle ovvie differenze individuali, condividono con noi un certo sistema di valori e un certo orizzonte di senso; per cui la nostra vicinanza con essi non può considerarsi interamente frutto del caso. E perfino per quanto riguarda i nostri genitori, si dice che l'anima, prima di incarnarsi in un corpo, abbia fatto la sua scelta, e che, pertanto, l'identità nostri genitori non siano affatto il risultato di circostanze casuali, ma esprima pienamente le tendenze originarie e profonde del nostro essere.
Per esempio, se abbiamo scelto di dedicare la nostra vita all'arte, ci troveremo a frequentare soprattutto degli artisti: ossia delle persone che, al di là delle ovvie differenze individuali, condividono con noi un certo sistema di valori e un certo orizzonte di senso; per cui la nostra vicinanza con essi non può considerarsi interamente frutto del caso. E perfino per quanto riguarda i nostri genitori, si dice che l'anima, prima di incarnarsi in un corpo, abbia fatto la sua scelta, e che, pertanto, l'identità nostri genitori non siano affatto il risultato di circostanze casuali, ma esprima pienamente le tendenze originarie e profonde del nostro essere.
Dunque, dicevamo che sarebbe ingenuo e semplicistico immaginare che il primo effetto di un salto evolutivo, da parte dell'anima che lo ha effettuato, sia quello di un automatico miglioramento qualitativo delle relazioni interpersonali. Per certi aspetti, è vero l'esatto contrario: subentra una fase di distonia, di disagio, di difficoltà, che è proprio la conseguenza inevitabile, e insieme il segno tangibile, del salto compiuto.
Per
fare una similitudine, si potrebbe paragonare l'anima che ha realizzato il
salto evolutivo ad un marinaio il quale, unico fra i suoi compaesani, abbia
oltrepassato di molto i mari conosciuti; e, là dove gli altri si limitavano a
gettare le proprie reti in vicinanza della costa, egli abbia drizzato
audacemente la prua della sua nave verso l'oceano aperto, e abbia visto mari e
terre inesplorati, uomini e animali sconosciuti; e che sia tornato a casa, infine, arricchito di un tale bagaglio di nuove
esperienze, da non essere quasi creduto dagli altri.
Ebbene: la prima sensazione di quel marinaio, una volta gettata l'ancora in
porto e ripresa la vita di prima, sarà quella dell'angustia, del
restringimento, quasi del soffocamento. Proverà una ardente nostalgia
per quei mari lontani, per quegli orizzonti sconfinati; e, contemporaneamente, un senso di estraneità rispetto a
coloro i quali sono sempre rimasti al paese e che mettono ora in dubbio i suoi
racconti o mostrano insofferenza, gelosia, incomprensione per la sua avventura,
rimproverandogli, più o meno esplicitamente, di non essere più come tutti loro,
di non sapersi riadattare alla situazione ordinaria, all'antico sistema di
vita.
Sua moglie, al confronto delle donne affascinanti di quelle terre lontane, gli apparirà insignificante; ristretti gli orizzonti mentali dei vicini; banali e un po' ridicoli gli interessi e le aspirazioni dei vecchi amici d'un tempo. Tutti costoro, d'altro canto, non mancheranno di fargli pesare la sua difficoltà di rimettere i piedi a terra, di tornare ad essere uno di loro; scambieranno per superbia il suo nuovo atteggiamento, attribuiranno a presunzione il suo diverso modo di guardarli, di parlare con loro, perfino i suoi gesti quotidiani, nei quali ravviseranno un non so che di strano e incomprensibile, come se egli fosse diventato un alieno.
Sua moglie, al confronto delle donne affascinanti di quelle terre lontane, gli apparirà insignificante; ristretti gli orizzonti mentali dei vicini; banali e un po' ridicoli gli interessi e le aspirazioni dei vecchi amici d'un tempo. Tutti costoro, d'altro canto, non mancheranno di fargli pesare la sua difficoltà di rimettere i piedi a terra, di tornare ad essere uno di loro; scambieranno per superbia il suo nuovo atteggiamento, attribuiranno a presunzione il suo diverso modo di guardarli, di parlare con loro, perfino i suoi gesti quotidiani, nei quali ravviseranno un non so che di strano e incomprensibile, come se egli fosse diventato un alieno.
Nessuno
comprenderà la malinconia di quel marinaio, che si sente ancora negli orecchi
il rumoreggiare delle grandi onde oceaniche, e che avrà ancora nello sguardo un
riverbero di quei tramonti e di quelle albe incandescenti, laggiù, oltre
l'estremo orizzonte conosciuto; nessuno sarà disposto ad ammettere che, una
volta assaggiato quel nuovo cibo spirituale, egli non potrebbe mai più, se non tradendo se stesso, ritornare alle
prospettive anguste e ai grigi orizzonti della vita di prima, come se nulla
fosse stato.
Questa
similitudine, peraltro, può rendere solo molto imperfettamente la situazione,
psicologica ed esistenziale, che ci stiamo sforzando di descrivere.
Di fatto, l'anima che ha compiuto un salto evolutivo ha conquistato qualcosa di nuovo, che non è la semplice nostalgia, ma il possesso di una realtà superiore, ossia un bene concreto e operante, non certo uno sterile rimpianto di qualche cosa fugacemente intravista.
Secondo
il mito platonico della biga alata, l'anima riesce a intravedere qualche
squarcio fugace dell'Iperuranio, prima di ricadere sulla terra; ma il salto
evolutivo nei regni superiori dello spirito, è un'altra cosa.
Certo, le ricadute sono sempre possibili; ma, di norma, saranno cadute temporanee e parziali: perché l'anima che sia riuscita, anche solo per una volta, a portarsi al di sopra del livello ordinario di esistenza, ha conquistato un bene che non potrà più esserle tolto. Pertanto, tutti gli ostacoli e le difficoltà che essa dovrà ancora affrontare, nel corso della propria vita terrena, per quanto duri e difficili, non saranno più in grado di riportarla definitivamente giù, da dove si era innalzata.
Certo, le ricadute sono sempre possibili; ma, di norma, saranno cadute temporanee e parziali: perché l'anima che sia riuscita, anche solo per una volta, a portarsi al di sopra del livello ordinario di esistenza, ha conquistato un bene che non potrà più esserle tolto. Pertanto, tutti gli ostacoli e le difficoltà che essa dovrà ancora affrontare, nel corso della propria vita terrena, per quanto duri e difficili, non saranno più in grado di riportarla definitivamente giù, da dove si era innalzata.
Vedere
la luce per una volta, significa conservarne la divina scintilla per sempre.
Questa
considerazione ci aiuta a comprendere in che modo l'anima, spiritualmente progredita,
riuscirà ad affrontare e a superare il disagio per lo sfasamento
venutosi a creare rispetto ai propri compagni di viaggio - parenti, amici,
colleghi di lavoro - i quali, invece, sono rimasti fermi sul livello ordinario
di esistenza.
L'anima
spiritualmente evoluta - e non importa se si trova ancora ad un livello
relativamente basso delle dimensioni superiori: perché entrare nelle regioni
superiori, vuol già dire innalzarsi di molto sul livello ordinario - non solo
riesce a percepire la realtà con un'ampiezza e una profondità infinitamente
maggiori; non solo riesce a vedere, o almeno a intuire, la connessione profonda
che lega tra loro tutte le cose - quelle vicine e quelle lontane, quelle
materiali e quelle spirituali, quelle visibili e quelle invisibili -; ma trova
in sé anche gli strumenti per gestire questo potenziamento delle proprie facoltà e per venire incontro alle anime
che, invece, non hanno compiuto il medesimo superamento di se stesse.
La legge numero uno del salto evolutivo, infatti, è proprio questa:
comprendere che, per trovare ogni cosa, bisogna essere prima disposti a
rinunciare a tutto; ovvero, in altre parole, che solo l'acquisizione della pratica del
non attaccamento porta i frutti della liberazione.
Ora, un'anima evoluta è un'anima non più legata alla catena dolorosa dell'attaccamento: non desidera più ciecamente; non ama in maniera egoistica; non odia nessuno; non invidia nessuno, se non chi le è spiritualmente superiore.
Di
conseguenza, se è vero che la prima sensazione dell'anima che abbia compiuto il
salto evolutivo, nei confronti delle vecchie cose e abitudini, è quella di
sentirsi chiusa in una prigione, legata a persone e a situazioni che non
riguardano più la sua essenza profonda, nondimeno, in una seconda fase, il suo
stesso perfezionamento le suggerirà modi e strumenti per ricucire, nei limiti
del possibile, lo «strappo» venutosi a creare con gli altri.
Anche in questo caso, possiamo tentare di illustrare la situazione per mezzo di una similitudine.
Nel livello di esistenza ordinario, esistono le simpatie e le antipatie, le amicizie e le inimicizie, gli amori e gli odi, le ambizioni e le repulsioni; di conseguenza, gli esseri umani si relazionano con se stessi e fra di loro (oltre che con gli altri viventi, e perfino con le proprie divinità) sulla base di tali sentimenti primari e di tali motivazioni psicologiche.
Anche in questo caso, possiamo tentare di illustrare la situazione per mezzo di una similitudine.
Nel livello di esistenza ordinario, esistono le simpatie e le antipatie, le amicizie e le inimicizie, gli amori e gli odi, le ambizioni e le repulsioni; di conseguenza, gli esseri umani si relazionano con se stessi e fra di loro (oltre che con gli altri viventi, e perfino con le proprie divinità) sulla base di tali sentimenti primari e di tali motivazioni psicologiche.
Nei livelli di esistenza
superiori, l'anima
non conosce più queste polarità e queste tensioni e contraddizioni: non vuole più null'altro che quello che
vuole la grande legge universale, ossia un amore pieno, incondizionato e
disinteressato, una benevolenza, una compassione, che si estendono a tutti,
in ogni direzione. Di conseguenza, una persona che abbia realizzato il salto
evolutivo non amerà più in maniera egoistica e non odierà più nessuno; non
proverà invidia, malevolenza, rabbia e frustrazione; non avrà più desideri
illimitati, brame insaziabili, paure incontrollate: avrà raggiunto, in una
certa misura, l'armonia con il Tutto.
Ebbene,
mettiamoci ora dal punto di vista di quanti sono in relazione con quella
persona, ma che non hanno compiuto, a loro volta, il superamento di se stesse;
e che, pertanto, sono rimaste ferme allo stato di esistenza ordinario.
Prendiamo il caso di una moglie gelosa, di un amico superficiale, di un collega
invidioso: ciascuna di queste tre figure si è definita, nel corso del tempo, in
seguito ad una interazione con l'individuo di cui abbiamo detto.
Ciascuna
di esse, pertanto, conserverà i medesimi atteggiamenti di prima, anche nei suoi
confronti; ma sarà lui ad essere profondamente cambiato, al punto che sarebbe
più esatto dire che ciò che gli altri vedono di lui, non è la sua realtà attuale, ma la sua
realtà passata: pertanto, essi credono di interagire con qualcosa di
reale, mentre ciò che hanno davanti è un'immagine illusoria, un autentico
fantasma.
Che
cosa succederà a quel punto? La moglie gelosa non capirà che la gelosia, come è
intesa al livello ordinario dell'esistenza, non ha più ragione di essere;
l'amico superficiale non si renderà conto che i suoi pensieri, parole ed
azioni, non toccano più il vecchio compagno del tempo libero; e il collega
invidioso continuerà a insinuare, calunniare, tramare contro di lui, ma si
troverà fra le mani delle armi spuntate, perché nulla di quanto egli potrà dire
o fare, per quanto malevolo, riuscirà a penetrare in profondità.
Non vogliamo dire, con questo, che
l'anima spiritualmente evoluta sia quella di un superuomo, che nulla e nessuno
siano più in grado di turbare. Davanti alla morte di Lazzaro, un suo caro
amico, perfino Gesù Cristo scoppiò a piangere.
Ciò significa che l'anima evoluta sente anch'essa, e con forza, le passioni; ma è anche certo che possiede gli strumenti per elaborarle in maniera diversa e per trionfare degli aspetti distruttivi di esse, a cominciare dal dolore.
Ecco, allora, che la prigione comincerà ad illuminarsi; le pareti, a
sciogliersi; le catene cadranno a terra, infrante. L'anima evoluta è avviata
sul sentiero della liberazione, e non vi sono tenebre in esso, anche se il
terreno può essere cosparso di rovi spinosi.
Ma l'anima evoluta non avrà paura di graffiarsi: procederà fiduciosa per la sua strada, guardando sempre avanti.
Ma l'anima evoluta non avrà paura di graffiarsi: procederà fiduciosa per la sua strada, guardando sempre avanti.
Per l'anima evoluta, non vi sono più catene né prigioni, ma liberi
orizzonti sconfinati e un grande, ineffabile senso di pace e di armonia con
tutte le cose.
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