sabato 7 gennaio 2017

Il metodo Juncker applicato ai vaccini (1 puntata)

Il metodo Juncker applicato ai vaccini (1 puntata)

“Prendiamo una decisione, poi la mettiamo sul tavolo e aspettiamo un po’ per vedere che succede. Se questa [carognata] non provoca proteste né rivolte, perché la maggior parte della gente non capisce niente di cosa è stato deciso, andiamo avanti passo dopo passo fino al punto di non ritorno“. (Juncker). Leggete qui l’intervista al presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, che teorizza il suo metodo politico.
Cosa c’entra il metodo Juncker con le vaccinazioni?
Vediamolo.

I vaccini per i bambini.
Notizie ricorrenti (ormai da anni) ci raccontano che è “di moda” non vaccinare più i bambini. E che le istituzioni sanitarie fanno il possibile per riportare sulla retta via migliaia di genitori scriteriati (descritti anche come “salutisti-vegani” in senso dispregiativo). A cadenza regolare, diversi professori o figure di spicco del mondo sanitario – come il ministro Lorenzin o il presidente dell’Istituto superiore di Sanità, Walter Ricciardi – invitano la popolazione a correre ai ripari “per tutelare l’immunità di gregge”, pena la diffusione di “gravissime malattie”. Infine, il trito e bugiardo ritornello dogmatico: “I vaccini sono sicurissimi, non hanno fatto mai male a nessuno”.

Peccato che i numeri smentiscano. In tutta Italia il 93% dei bambini è “coperto” dalle 4 vaccinazioni obbligatorie (antipoliomielite, antitetatica, antidifterica e antiepatite B) comprese l’anti-Haemophilus e la pertosse, i due vaccini incorporati nel quadrivalente perché così conviene (a chi produce, of course). Cliccate qui.
E peccato che non si sia mai dimostrato che con il 93% di copertura si rischino epidemie! In Austria, da decenni, è vaccinato soltanto l’80% dei bambini e non si sono verificati più focolai e contagi che da noi.
E allora di cosa stiamo parlando?

La grancassa – molto mediatica e poco scientifica – fa da apripista al metodo Juncker applicato ai vaccini: con la presunta immunità di gregge (mai verificata e, visti gli spostamenti globali, impossibile da raggiungere ma che poi non riguarda malattie come il tetano e l’epatite virale B) si costringono tutte le famiglie alla protezione preventiva (!), altrimenti niente nido e niente materna.
Tanto nessuno protesta…

Poi, un domani, niente scout, niente corso di nuoto, niente gelateria, niente scuola dell’obbligo. E intanto, visto che nessuno dice niente, si radica la procedura “nazi”. Ti discrimino (come è stato fatto con i neri, con gli ebrei, con gli omosessuali, con i disabili, con le donne) negandoti l’istruzione e mettendoti all’indice.

Purtroppo sono sempre di più i genitori soggiogati, vittime del terrorismo da malattie e della conseguente politica discriminatoria. Leggiamo sulla pagina Facebook di Mamma informata, a firma Massimo: “… sì, perchè se poi mio figlio contrae qualche malattia da qualcuno, ti vengo a fare i vaccini ad aria compressa nelle vene” (!!!). E viene da chiedere a Massimo la ragione di tanto rancore visto che avrà vaccinato suo figlio…

Così: si fa credere che le “malattie” (generico è meglio) si diffondano per colpa dello sparuto 7% di non vaccinati senza dare nessuna prova di questa affermazione. Fino ad avvalorare il paradosso che se un vaccinato si ammala non è colpa del vaccino che non ha funzionato ma dell’immunità di gregge che fa acqua.

I nostri governanti tanto illuminati stanno calpestando i diritti costituzionali all’uguaglianza oltre a quelli sulla libertà di cura e sull’istruzione per tutti;
hanno zittito il dibattito scientifico sulle vaccinazioni: alle trasmissioni televisive partecipano solo i professori che parlano inconfutabilmente bene dei vaccini; i medici critici non sono mai invitati per dare l’illusione che non esistano. Ai confronti con i professoroni sono ammessi talvolta cantanti e attori, in nome dello show, per mostrare al pubblico che “chi è contro i vaccini non è medico e non ha competenza per parlare”.

Possibile che per crescere bene servano 40 dosi (di 12 vaccini) entro i sei anni e 53 dosi (di 14 vaccini) entro i 18? Possibile che ogni nuovo vaccino venga comprato col denaro pubblico e promosso? Possibile che si venga obbligati a trattamenti sanitari in assenza di epidemie?

“Sui vaccini non esistono opinioni – ci viene detto – e se te ne fai una diversa dalla mia, la tua è sicuramente sbagliata”.
E ora si stanno inventando i trattamenti sanitari obbligatori “preventivi” di una serie di malattie che non sono più nemmeno in circolazione, pena l’ammissione a scuola.

La protesta dei genitori
Ecco la prima sollevazione trasversale.

Promossa dai genitori dei comuni che l’anno prossimo verranno colpiti dal dicktat “no vaccino, no scuola”: abitano in Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Toscana, Umbria. Sono tutti in rete. Fra di loro non vi è solo il 7% che ha scelto di non vaccinare i propri figli (a proposito, qualcuno si è chiesto quali siano le ragioni di una scelta così radicale? Se in queste famiglie vi sia un fratello più grande o un cuginetto che ha subito un danno importante post vaccinazione?) ma vi sono anche famiglie che hanno scelto “alcune vaccinazioni sì e altre no. Come la nostra Costituzione permette” e che sono seriamente preoccupate dai “provvedimenti lesivi delle libertà personali”.
Vi propongo la lettera che i cittadini di Perugia hanno mandato al loro sindaco. Il quale, contraddicendo una recente delibera regionale, si è espresso a favore dell’obbligo vaccinale. Leggete qui.
“La vaccinazione in quanto atto sanitario deve essere preceduta da accettazione volontaria” si legge nella delibera approvata in gennaio alla Regione Umbria. E ora, per il primo cittadino di Perugia, è tutto ribaltato.

Cosa è successo, in pochi mesi? Quale epidemia “a giustificare il superamento del limite imposto dal rispetto della persona umana”? si domandano i cittadini. E ancora: “Da cosa nasce la decisione di obbligare e non informare?” I perugini chiedono un confronto aperto con gli amministratori: “Chi si prenderebbe la responsabilità se, sciaguratamente, dovesse capitare un danno vaccinale?” E “come mai i nostri figli sono considerati veicoli di malattia solo all’asilo e non al cinema o nelle sale giochi? E come mai i bimbi piccoli sono obbligati a un trattamento sanitario e le maestre dell’asilo e i cuochi e gli scodellatori, no?”.
Da cosa nasce la decisione di obbligare e non informare?
Quali epidemie? 

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