COME USCIRE DALLA CRISI: Teoria economica del Dott. Paolo Tanga
Di seguito riporto l'articolo in esclusiva
per FAHRENHEIT 912 del Dott. Paolo Tanga e la sua
premessa alla "Teoria economica sulla condivisione del valore dei
beni" che potrete scaricare direttamente sul vostro dispositivo
come file pdf.
Laureato in Economia e Commercio
con 110 e lode, dopo varie esperienze nell'Amministrazione dello Stato, ha
ricoperto per anni il ruolo di Direttore Principale di Succursale della Banca
d'Italia. Oggi in pensione da circa 4 anni.
Cavaliere al Merito della
Repubblica Italiana, Commendatore con Placca dell'Ordine Equestre del Santo
Sepolcro
Articolo di Paolo Tanga
Perchè questo articolo? perché
quello che ci viene detto non ci convince, perché ci dicono che siamo in crisi,
che le imprese non assumono e non c'è lavoro in quanto l'Italia è indietro con
le riforme; perché le imprese devono crescere e diventare competitive; perché
la soluzione dei nostri politici è fare tutto quello che ci dice la Commissione
Europea.
Ma noi che facciamo? Litighiamo
per dire che la colpa è della Germania o, invece, della Merkel e quant'altro
senza soffermarci nell'individuare le cause di questa crisi e incidere su
queste.
Qualcuno chiede l'efficientismo .
. .; facendo un esempio, nella ristorazione, forse ci sono troppe persone che
vi lavorano; un nuovo ristorante senza cuoco né camerieri, con mini tavolini
unipersonali consentirebbe di accelerare il tempo per la consumazione di un
pasto, a costi supereconomici, grazie all'utilizzo di macchine per sfornare
pasti completi al ritmo di 1 ogni dieci secondi, 6 al minuto, dalle 12 alle 14
più la sera, dalle 19 alle 22 – in cinque ore – ho un totale giornaliero di
1800 pasti che venduti a 4 euro l'uno, con un guadagno di 1 euro, in trenta
giorni mi fanno realizzare 54.000 euro di utili. Infatti con la nuova
apparecchiatura mi basta una persona che aggiunga alla stessa gli ingredienti
che si consumano. Ho una struttura grande, efficiente e competitiva! Ho fatto
chiudere tutti i ristoratori della mia zona mandandoli sul lastrico, ho fatto
licenziare tanti lavoratori dipendenti; posso essere ricco . . . ovviamente da
solo.
Ma se non vengono 1800 avventori
al giorno? Se non vengono 1800 persone a mangiare? E in ogni caso ho così
risolto i problemi dell'Italia?
Evidentemente no! Il problema non
è la crescita, non è l'efficienza, non è la competitività: se un imprenditore
produce e non trova chi acquista i suoi prodotti si deve fermare. Il problema
non è produrre di più, ma è che non ci sono abbastanza soldi per comprare
quello che viene prodotto. Se così è, gli imprenditori sono poveri e instaurare
una guerra tra poveri distrugge gli uni a favore degli altri, ma non si risolve
il vero problema: la mancanza dei soldi!
Alcune domande …. perché non
abbiamo i soldi? …. perché il nostro reddito è diminuito?
La risposta è semplice …. perché
entrando nell'euro, l'Italia ha rinunciato ad emettere la propria moneta.
Quindi, quando lo Stato ha bisogno di moneta deve chiederla in prestito, ma non
all'Istituto al quale ha delegato l'emissione, cioè alla BCE (Banca Centrale
Europea), bensì a una delle banche private, che sono le sole facoltizzate ad
indebitarsi con la BCE. Questa, oggi presta i soldi allo 0,05%, cioè per
1.000.000.000 di euro percepisce in un anno 500.000 euro di interessi; ma nello
stesso tempo la banca privata presta questi soldi al 2,50%, cioè in un anno gli
interessi percepiti sono pari a 25.000.000 euro, ben 24.500.000 euro in più per
una partita di giro, senza far nulla; in pratica 24.500.000 euro per ogni
miliardo di euro intermediati.
Quindi nell'esempio fatto, per
restituire il prestito, lo Stato dovrà chiedere ai propri cittadini, alla fine
dell'anno, 1.025.000.000 di euro di imposte in più: se la spesa pubblica non è
avvenuta per fare un investimento produttivo e la proprietà della banca privata
è estera, la ricchezza della Nazione si riduce e avremo meno soldi per
comprare: la spirale negativa continua ad impoverirci, per inciso è recente la
notizia che le banche americane, per i clienti che hanno conti creditori
espressi in euro, applicano un tasso di interesse negativo a motivo del fatto
che la BCE applica un tasso negativo dello 0,20% agli istituti di credito che
depositano presso di lei somme in euro). Capite le conseguenze negative?.
Prima dell'euro non era così: le
banche italiane erano pubbliche,
cioè i loro utili aumentavano la
ricchezza dello Stato, che poteva emettere moneta facendosi finanziare dalla
Banca d'Italia, oppure, in presenza di alta inflazione, emetteva titoli
pubblici con cedola tale da far recuperare parte dell'inflazione. I
risparmiatori italiani si sono sempre ritenuti soddisfatti, in quanto lo Stato
non aveva mai avuto problemi a reperire capitali sul mercato interno. C'era,
poi, anche la valvola di sicurezza che i titoli eventualmente rimasti invenduti
sarebbero stati acquistati dalla stessa Banca d'Italia. La crescita del valore
nominale del debito pubblico non spaventava nessuno perché in termini reali si
riduceva. Il risparmio svolgeva la sua funzione benefica perché i
risparmiatori, tra il risparmio già accumulato, gli interessi e i nuovi
risparmi, accrescevano in termini reali la loro ricchezza; il governo, con la
crescita della spesa pubblica alimentava un circolo virtuoso non solo di spesa
corrente, ma anche di spesa di investimento: pagamento di stipendi e di opere
pubbliche come ospedali, strade, ferrovie. Ora, invece, si è arrivati a dire
che tutto deve essere privato, ed ai privati lo Stato ha venduto quasi tutto.
Ma i privati non devono pensare al
benessere dei propri concittadini, devono pensare solo a
rendere efficienti e remunerative le loro imprese e per farlo, approfittando
pure degli incentivi all'uopo stanziati da questa Europa dell'euro, hanno
delocalizzato la produzione e perciò in Italia sono sempre meno i posti di
lavoro, occorre abbassare i salari per essere competitivi e quindi il reddito
disponibile non solo è minore per la maggiore imposizione fiscale, ma anche
perché il settore privato segue quello che l'Europa gli indica.
Tornando alla BCE e all'euro, un
altro aspetto dilaniante è la crescita abnorme delle masse monetarie e
speculative attraverso operazioni definite “derivate” o “di copertura” per
abbellirne il termine, oppure con i “subprime”. In Italia erano proibite; poi
sono state rese in tutta fretta regolari; le conseguenze sono ufficiali per
Montepaschi e Carigenova.
Devo dire fortunatamente a fine
2006 la crisi dei subprime scoppiò. di essa ne troviamo traccia
sulla stampa italiana solo nel marzo 2007. Le conseguenze per le banche
italiane non sono state disastrose, grazie alla lungimiranza di chi aveva
guidato la Banca d'Italia fino ad allora. Una cosa mi pare abbastanza chiara:
Paolo Baffi, Governatore della BI dal 1975 che affermava pubblicamente, anche
nei suoi libri, che l'inflazione non era un problema, fu incriminato nel 1979 e
costretto alle dimissioni; suo successore fu Carlo Azeglio Ciampi, che nel 1981
firmò il divorzio tra Tesoro e BI.
Una volta nell'euro, lo Stato non
ha fatto altro che distruggere la ricchezza che aveva. In
che modo?
Il processo che ha seguito è
questo: Dapprima non ha aumentato le imposte, eppure sarebbe stato necessario,
invece per aumentare le entrate ha privatizzato di tutto e quel poco che aveva
incassato dalla svendita non è stato nemmeno investito oculatamente. Il
crescente deficit pubblico ha imposto una politica di stabilità monetaria che
ha arricchito la grande finanza, nel frattempo divenuta privata e sempre più in
mano straniera: perciò deflusso di ricchezza e impoverimento della nazione.
A fronte di questo processo, i
primi provvedimenti hanno instradato l'Italia verso una politica pseudo
virtuosa: un abbassamento progressivo della spesa pubblica, accompagnata però
dalla crescita del debito per interessi e un innalzamento della pressione
fiscale che, però, era neutralizzato dal venir meno degli utili di gestione
dell'ingente patrimonio pubblico privatizzato. I vincoli di austerità imposti
dal modo in cui è stato costruito l'euro non sono mai stati contrastati, ma
accompagnati da una significativa politica recessiva che ha ulteriormente
indebolito le possibilità di sopravvivenza delle imprese italiane.
Lo Stato, la Repubblica, il
Governo hanno rinunciato a svolgere il proprio ruolo. Qual è questo
ruolo? Soprattutto quello più importante di entrare nel contesto
sociale per prendersi cura del funzionamento corretto delle relazioni fra i
cittadini, preoccupandosi specialmente di coloro che si trovano in condizioni
di indigenza e quindi di prestare servizi come la sanità pubblica a favore di
tutti perché venga assicurata l'eccellenza anche a coloro che non potrebbero
accedervi; assicurare l'ordine pubblico anche a coloro che non possono pagarsi
le guardie del corpo; pagare medici del pronto soccorso perché in caso di
urgenza ogni cittadino sappia a chi rivolgersi; gestire le scuole perché chi
non ha i mezzi per istruirsi possa farlo senza chiedere prestiti privati,
ammesso che possa accedervi. Questo caratterizza una Repubblica, questa è la
Repubblica.
Voglio fare un paragone: una
banca finanzia un imprenditore che vuole costruire uno stabilimento su un
terreno di proprietà e si accorge che subito dopo l'erogazione il finanziato
vende tutto il suo patrimonio, compreso il terreno dove doveva costruire lo
stabilimento; cosa dovrà fare la banca? Se ne dovrà stare tranquilla? Questo
modo di agire dell'imprenditore non sarà illecito?
Ebbene, la Repubblica Italiana
deve assicurare i servizi che la caratterizzano come Repubblica; ma essa va a
cedere, senza corrispettivo, la possibilità di emettere la moneta per
finanziare quelle attività: non si è spogliata di una possibilità operativa,
anzi della possibilità operativa; e se non fa più quello che deve fare, quella
cessione non sarà illecita?
ABBIAMO INDIVIDUATO LA CAUSA PRIMA
DELLA CRISI: L'EURO, CHE E' ACCOMPAGNATA DALLA CRESCITA ESPONENZIALE DELLA
FINANZA.
Ma cosa succede se usciamo
dall'euro? Uscirne semplicemente senza approntare un progetto, un
piano, sarebbe da suicidi: la finanza internazionale, con le sue possibilità
economiche ha accaparrato tutto quello che poteva, le sue forze ci farebbero
precipitare nella peggiore inflazione, faremmo il suo gioco.
Ma c'è un'opposizione crescente .
. ., alla quale bisogna aggregare gli sfiduciati, cioè il 50% degli elettori
che rifiutano di andare alle urne. I tempi sono maturi per farlo, ma occorre un
progetto completamente nuovo.
QUELLO CHE PROPONGO E LA TEORIA
DELLA CONDIVISIONE DEL VALORE DEI BENI
I presupposti di questa teoria
economica sono:
1. uscire
dall'euro e dimagrire la finanza;
2. tener
conto che uno Stato non ha solo il conto economico, ma anche uno stato
patrimoniale. Invece questa Europa è stata costruita per distruggere il
patrimonio dello Stato imponendone la cessione;
3. la
sovranità monetaria deve essere ricondotta in capo ai cittadini e non in capo
allo Stato;
4. l'emissione
della nuova moneta per conto dei cittadini, sarà curata dallo Stato, che dovrà
curare anche la concessione di prestiti a quei cittadini che li chiedono per
piani di investimento produttivo.
Questa teoria coinvolge tutti,
senza mettere gli uni contro gli altri. Non c'è lotta tra generazioni, tra
dipendenti e datori di lavoro, tra occupati e non occupati, tra pensionati al
minimo e pensionati d'oro, tra ricchi e poveri: ognuno collabora con gli altri.
Applicare la teoria della
condivisione del valore dei beni significa, in pratica, che ciascuno di noi
possiede beni: beni immobili, beni mobili registrati e non registrati,
preziosi, macchinari di valore, fermiamoci qui.
Questi beni valgono qualcosa. La
ricchezza delle famiglie italiane, stimata dalla Banca d'Italia a fine 2009, era
pari a 9.448 miliardi di euro, al netto dei mutui in essere sulla stessa (cfr.
il Supplemento al Bollettino Statistico del dicembre 2010).
Diciamo allora che i cittadini
posseggono 9.448 miliardi di euro di patrimonio e decidono di porlo a garanzia
dell'emissione del nuovo metro monetario. E' un capitale immenso che toglie
dalla circolazione l'euro; se viene prestato al 5% consente introiti annuali
per 472,2 miliardi di euro, importo superiore alle entrate tributarie previste
nel 2014 e nel 2015, anche se inferiori di 2 miliardi a quelle preventivate per
il 2016. Quindi questa nuova moneta dei cittadini consente di abolire tutte le
imposte.
Questo cosa significa? Che se ho
l'idea di avviare o ingrandire un'impresa e non ho i capitali, non ho
difficoltà a procurarmeli, mi costano il 5% e, siccome non dovrò pagare imposte
sarò veramente competitivo. Per essere competitivi gli imprenditori stranieri
dovranno trasferire le loro attività produttive in Italia, dove verrebbero a
trovarsi in posizioni di vantaggio rispetto al Paese d'origine, apportando però
in Italia nuovi posti di lavoro.
Conoscete il caso Depardieu?
Quanti Depardieu verrebbero in Italia a chiedere la cittadinanza?
Esisterebbe un problema di
inflazione? Dico di no, esisterebbe un problema contrario, ma per evitare la
deflazione lo Stato dovrebbe diventare datore di lavoro per il miglioramento e
l'eccellenza dei servizi pubblici essenziali per tutti: scuola, sanità, ordine
pubblico. Si potrebbe permettere di spendere per l'abbellimento delle città,
avviare a produzione le terre incolte, ecc.
Verrebbero
meno tanti lavori, che però non producono ricchezza, mi riferisco ad esempio ai
consulenti tributari; questi incorporano costi in meno per le imprese; ma
soprattutto verrebbero meno le preoccupazioni: ho fatto bene la dichiarazione
dei redditi? Ho detratto quello che dovevo detrarre? Eliminare le imposte non
solo rende l'Italia competitiva, ma aumenta il benessere di tutti e non ci
dovremmo più preoccupare del problema dell'evasione fiscale; le occasioni di
lavoro si moltiplicherebbero eliminando totalmente la disoccupazione e coloro
che fanno lavori che non producono beni sarebbero impegnati ad accrescere la
ricchezza. Crescendo la ricchezza aumenterebbero i beni a garanzia della moneta
ed eliminando la disoccupazione non avremmo più la delinquenza indotta da
povertà.
Articolo di Paolo Tanga © 15 Novembre 2014
Articolo di Paolo Tanga © 15 Novembre 2014
Potete ascoltare le teoria del Dott Paolo Tanga direttamente da lui esposta al Convegno di Montegranaro il 09/11/2014,
Convegno su sovranità monetaria (VERA).
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