Provate a immaginare come sarete fra 150 o 200 anni.
Lo so, è una domanda che non vi
viene posta di frequente; tuttavia è una domanda d’importanza capitale. Se vi
riesce, scartate immediatamente ogni scontata risposta da “terricolo”
medio-cre, il quale con un sorriso ebete sulla faccia solitamente replica:
“Beh... diavolo... che domanda... sarò un metro sottoterra. Decisamente non
bello da vedere.”
E disponetevi all’ascolto
interiore.
Cosa sarà rimasto di voi?
Davvero finirà tutto in un pugno di polvere? Allora perché arrabattarsi tanto
nel corso di questi anni? Se trovate ancora la forza di lottare nella materia è
perché in fondo, dentro di voi, lo sapete che non finisce tutto qui... e che
fra 150 anni ci sarete ancora... eccome.
Finalmente, fra 150 anni sarete
in grado di capire cosa aveva davvero importanza e cosa no, oggi, nel 2014.
Forse il valore dello stipendio mensile, dell’automobile e del cellulare
verranno ridimensionati. Forse vi sentirete a disagio per aver provato tutti
quei dubbi, quelle paure, quelle ansie, quei tentennamenti... Forse capirete
che non valeva la pena litigare, arrabbiarsi, starci male per mesi, non perdonare
solo per orgoglio...
Una (geniale) ricerca di qualche
anno fa condotta fra i reparti di alcuni ospedali che ospitano i malati
terminali, ha fatto emergere che il maggior rimpianto di queste persone prima
di andarsene è quello di NON AVER OSATO ABBASTANZA... di essere rimaste
condizionate per anni da stupide paure, dal terrore di quello che avrebbero
detto gli amici, i vicini, i parenti o lo stesso partner... se avessero osato
di più.
Persone che erano vissute con un
compagno che non amavano solo per paura di cosa avrebbe causato fra i parenti
la notizia della separazione. Persone che rimpiangevano di non aver fatto mai
quella dichiarazione d’amore quando erano giovani. Persone che rimpiangevano di
aver dedicato troppo tempo al lavoro perdendosi tutto il resto (i figli in
primo luogo).
In pratica, prima di morire,
tutto assume una prospettiva diversa, tutto ciò che consideravamo importante o
addirittura indispensabile per la nostra felicità, viene automaticamente
ridimensionato. Il fatto di non aver più paura di rimanere senza lavoro e senza
soldi o di non dover più difendere una reputazione agli occhi di parenti e
amici, cambia la gerarchia dei nostri valori. Interessante.
Quanto condiziona le vostre
azioni la paura di avere qualcosa da perdere andando controcorrente? Ma cosa
avete davvero da perdere? State rinunciando a un nuovo amore, a una nuova
avventura lavorativa, a inseguire un vostro sogno artistico... perché credete
di avere ancora qualcosa da perdere. Perché avete paura di restare senza soldi,
senza famiglia, senza amici. Avete paura che gli altri parlino male di voi.
Bene, sappiate che sul letto di morte ve ne pentirete!
Adesso immaginate che siano
trascorsi 150 anni. Non avete più uno stipendio, un partner, dei figli, una casa,
un’automobile... nulla, nemmeno un corpo. Avete perso tutto. Era inevitabile. E
lo sapete bene fin da ora che andrà a finire così. Tutto ciò che adesso, dopo
150 anni, vi rimane, è la gioia per aver vissuto una vita piena, di averci
provato, di aver lottato con il Cuore ed esservi sentiti eroi, oppure il
rimpianto per non aver osato... quella volta.
La paura che la vostra
reputazione – che rappresenta la debolezza del vostro ego – possa venire
intaccata, vi costringe a una miseria dello spirito.
Vi dico tutto questo perché
negli anni a venire sempre di più serviranno eroi, monaci-guerrieri e
guerriere. Non si cambia il mondo chiedendo il permesso. Si tratterà di
“mantenere la posizione”, pur se circondati dal caos. Ma il Fuoco interiore che
rende indomiti, non lo si può generare perché si è stati convinti da qualcuno.
Lo sentite sgorgare spontaneamente al primo Appello.
Voglio chiudere con le parole di
Victoria Ignis (tratte da Il libro di
Draco Daatson – La liberazione, non ancora pubblicato):
Non strisciare nella
filosofia della sopravvivenza. Rivolgi la tua opera a migliorare l’umanità.
Poniti grandi obiettivi, più grandi di te, affinché nel tentativo di
raggiungerli tu sia costretto a elevarti.
Il giorno del tuo
ultimo respiro valuterai il successo della tua vita in base a quanto hai dato e
non in base a quanto hai ricevuto. Sarai ricordato da coloro cui hai donato,
non da coloro cui hai preso. Questo pensiero riscalderà la tua ultima ora. Io
sto dando in maniera assoluta, e più do più posseggo. Ciò significa che quando
avrò dato tutta me stessa possiederò il mondo.
Salvatore Brizzi - NON DUCOR DUCO (non vengo condotto,
conduco)
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