di Marcello Salas.
Chi non conosce la verità può definirsi ignorante?
La vita è caratterizzata dalla continua ricerca di
verità, senza porsi prima la domanda se essa esista veramente e cos’è. Se la
verità fosse un elemento mutabile in base agli elementi valutativi considerati
e a chi la analizza, come la si potrebbe cristallizzare?
La sua ricerca è delegata ad una mente/coscienza in
grado di concepirla, la quale valuta gli elementi tangibili ed i fattori
astratti (sapere-paure-credenze ecc.) la maggior parte di quest'ultimi però, almeno negli
esseri umani, sono inconsci quindi celati alla consapevolezza.
Appare quindi verosimile che la verità possa essere irraggiungibile, poiché gli stessi elementi di valutazione
che determinano il suo raggiungimento sono in parte sconosciuti e mutabili.
Anche limitando i componenti del sistema nel cui
ambito viene ricercata, essa non sarà mai assoluta ed inconfutabile.
La verità unica e sola non esiste e non potrebbe
effettivamente esistere poiché la verità non è altro che un’interpretazione
della realtà (eventi), ed è quindi variabile in funzione del tempo, dello
spazio e delle coscienze implicate nella ricerca/valutazione.
Comprendere che, almeno in questa esistenza
materiale, la verità è solo apparente consente di adottare un paradigma di
pensiero alternativo, ove più soluzioni per lo stesso problema, anche
contrastanti tra loro, possono coesistere.
Chi mastica spesso fisica quantistica si
trova sovente a impattare con verità variabili e che in alcune casi non ne
consentono la ricerca senza influire sui risultati.
Ma come potremmo pretendere di giungere ad una
verità con il metodo scientifico, pesantemente empirico e meccanicistico?
La sfuggente natura della verità non consente di
afferrarla neanche utilizzando il miglior metodo olistico ipotizzabile, quindi
penso che sia opportuno puntare altrove, se questa fantomatica verità non
dovesse esistere come punto fermo perché ci stiamo affannando così tanto?
Dobbiamo espiare qualche colpa nascosta che abbiamo o che ci hanno
affibbiato? Dobbiamo esaudire un desiderio ancestrale?
Beh credo che il desiderio ancestrale di conoscenza
effettivamente ci sia in ognuno di noi, ma dobbiamo tener conto che molte cose,
oserei dire tutte, non sono come appaiono e sono variabili, proprio come il
nostro IO.
Nulla è stabile, fisso, immobile, immutabile,
sicuro, l’universo del conosciuto è in continua variazione vibrante e questo
genera la vita.
Questo ci potrebbe portare a desumere che forse la
vita deriva dal caos? Da elementi in costante mutamento?
Abbandonando l’esigenza dell’assoluta ed unica
verità ci possiamo dedicare all’ampliamento dell’insignificante conoscenza che
abbiamo dell’universo dentro e fuori di noi o del tutto se volete.
La magnificenza dell’essere, i cui misteri sono
tutt’altro che noti, sta nella sua unicità, imperfezione e quindi
irripetibilità, analogamente a quanto si verifica puntualmente quando si
studiano le componenti base (infinitesimali) della materia che non sono
misurabili, ma solo ipotizzabili (funzione d’onda), e non rispondono alle leggi
della fisica macroscopica.
Come può la scienza applicare il suo rigido modello
nello studio di fenomeni unici ed irripetibili? L’essere umano è unico ed
irripetibile, così come lo sono le sue azioni e reazioni, con tale metodologia
non si riusciranno ad avere risposte adeguate alle domande che da sempre lui
stesso si pone.
Ci sono precisi interessi affinché non si giunga a determinate
scoperte/conoscenze avveniristiche o di confine?
Come si può giungere ad una risposta se non ci si
pone la domanda appropriata?
Ricercando forsennatamente la verità forse ci sta
sfuggendo di mano il senso della vita?
Quanto ignoriamo di sconoscere?