L’atopos è il vero nemico del sistema
Colgo l’occasione della rilancio dell’articolo che seguirà
per evidenziare alcuni concetti che spesso ci sfuggono, ma che fanno parte
integrante di ognuno di noi.
Ormai essere diversi è divenuta una moda, una gara, un must, essere come tutti gli altri è invece davvero deprimente. Ma essere diversi è davvero edificante? E per quanto tempo riusciremo a tarpare le nostre più profonde percezioni di noi stessi?
Ormai essere diversi è divenuta una moda, una gara, un must, essere come tutti gli altri è invece davvero deprimente. Ma essere diversi è davvero edificante? E per quanto tempo riusciremo a tarpare le nostre più profonde percezioni di noi stessi?
Non ci siamo accorti che il diverso è comunque tenuto
all’interno di range comportamentali e quindi di pensiero ben definiti?
Essere “diversi” va bene solo fino a quando non si incontra il vero sé, subito dopo tutte le classificazioni cadranno miseramente ai nostri piedi poiché rivelatesi anch’esse delle illusioni.
Essere “diversi” va bene solo fino a quando non si incontra il vero sé, subito dopo tutte le classificazioni cadranno miseramente ai nostri piedi poiché rivelatesi anch’esse delle illusioni.
Oggi, infatti, tutte le definizioni attribuite alle
persone-individui speciali e/o diversi, anche quelle genuine, servono o sono
comunque strumentalizzate dal sistema sempre per incasellare e quindi
controllare il comportamento e l’evoluzione di tali soggetti altrimenti non
gestibili.
Quando invece si riconosce il proprio e vero sé, cosa
tutt’altro che facile come invece vorrebbero farci credere solo per farci
sentire diversi, ma gestibili, tutto cambia e cambia continuamente e per sempre;
le “scatole descrittive” del nostro “essere” rivelano i loro opprimenti limiti
ed i confronti diventano inutili, insensati.
Fuori dagli schemi conformativi e competitivi che
contraddistinguono questa ingannevole società si trovano quegli individui che
hanno ben compreso chi sono ed il loro potere, quelli capaci di creare la
realtà desiderata, non quella voluta(imposta) dai padroni del mondo, soggetti molto pericolosi poichè difficilmente manipolabili,
poco prevedibili e di cattivo esempio per il gregge.
Per creare la realtàdevi avere l’assoluta certezza di essere un Dio*in tal modo la realtà seguirà ogni tua volontàe per te sarà una normalità. *creatore(Fonte Pensieri Sfusi 21 – Blog Mente Olistica)
E’ difficile, ma necessario, oggi più che mai uscire dai
paradigmi di un sistema che ha previsto oramai tutto, compresa la nostra
individuale diversità, è opportuno riscoprire
nel profondo ciò che veramente si è: unici, indescrivibili, sicuri di sé,
fuori contesto pertanto inadatti ad una
struttura(matrix) per la quale è imperativo catalogarti… per controllarti.
Questi individui singolari ai tempi di Socrate venivano chiamati “atopos”, diversi da tutto ciò che era diverso, incomparabili, unici.Pochi, sparuti e a volte insospettabili,siamo incrollabili nel creare“scenari” auspicabili - (fonte)
Marcello Salas
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Non aspirare ad essere diverso dagli altri, sii un “atopos”
“Oggi tutti vogliono essere diversi dagli altri. Ma
nel desiderio di essere diversi continua l’uguale”, scrive
il filosofo Byung-Chul Han.
Essere
autentici è praticamente diventato un imperativo sociale, un
imperativo che abbiamo interiorizzato a tal punto che per molti è diventato il
filo conduttore della loro vita.
E se
stessimo sbagliando? E se la ricerca della differenziazione ci rendesse
sempre più uguali? E se il discorso normalizzato ci allontanasse
progressivamente dalla nostra essenza facendoci diventare esattamente ciò che
intendiamo evitare?
Il terrore dell'uguale
L’aspirazione all’autenticità e la necessità di
differenziazione provengono dal nostro profondo desiderio di trascendere.
Dobbiamo vivere nella società e, quindi, condividere alcuni dei suoi valori e
rispettare alcune delle sue norme comportamentali. Ma abbiamo anche bisogno
dell’ossigeno psicologico che deriva dalla libertà di scelta che ci permette di
essere noi stessi.
Di conseguenza, l’uguale ci spaventa perché è sinonimo di indifferenziazione, è
come se il nostro “io” si diluisse nella massa facendoci perdere la nostra
identità, ciò che ci rende noi stessi. Nel fondo, il terrore dell’uguale è
un’espressione sublimata della paura della morte. Differenziarci dagli
altri non solo ci permette di eccellere, ma ci riafferma come persone uniche e
garantisce la sopravvivenza dell’ego chiuso nella nostra mente.
Certo, voler essere noi stessi non è male. Non è
sbagliato cercare di capire chi siamo ed esprimerlo. Il problema inizia quando
la ricerca della differenziazione e dell’autenticità ci fa entrare in un
labirinto senza uscita che porta all’omogeneizzazione.
L'atopos perduto
Socrate era un filosofo particolare. Così unico che
i suoi discepoli si riferivano a lui come ad un atopos, parola di
origine greca che veniva comunemente usata per indicare ciò che è fuori posto, strano o
inaudito, ma indicava anche “l’altro che non tollera alcun confronto”
perché ogni attributo che si pretenda utilizzare per fare il parallelismo
sarebbe necessariamente falso, goffo e mortificante.
Socrate era quindi incomparabile e unico, che non è
lo stesso che essere diverso o autentico. Byung-Chul Han spiega la differenza: “la
singolarità è qualcosa di totalmente diverso dall’autenticità. L’autenticità
presuppone la comparabilità. Chi è autentico, è diverso dagli altri”.
Tuttavia, un atopos è
incomparabile, il che significa che “non
solo è diverso dagli altri, ma è diverso da tutto ciò che è diverso dagli
altri”.
Un atopos è una
persona sicura di sé, che non ha bisogno di confrontarsi o cercare una conferma
esterna della sua unicità. Così riesce a liberarsi dalla necessità di essere
diverso, perché semplicemente È, con la maiuscola.
Non è un semplice gioco di parole, né una
disquisizione terminologica o una acrobazia filosofica, ma un’importante differenziazione che si è persa nel corso dei secoli
– probabilmente intenzionalmente – per
evitare l’unicità in una società che ha un disperato bisogno di
omogeneizzazione.
Infatti, Byung-Chul Han ritiene che la proliferazione dell’uguale sia la
patologia di cui soffre la nostra società, una società che espulsa la
negatività rappresentata dall’altro senza ricorrere alla repressione ma usando
meccanismi psicologici più sottili.
In un regime totalitario, è facile distinguere i
meccanismi di espulsione del diverso, poiché vengono utilizzati la repressione,
la coercizione, la censura e la restrizione di ogni tipo di libertà. In una
società apparentemente libera questi meccanismi sono più complessi, ma ci
incatenano altrettanto pesantemente, anche se con catene invisibili.
Libertà senza liberazione
La
nostra società ci offre la libertà senza liberazione. Ci chiede di differenziarci, ma solo entro
certi limiti. Ci chiede di essere autentici, ma ci costringe a confrontarci. Ci
chiede di essere unici, ma anche di competere con gli altri. Sopraffatti da
queste contraddizioni, non è strano che terminiamo per soffocare la nostra
unicità.
“La cultura del confronto costante per essere
uguali non consente alcuna negatività del atopos. Tutto lo rende comparabile;
cioè, uguale. Questo rende impossibile l’esperienza dell’altro atopico. La
società dei consumi mira ad eliminare l’alterità atopica a favore delle
differenze consumabili ed eterotopiche […] La
diversità è una risorsa che può essere sfruttata. In questo modo si oppone
all’alterità, che è riluttante a qualsiasi sfruttamento economico”, dice Byung-Chul
Han.
O come dise Noam
Chomsky: “hanno capito che era più facile creare dei consumatori che sottomettere
degli schiavi”. Ogni volta che ci confrontiamo, riduciamo la
nostra ricchezza e unicità a schemi che consideriamo validi, come se essere più
intelligenti, più ricchi, più socievoli o più audaci degli altri significasse
qualcosa. Quando ci confrontiamo, usiamo il metro della società e lo
consideriamo valido – più o meno consapevolmente – allontanandoci un po’ di più
dalla nostra essenza.
Sfortunatamente, siamo così immersi in quel tipo di pensiero, che non ci rendiamo conto
di vivere in uno stato di “conformità potenziata”, un meccanismo molto più
efficiente dell’omogeneizzazione repressiva delle società totalitarie perché ci
mantiene nel circolo vizioso della competizione sociale, accettando gli schemi
di confronto che marcano i nostri obiettivi nella vita e che ci sono stati
imposti da qualcun altro.
Byung-Chul Han spiega la trappola che nasconde
questo meccanismo: “l’autenticità genera differenze negoziabili. Con ciò moltiplica la pluralità dei beni con cui
si materializza l’autenticità. Gli individui esprimono la loro autenticità
soprattutto attraverso il consumo. L’imperativo dell’autenticità non porta alla
formazione di un individuo autonomo e sovrano. Quello che succede è piuttosto
che il commercio ne approfitta completamente”.
Questo chiude il ciclo. Quanta più conferma esterna cercheremo della nostra autenticità, tanto
maggiore sarà la dipendenza da tale conferma. Quanto più vorremo essere diversi,
tanto più ci confronteremo. Come risultato, “l’io annega in se stesso”. E quella che avrebbe potuto
essere un’entusiasmante avventura di scoperta personale diventa una grigia
replica dell’uguale. Ma, sfortunatamente, pochi
lo capiranno.
Fonte:
Han, B. (2017) La expulsión de lo distinto. Barcelona: Herder Editorial.
Han, B. (2017) La expulsión de lo distinto. Barcelona: Herder Editorial.
L’articolo e’ molto interessante poiche’ va oltre l’asfittico concetto sociale di “diversità” e, rimuovendo le scorie degli indottrinamenti ideologici, coglie il punto profondo dell’essere umano, il quale non nasce uguale o diverso, distinzione spuria, che vuole comporre masse, sia di conformi, sia di diversi, masse di ogni tipologia, piccole o grandi, masse sfruttabili come tali ~ I Poteri hanno riscontrato, nel trascorrere dei secoli, la impossibilita’ di mantenere adesa una univoca massa di sostegno attraverso dogmi o dictat, ed hanno dato spazio al concetto della diversita’, concetto pretestuoso e ambiguo, poiche’ riguarda molte bandiere ~ In realta ogni essere umano nasce unico, come le proprie impronte digitali, e come il seme vitale che opera solo in lui e per lui ~ Ma per creare le varie masse confluenti occorre un COLLANTE, qualsiasi esso sia, anche la diversita’ ~ Essa va definita in modo piu’ puro, ovvero come unicita’ sacra e misteriosa di ogni essere umano ~ Le etichette sono untuose e umiliano la persona, entita’ unica e preziosa, non surrogabile da nessun’altra ~ Il discorso e’ lungo e interessante, caro Marcello, al momento mi manca tempo utile! ~ Buona Domenica! ~ Paola Stellare
RispondiEliminaColui che cambia il mondo è l'uomo che ama la solitudine e trova la sicurezza nella propria interiorità. Se ami la solitudine, e sei indipendente dal confronto e dalle conferme, il sistema si dissolve come una nuvola davanti a te, e allora sì che cambi il mondo, e diventi pericoloso.
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