Le cause spirituali della malattia
La
natura dell’uomo è profondamente spirituale. Che lo sappia o meno. Che ne si
abbia consapevolezza, oppure no.
Il termine “immanenza” designa la situazione di una realtà in quanto
intimamente legata a un’altra: lo spirito è immanente alla materia,
intrinsecamente legato ad essa. L’anima fa esperienza della vita attraverso il
corpo, e
quando sceglie di passare oltre, lo abbandona. Il corpo è semplicemente un
costituente fatto di ossigeno, carbonio, idrogeno, azoto, fosforo e calcio (+
gli oligoelementi).
Il
termine “immanenza”, nel
linguaggio corrente, è opposto di “trascendenza“.
Il termine trascendenza, deriva dal latino (“trans” + “ascendere” = salire al
di là) e indica in filosofia e teologia il carattere di una realtà concepita
come ulteriore, “al di là” rispetto a questo mondo, al quale pertanto si
contrappone secondo una visione dualistica.
Il
problema è che il linguaggio, per sua natura, non può che sottostare alla
dualità. La verità ultima non può essere espressa a parole quindi,
necessariamente, quando pronunciamo una parola stiamo intrinsecamente
manifestando anche il suo contrario: luce/buio, maschile/femminile, amore/odio.
In realtà, immanenza e trascendenza non sono opposti, sono
complementari. Sono le due parti della dissociazione dualistica attraverso cui
facciamo esperienza di Dio, o della verità ultima.
La
parola acqua, per esempio, non disseta. L’esperienza dell’acqua lo fa.
Un
uomo alla ricerca dell’acqua, ovvero dell’esperienza (si dice che Dio è la
fonte), che si imbatte nei concetti mentali: “una vasca è profonda 40cm. larga
60 e lunga 130. Quanta acqua ci vuole per riempirla?”, rimane impantanato nel
calcolo per comprendere a livello intellettuale, ma non si disseta.
Se
non comprende la sua situazione, potrebbe morire di sete.
Questa dissociazione tra concetto e energia è naturale. Fa parte della
natura dell’uomo. Reprimere questa consapevolezza conduce a un’ulteriore
dissociazione. Bisogna comprendere anche questo.
Quando
l’assetato vaga nel deserto, ha un solo pensiero in mente: l’acqua. Ma il suo
pensiero deriva da un bisogno interiore fortissimo che il concetto di “acqua” non
può soddisfare. Solo l’esperienza lo può.
Allo
stesso modo, il concetto, fino a un certo punto dello sviluppo, è fondamentale
perché se io non potessi esprimere a parole che ho sete d’acqua, il barista
potrebbe farmi un caffè, o un thè. Quindi il linguaggio è fondamentale per
l’interazione, ma è preda della dissociazione dualistica tra parola/concetto ed
esperienza.
L’assetato
che sta bevendo non pensa più all’acqua. Sta facendo l’esperienza.
L’essere umano contemporaneo che è fondamentalmente molto dissociato,
ha bisogno di fare “esperienza del divino” che è in lui per togliersi la sete.
Attraverso l’esperienza che è “immanente”, significato e energia si ricongiungono e questo
permette di “trascendere” una dissociazione, vibrando a una frequenza più alta. Ecco
dimostrato che immanenza e trascendenza non sono opposti, ma complementari,
perché la ricerca dell’esperienza deriva comunque dal desiderio che esprime una
mancanza, quindi volgendosi alla ricerca di ciò che gli manca, l’essere umano
sta cercando la trascendenza.
Tutto questo è Māyā. È illusione. Māyā però significa anche creazione.
Ovvero la creazione, come ben sappiamo ormai dagli esperimenti sul dualismo tra
onda e particella, è anche illusione.
Cosa fa la differenza? La consapevolezza.
Se il singolo è consapevole della dualità intrinseca all’universo,
agisce e si comporta in un certo modo, se non lo è, si dice che è identificato.
La natura, per forza di cose, risponde a una legge dualistica e quando il
singolo non vede questa dualità, si identifica in una delle due parti.
Queste sono le cause
spirituali della malattia.
Quando ti identifichi in una delle due parti, implicitamente neghi
l’altra. Negandola la proietti, dici “non è mia, è dell’altro”, ma visto che
l’universo manifesto tende a tornare all’Uno, l’essere umano tende, per sua
natura, alle esperienze immanenti.
Nel
dissociare e nel cercare inconsapevolmente allo stesso tempo di riassociare,
ovvero cercando esperienze immanenti (il sesso praticato inconsapevolmente è la
più bassa), l’essere umano esprime appieno la dualità dell’universo.
Un
esempio:
Un
essere umano è stato cresciuto a doveri. Devi, devi, devi. Devi fare questo,
devi comportarti così, devi essere presentabile in società, devi essere
educato, buono. Non devi esprimere emozioni negative. Devi avere contegno.
Praticamente
l’essere umano di oggi.
Ogni
dovere che non proviene dal Sé, produce una dissociazione dualistica perché ne
reprime l’energia spontanea.
(il
bambino vuole giocare, la mamma ha paura che si sporchi, gli impedisce di
giocare)
Questa
dissociazione inocula un concetto e ne dissocia l’energia. Quindi la persona
assume un comportamento, una doverizzazione, e si dimentica dell’impulso
primordiale. Siccome poi, la mente è atemporale, la doverizzazione assume
carattere totalitario: la persona pensa che sarà così per sempre.
Il desiderio dissociato quindi, diventa ansia. L’ansia è la
manifestazione di un desiderio negato. C’è l’impulso a fare qualcosa di
piacevole che è bloccato dalla doverizzazione.
L’essere
umano prova ansia e assume i tranquillanti prima, le benzodiazepine poi.
Non potendo entrare in contatto con l’impulso primordiale rimosso, che
è la vita, è Dio, la proietta all’esterno.
Questa
è pura logica: se rimuovo, dico: “non è mio”. Allora per forza è “altro da me”.
A
questo punto, l’essere umano incorre in una successiva dissociazione. Seguimi.
Se l’ansia è un desiderio non manifestato, la frustrazione la seguirà.
Desiderio non manifestato = frustrazione.
Frustrazione diventa incapacità che diventa mancanza di autostima.
Ma anche la frustrazione viene rimossa, perché è dolorosa (e l’essere
umano non vuole provare dolore), allora viene proiettata all’esterno e diventa
delusione.
L’essere
umano prova allora un terapeuta, poi un altro, poi un altro ancora, e pensa che
tutti siano stupidi e non sappiano guarirlo.
No, mi spiace. Non è così. Il tuo stato è semplicemente una tua
proiezione.
Ecco le cause spirituali della malattia.
Come si guarisce?
Si vive. Ovvero si entra in contatto con l’esperienza profonda che
abbiamo rimosso, permettendole di esprimersi (immanenza). Così facendo
reintegreremo l’ombra, dissolveremo la proiezione e accederemo a un livello di
vibrazioni più sottili (trascendenza).
Pochi
vogliono davvero assumersi la responsabilità della propria vita a questo
livello.
Bellissimoo!!!...
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