venerdì 10 luglio 2020

Perché un virus non è mai un pericolo!

Perché un virus non è mai un pericolo!

Avete paura dei microbi, siano essi batteri, funghi, virus, metazoi, protozoi. Vi siete mai chiesti perché?
Perché avete letto o vi hanno detto che causano le malattie? Siete sicuri?
Li avete mai visti all’opera?
Ed anche su di voi stessi, li avete mai visti funzionare? Avete visto in loro la volontà di determinare in voi una o più alterazioni a fini malevoli o maligni?

Sapete perché dicono che provocano malattie?
Perché li trovano nei tessuti di persone il cui stato di salute non è buono
(e il non essere buono non significa che sia maligno). Semplicemente li trovano nei tessuti che vengono asportati o nelle secrezioni prodotte dai tessuti il cui stato è infiammatorio o comunque di alterazione.
E come vengono trovati?
Con analisi chimiche, con osservazioni al microscopio.

Ma in Natura non esistono analisi chimiche (esse sono state prodotte dall’uomo, con una esattezza e affidabilità invero assai scarse).
In Natura non esiste il microscopio. All’uomo, come agli altri animali, è consentita una potenza visiva limitata e non per caso.
Anche una vista acutissima, può vedere strutture dell’ordine di mezzo millimetro, forse anche un quarto di millimetro, ma non oltre.
Perché?

Perché chi è utile o pericoloso per l’umano deve collocarsi all’interno del suo potere visivo, in modo tale che se ha bisogno di qualcosa possa vederlo e se deve proteggersi da qualcosa possa vederlo.
Tutto ciò che esula da questo potere visivo, non lo è a caso.
Rimane nascosto, nell’enormità e nell’invisibile, perché esula dal controllo umano, perché non può essergli favorevole o dannoso. E’ al di fuori di questi concetti e la’ deve restare. E’ imperscrutabile, punto.

L’essersi spinti a vedere ciò che continua a rimanere invisibile ad occhio nudo, ha dovuto per forza portare a collocarsi rispetto a ciò che si è osservato. Finché non vedi non sai, ma se vedi sai e ti poni in uno stato di attenzione e di giudizio.
Ma il vedere non significa conoscere tutto ciò che riguarda ciò che si è visto.
Vedere, è solo una minima parte della conoscenza e della verità su ciò che si è visto. E come sappiamo dalla fisica, tutto ciò che viene osservato cambia proprio perché lo si è osservato.

Faccio un esempio.
I miei occhi vedono il lupo, perché le sue dimensioni rientrano nelle mie possibilità visive. Se non l’ho mai visto prima, spontaneamente non ne ho paura. Ma se lo vedo azzannare un umano, posso concludere che il lupo è un animale aggressivo e un predatore. Posso dispiacermi del suo atteggiamento, ma è la sua natura. Dovrei anche chiedermi cosa ha fatto l’umano per essere azzannato dal lupo. In altre parole, se vedo il lupo, prima di giudicarlo cattivo devo tenere conto di ogni cosa che lo riguarda.
Potrei vedere dei lupi giocare tra loro e se rimango nel non-giudizio, posso desumere che il lupo in alcune situazioni/condizioni è pericoloso. Non ce l’ho con lui, ma porto rispetto e mi premuro per non farmi azzannare.

I miei occhi non vedono i virus, perché le loro dimensioni sono al di fuori delle mie possibilità visive. Non provo paura nei loro riguardi, non ne ho motivo. Se mi viene il raffreddore, che (da poco) sappiamo coinvolgere strutture virali di cui attualmente non sappiamo pressoché nulla, mi soffio il naso, mi metto nel letto, riposo, mi nutro, faccio una ventina di sternuti e via, verso la riparazione.

Vediamo cosa succede a forzare la natura e le dotazioni umane.

I miei occhi non vedono i virus, perché le loro dimensioni sono al di fuori delle mie possibilità visive. Ma mi hanno detto od ho letto delle cose che li riguardano e li giudicano forieri di malattie e devastazioni corporee. Me lo sono sentito dire fin da bambino, mi hanno fatto credere che i virus si trasmettono di nascosto, che sono cattivi, che sono dei terroristi, che possono portarmi nella tomba. Non li vedo all’opera, non li vedo proprio, ma istintivamente, inconsciamente, li reputo responsabili maligni del terribile raffreddore che mi perseguita. Devo distruggerli, devo combatterli pur non sapendo quali sono le loro funzioni, quali sono i meccanismi di comunicazione tra loro e il mio corpo. Devo ammazzarli senza sapere nulla di loro.

Non mi perito di pensare che se sono invisibili è perché non sono un pericolo, perché sono entità super partes che agiscono non per il mio bene o il mio male, ma per la vita stessa come concetto assoluto e non individuale.
Non penso nemmeno e questo è il dolo più grave, il peccato originale.
Credere, con supponenza, che l’opera della Natura sia stata creata solo per me.
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INTEGRAZIONI ALL’ARTICOLO
Alcune persone, la minoranza in verità, hanno espresso perplessità rispetto al concetto che ho espresso ieri, riguardante il nemico pubblico numero uno, il virus. In quell’articolo asserivo che il virus non è piccolo a caso, ma per rimanere in quell’area del non visibile, che non può in nessun caso rappresentare qualcosa di dannoso per l’essere umano, ma qualcosa che esiste al di la’ dell’essere umano e che con l’essere umano interagisce secondo modalità e motivazioni che l’umano ancora oggi non conosce.

mercoledì 8 luglio 2020

La roulette della pandemia - Lasciate ogni Speranza

Lasciate ogni Speranza
Carcere o manicomio per i positivi che non vogliono farsi curare o entrare in quarantena sulla scorta del solo tampone: forse qualcuno pensava che fossero battute di Zaia, dal quale ci si può aspettare di tutto, ma adesso le  stesse cose vengono riprese dal ministro Speranza dal quale al contrario non ci si può aspettare nulla vista la totale inesistenza del personaggio, ma dal quale almeno ci si poteva aspettare di non vedere l’imitazione del folklore più squallido e la presa in giro della Costituzione. Invece è accaduto Non voglio nemmeno perdere tempo a commentare sui “nuovi focolai in Veneto” ( 5 contagiati, al di sotto della probabilità statistica) o sugli indici di diffusione la cui entità è tanto più grande quanto minori sono i casi, ormai  non è nemmeno più il caso di far fronte alle menzogne numeriche che siamo costretti a sentire, né le idiozie sui tamponi e insomma su una epidemia a la carte che può essere modulata come si vuole, ma la banda del virus deve in qualche modo simulare la seconda ondata prevista che non c’è affatto stata e in prospettiva deve mantenere alti i livelli di allarme semplicemente perché non può arrivare all’autunno e al redde rationem disarmato del Covid: a parte gli affari sui vaccini che ormai sono conclusi e sui quali non si può più tornate indietro, si devono preparare ad affrontare una tempesta economica senza precedenti che essi stessi hanno provocato e non possono nemmeno pensare farlo senza questo alleato, con le sirene di allarme disinnescate. In questo modo si crea una sorta di circolo vizioso: più si preme l’acceleratore sulla paura, più si amplia il panorama del disastro economico e più si ha bisogno di mantenere l’allarme.
Ci vogliono in  manicomio o in carcere come se fossimo in una sorta di incubo, ma sono loro ad essere come topolini dentro un labirinto che ormai  non fornisce più scelte e vie di fuga: sono come il giocatore rovinato che non ha altra possibilità che continuare a giocare nella speranza di invertire il corso della fortuna, ma che comunque rimane al tavolo per rinviare il momento in cui dovrà affrontare il peso definitivo della sua rovina. Se a questo si aggiunge che hanno anche barato il quadro è completo. Se non fossero ormai prigionieri del gioco pandemico si accorgerebbero che mantenere alto l’allarme in mancanza di  fatti concreti ha molte probabilità di provocare una reazione di rigetto e di far aumentare l’area di scetticismo che è ampiamente diffuso, ancorché non sia rappresentato nell’informazione, anzi sia demonizzato.
Ma non c’è via di scampo e lo si vede chiaramente dalla povertà delle misure di rilancio dell’economia che sono nient’altro che quattro soldi distribuiti a pioggia, speso con meccanismi assurdi e sempre con l’occhio di riguardo verso i ceti più abbienti del Paese. Tutto nell’attesa dell’impiccagione dell’Italia al Mes che è il futuro grande obiettivo dell’Europa dell’euro, ma che è anche l’obiettivo finale di questo ceto politico senza scampo.

Così si riducono a vivere di morti che come sempre continuano a morire per le più diverse malattie, anzi muoiono anche di più visto che l’assistenza sanitaria è stata praticamente abolita nonostante non vi sia più alcuna emergenza e persino i medici di base si sono fatti di burro.
Naturalmente sperano di trovare un modo per non pagare ciò che hanno perso alla roulette della pandemia, ma alla fine, quando non serviranno più a nessuno avranno il loro Tso.

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DISTANZIAMENTO SOCIALE come ai tempi del NAZISMO!!

DISTANZIAMENTO SOCIALE come ai tempi del NAZISMO!!

Distanziamento Sociale !!! ??????
A che serve la cazzata del “distanziamento sociale”?

A nulla, infatti non ha evidenza scientifica, né fu mai usata in corso di epidemia (neanche durante la spagnola).

La “distanza sociale” (il metro o il metro e ottanta centimetri) è un altro degli esperimenti sociali in corso oggi, soprattutto in Italia: esso si richiama alla scala di Bogardused che era molto in uso sotto il nazismo.

La “Bogardus social distance scale” sollecita nell’esser umano sentimenti affettivi avversi, sviluppa odio fra le persone. Capito?
Sviluppa odio tra le persone !!!

Quelle con mascherine o senza – mascherine o museruole !
Questo è l’esperimento in atto in Italia in questo momento, frantumare la società riconducendola da corpo collettivo a individui in lotta fra loro per la sopravvivenza.
Nel portare avanti questo progetto, il governo, il cui compito è gestire questo esperimento sociale per conto di chi ha il vero potere, si è arrogato di poter violare i diritti costituzionali, vero limite che il potere neo-totalitario deve abbattere.

È il modello di società “cinese” che hanno scelto di attuare anche qui, con la tecnica delle democrazie antidemocratiche.
(Hanna Zyskowska)
Fonte

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venerdì 3 luglio 2020

Storia della Medicina

Storia della Medicina

20 giugno 2020
Perla saggia:
"Un medico è un uomo che viene pagato
per raccontare delle fandonie nella camera del malato,
sino a quando la natura non l'abbia guarito
o i rimedi non l'abbiano ucciso." - Antoine Furtière
Tratto da Informa giovani Adattamento e integrazioni di Giorgio Beltrammi
La medicina sacerdotale nacque quando l'uomo primitivo ebbe la sensazione della presenza di uno o più esseri superiori responsabili di qualsiasi manifestazione della natura, anche di quelle relative alle patologie da cui veniva colpito. Le uniche vie di guarigione risultavano quindi essere la preghiera, l'implorazione e il sacrificio (che non ha un significato negativo, come di qualcosa a cui ci si sottomette di malavoglia, ma a qualcosa che acquisisce una sacralità).
In seguito si ebbe la concezione magica della medicina, per cui l'uomo credette di poter intervenire sui fenomeni e addirittura di poterli comandare, sostituendosi così alla divinità: nasce la figura dello stregone o del mago, opposta ed in contrasto a quella del sacerdote.
Nell'operato di maghi e stregoni si nota un primo abbozzo di scienza in quanto essi seguivano principi sempre uguali che, pur basandosi su correlazioni criticabili, costituivano comunque un ragionamento guidato da un'apparente logica. Se quindi per scienza si definisce lo studio dei fenomeni naturali al fine di stabilirne le leggi e di poterli riprodurre applicando le leggi stesse, allora bisogna riconoscere che la magia tendeva allo stesso scopo.

La Medicina primitiva

I popoli primitivi univano l'interpretazione soprannaturale a un empirismo spesso assai progredito. Ogni malattia che avesse una causa nota e definita, venivano trattate con rimedi naturali, quelle la cui causa non era evidente erano attribuite alle divinità. In ogni caso la diagnosi e la cura sono esclusiva competenza dei guaritori.
L'eziologia di qualsiasi patologia è spesso associata a un peccato commesso, anche involontariamente, dal paziente contro divinità, stregoni, individui o oggetti dichiarati tabù. Per difendersi dalle malattie si fa ricorso ad abluzioni, all'uso di amuleti, alla somministrazione di erbe medicamentose oppure anche a cerimonie e riti collettivi a cui partecipa tutto il villaggio con a capo lo stregone: talvolta si cerca di scacciare il demone responsabile della malattia spaventandolo, talvolta allettandolo, altre volte ancora si ricorre al sacrificio o all'allontanamento di chi è ritenuto la causa dei problemi.

La medicina popolare

Medicina primitiva, empirismo, magia e religione si fondono a creare una pratica che conferisce a determinate persone, quasi sempre donne (le streghe), la capacità di fare il male e di toglierlo. La magia del bene serve a rimuovere le malattie provenienti da fatture, sia per le affezioni più comuni.
Il ricorso al misticismo religioso, visto malamente dalla Chiesa, sconfina nella superstizione, soprattutto quando arriva a far ingoiare polvere di intonaco di alcune cappelle o immagini di santi.

La medicina ebraica (1200 a.C.-550 a.C.)

Prevale in essa il concetto teurgico della medicina: Dio è l'unica fonte di malattia e di risanamento, per cui solo il sacerdote, cioè l'uomo scelto dal Signore, è considerato strumento di guarigione.

La medicina assiro babilonese (1792 a.C.-323 a.C.)

Rappresenta il punto di passaggio tra il concetto teurgico e quello magico: la parte religiosa sta essenzialmente nell'eziologia in quanto l'ira di una divinità verso una persona permette ai demoni maligni di aggredirla causando in tal modo la malattia (c'è un demone per ogni patologia); il concetto magico ha invece risalto nella parte terapeutica, nell'attuazione cioè degli esorcismi.
Nella fase diagnostica le due concezioni vanno di pari passo e un ruolo preponderante è giocato dall'ispezione del fegato, ritenuto l'organo più importante in quanto fonte di sangue.

La medicina egiziana (3000 a.C.-1000 a.C.)

Notevoli sono la concezione biologica (concetto umorale sanguigno e concetto pneumatico) e la conoscenza dei vari quadri sintomatologici e la farmacologia. Gli elementi che costituiscono la sapienza medico empirica vengono trattati solo in libri sacri accessibili unicamente agli iniziati. L'anatomia non appare particolarmente progredita, mentre risultano molto precise le indicazioni relative alla terapia ed alle sue varie forme di confezionamento e di somministrazione: polveri, tisane, decotti, macerazioni, pastiglie erano perfettamente conosciuti. Assai progredita era inoltre la chirurgia e la sutura delle ferite.

Da notare infine la presenza di medici specialisti nelle malattie urinarie, nelle patologie delle orecchie, degli occhi e della pelle.

La medicina indiana (2500 a.C.-1500 a.C.)

Ancora oggi vi sono scuole che studiano l'antica medicina indiana nella sua forma originale (Ayurveda), così come viene trattata negli antichi testi sacri. Trattano molto accuratamente di grande e piccola chirurgia, della cura delle malattie del corpo, di demonologia, della cura delle malattie infantili, della tossicologia, della preparazione di elisir e di afrodisiaci.
Notevoli la perfezione e la varietà dello strumentario chirurgico, le tecniche di medicazione, l'attenzione negli esami diagnostici e la particolare abilità negli interventi di litotomia e rinoplastica.

La Medicina Tradizionale Cinese

I testi più antichi risalgono al 3500 a.C. e, come per la medicina indiana, vengono ancora consultati e tenuti in considerazione. La malattia e la salute sono determinate dall'armonia o meno dei due principi fondamentali: lo Yang (il principio maschile) e lo Yin (quello femminile). I medici cinesi introdussero per primi la rilevazione del polso: ne conoscevano 200 tipi differenti tra cui 21 erano considerati indice di esito letale; la farmacologia è senza dubbio la più avanzata tra tutte le medicine antiche, comprende oltre 2000 farmaci e ne include molti ufficialmente usati nella moderna terapia occidentale.
Non si può tralasciare infine l'agopuntura che consiste nell'infissione di aghi di diversi materiali in determinati punti in contatto con dei canali energetici, che sono in contatto con gli organi interni. Fu introdotta nel 2700 a.C. ed è ancora in auge ai giorni nostri sostanzialmente immodificata.

La medicina in Grecia

È in Grecia che avviene la completa e definitiva emancipazione del medico sul sacerdote con la costituzione del concetto di "clinica".
Nella Scuola di Coo c'è il passaggio all'osservazione diretta del malato eseguita con grande larghezza di vedute ed ottime intuizioni che distinguono indiscutibilmente questa scuola da tutte le altre: nasce qui il vero concetto di clinica e della conseguente diagnosi. Il medico è uomo, e la sua opera non ha sfumature soprannaturali, mistiche, astratte o filosofiche. La medicina deve essere una ricerca continua, serena e disinteressata alla quale bisogna dedicarsi solo per amore di essa.
La figura del medico è l'unione del perfetto uomo con il perfetto studioso: calma nell'azione, serenità nel giudizio, moralità, onestà, amore per la propria arte e per il malato sono i cardini della personalità del medico così come era concepito da Ippocrate. Ogni interesse personale passa in secondo piano. Non è certo un essere superiore ed infallibile come i sacerdoti degli antichi templi, ma deve sopperire alla sua fallacità con il massimo dell'impegno e della diligenza in modo da commettere solo errori di lieve entità. Deve inoltre essere filosofo, ma non tanto da farsi distogliere dalla vera scienza che è quella che si appoggia su solide basi pratiche. Il suo abito, infine, deve essere decoroso ed il suo aspetto denotare salute.
Con il passare dei secoli questa concezione rimase sostanzialmente immutata al punto che il Papa Clemente VII (Pontefice dal 1523 al 1534), in una sua bolla, stabilì che il laureato in medicina si impegnasse solennemente ad osservare il testo del giuramento ippocratico, cosa che oggi non è più richiesta.
L'anatomia non fu molto approfondita dalla scuola di Coo per due motivi principali: da una parte Ippocrate era più indirizzato verso il lato pratico della medicina, aveva cioè una maggiore propensione per la clinica; dall'altra la cultura greca aveva un rispetto assoluto per i corpi dei morti, quindi non c'era la possibilità di studiare l'anatomia esercitandosi direttamente sui cadaveri.

Alla base della medicina ippocratica stava l'integrazione tra una concezione pneumatica della vita ed una umorale, ma quest'ultima rivestiva senza dubbio un ruolo più importante.
Gli umori erano quattro: sangue (caldo umido) che proveniva dal cuore, una sorta di muco detto flegma (freddo umido) dal cervello, bile gialla (caldo secco) dal fegato, bile nera (freddo secco) dalla milza. Lo stato di salute si aveva quando questi umori erano perfettamente bilanciati tra loro; se invece la crasi era alterata per l'eccesso, la corruzione o la putrefazione anche di un solo componente, allora insorgeva la malattia.
Era la natura stessa con la sua capacità curativa ad intervenire nel tentativo di ristabilire l'equilibrio tramite l'espulsione degli umori in eccesso per mezzo di urina, sudore, pus, espettorato e diarrea. Se invece la malattia risultava più forte del processo autoriparativo dell'organismo il paziente moriva.
Il predominio di uno dei quattro umori conferiva anche particolari caratteristiche all'individuo (principio della costituzione e dei temperamenti): si avevano così i temperamenti sanguigno, biliare, flemmatico e atrabiliare (che rimanda alle grandi scoperte del Dr. Hamer al riguardo delle Costellazioni schizofreniche)
Altra novità fondamentale introdotta dalla dottrina di Ippocrate fu il fatto di considerare le patologie come fenomeni generali per l'organismo e non relativi ad un singolo organo (sembra che con l'avvento della medicina moderna questo concetto sia stato drammaticamente perduto).
L'epoca ippocratica segna la nascita della clinica intesa come studio dei segni e dei sintomi osservabili sul paziente.