Google ha compiuto 15 anni venerdì scorso. È stato
un po’ come un fulmine a ciel sereno apprendere la notizia. Perché
quindici anni, in questo caso, appaiono davvero un lasso di tempo molto
breve per l’effetto rivoluzionario che Google ha avuto sulle nostre
vite. In effetti il gigante dei motori di ricerca è entrato a far parte
della nostra esistenza in maniera così dirompente che sembra ci
accompagni da sempre. La televisione ha impiegato decenni per cambiare
le nostre abitudini e condizionare le dinamiche all’interno delle mura
domestiche e nei comportamenti sociali. Invece Google, in soli 15 anni,
ha modificato radicalmente il modo in cui conosciamo le cose, come
pensiamo, lavoriamo e comunichiamo. Fino a cambiare addirittura la
percezione che abbiamo di noi stessi.
Chiunque usi la rete per diffondere informazioni di qualsiasi natura rischia di cadere nella trappola della vanità
e soffrire di ansia da prestazione. E ciò contribuisce a falsare gran
parte di quello che facciamo. Chi di noi non ha creato un Google Alert
con il proprio nome? Chi di noi non cerca di carpire come ci vedono gli
altri o cosa si dice sul nostro conto? E chi di noi non si è mai sentito
“in obbligo” di commentare pezzi o affermazioni altrui, facendo leva
sul proprio ego piuttosto che stare all’oggetto del dibattito?
Dai, sputiamo il rospo. Anche i più distaccati in
fondo sono vittime di questi meccanismi. Misuriamo ormai la qualità dei
nostri interventi con il sensazionalismo verbale. Quindici anni fa per
ottenere una discreta popolarità bisognava puntare alla qualità, senza
mutilare gli argomenti o falsare pensieri.
Poi per “farsi una cultura” ormai, sembra di per sé
sufficiente inserire la parola chiave nel motore di ricerca, cosicché
Google ci offra un ventaglio smisurato di possibilità di esplorazione. Ma
c’è una grande differenza tra le informazioni su misura confezionate da
Google e la conoscenza approfondita. Credo risieda non tanto nel
risultato finale della nostra ricerca, bensì nell’illusione che tale
approccio genera. Crediamo in tal modo di avere a portata di click il
controllo del mondo che ci circonda, ma alla fine, intorno a noi, regna
sempre più sovrano il caos. E non ci rendiamo conto di essere a nostra
volta controllati e guidati nelle scelte. La natura umana è così ridotta
a preferenze e abitudini. Digitiamo parole chiave per ogni cosa,
impoverendo il significato profondo della natura umana.
Per ovviare a questo limite, Google che fa?
Migliora l’algoritmo con l’obiettivo di “riuscire a rispondere
velocemente e in modo esauriente alle nostre richieste sempre più
complesse, lunghe, articolate”. Pare che i cervelloni di Google stiano
infatti lavorando affinché l’algoritmo “capisca il linguaggio umano nella sua espressione spontanea, naturale, anche ambigua o confusa”.
Che “bello”, ci toglieranno anche la fatica di trovare l’associazione
di parole più adatta per individuare la risposta più attinente. Un
giochino che mi è sempre piaciuto fare. In poche parole, parleremo con
Google come parliamo con la nostra vicina di casa: “senti Betta, dove
posso trovare un negozio che venda ortaggi cinesi e che non stia in una
zona centrale della città?”
Tutto ciò in nome della facilitazione. Cosicché,
dopo aver carpito tonnellate di informazioni sul nostro conto, orde di
App ci renderanno tutto più facile e veloce. Che bello avere un telefono
che mi accompagna passo a passo e mi guida l’esistenza. E che magari,
mentre vado a scuola a prendere i miei figli, mi dice di svoltare a
destra, percorrere duecento metri e raggiungere la libreria, quella che,
guarda caso, ha proprio il genere letterario che amo.
Saremo, così, telecomandati. La magra consolazione è
rappresentata dal fatto che i canali scelti saranno i nostri preferiti.
Grazie cervelloni di Google, state lavorando per noi! Affinché i nostri
cervellini rimangano tali e, magari, quelli delle nuove generazioni
crescano abituati a non fare neppure la fatica di imparare a leggere un
indice.
Google ha inoculato nella società un sentimento dominante:
ciò che non può essere “Googlato” non ha valore ed è considerato una
fonte inaffidabile. Così facendo ha quantificato la nostra vita
interiore e preparato il terreno per la computerizzazione della nostra
intelligenza emotiva.
Nessun commento:
Posta un commento
I commenti spam, offensivi, non pertinenti e quelli riportanti indirizzi mail o link sospetti saranno cancellati.