sabato 1 settembre 2018

Svegliati schiavo!

Signor schiavo, la prego, si svegli!

Il lavoro è il più grande affronto che l’umanità abbia commesso contro se stessa e anche la più grande umiliazione subita

Questo sistema sociale, il capitalismo, è fondato sul lavoro: ha creato una classe di uomini che devono lavorare e una classe di uomini che non lavorano. I lavoratori sono costretti a lavorare, se non vogliono morire di fame. “Chi non lavora non mangia”, sostengono i ricchi, i quali del resto pretendono che anche calcolare e accumulare i propri profitti significhi lavorare.
Ci sono disoccupati e nullafacenti. Se i primi sono senza lavoro e non possono farci niente, i secondi non lavorano e basta, perché sono gli sfruttatori che vivono del lavoro dei lavoratori. I disoccupati sono lavoratori a cui non è permesso di lavorare, perché non se ne può ricavare profitto.
I proprietari dell’apparato di produzione hanno stabilito il tempo del lavoro, hanno costruito delle officine e ordinato a cosa e come i lavoratori devono lavorare. Questi ricevono quanto basta per non morire di fame, e sono a malapena in grado di dare da mangiare ai propri figli nei loro primi anni. Poi questi ragazzi vengono istruiti a scuola quel tanto che serve per potere andare a loro volta a lavorare. Anche i ricchi mandano i loro figli a scuola, ma perché sappiano anche loro come dirigere i lavoratori!

Il lavoro è una grande maledizione. Il prodotto di uomini senza spirito e senza anima. Per far lavorare gli altri a proprio profitto, bisogna mancare di personalità, di coscienza e per lavorare, pure bisogna mancare di personalità: bisogna strisciare, trafficare, tradire, ingannare e falsificare.
Per il ricco nullafacente il lavoro (dei lavoratori) è il mezzo per procurarsi una vita facile. Per i lavoratori è un peso, una cattiva sorte imposta fin dalla nascita, che impedisce loro di vivere decentemente.
Quando smetteremo di lavorare, per noi inizierà infine la vita. Il lavoro è nemico della vita. Un buon lavoratore è una bestia da soma dalle zampe incallite e con uno sguardo abbrutito e spento. Ma quando l’uomo diventerà cosciente della vita, acquisirà consapevolezza, non lavorerà mai più.

Io non pretendo che occorra semplicemente lasciare il proprio padrone domani e vedere poi come riuscire a mangiare senza lavorare, nella convinzione che inizi la vita. È già una disgrazia essere costretti a vivere nella miseria… la mancanza di lavoro porta nella maggior parte dei casi a vivere alle spalle dei compagni che lavorano. Se sei capace di guadagnarti da vivere saccheggiando e rubando, come dicono i cittadini onesti, senza farti sfruttare da un padrone, ebbene, vai; ma non credere che con ciò la grande questione sia risolta.

Il lavoro è un male sociale. Questa società è nemica della vita ed è solo distruggendola, e distruggendo poi tutte le società del lavoro che seguiranno, ovvero facendo rivoluzione su rivoluzione, che il lavoro sparirà. È solo allora che verrà la vita – la vita piena e ricca – nella quale ognuno sarà portato dai suoi puri istinti a creare. Allora, attraverso il proprio movimento, ogni uomo sarà creatore e produrrà unicamente ciò che è bello e buono e quel che è necessario.
Allora non ci saranno più uomini-lavoratori, allora ognuno sarà solo “Uomo”. E per bisogno vitale umano, per necessità interiore, all’interno di rapporti ragionevoli, ognuno creerà in maniera inesauribile ciò che risponde ai bisogni vitali. Allora non ci sarà altro che la vita – una vita grandiosa, pura e cosmica – e la passione creatrice costituirà la più grande felicità della vita umana senza costrizioni, una vita in cui non saremo più incatenati dalla fame o da un salario, dal tempo o dall’ambiente, e dove non saremo più sfruttati da parassiti.

Creare è una gioia intensa, lavorare è una sofferenza intensa. Con i rapporti sociali criminali attuali, non è possibile creare. Ogni lavoro è criminale. 
Lavorare significa collaborare al profitto e allo sfruttamento; significa collaborare alla falsificazione, all’inganno, all’avvelenamento; significa collaborare ai preparativi di guerra; significa collaborare all’assassinio di tutta l’umanità.

Il lavoro distrugge la vita. Se lo abbiamo ben capito, la nostra vita prenderà un altro significato. Se sentiamo in noi stessi questo slancio creatore, esso si esprimerà attraverso la distruzione di questo sistema vigliacco e criminale. E se per forza di cose dobbiamo lavorare per non morire di fame, bisogna almeno che attraverso questo lavoro, contribuiamo al crollo del capitalismo.

Se non lavoriamo per il crollo del capitalismo, lavoriamo per il crollo dell’umanità! Ecco perché noi saboteremo coscientemente ogni impresa capitalista. Ogni padrone subirà perdite a causa nostra. Là dove noi giovani rivoltosi siamo obbligati a lavorare, le materie prime, le macchine e i prodotti verranno obbligatoriamente messi fuori uso. Ad ogni istante i denti salteranno dall’ingranaggio, forbici e coltelli si romperanno, gli attrezzi più indispensabili scompariranno.  
Non vogliamo morire a causa del capitalismo: ecco perché il capitalismo deve morire a causa nostra.

Noi vogliamo creare come uomini liberi, non lavorare come schiavi: per questo distruggeremo il sistema di schiavitù. 
Il capitalismo esiste grazie al lavoro dei lavoratori, ecco perché non vogliamo essere dei lavoratori e perché saboteremo il lavoro.
Tratto da: “Il lavoro è un crimine” di Herman J. Schuurman (Titolo originale: “Werken is misdaad”, Utrecht, 1924).
Herman J. Schuurman (1897-1991) è stato uno dei cofondatori del gruppo “De Moker” (il martello, o meglio la mazzetta) che riuniva giovani proletari liberamente organizzati attorno al periodico “De Moker, giornale d’agitazione per giovani lavoratori”. Il “Mokergroep” scosse il movimento operaio e libertario olandese per più di quattro anni, dalla fine del 1923 all’estate 1928. Si può considerare “Il lavoro è un crimine” come il loro programma.

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