martedì 24 marzo 2015

L'ipocrisia del culto dei morti all'interno di una società che non rispetta neanche i vivi.

Ci sono due punti fissi che accomunano tutti gli esseri viventi: il primo è la nascita, che si colloca nelle prime fasi dell'esistenza, ed il secondo è la morte, posta a conclusione della parabola della vita.

Possiamo affermare di essere polvere di stelle che ha acquisito la consapevolezza della propria esistenza per mezzo di un'azione sintropica, anche se quella stupefacente capacità durerà solamente per un lasso di tempo finito, fin quando la ribellione che consente la vita si sederà, a causa dei colpi letali sferrati dal secondo principio della termodinamica.
Con la morte perderemo la consapevolezza della nostra esistenza tornando ed essere polvere di stelle; eppure l'informazione della nostra esistenza continuerà a propagarsi, perlomeno fin quando altri esseri umani avranno memoria delle nostre gesta e del nostro pensiero.
Quando gli artisti creano opere d'arte, i pensatori scrivono libri ed i matematici dimostrano teoremi, è come se ambissero all'immortalità terrena, per mezzo del ricordo.
In ogni società si sono sviluppate forme di culto relative alle persone che non ci sono più. L'affetto che ci lega ai nostri cari e la paura di sparire nel nulla, contribuiscono alla manifestazione di questo fenomeno.

Siamo abituati fin da piccoli a partecipare ai riti funebri organizzati dagli stregoni della Chiesa Cattolica e dedichiamo un giorno all'anno, il 2 novembre, alla commemorazione dei defunti; eppure ci ricordiamo veramente dell'importanza del tempo della vita solo quando svanisce.
Riconosciamo l'importanza del rispetto della morte, ma tendiamo ad ignorare il rispetto della vita.

E' questa una delle più grandi ipocrisie della nostra società, che si ferma per commemorare i morti, dedicandogli addirittura una festività, quando magari quelle stesse persone da vive venivano sfruttate giorno dopo giorno all'interno delle fabbriche, ignorate quando avevano bisogno d'affetto o lasciate affogare nella disperazione dovuta alla disoccupazione e alla povertà.

Pratichiamo il culto dei morti, quando invece avremmo un disperato bisogno di abbracciare il culto dei vivi.
Bisognerebbe festeggiare la vita tutti i giorni, iniziando a trattare le persone come esseri umani, quando ancora sono in vita e i gesti nei loro confronti possono acquisire un reale significato.

E invece, tra una commemorazione e l'altra, il nostro prezioso tempo scorre veloce nell'inconcludenza; sprechiamo la nostra unica esistenza al servizio d'un sistema economico malato, annegando tra mille impegni e preoccupazioni.

Gli individui conducono una vita meccanica, inconsapevolmente costretti a svolgere le stesse mansioni, giorno dopo giorno, pur di sopravvivere, fin quando le loro condizioni di salute non gli permetteranno più di essere considerati produttivi e allora verranno lasciati morire in pace, ai margini della società.
Nell'odierna società capitalistica ci sono persone che hanno raggiunto i 100 anni senza aver vissuto un solo giorno.

Per quanto ne sappiamo, abbiamo a disposizione solo questa esistenza; allora l'impegno comune dovrebbe essere di viverla al meglio, collaborando per creare una società che assicuri benessere e felicità per tutti. Invece, che cosa stiamo facendo?
Guardiamoci intorno! Abbiamo realizzato una società che è il riflesso della stupidità, dell'egoismo e dell'avidità. Contribuiamo noi stessi quotidianamente ad una follia sociale!
Legittimiamo lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo e ogni altra forma d'ingiustizia; avalliamo la fame e la povertà; contribuiamo all'inquinamento ambientale ed al malessere degli altri membri del regno animale.

Tolleriamo una società che non ci procura benessere e felicità, ma dolore e sofferenza, e per fuggire da questa dura realtà ricorriamo a vizi, abusi e dipendenze, peggiorando ulteriormente la nostra esistenza.
Ci accontentiamo delle magre consolazioni che il potere ci concede per evitare le ribellioni. Alcuni arrivano addirittura a ringraziare gli sfruttatori, perché giustamente i veri schiavi lodano il loro padrone, mica lo combattono!
Altre volte c'illudiamo dell'esistenza d'un paradiso ultraterreno e di un dio onnipotente in grado di donarci l'immortalità, non ora, ma dopo la morte, proprio quando la nostra vita svanirà!
Barattiamo la certezza del tempo della vita su questa Terra, con l'illusione d'un benessere ultraterreno, che purtroppo non arriverà.

Eppure abbiamo già la nostra occasione di condurre una bellissima esistenza, solo che la stiamo sprecando.

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