Pubblicato da Anna Sustersic su 5 febbraio 2014
CRONACA
– Mi sono più volte chiesta, quando spontaneamente un ricordo
lontanissimo sbucava nella mia memoria, a quale età risalisse. In
mancanza di particolari di riferimento, un evento, un personaggio, un
vestito o la testimonianza di qualche mnemone parente non sono mai
riuscita a datare con esattezza le memorie apparentemente più sfocate e
antiche. Mi soccorre oggi lo studio
condotto presso la Emory University di Atalanta, da Patricia Bauer e
Marina Larika, che mi assicurano che con buona probabilità i miei
ricordi non generano da un passato antecedente ai tre anni.
La notizia non giunge del tutto nuova nel mondo scientifico; già
Freud coniava il termine “amnesia infantile” intendendo il fenomeno con
cui i primi anni della nostra esistenza vengono rimossi dalla memoria.
Lo studio della dott.ssa Bauer, pubblicato su “The journal Memory”
dimostra oggi per la prima volta in modo empirico, che il fenomeno
dell’amnesia esiste e avviene intorno ai 7 anni di età.
Per la verifica empirica, la dott.ssa Bauer non ha testato la
profondità della memoria negli adulti, ma piuttosto ha voluto seguire lo
sviluppo dei ricordi autobiografici in un campione di 83 bambini, che
sono stati seguiti e monitorati nel tempo dall’età di tre a quella di
nove anni.
Con l’aiuto dei genitori, i bambini sono stati interrogati all’età di
tre anni per registrare sei ricordi importanti avvenuti nei loro ultimi
mesi. Il destino di questi ricordi è stato quindi seguito negli anni
per osservare e identificare il momento dell’oblivion.
Emerge dallo studio, non solo che a sette anni perdiamo una parte
importante dei nostri ricordi, ma che le memorie dai tre ai sei anni
sono più numerose episodicamente ma meno dettagliate di quelle invece,
più povere episodicamente, fra gli otto e i nove anni. La causa della
dimenticanza, ahimè forse deludendo gli appassionati di Freud, non
sembra essere l’implicita volontà di eliminare ricordi sessualmente
inappropriati, quanto l’immaturità della struttura neurale. Chiarisce
con un esempio la dott.ssa Bauer “i ricordi sono come l’orzo, piccoli
frammenti di codifica neurale” il cervello dei bambini sotto i tre anni,
spiega la ricercatrice, è come un colabrodo a maglie larghe che insieme
all’acqua elimina anche l’orzo, mentre con la crescita e l’acquisizione
di strumenti per codificare lo spazio, il tempo e il linguaggio, la
maglia si infittisce riuscendo a trattenere più dettagliati frammenti
mnemonici.
Se agli estremi della nostra esistenza la perdita di memoria sembra
una condizione, per differenti ragioni, ricorrente, il destino e il
processamento dei ricordi nelle fasce di età intermedie rimane, come
sottolinea Patricia Bauer, futuro, inesplorato e accattivante terreno di
ricerca.
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