Nell'epoca contemporanea, intrisa di scientismo e materialismo, la
maggior parte degli scienziati ritiene che il concetto di vita
ultraterrena o è una sciocchezza, oppure, se realmente esistesse, è
completamente indimostrabile. Eppure, un ricercatore afferma che la
fisica quantistica è in grado di fornire prove certe dell'esistenza
dell'aldilà.
Perchè la morte fa così paura? Certamente perchè è l’oblio a
sconvolgere la nostra coscienza e a smuovere la paura primordiale della
morte. L’uomo vuole vivere, sente se stesso come un essere fatto per la
vita e il rischio di essere consegnato al non-essere perpetuo è fonte di
una profonda angoscia esistenziale.
Se da una parte le religioni, sapienze antiche, prospettano la certa
continuazione della vita nell’aldilà, fornendo una straordinaria
mitigazione della paura della morte e un sostanziale significato alla
vita del credente, la società contemporanea tende ad esorcizzare la
paura della morte o cancellandola dall’esperienza quotidiana, evitando
di parlarne o di pensarvi, oppure spettacolarizzandola in fiction
televisive e cinematografiche nelle quali l’eroe di turno causa la morte
dei nemici come se fossero mosche.
Da qualche tempo, però, ad interessarsi al fenomeno della morte e
della sua possibile funzione come passaggio verso un nuovo stato di vita
c’è anche la scienza, in particolare quella disciplina definita come
‘fisica quantistica’, una branca della fisica che studia il
comportamento delle particelle a livello atomico e subatomico.
Tra i ricercatori più appassionati della questione vi è il professor
Robert Lanza, direttore scientifico presso l’Advanced Cell Technology e
professore aggiunto presso la Wake Forest University School of Medicine.
Come ricercatore ha pubblicato centinaia di articoli scientifici e
numerose invenzioni e ha scritto, fino ad ora, più di 30 libri, tra i
quali “Principles of Tissue Engineering” (Principi di ingegneria dei
tessuti) e “Essentials of Stem Cell Biology” (Fondamenti di biologia
delle cellule staminali), due pubblicazioni che sono riconosciute come
riferimenti definitivi in campo scientifico.
Lanza sostiene la teoria del Biocentrismo, secondo la quale la morte
come noi la conosciamo non sarebbe altro che un’illusione generata dalla
nostra coscienza. “Ci hanno insegnato a pensare che la vita sia solo
l’attività generata dalla combinazione del carbonio e di una miscela di
molecole, che vivremo per un certo tempo e che poi finiremo per marcire
sottoterra”, scrive Lanza sul suo sito web. “In effetti, noi crediamo
nella morte perchè ci è stato insegnato che moriremo, o più
specificamente, ci hanno insegnato che la nostra coscienza è un fenomeno
associato al nostro organismo e che questa morirò con esso”.
La sua Teoria del Biocentrismo, però, afferma che la morte non può
essere l’evento terminale che pensiamo che sia. Il Biocentrismo si
attesta come la teoria del tutto e mette la vita al centro e all’essenza
dell’attività dell’Universo. Lanza spiega che la vita e la biologia
sono il centro dell’esistenza. Anzi, è la vita stessa a creare
l’Universo e non il contrario.
Ciò significa che è la coscienza della persona a determinare la forma
e la dimensione degli oggetti nell’Universo. La filosofia realista di
provenienza greca ha sempre affermato che la realtà esiste di per sé, a
prescindere dall’esistenza dell’osservatore. La fisica quantistica,
invece, ha scoperto che l’osservatore è determinante nella formazione
della realtà. In effetti, la realtà che noi percepiamo con i nostri
sensi è l’incontro tra il ‘funzionamento di base dell’Universo’, che
potenzialmente può assumere infinite forme, e la ‘presenza
dell’osservatore’, che ne determina con la sua coscienza la forma.
Praticamente, la realtà è come la pensiamo! Lanza fa un esempio sul
modo in cui percepiamo la realtà intorno a noi: una persona percepisce
il cielo come di un certo colore, e gli viene insegnato che quel colore
si chiama ‘blu’. Ma le cellule del cervello di un’altra persona
potrebbero percepire un colore diverso, che chiamerebbe sempre blu, ma
che potrebbe corrispondere al mio ‘verde’.
Lanza pone questo postulato alla base della sua teoria: tutto ciò che
percepisci del mondo non può esistere senza la tua coscienza: la nostra
coscienza è alla base della realtà. Ponendo questo postulato
nell’osservazione più generale dell’Universo, significa che lo spazio e
il tempo non si comportano in maniera ‘dura’ e ‘veloce’ come ci sembra
di percepire. In sintesi, essi non esistono di per sé fuori di noi, ma
sono un prodotto della nostra coscienza!
L’esperimento della doppia fenditura
Nella presentazione della sua teoria biocentrica, Lanza ha citato il famoso Esperimento della doppia fenditura,
a fondamento delle sue affermazioni. L’esperimento ha mostrato che
quando un osservatore guarda passare una particella attraverso due
fenditure poste in una barriera, la particella si comporta come un
proiettile, passando attraverso una delle due fenditure. Tuttavia, se
l’osservatore smette di guardare la particella, questa inizia a
comportarsi come un’onda, riuscendo a passare attraverso entrambe le
fenditure nello stesso tempo.
Questo significa che la materia e l’energia possono presentare le
caratteristiche sia delle onde che delle particelle e che il loro
comportamento dipende dalla percezione e dalla coscienza di un
osservatore.
La fisica quantistica sembra confermare le teorie dei filosofi
idealisti, i quali hanno sempre pensato che la realtà fosse un prodotto
della mente dell’uomo. Una volta che spazio e tempo vengono accettati
come costrutti della nostra mente, significa che la morte, e l’idea di
mortalità, sono anch’esse un fenomeno legato all’esperienza sensoriale
della nostra coscienza. Con la morte del nostro organismo, la nostra
coscienza entra in una condizione dove non esistono pi confini spaziali e
temporali: l’eternità!
Secondo Lanza, la vita è un’avventura che trascende il nostro modo
ordinario di pensare. Quando moriamo, non entriamo nel mondo caotico del
non-essere, ma torniamo alla matrice fondamentale dell’Universo: “con
la morte, la nostra vita diventa un fiore perenne che torna a vivere nel
multiverso”, il luogo delle possibilità infinite. Se non sapessimo che
si tratta di uno scienziato, penseremmo di ascoltare un uomo di
religione.
L’anima come struttura fondamentale dell’Universo
Ma Robert Lanza non è l’unico scienziato a ritenere che la fisica
quantistica giustifichi l’esistenza della vita eterna. Un medico
americano, il dottor Stuart Hameroff, e un fisico quantistico inglese di
fama mondiale, Sir Roger Penrose, hanno sviluppato una teoria che
potrebbe dimostrare definitivamente l’esistenza dell’anima. Secondo la Teoria Quantistica della Coscienza
elaborata dai due scienziati, le nostre anime sarebbero inserite in
microstrutture chiamate “microtubuli”, contenute all’interno delle
nostre cellule cerebrali.
La loro idea nasce dal considerare il nostro cervello come una sorta
di “computer biologico”, equipaggiato con una rete di informazione
sinaptica composta da più di 100 miliardi di neuroni . Essi sostengono
che la nostra esperienza di coscienza è il risultato dell’interazione
tra le informazioni quantiche e i microtubuli, un processo che i due
hanno definito “Orch-OR” (Orchestrated Objective Reduction).
Con la morte corporea i microtubuli perdono il loro stato quantico, ma
le informazioni in essi contenute non vengono distrutte.
In parole povere, la coscienza non muore, ma torna alla sua sorgente.
“Quando il cuore smette di battere e il sangue non scorre più, i
microtubuli smettono di funzionare perdendo il loro stato quantico”,
spiega il dottor Hameroff, professore emerito presso il Dipartimento di
Anestesiologia e Psicologia e direttore del Centro di Studi sulla
Coscienza presso l’Università dell’Arizona. “L’informazione quantistica
contenuta nei microtubuli non è distrutta, non può essere distrutta, ma
viene riconsegnata al cosmo. Quando un paziente torna a vivere dopo una
breve esperienza di morte, l’informazione quantistica torna a legarsi ai
microtubuli, facendo sperimentare alla persona i famosi casi di
premorte”.
La grande portata di questa teoria è evidente: la coscienza umana,
così intesa, non è il semplice prodotto che emerge da un processo
biologico, né si esaurisce nell’interazione tra i neuroni del nostro
cervello, ma è un informazione quantistica in grado di esistere al di
fuori del corpo a tempo indeterminato. Certamente la prospettiva è
entusiasmante, dato che queste teorie sono in grado di dare un senso
alla morte. Ma la domanda che sorge conseguentemente allora è questa:
qual è lo scopo dell’esperienza che facciamo nello spazio e nel tempo
qui sulla Terra?
Letture suggerite
Il
fenomeno dell’Entanglement rappresenta l’aspetto più sconvolgente mai
scoperto dalla fisica quantistica odierna, e sembra coinvolgere non solo
le particelle elementari, ma anche il mondo macroscopico e psichico.
L’autore, usando un linguaggio chiaro e accessibile a tutti, ci guida
in un viaggio entusiasmante nei laboratori e nei centri di ricerca
mondiali, dove stanno realizzandosi alcune tra le più grandi avventure
scientifiche umane, in un crescendo coinvolgente che ci porta dal mondo
microscopico di fotoni ed elettroni, ai misteri del DNA, del cervello e
della coscienza, fino ad arrivare ai fenomeni psichici e a quelli di
coscienza collettiva.
Un unico meccanismo fisico sincronico sembra unire tra loro tutti
questi fenomeni, dove particelle, materia e coscienza si fondono in una
sola realtà olografica, rendendo concreti e spiegabili fenomeni come la
telepatia, il teletrasporto, la precognizione, la visione remota e la
psicocinesi.
Nel
1975, con “Il Tao della fisica”, Capra diede alla scienza un contributo
dirompente, stabilendo dei paralleli tra quelle che continuavano a
essere due realtà separate, la fisica e la metafisica, la scienza e lo
spirito.
Spingendosi ancora più in là, il fisico quantistico Amit Goswami pone
le premesse non di un parallelismo, ma di una completa integrazione tra
questi due campi, spiegando il perché, ricorrendo ad aneddoti ed esempi
coloriti tratti dalla cultura popolare, in un linguaggio comprensibile a
tutti. Scrive nell’introduzione: “La fisica quantistica non basta per
immergerci nel mistero della materia: è mai evidente che essa, in quanto
tale, non è completa; per completarla è necessario l’osservatore, la
coscienza”.
Nell’ultima parte del libro Goswami spiega come la nuova scienza
possa aiutare a compiere un enorme balzo avanti nella coscienza; discute
della creatività del corpo nei processi di autoguarigione, del potere
delle pratiche spirituali, di come scegliere la propria via di
meditazione e dei cinque livelli della crescita spirituale, che culmina
nella capacità di trascendere le leggi fisiche della natura.
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