giovedì 5 dicembre 2013

La fisica quantistica dimostra che la vita continua dopo la morte

Nell'epoca contemporanea, intrisa di scientismo e materialismo, la maggior parte degli scienziati ritiene che il concetto di vita ultraterrena o è una sciocchezza, oppure, se realmente esistesse, è completamente indimostrabile. Eppure, un ricercatore afferma che la fisica quantistica è in grado di fornire prove certe dell'esistenza dell'aldilà.

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Perchè la morte fa così paura? Certamente perchè è l’oblio a sconvolgere la nostra coscienza e a smuovere la paura primordiale della morte. L’uomo vuole vivere, sente se stesso come un essere fatto per la vita e il rischio di essere consegnato al non-essere perpetuo è fonte di una profonda angoscia esistenziale.

Se da una parte le religioni, sapienze antiche, prospettano la certa continuazione della vita nell’aldilà, fornendo una straordinaria mitigazione della paura della morte e un sostanziale significato alla vita del credente, la società contemporanea tende ad esorcizzare la paura della morte o cancellandola dall’esperienza quotidiana, evitando di parlarne o di pensarvi, oppure spettacolarizzandola in fiction televisive e cinematografiche nelle quali l’eroe di turno causa la morte dei nemici come se fossero mosche.

Da qualche tempo, però, ad interessarsi al fenomeno della morte e della sua possibile funzione come passaggio verso un nuovo stato di vita c’è anche la scienza, in particolare quella disciplina definita come ‘fisica quantistica’, una branca della fisica che studia il comportamento delle particelle a livello atomico e subatomico.

Tra i ricercatori più appassionati della questione vi è il professor Robert Lanza, direttore scientifico presso l’Advanced Cell Technology e professore aggiunto presso la Wake Forest University School of Medicine. Come ricercatore ha pubblicato centinaia di articoli scientifici e numerose invenzioni e ha scritto, fino ad ora, più di 30 libri, tra i quali “Principles of Tissue Engineering” (Principi di ingegneria dei tessuti) e “Essentials of Stem Cell Biology” (Fondamenti di biologia delle cellule staminali), due pubblicazioni che sono riconosciute come riferimenti definitivi in campo scientifico.

Lanza sostiene la teoria del Biocentrismo, secondo la quale la morte come noi la conosciamo non sarebbe altro che un’illusione generata dalla nostra coscienza. “Ci hanno insegnato a pensare che la vita sia solo l’attività generata dalla combinazione del carbonio e di una miscela di molecole, che vivremo per un certo tempo e che poi finiremo per marcire sottoterra”, scrive Lanza sul suo sito web. “In effetti, noi crediamo nella morte perchè ci è stato insegnato che moriremo, o più specificamente, ci hanno insegnato che la nostra coscienza è un fenomeno associato al nostro organismo e che questa morirò con esso”.

La sua Teoria del Biocentrismo, però, afferma che la morte non può essere l’evento terminale che pensiamo che sia. Il Biocentrismo si attesta come la teoria del tutto e mette la vita al centro e all’essenza dell’attività dell’Universo. Lanza spiega che la vita e la biologia sono il centro dell’esistenza. Anzi, è la vita stessa a creare l’Universo e non il contrario.

Ciò significa che è la coscienza della persona a determinare la forma e la dimensione degli oggetti nell’Universo. La filosofia realista di provenienza greca ha sempre affermato che la realtà esiste di per sé, a prescindere dall’esistenza dell’osservatore. La fisica quantistica, invece, ha scoperto che l’osservatore è determinante nella formazione della realtà. In effetti, la realtà che noi percepiamo con i nostri sensi è l’incontro tra il ‘funzionamento di base dell’Universo’, che potenzialmente può assumere infinite forme, e la ‘presenza dell’osservatore’, che ne determina con la sua coscienza la forma.

Praticamente, la realtà è come la pensiamo! Lanza fa un esempio sul modo in cui percepiamo la realtà intorno a noi: una persona percepisce il cielo come di un certo colore, e gli viene insegnato che quel colore si chiama ‘blu’. Ma le cellule del cervello di un’altra persona potrebbero percepire un colore diverso, che chiamerebbe sempre blu, ma che potrebbe corrispondere al mio ‘verde’.

Lanza pone questo postulato alla base della sua teoria: tutto ciò che percepisci del mondo non può esistere senza la tua coscienza: la nostra coscienza è alla base della realtà. Ponendo questo postulato nell’osservazione più generale dell’Universo, significa che lo spazio e il tempo non si comportano in maniera ‘dura’ e ‘veloce’ come ci sembra di percepire. In sintesi, essi non esistono di per sé fuori di noi, ma sono un prodotto della nostra coscienza!






 

L’esperimento della doppia fenditura


Nella presentazione della sua teoria biocentrica, Lanza ha citato il famoso Esperimento della doppia fenditura, a fondamento delle sue affermazioni. L’esperimento ha mostrato che quando un osservatore guarda passare una particella attraverso due fenditure poste in una barriera, la particella si comporta come un proiettile, passando attraverso una delle due fenditure. Tuttavia, se l’osservatore smette di guardare la particella, questa inizia a comportarsi come un’onda, riuscendo a passare attraverso entrambe le fenditure nello stesso tempo.

Questo significa che la materia e l’energia possono presentare le caratteristiche sia delle onde che delle particelle e che il loro comportamento dipende dalla percezione e dalla coscienza di un osservatore.


La fisica quantistica sembra confermare le teorie dei filosofi idealisti, i quali hanno sempre pensato che la realtà fosse un prodotto della mente dell’uomo. Una volta che spazio e tempo vengono accettati come costrutti della nostra mente, significa che la morte, e l’idea di mortalità, sono anch’esse un fenomeno legato all’esperienza sensoriale della nostra coscienza. Con la morte del nostro organismo, la nostra coscienza entra in una condizione dove non esistono pi confini spaziali e temporali: l’eternità!

Secondo Lanza, la vita è un’avventura che trascende il nostro modo ordinario di pensare. Quando moriamo, non entriamo nel mondo caotico del non-essere, ma torniamo alla matrice fondamentale dell’Universo: “con la morte, la nostra vita diventa un fiore perenne che torna a vivere nel multiverso”, il luogo delle possibilità infinite. Se non sapessimo che si tratta di uno scienziato, penseremmo di ascoltare un uomo di religione.

L’anima come struttura fondamentale dell’Universo


Ma Robert Lanza non è l’unico scienziato a ritenere che la fisica quantistica giustifichi l’esistenza della vita eterna. Un medico americano, il dottor Stuart Hameroff, e un fisico quantistico inglese di fama mondiale, Sir Roger Penrose, hanno sviluppato una teoria che potrebbe dimostrare definitivamente l’esistenza dell’anima. Secondo la Teoria Quantistica della Coscienza elaborata dai due scienziati, le nostre anime sarebbero inserite in microstrutture chiamate “microtubuli”, contenute all’interno delle nostre cellule cerebrali.

La loro idea nasce dal considerare il nostro cervello come una sorta di “computer biologico”, equipaggiato con una rete di informazione sinaptica composta da più di 100 miliardi di neuroni . Essi sostengono che la nostra esperienza di coscienza è il risultato dell’interazione tra le informazioni quantiche e i microtubuli, un processo che i due hanno definito “Orch-OR” (Orchestrated Objective Reduction). Con la morte corporea i microtubuli perdono il loro stato quantico, ma le informazioni in essi contenute non vengono distrutte.

In parole povere, la coscienza non muore, ma torna alla sua sorgente. “Quando il cuore smette di battere e il sangue non scorre più, i microtubuli smettono di funzionare perdendo il loro stato quantico”, spiega il dottor Hameroff, professore emerito presso il Dipartimento di Anestesiologia e Psicologia e direttore del Centro di Studi sulla Coscienza presso l’Università dell’Arizona. “L’informazione quantistica contenuta nei microtubuli non è distrutta, non può essere distrutta, ma viene riconsegnata al cosmo. Quando un paziente torna a vivere dopo una breve esperienza di morte, l’informazione quantistica torna a legarsi ai microtubuli, facendo sperimentare alla persona i famosi casi di premorte”.

La grande portata di questa teoria è evidente: la coscienza umana, così intesa, non è il semplice prodotto che emerge da un processo biologico, né si esaurisce nell’interazione tra i neuroni del nostro cervello, ma è un informazione quantistica in grado di esistere al di fuori del corpo a tempo indeterminato. Certamente la prospettiva è entusiasmante, dato che queste teorie sono in grado di dare un senso alla morte. Ma la domanda che sorge conseguentemente allora è questa: qual è lo scopo dell’esperienza che facciamo nello spazio e nel tempo qui sulla Terra?



Letture suggerite



Il fenomeno dell’Entanglement rappresenta l’aspetto più sconvolgente mai scoperto dalla fisica quantistica odierna, e sembra coinvolgere non solo le particelle elementari, ma anche il mondo macroscopico e psichico.


L’autore, usando un linguaggio chiaro e accessibile a tutti, ci guida in un viaggio entusiasmante nei laboratori e nei centri di ricerca mondiali, dove stanno realizzandosi alcune tra le più grandi avventure scientifiche umane, in un crescendo coinvolgente che ci porta dal mondo microscopico di fotoni ed elettroni, ai misteri del DNA, del cervello e della coscienza, fino ad arrivare ai fenomeni psichici e a quelli di coscienza collettiva.

Un unico meccanismo fisico sincronico sembra unire tra loro tutti questi fenomeni, dove particelle, materia e coscienza si fondono in una sola realtà olografica, rendendo concreti e spiegabili fenomeni come la telepatia, il teletrasporto, la precognizione, la visione remota e la psicocinesi.




Nel 1975, con “Il Tao della fisica”, Capra diede alla scienza un contributo dirompente, stabilendo dei paralleli tra quelle che continuavano a essere due realtà separate, la fisica e la metafisica, la scienza e lo spirito.


Spingendosi ancora più in là, il fisico quantistico Amit Goswami pone le premesse non di un parallelismo, ma di una completa integrazione tra questi due campi, spiegando il perché, ricorrendo ad aneddoti ed esempi coloriti tratti dalla cultura popolare, in un linguaggio comprensibile a tutti. Scrive nell’introduzione: “La fisica quantistica non basta per immergerci nel mistero della materia: è mai evidente che essa, in quanto tale, non è completa; per completarla è necessario l’osservatore, la coscienza”.

Nell’ultima parte del libro Goswami spiega come la nuova scienza possa aiutare a compiere un enorme balzo avanti nella coscienza; discute della creatività del corpo nei processi di autoguarigione, del potere delle pratiche spirituali, di come scegliere la propria via di meditazione e dei cinque livelli della crescita spirituale, che culmina nella capacità di trascendere le leggi fisiche della natura.

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