Gli alberi parlano, amano, litigano… proprio come noi uomini
Il faggio è molto determinato e sa essere spietato. La betulla è litigiosa e irritabile. La quercia ha i comportamenti e il linguaggio di un padre di famiglia. Gli alberi sono al centro del nostro ecosistema e, oltre a essere fonte di simbolismi, sono anche molto simili a noi. A partire dal modo di esprimersi.
Come comunicano gli alberi
Gli alberi parlano. Non in senso metaforico, immaginario, ma con un
vero e autentico linguaggio, che si esprime attraverso gesti e significati
molto simili a quelli degli uomini. La scoperta, che conferma lo straordinario equilibrio
della Natura tra uomini, animali e piante, dove gli alberi sono un pezzo
centrale dell’ecosistema, è stata codificata nel libro di Peter Wohlleben, intitolato “La saggezza degli alberi” (edizioni
Garzanti). Nel libro, l’autore, scrittore, escursionista, guardaboschi e guida
forestale, riesce a dimostrare la
teoria in base alla quale gli alberi, appunto, comunicano tra di loro, in una
fitta e costante conversazione. Amano e odiano. Attaccano e si difendono
attraverso il linguaggio. Hanno precise regole gerarchiche di convivenza.
Proprio come gli uomini.
Significato simbolico degli alberi
L’albero come simbolo è concetto noto. Si sa che fu d’ispirazione per
Newton, che
seduto sotto un melo vide cadere un frutto e cominciò a ragionare sulla sua
teoria della gravitazione che ha rivoluzionato il mondo. E che proprio sotto un albero, per la precisione un
fico Sacro, il Buddha raggiunse il Nirvana. Un albero, però, può essere anche
la pietra miliare di un’intera tradizione, religione e cultura, come lo è
l’albero dell’Eden, da cui la Bibbia narra che Eva staccò il
frutto sacro e condannò lei, Adamo e la prole futura alla vita sulla Terra.
Oppure c’è l’albero come simbolo di memoria, individuale o collettiva. Ognuno di noi ha un albero che
gli ricorda qualcosa, magari di quando vi si arrampicava da bambino, o il primo
bacio concesso proprio sotto la sua chioma. Oppure, un albero è l’effige di un
ricordo per una intera comunità, come lo è il Pero da frutto dinanzi a Ground
Zero, New York, che ha resistito alle esplosioni che hanno sgretolato le Torri
Gemelle e migliaia di vite. Quell’albero sta lì, con una ferita evidente su un
lato, a ricordare l’orrore ma anche la forza di resistere, come simbolo di
resilienza, di rinascita dalle ceneri, una botanica Fenice.
Libri e varie...
Simbologia degli alberi
È
proprio in virtù di questa sensibilità e di queste storie che, a partire dalla fine degli anni ‘60, in filosofia
si è cominciato a parlare di etica ambientale. Da quel periodo – florido per
intuizioni riguardo al necessario cambiamento degli stili di vita in senso
sostenibile – ci si è cominciati a interrogare sul valore morale del non-umano.
Sono così nati i movimenti per i diritti degli animali, che
hanno gettato le basi per la sensibilità odierna circa il loro sfruttamento,
nell’industria della catena alimentare così come in quella della ricerca
scientifica e della moda.
I più arditi, tra i filosofi e gli accademici che avanzavano teorie in materia di
etica ambientale, sostenevano la
necessità di considerare anche gli elementi naturali – oltre umani e
animali – come portatori di interessi sia dal punto di vista legale che,
appunto, etico. Il significato stava, e rimane, tutto in un
concetto di giustizia intergenerazionale, che esige da chi vive nel presente,
di non devastare il mondo a scapito dei non-ancora-nati, imponendogli costi
economici e morali altissimi. È nata
così la sensibilità circa la deforestazione, l’inquinamento dell’atmosfera e
dei mari, lo scioglimento dei ghiacciai e la cementificazione di aree naturali.
Tornando agli alberi, è stato provato che questi non solo rappresentano tutto quello che è stato detto fino a qui, ma che sono anche in grado di comunicare. Lo fanno, tra l’altro, non solo tramite simbolismi con gli umani che gliene affidano, ma anche tra loro, all’interno di una sorta di comunità vegetale finora a noi sconosciuta – che nasconde probabilmente una fitta rete di relazioni tra i vari componenti. Nel suo libro Wohlleben ci confessa che i due re della foresta sono il faggio e la quercia, che assumono i comportamenti classici del padre e della madre di famiglia. Un po’ proteggono la prole e gli altri conviventi, un po’ dettano quale legge vada rispettata sotto le loro chiome. Per esempio, il faggio lascia cadere dai rami le foglie che creano un tappeto assorbito dal terreno, diventando humus per la crescita di altre specie, ma allo stesso tempo è in grado di crescere attraverso le chiome degli alberi vicini, superarle e sottrarre loro la luce di cui hanno bisogno. La quercia, invece, è l’albero eroico per antonomasia, il fusto più aitante, l’elemento del gruppo che accetta senza remore umidità, aridità, indurimento del terreno e ghiaccio, arrivando così a vivere anche 5000 anni.
Significato degli alberi
Tutti gli alberi, così come le persone, hanno una loro personalità e
un loro carattere. Se, infatti, il faggio è resistente, alto, determinato e
all’occorrenza spietato e la quercia è saggia, robusta e resiliente, altri
alberi rispondono ad altre, diverse, caratteristiche. È il caso della betulla, indicata da Wohlleben
come uno tra gli alberi più litigiosi e irritabili. I suoi lunghi rami
diventano delle armi improprie quando, come fruste agitate dal vento, tagliano
di netto i rami dei malcapitati vicini. I funghi e i batteri che si formano
nelle estremità recise penetrano fino al cuore del tronco, portando l’albero a
una morte lenta, per la sola colpa di essere cresciuto vicino alla Betulla.
Tra
gli alberi, tuttavia, esistono anche sentimenti di amorevole e amicale
convivenza. Accade quando due alberi cooperano per giungere insieme ad avere
più luce, aiutandosi a vicenda, facendo convergere l’uno verso l’altro i propri
rami. Infine, oltre il simbolismo degli alberi “piangenti” come il salice o, di
nuovo, la betulla, molti alberi
piangono veramente. Facendo trapelare una resina dalle ferite, alberi come le
conifere, curano istantaneamente l’escoriazione, oppure intrappolano insetti o
volatili che tentano di penetrare la corteccia per nutrirsi della linfa.
Insomma, gli alberi oltre a darci da mangiare e da bere, ci assomigliano più di quanto pensiamo. Comunicano, hanno personalità e caratteri. Forse, se queste scoperte fossero state compiute negli stessi anni in cui venivano avanzate le teorie sull’etica ambientale, il processo di sensibilizzazione sul rispetto e la cura della Natura sarebbe cominciato con notevole anticipo.
Forse, le conseguenze del cambiamento climatico umano-centrico e umano-prodotto, sarebbero state minori e ne sarebbe risultata una coscienza collettiva in tempi più utili. Tuttavia, forse, non è ancora troppo tardi per imparare dalle parole della Natura.
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