Il metodo Juncker applicato ai vaccini (1 puntata)
“Prendiamo una decisione, poi la mettiamo sul tavolo e aspettiamo un po’ per
vedere che succede. Se questa [carognata] non provoca proteste né rivolte,
perché la maggior parte della gente non capisce niente di cosa è stato deciso,
andiamo avanti passo dopo passo fino al punto di non ritorno“. (Juncker). Leggete qui l’intervista
al presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, che teorizza il
suo metodo politico.
Cosa c’entra il metodo Juncker con
le vaccinazioni?
Vediamolo.
I
vaccini per i bambini.
Notizie
ricorrenti (ormai da anni) ci raccontano che è “di moda” non vaccinare più i
bambini. E che le istituzioni sanitarie fanno il possibile per riportare sulla
retta via migliaia di genitori scriteriati (descritti anche come
“salutisti-vegani” in senso dispregiativo). A cadenza regolare, diversi
professori o figure di spicco del mondo sanitario – come il ministro Lorenzin o
il presidente dell’Istituto superiore di Sanità, Walter Ricciardi – invitano
la popolazione a correre ai ripari “per tutelare l’immunità di gregge”,
pena la diffusione di “gravissime malattie”. Infine, il trito e bugiardo ritornello
dogmatico: “I vaccini sono sicurissimi, non hanno fatto mai male a nessuno”.
Peccato che i
numeri smentiscano. In tutta Italia il 93% dei bambini è “coperto” dalle 4
vaccinazioni obbligatorie (antipoliomielite, antitetatica, antidifterica e
antiepatite B) comprese l’anti-Haemophilus e la pertosse, i due vaccini
incorporati nel quadrivalente perché così conviene (a chi produce, of course).
Cliccate qui.
E peccato che non si
sia mai dimostrato che con il 93% di copertura si rischino epidemie! In
Austria, da decenni, è vaccinato soltanto l’80% dei bambini e non si sono
verificati più focolai e contagi che da noi.
E allora di cosa stiamo parlando?
La
grancassa – molto mediatica e poco scientifica – fa da apripista al metodo
Juncker applicato ai vaccini: con la presunta immunità di gregge (mai
verificata e, visti gli spostamenti globali, impossibile da raggiungere ma
che poi non riguarda malattie come il tetano e l’epatite virale B) si
costringono tutte le famiglie alla protezione preventiva (!), altrimenti
niente nido e niente materna.
Tanto nessuno protesta…
Poi,
un domani, niente scout, niente corso di nuoto, niente gelateria, niente scuola
dell’obbligo. E intanto, visto che
nessuno dice niente, si radica la procedura “nazi”. Ti discrimino (come è stato
fatto con i neri, con gli ebrei, con gli omosessuali, con i disabili, con le
donne) negandoti l’istruzione e mettendoti all’indice.
Purtroppo sono sempre di più i
genitori soggiogati, vittime del terrorismo da malattie e della conseguente
politica discriminatoria. Leggiamo sulla pagina Facebook di Mamma informata, a firma Massimo:
“… sì, perchè se poi mio figlio contrae qualche malattia da qualcuno, ti
vengo a fare i vaccini ad aria compressa nelle vene” (!!!). E viene da
chiedere a Massimo la ragione di tanto rancore visto che avrà vaccinato suo
figlio…
Così: si fa credere che le “malattie” (generico è meglio) si diffondano per colpa dello sparuto 7% di non vaccinati senza dare nessuna prova di questa affermazione. Fino ad avvalorare il paradosso che se un vaccinato si ammala non è colpa del vaccino che non ha funzionato ma dell’immunità di gregge che fa acqua.
I nostri governanti tanto illuminati stanno calpestando i diritti
costituzionali all’uguaglianza oltre a quelli sulla libertà di cura e
sull’istruzione per tutti;
hanno zittito il dibattito scientifico sulle vaccinazioni: alle
trasmissioni televisive partecipano solo i professori che parlano
inconfutabilmente bene dei vaccini; i medici critici non sono mai invitati per
dare l’illusione che non esistano. Ai confronti con i professoroni sono ammessi talvolta
cantanti e attori, in nome dello show, per mostrare al pubblico che “chi è
contro i vaccini non è medico e non ha competenza per parlare”.
Possibile che per crescere bene
servano 40 dosi (di 12 vaccini) entro i sei anni e 53 dosi (di 14 vaccini)
entro i 18?
Possibile che ogni nuovo vaccino venga comprato col denaro pubblico e promosso?
Possibile che si venga obbligati a
trattamenti sanitari in assenza di epidemie?
“Sui vaccini non esistono opinioni – ci viene detto – e se te ne fai
una diversa dalla mia, la tua è sicuramente sbagliata”.
E
ora si stanno inventando i trattamenti sanitari obbligatori
“preventivi” di una serie di malattie che non sono più nemmeno in circolazione,
pena l’ammissione a scuola.
La protesta dei genitori
Ecco
la prima sollevazione trasversale.
Promossa dai genitori dei comuni che l’anno prossimo verranno colpiti dal dicktat “no vaccino, no scuola”: abitano in
Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Toscana, Umbria. Sono tutti
in rete. Fra di loro non vi è solo il 7% che ha scelto di non vaccinare i
propri figli (a proposito, qualcuno si è chiesto quali siano le ragioni di
una scelta così radicale? Se in queste famiglie vi sia un fratello più grande o
un cuginetto che ha subito un danno importante post vaccinazione?) ma vi
sono anche famiglie che hanno scelto “alcune vaccinazioni sì e altre no. Come
la nostra Costituzione permette” e che sono seriamente preoccupate dai
“provvedimenti lesivi delle libertà personali”.
Vi
propongo la lettera che i cittadini di
Perugia hanno mandato al loro
sindaco. Il quale, contraddicendo una recente delibera regionale, si è
espresso a favore dell’obbligo vaccinale. Leggete qui.
“La vaccinazione in quanto atto
sanitario deve essere preceduta da accettazione volontaria” si legge nella delibera approvata
in gennaio alla Regione Umbria. E ora, per il primo cittadino di Perugia, è
tutto ribaltato.
Cosa è successo, in pochi mesi?
Quale epidemia “a giustificare il superamento del limite imposto dal rispetto
della persona umana”?
si domandano i cittadini. E ancora: “Da
cosa nasce la decisione di obbligare e non informare?” I perugini chiedono
un confronto aperto con gli amministratori: “Chi si prenderebbe la
responsabilità se, sciaguratamente, dovesse capitare un danno vaccinale?” E
“come mai i nostri figli sono considerati veicoli di malattia solo all’asilo e
non al cinema o nelle sale giochi? E come mai i bimbi piccoli sono obbligati a
un trattamento sanitario e le maestre dell’asilo e i cuochi e gli scodellatori,
no?”.
Da cosa nasce la decisione di
obbligare e non informare?
Quali epidemie?
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