mercoledì 7 settembre 2016

Dittatura sanitaria

Dittatura sanitaria
Non mi sono meravigliata del diktat della Federazione Nazionale dell’Ordine dei Medici: è in linea col governo, da sempre.
Alla luce dei decenni passati tra studio ed esercizio della professione medica, posso sostenere con giusta convinzione che in nessun altro paese del mondo i medici siano maltrattati e umiliati come in Italia.
L’Italia ha il più alto numero di medici  del mondo: qui i medici devono  essere manovalanza a basso costo per essere impiegati in un ramificato sistema succhia-soldi a benefico del malaffare.

Università a porte spalancate dagli anni ottanta,  il numero chiuso attuale comunque è una presa in giro, un ulteriore costo per le famiglie e per gli aspiranti studenti che si sobbarcano mesi di studio di quiz assurdi ed esami burletta in giro per il paese, graduatorie, pescaggi e ripescaggi, trasferimenti forzati in altre città per regole mutevoli secondo logiche inespresse, motivate in modo pretenzioso dall’imbecille ministeriale di turno.
Una pletora di studenti senza tutor che intasa Università sempre più povere ma con numero crescente di Cattedre dai nomi fantasiosi (cos’è la “medicina Traslazionale”? – questa parola non l’ho trovata nella Treccani) dove nominare il raccomandato di turno, studenti  fuoricorso perenni, mai cacciati  perché continuano a pagare rette.

Alla laurea si arriva senza saper fare nulla, nemmeno preparare una terapia venosa, incidere un ascesso, suturare e medicare una ferita banale. Per quello ci sarebbe il corso di specializzazione post-laurea di ben 5 anni, dove però solo ben pochi della pletora dei laureati potranno entrare, per poi essere spesso defenestrati al termine  del corso, ormai con le tempie striate di bianco.

I posti chiave dove far carriera sono già prenotati dalla schiera degli eletti per diritto di nascita, altri posti spetteranno ai meritevoli per militanza politica o per frequentazioni giuste, camere da letto  comprese.
Nel corso della mia vita professionale lo stato italiano mi ha fatto lavorare senza versare alcun onere previdenziale, praticamente “in nero”, per sette anni. Nemmeno ho potuto riscattare, allora, ai fini pensionistici gli anni di laurea, causa regole allora vigenti, poi modificate quando orami le cifre erano diventate irraggiungibili.
Successivamente lo stato italiano ha tolto a molti medici il lavoro obbligando quelli di noi che svolgevano più di una attività, ad abbandonarla e lavorare solo in ospedale; successivamente  ha preteso la “mazzetta” sulla attività libero–professionale, persino se fatta presso il proprio studio privato.

Negli anni recenti, obbligo della posta elettronica certificata, dotazione del POS e persino obbligo di trasmettere alla agenzia delle Entrate le fatture dei pazienti; tutto ciò ha un costo economico che prescinde dal fatturato ed un costo in termini di scadente qualità di vita.
Per brevità taccio sull’Enpam e sulle tassazioni, sulle vicende dei medici di famiglia.

Il governo dittatoriale, nel silenzio totale della stampa e delle tv sta smaltellando rapidamente,  a colpi di “riforme”, quello che era il Sistema Sanitario Nazionale togliendo le cure persino ai pazienti oncologici mentre vuole imporre l’obbligo vaccinale a tutti  e minaccia la libertà decisionale del medico.

Ormai è chiaro che nessuna forza politica parlamentare difende i diritti dei cittadini, anzi, nessuna ha fiatato contro il diktat dei burattini ministeriali .
Quel che continua a meravigliare è l’acquiescenza degli Italiani, i commenti dei medici sui social sono troppo garbati, i dittatori della medicina meritano di essere presi  a male parole e cacciati.

Ricordiamoci che noi li manteniamo e noi possiamo e dobbiamo rifiutare qualunque imposizione: quella dei vaccini è solo una delle punte di un iceberg enorme che sgretolerà l’intero paese.

Solo la presa di coscienza costruttiva di molti potrà, forse, ritardare, se non impedire tale sfacelo.

La categoria dei medici potrebbe cominciare a ribellarsi, almeno quella parte di essa che conserva dirittura morale, amore per la professione, dedizione alla cura dei malati, rispetto per la propria libertà di giudizio, autonomia da qualunque imposizione politica ed economica.

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