martedì 30 giugno 2015

13 ATTEGGIAMENTI DA ABBANDONARE

LA VITA E' UNICA, E' QUI ED ORA. PER CUI:

1. Liberatevi dalla necessità di avere sempre ragione. Non ne vale la pena (potreste rompere un buon rapporto, creare stress e arrecare dolore agli altri).

2. Abbandonate il bisogno di controllare tutto ciò che vi sta succedendo (situazioni, eventi, persone). Siano così come sono.

3. Non incolpate gli altri per ciò che avete o non avete nella vita; siate totalmente responsabili della vostra vita.

4. Interrompete il dialogo negativo con voi stessi. Non permettete alle emozioni negative di governare la vostra vita.

5. Liberatevi dalla necessità di lamentarvi delle persone, situazioni, avvenimenti che vi rendono infelici.

6. Rinunciate alla critica delle persone diverse da voi e degli avvenimenti che non corrispondono alle vostre aspettative. Siamo tutti diversi…

7. Liberatevi dalla necessità di fare colpo sugli altri. Gettate la maschera, accettate ed amate il vostro vero Io.

8. Smettete di resistere ai cambiamenti. I cambiamenti ci aiutano a cambiare la vita nostra e degli altri (spesso in meglio).

9. Non giudicate le persone o le situazioni che non conoscete o non capite. Aprite la vostra coscienza alle novità.

10. Lasciate andare il passato.

11. Liberatevi dalle paure; le paure sono illusioni create dalla vostra mente.

12. Non giustificatevi;le giustificazioni sono limitanti.

13. Smettete di vivere in funzione delle aspettative degli altri. Troppa gente vive la vita che non gli appartiene, facendo ciò che si aspettano da loro: i genitori, gli amici, gli insegnanti, il governo, la società...

— con Amleto Melato.
Olga Samerina RSR
http://divinetools-raja.blogspot.it/ La Via del Ritorno... a Casa

Sembrano esseri umani, ma NON sono esseri umani...


Esistono uomini privi di "Io"?
Un 'tabu spirituale', indubbiamente, qualcosa che si fa fatica ad accettare e persino a ipotizzare.
Ma vediamo di che si tratta...

Dice dunque Rudolf Steiner nella conferenza del 17 Settembre 1924, rivolta ai pastori della Christengemeinschaft:

Nella nostra epoca s’incarnano una quantità innumerevole di persone prive di Io, che in realtà non sono esseri umani
Questa è una verità terribile. Le vediamo intorno a noi ma non sono incarnazioni di un io, sono inserite nell’ereditarietà fisica, ricevono un corpo eterico e un corpo astrale, sono in un certo senso interiormente equipaggiate di una coscienza arimanica. 
Se non le si osserva con attenzione, dall’esterno sembrano esseri umani, ma non sono esseri umani nel vero senso della parola. Questa è una verità terribile, ma è qualcosa che esiste, è una realtà[1]”.

Ma da dove proviene questa realtà, quali ne sono le cause?
Nella visione di Steiner sarebbe stata la morsa del materialismo sull’umanità a provocare la morte spirituale di circa un terzo dell’umanità, non più in grado di sviluppare una piena spiritualità.

A questa condizione umana si riferisce la piaga delle cavallette dell’epoca della quinta tromba dell’Apocalisse (Per cavallette non si intende degli uomini cavalletta, ma una allegoria per intendere l'invasione di uomini privi di individualità.).
“Queste cavallette avevano l’aspetto di cavalli pronti per la guerra. Sulla testa avevano corone che sembravano d’oro e il loro aspetto era come quello degli uomini. Avevano capelli come capelli di donne e i loro denti erano come quelli dei leoni. Avevano il torace simile a corazze di ferro e il rombo delle loro ali era come rombo di carri trainati da molti cavalli lanciati all’assalto. Avevano code come gli scorpioni e aculei. Nelle loro code c’era il potere di far soffrire gli uomini per cinque mesi. Il loro re era l’angelo dell’Abisso, che in ebraico si chiama Abaddon, in greco Sterminatore[2]”.

Ora, questa piaga delle cavallette sarebbe già in atto oggi dal punto di vista della coscienza umana; osservando i loro corpi astrali, questi esseri appaiono proprio come vengono descritti dall’autore dell’Apocalisse; locuste eteriche con volti umani.
Ma aggiunge Steiner: 
Non si tratta necessariamente sempre di anime malvagie, possono essere semplicemente anime che pervengono sino al livello animico, ma a cui manca l'io[3]”.

Si tratta insomma di esseri umani senza l’io incarnato che, in particolare dagli anni ’90 del secolo XIX, sono sempre più frequenti. Questi uomini possiedono corpo fisico, eterico e astrale, ma mancano di io.

Ora, evidentemente, il ‘vuoto’ relativo all’assenza del principio umano per eccellenza, l’Io, può venir 'riempito' - prosegue Steiner - da entità arimaniche, da anime 'vaganti' o anche da anime che sono rientrate sulla terra in ritardo, anime provenienti da altri pianeti, da quelli nei quali a suo tempo tutta l'umanità ha vissuto prima del periodo atlantideo[4].

Come si presentano questi esseri e, soprattutto, quale deve essere il nostro atteggiamento nei loro confronti?
In questa e altre occasioni Steiner sottolinea il fatto che queste persone - proprio per l’assenza dell’io - hanno una speciale necessità di amore e considerazione, proprio come dei bambini, in cui l'io non è ancora incarnato. Si tratta di persone che hanno una grande predominanza dell’anima, del sentire. Provano sentimenti molto pervasivi, profondi.
Possiamo dire che sono in tutto e per tutto simili ai giovani fino ai venti, ventuno anni, quando poi negli esseri umani ‘regolari’ s’incarna l’anima razionale e quindi la possibilità dell’incarnazione terrestre dell’io, mentre in loro rimane sempre la stessa natura.

Sostiene dunque Steiner: chi affermasse che non dovremmo provare partecipazione nei confronti questi uomini privi di io, privi di personale individualità, in quanto non avrebbero una successiva incarnazione, si sbaglierebbe di grosso. Va compreso, caso per caso, cosa vi sia propriamente in ciascuno di questi esseri. (...) Noi dobbiamo pertanto educare questi esseri in piena coscienza come degli esseri rimasti bambini[5]".

Soprattutto è necessario non rivelare loro la loro natura, perché questo li condurrebbe alla pazzia.
Nella vita, poi, avviene di regola che tali esseri incontrino degli uomini da imitare; questi ultimi costituiscono i loro modelli ed hanno anche la responsabilità del loro bene. Bene che nella maggior parte dei casi viene tradito vistosamente; basti pensare a come le classi dominanti di regola si comportano nei confronti della massa di manovra che hanno a disposizione.

Abbiamo dunque a che fare con corpi dotati di anima che non hanno l'io e che quindi non sono soggetti al karma.
Sono pertanto esseri che 'scompaiono' dopo la morte fisica.

In un altro ciclo di conferenze - il GA 300c - Steiner afferma che, anche se è estremamente sgradevole parlare di queste cose perché si viene aggrediti facilmente, pur tuttavia sono reali. 
Infatti le persone rispondono in modo molto ostile quando si dice loro che ci sono intorno a noi degli uomini che non sono uomini. Ma, aggiunge, questi sono dei dati di fatto e non avremmo un tale declino della civiltà se non vi fossero tanti esseri intorno a noi totalmente privi di scrupoli.

Esseri che non sono uomini ma demoni con sembianze umane.
Questi esseri sono i peggiori nemici dell'idea della reincarnazione perché manca loro l'organo corrispondente per accogliere tale idea, visto che essi dopo la morte scompariranno effettivamente nel nulla.

Alla domanda su come tutto questo sia possibile e permesso dalle entità spirituali, Steiner offre una risposta piuttosto sconcertante. Egli dice:
“Non è di per sé da escludere che nel cosmo si possa verificare un errore di calcolo. Da tempo viene stabilito quali individualità tra loro collegate debbano discendere. Ma vi sono anche concepimenti, verso i quali nessuna individualità ha voglia di scendere e di collegarsi con quella corporeità, oppure vi sono anche entità che le lasciano subito. A quel punto si presentano altri individui, che non sono tuttavia adatti. Ma è davvero ora molto frequente che vi siano in giro persone senza io, che in realtà non sono esseri umani veri e propri, che hanno in realtà solo una forma umana, esseri simili a spiriti della natura che non vengono riconosciuti come tali perché vanno in giro con sembianze umane[6]”.

Quali sono le differenze che intercorrono tra questi esseri e gli uomini dotati di io?
I primi differiscono molto dalle persone in tutto ciò che riguarda l’elemento spirituale. In particolare per taluni aspetti relativi alla memoria. Essi sono in grado di memorizzare solo le parole, ma hanno difficoltà a ricordare le frasi.

I misteri della vita - continua Steiner - non sono di semplice interpretazione. Quando un tale essere oltrepassa la soglia della morte, ritorna alla natura, da dove proviene. Il cadavere si corrompe, ma non ha luogo un regolare dissolvimento del corpo eterico e tale essere naturale ritorna alla natura[7]”.

Ma come vivono, come pensano questi esseri?
Steiner ci dice che la loro attività interiore è in certo modo automatica. Essendo a disposizione l’organismo umano nella sua totalità, in determinate circostanze può anche emergere una pseudo-moralità, suscitata dagli automatismi del cervello.

Ora, come mai queste rivelazioni ci colpiscono tanto? 
Eppure ci comunicano qualcosa che viene dato per scontato dalla maggior parte dell’umanità!
Per la chiesa, ad esempio, noi siamo costituiti di corpo e anima, dunque non abbiamo un io spirituale.
Per il materialista non abbiamo nessuna continuazione dopo la morte, né tanto meno karma alcuno.
Solo buio, nulla, assenza di esistenza.

Per la stragrande maggioranza delle persone che incontriamo ogni giorno, al lavoro, in discoteca, alle feste tra amici, magari in famiglia, gli uomini-locusta sono la norma.

Cos’è questo io? Come lo riconosciamo? Qual’è la differenza?
Forse riflettendo su queste domande possiamo cogliere l’essenza delle comunicazioni di Steiner sugli uomini senza io.
Iniziamo con il chiederci davvero quanta parte della nostra vita, delle nostre azioni e dei nostri pensieri è riconducibile a un io e quanta parte all'anima.

Faremo delle scoperte piuttosto inquietanti.
Dalla mattina alla sera di regola gioiamo e soffriamo, in un continuo movimento pendolare dell’anima; siamo spinti nei nostri giudizi, nelle nostre parole e nelle nostre azioni da simpatia e antipatia, da desiderio e repulsione.

Gli istinti determinano la quasi totalità dei nostri gesti. 
Siamo al 99% manovrati dall’anima, perché allora ci stupiamo di sapere che esistono persone che sembrano come noi ma che sono mancanti di quell'individualità che noi diamo per scontata ma che di fatto usiamo così poco?
Poi chiediamoci come certi esseri possono commettere i delitti più efferati - violentare o sacrificare bambini, uccidere figli o genitori - senza avere un minimo senso di orrore o di esitazione.
Interroghiamoci sul sentimento di sgomento, di smarrimento, che emerge nelle zone più profonde del nostro essere quando ci troviamo di fronte al male, alla crudeltà estrema.
Raffiguriamoci poi animicamente l’ostinato ateismo di chi nega a-priori ogni possibile realtà spirituale che permei il mondo visibile. Anche di fronte alle conferme più eclatanti.

Ecco, se approfondiremo queste immaginazioni, si presenterà davanti al nostro animo una contro-immagine di ciò che chiamiamo io e che in realtà è di fatto sperimentabile solo nell’attività interiore profonda.

[1] Rudolf Steiner, GA346, Apokalypse und Priesterwirken, pag.185
[2] http://www.verbumweb.net/it/bibbia/Apocalisse.pdf
[3] [3] Rudolf Steiner, GA346, Apokalypse und Priesterwirken, pag.186
[4] Cfr. Rudolf Steiner, La Scienza Occulta
[5] Rudolf Steiner, GA346, Apokalypse und Priesterwirken, pag.187
[6] Rudolf Steiner, Konferenzen mit den Lehrern der Freien Waldorfschule in Stuttgart 1919-1924 Heft 7 Ende März - Dezember 1923, Ausgabe 1962 03.07.1923 Seite 118a + 118b
[7] ibid.
di Piero Cammerinesi (corrispondente dagli USA di Coscienzeinrete Magazine e Altrainformazione)

lunedì 29 giugno 2015

7 Consigli utili per trattare con persone negative

Hai amici o colleghi negativi?

Conosci persone che nel parlare con loro ti trasmettono una sensazione di forte negatività?

Se è così, saprai di sicuro che non sono le persone più piacevoli da frequentare.

Dal mio punto di vista le persone negative sono quelle più fastidiose in ogni conversazione. Indipendentemente da quello che tu stia dicendo, loro trovano sempre un modo per girare le cose in una direzione negativa. Alcune di queste riescono ad essere così tanto negative che ci si sente scarichi e spossati solo a stargli vicino.


Nella vita, ho avuto a che fare con un discreto numero di persone negative (come tutti suppongo). In particolare quando frequentavo la scuola ero tendenzialmente circondato da studenti e insegnanti molto negativi.

La mia scuola non era in assoluto il posto migliore dove stare. Non era la migliore della città e non assomigliava ai modelli proposti dalla TV (sembrava per niente una di quelle scuole che si vedevano nei telefilm americani degli anni 80 con tutti studenti felici ed insegnanti fighi) e di conseguenza un sacco di persone non erano per niente contente di frequentarla. Questo valeva sia gli insegnanti (sempre preoccupati della loro condizione contrattuale) che per gli studenti (sempre pronti a fare filone). Da ragazzo, giovane e entusiasta sognatore, rimanevo a dir poco sorpreso dalla negatività della gente attorno a me ma, per fortuna, con il tempo (e i tanti libri che ho letto) ho imparato a gestirla e canalizzarla in azione consapevole nella maggior parte dei casi ...
Non so quando ma, ad un certo punto del mia vita ho deciso che piuttosto che essere vittima dalla negatività degli altri, volevo sviluppare la capacità di gestirla consapevolmente. In questo articolo voglio condividere con te, 7 piccoli trucchi utili ad interagire con le persone negative, appresi più che altro con l’esperienza e la sperimentazione.

1. Non metterti mai a discutere con loro. Evita il dibattito.
Una delle cose più importanti che ho imparato è quella di non incominciare mai un dibattito con una persona negativa.

Hai mai visto come funzionano in tv i talk show politici.
Quando comincia un dibattito, la contrapposizione tra due fazioni opposte, che vedono l’oggetto della discussione in due modi differenti, fa irrigidire le parti in causa sulle rispettive posizioni e la discussione non finisce mai. Il dibattito non porta mai da nessuna parte e produce accuse, repliche e alle volte insulti, con immenso piacere del solo conduttore.

Allo stesso modo, le presone negative sono molto fedeli al loro modo di vedere le cose e molto probabilmente non cambieranno mai opinione grazie alle cose che sentono dire da te. Se pensi che, le eventuali evidenze oggettive che riuscirai a produrre e le elaborate considerazioni che stai per formulare, potranno in qualche modo aiutare la persona che hai di fronte a guardare le cose da un punto di vista diverso, ti sbagli di grosso.

Qualunque cosa tu dica, loro troveranno almeno 10 differenti ragioni per sostenere il preoprio punto di vista, il loro pessimismo, e la loro negatività.

Se cadi nella trappola del dibattito (o del battibecco) la discussione scivolerà soltanto in un vortice di crescente negatività che, trascinerà anche te verso il fondo.
Piuttosto che metterti a dibattere, puoi cercare di formulare commenti costruttivi e se la persona a cui ti rivolgi non da segni di cambiare posizione non impegnarti ulteriormente.
Prova in questo modo :”certo è vero .. ma c’è anche da considerare che….(cosa positiva)”. Se noti che il tuo interlocutore continua ad essere fermo sulla sua posizione … Semplicemente, lascia perdere.

2. Empatizza con loro
Ti è mai capitato di sentirti frustrato, infastidito, giù di tono e qualcuno parlando con te ti ha poi consigliato di rilassarti, di stare su o semplicemente più tranquillo? Semmai con un’espressione del tipo : “compà non te preoccupà che passa!”.

Come ti sei sentito ad ascoltare questi “Grandi” consigli? Ti sei rilassato così come ti era stato suggerito oppure, ti sei sentito ancora più irritato?

Per la mia piccola esperienza, le persone che attraversano un momento di negatività, o stanno accusando un dolore, piccolo o grande che sia, ricevono maggior beneficio da un ascolto empatico, piuttosto che dall’offerta di una facile soluzione o di un consiglio su quello che dovrebbero o potrebbero fare.

Come regola generale, alla gente non piace sentirsi dire cosa devono o non devono fare. Ascoltandole e aiutandole ad affrontare le proprie emozioni, la soluzione ai loro problemi arriverà da sola, perché è sempre stata dentro di loro. La soluzione ai loro problemi deve solo palesarsi.

3. Prova a dare una mano
Non siamo tutti uguali. Soprattutto non comunichiamo tutti allo stesso modo. Ci sono alcune persone su questa Terra che usano il lamento come modalità per chiedere aiuto. Queste persone non sono consapevoli di questo loro modo di fare. Nella maggior parte dei casi non sono consapevoli della loro condizione di bisogno, ne tantomeno dei loro meccanismi mentali. Avvertono solo una strana sensazione di disagio che traducono in lamento.

E così i loro commenti, le frasi che pronunciano, assomigliano più a delle denunce (“questo va male”, “questo non si può fare”, “Qua non c’è niente da fare etc etc ”) , piuttosto che a delle richieste di aiuto.

Questo mi capita ad esempio quando lavoro in aula con chi ha perso il lavoro. La frase più comune che mi sento dire è: “in questa città non c’è niente non ci sono opportunità è tutto una schifezza” . Come vedi, piuttosto che formulare una richiesta di aiuto consapevole del tipo “aho! mi dai una mano”, si rifugiano nel vittimismo (forse per la vergogna di ammettere di non essere autosufficienti , di non bastarsi da soli).

Prenditi la responsabilità di dare loro un piccolo aiutino. Bastano alcune frasi magiche per comunicare loro una vicinanza e un sostegno. Frasi semplici come : “aho!
Stai bene?” oppure, “C’è qualcosa che posso fare per aiutarti?”, “ti posso dare una mano in qualche modo?”
Piccole frasi del genere possono fare davvero miracoli. Nel 99% dei casi, queste frasi spingono la persona all’azione e ad uscire da quello stato di torpore e di negatività dove si erano arroccate!
4. Attieniti a temi di conversazione frivoli
Uno di principali difetti di tutti noi italiani (ma particolarmente accentuato nelle persone del sud come me) è che ci prendiamo tutti troppo sul serio. Stiamo sempre a parlare di cose serie. Anzi abbiamo sempre un atteggiamento molto serioso! E ci vantiamo anche di questo !

Secondo la mia opinione, la negatività nasce anche dall’eccesso di “seriosità”!
Alle volte alcune persone accendono la propria negatività quando una conversazione richiama determinati argomenti. Tasse, Politica, Lavoro, Criminalità etc. etc.
Conoscevo una persona tempo fa che ogni volta che si parlava del suo lavoro affondava in un universo di vittimismo.
Non si accorgeva nemmeno di quello che dicevo o non dicevo, non mi ascoltava per niente, tappava letteralmente le orecchie. Cominciava e continuava a lamentarsi ogni volta che parlavamo del suo lavoro. E’ un commercialista. Se gli chiedevo : “come sta andando l’attività”, partiva con un fiume di negatività, sulle tasse , sui clienti che non volevano pagare, sul governo, e non riuscivo in alcun modo a fermarlo.

Vedi… il nostro primo impulso verso le persone negative di solito è quello di portarle per gradi verso posizioni più positive. Ma se la persona è evidentemente bloccata sulla sua negatività vuol dire che l’infelicità accumulata, in quella determinata area della sua vita, è troppo radicata e gli impedisce di affrontare una conversazione serena. Tutti i tentativi di portare la persona a vedere le cose in modo più positivo vengono dissipati all’istante.

Prova a portare la conversazione su un tema differente e, rigorosamente, più frivolo per alleggerire un po l’atmosfera. Parla di cose semplici come un film appena uscito nelle sale cinematografiche, aggiornamenti sulla vita privata di amici comuni, la migliore pizza della zona, cose all’ordine del giorno insomma. Parla del più e del meno. Cerca di tenere la conversazione su aree dove chi hai di fronte si sente più positivo.

5. Ignora i commenti negativi

EMOZIONI ECCESSIVE

Quando si arrabbia, Chiara si sente posseduta da un’energia distruttiva.
Immagini cupe e vendicative le affollano la mente e teme di compiere azioni di cui potrebbe pentirsi una volta ritrovata la calma.
Per paura di perdere il controllo e trasformarsi in una pericolosa criminale, la ragazza nasconde il malumore, cercando di essere gentile e accondiscendente anche quando vorrebbe protestare, ma questo non fa che aumentare il gradiente emotivo facendola sentire sempre più pericolosa… in un circolo vizioso che finisce per renderla insicura e confusa.

* * *
Eleonora non riesce a guardare scene di violenza senza restare scossa per lungo tempo, come se facessero parte della sua vita.
Inutilmente cerca di distrarsi pensando ad altro.
Ogni tentativo la riporta al punto di partenza!
Le immagini drammatiche le tornano in mente e la torturano come se fosse la vittima delle sciagure viste nei video, nei film o alla televisione, al punto che a volte è costretta a ricorrere ai farmaci per riuscire a dormire.
* * *
Simone prova una tenerezza infinita per gli animali, che ai suoi occhi appaiono come bambini indifesi e innocenti.
Vorrebbe proteggerli ma, davanti all’impossibilità di cambiare un mondo che li sfrutta e li maltratta senza pietà, si sente amareggiato e impotente, complice forzato della crudeltà dei suoi simili.
Così, quando può, fa di tutto per aiutarli, rinunciando al tempo libero e alle comodità.
Gli amici e i parenti lo sgridano, ripetendogli che dovrebbe essere meno sensibile.
“Il mondo è fatto così e ognuno deve salvarsi la pelle da solo, uomini o animali, fattene una ragione!”
Ma Simone non riesce a cambiare la sua natura empatica e premurosa e, quando si sforza di fare l’indifferente, è a disagio e in contrasto con se stesso.
* * *
Chiara, Eleonora e Simone, hanno una sensibilità molto potente, capace di provare sentimenti intensi e di produrre immagini interiori vivide, colorate e realistiche.
Immagini che a volte li spaventano facendoli sentire degli alieni, dolorosamente diversi dal resto del mondo.

Le persone che possiedono una personalità creativa sono attraversate da un’energia intensa e coinvolgente che può farle sentire incomprese e sbagliate, finché non imparano a gestire il loro sofisticato sistema emotivo.

La creatività è un modo di essere caratterizzato dalla capacità di spostare frequentemente il punto di vista.
Capacità che consente di accogliere dentro di sé i vissuti degli altri e di osservare la vita in tante prospettive diverse contemporaneamente.
Creatività ed empatia camminano a braccetto potenziandosi vicendevolmente e dotando chi è creativo di una forte sensibilità.

Questo significa che i creativi:
quando si arrabbiano… si arrabbiano MOLTO,
quando soffrono… soffrono MOLTO,
quando amano… amano MOLTO,
se sono felici… lo sono MOLTO,
se si entusiasmano… si entusiasmano MOLTO!

In loro tutte le emozioni sono sempre MOLTO intense, ma questo non vuol dire che possano ammutolire la volontà e spingerli a compiere gesti inconsulti.
E’ vero, alle persone creative piace cambiare: vita, gusti, interessi, opinioni… ma la loro poliedricità non le trasforma in mostri pericolosi.
Anzi! La capacità di vivere intensamente le emozioni porta a comprendere i sentimenti degli altri, acquisendo una grande ricchezza interiore e sviluppando ulteriormente l’empatia (che è proprio l’antitesi della violenza).

La sensibilità, che caratterizza la loro spiccata intelligenza emotiva, è l’unica arma capace di combattere il cinismo che sta distruggendo il nostro mondo.
La cultura dell’indifferenza in cui siamo immersi, a volte può farli sentire eccessivamente partecipi e per questo sbagliati
Ma è vero proprio il contrario!

Quando la creatività potrà esprimersi liberamente nella personalità di ogni essere umano, non ci saranno più guerre, competizione, predominio o violenza, che sono, invece, la conseguenza di una scarsa intelligenza emotiva e dell’inibizione dell’empatia e della espressività individuale.

Sentire dentro di sé il dolore degli altri, amare gli animali, comprendere le ragioni e i vissuti della diversità… sono i presupposti di un mondo basato sull’accoglienza e sull’amore.

Un mondo sano in cui l’energia delle emozioni fluisce senza ostacoli, attraversando i cuori delle persone fino a permettere a ogni creatura di esprimere la propria autenticità.
Senza vergogna.
Carla Sale Musio

sabato 27 giugno 2015

Prigionieri non schiavi - Il click dentro

Il click dentro

di Andrea Bizzocchi
Nel mondo del benessere ciò che regna è il malessere. Per questo sempre più gente vuole uscire dal Sistema e legge, si informa, cerca strade alternative; ma ha paura. Fino a quando, per chi cerca veramente, arriva il momento del click dentro. Ed è lì che la vostra Vita comincia a cambiare davvero.
A Barbara,
amica carissima che pochi giorni fa mi ha scritto parlandomi del “click dentro”.

Chi mi conosce sa bene che scrivere mi costa molta fatica. Non lo scrivere in sé, non il “buttar giù parole”, quanto il passare del tempo seduto di fronte ad un monitor a pigiare tasti, in un atto che, se vogliamo andare all’essenza della cosa, è profondamente innaturale. La Vita è qualcosa d’altro e di ciò ne ho piena coscienza. Però scrivo con molto amore e la cosa ovviamente mi fa stare bene; e soprattutto scrivo perché ricevo inviti a farlo. Mi dicono che serve, che aiuta, che incoraggia, che dà forza e speranza a chi vuole cambiare Vita, e questo vale molto di più della fatica che lo scrivere mi costa. Quindi grazie a chi mi esorta a scrivere ed a chi mi legge.
Scrivo di temi diversi ma ricevo le recensioni migliori quando affronto l’argomento “cambiare vita”. Forse perché l’ho fatto e lo sto facendo e questo traspare. Non vivo ancora come vorrei, ma nemmeno, non si offenda nessuno, come le masse. Provo a vivere, per quanto mi riesce e con tutti i miei limiti, paure e difficoltà da superare, a modo mio. Del resto la mia “fissa” è sempre stata, in qualunque cosa mi cimentassi, di farla di testa mia (e spero, alla fine della mia strada, di averlo fatto per poter cantare, dico davvero, “I did it my way” di Frank Sinatra. Lo considero la prova che i miei giorni li ho vissuti). Non voglio guardare indietro e avere rimpianti. Però prima di guardare indietro e anche avanti, bisogna guardare ad adesso, perché adesso è l’unica vita che abbiamo e dunque è il momento più importante della nostra Vita.

Leggere un libro o un articolo, andare ad una conferenza, viaggiare, tutto serve a capire e fare esperienza, tutto può aiutare a cambiare vita, ma la Vita cambia solo quando tu decidi di farlo. Barbara mi ha scritto qualche anno fa chiedendomi consigli sul cambiare vita. Voleva abbandonare il lavoro che aveva da 18 anni perché sapeva di non essere felice. Ovviamente tutti, la famiglia, gli amici, i compagni di lavoro, la sconsigliavano (figuriamoci, soprattutto “in questi tempi di crisi”). Cercava qualcosa, non sapeva cosa, ma sapeva che questo qualcosa non l’avrebbe trovato continuando a fare ciò che aveva sempre fatto e pensare come aveva sempre pensato. Ci vuole coraggio a mettersi a cercare senza sapere cosa stai cercando. Ricordo bene che non le diedi nessun consiglio (già faccio fatica a darli a me stesso, figuriamoci ad altri); le dissi solo che secondo me dobbiamo (re)imparare a seguire il cuore e l’istinto. 

Il cuore (l’istinto) non sbaglia, la mente (la ragione) invece sì perché pensa, razionalizza, valuta, soppesa, alla fine passa la vita senza decidere niente e con ciò ci impedisce di cambiare.

La mente, è noto, mente; cioè dice bugie. Perché mente? Perché ha paura, e con la paura addosso si vive male. Quindi io non diedi a Barbara nessun consiglio ma le dissi che secondo me vale la pena provare a seguire il cuore e l’istinto, perché il cuore e l’istinto sanno. Io sono convinto che il cuore e l’istinto siano la forma suprema di intelligenza, in realtà la sola autentica forma di intelligenza; altroché lauree, masters, corsi, libri. Bisogna mettersi in gioco e vivere. Tutto il resto è e rimarrà sempre solo una teoria che ci allontana, anziché avvicinarci, dalla Vita (e dunque da noi stessi).

Barbara da quattro anni ha lasciato il lavoro, vivendo in giro per il mondo e arricchendosi di esperienze straordinarie che la maggior parte della gente non mette insieme in quattro vite. Ha vissuto arrangiandosi e senza quelle che chiamiamo garanzie (ma le garanzie sono solo un’illusione e di questi tempi è più chiaro che mai), adesso è sperduta da qualche parte in Toscana a fare pane, pizze, biscotti e mercati. Vive vicina “ad un monte bellissimo che sali su, poi guardi prima in basso, poi in alto e alla fine diventi tutt’uno con la Vita”. Barbara si è messa in gioco, ha affrontato crisi, paure, pianti isterici e chissà che altro ancora. Come me del resto, come chiunque si mette in gioco veramente. Chi si mette in gioco veramente cammina su una corda a dieci metri di altezza dal suolo e senza reti di protezione sotto; ma vive.
Pochi giorni fa Barbara mi ha scritto da diecimila chilometri di distanza (questo giro sono io dall’altra parte dell’oceano): “… la gente ti scrive perché sente questo spirito leggero, libero, profondo ma frizzante e vivo al tempo stesso, che capisco bene che la gente brami risposte e consigli da te… ma sai cos’è… è che finché in ognuno di noi non scatta da sola quella scintilla che ti fa uscire dalla scatola e osare, quella scintilla che ti fa capire che il bicchiere è straripato ed è ora di girare pagina, che ti fa mettere in discussione tutte le false sicurezze vissute finora… dicevo… finché in ognuno di noi non si accende quella luce, non c’è consiglio o opinione altrui che tenga.

Ci vuole quel famoso cambio di coscienza che a me piace chiamare click dentro. Ricordo bene come l’ho sentito forte il giorno che ho deciso di licenziarmi. Ci pensavo da tanto, da anni in realtà. Poi è arrivato il click e l’ho fatto in un attimo. Ero libera di fare quella scelta senza condizionamenti, libera di essere responsabile delle mie scelte.
Prego sempre che ognuno di noi abbia tanti buoni click per evolvere nel cammino.
Fino ad allora anche quello che scrivi sulla crisi, sul lavoro, sul cambiare vita, può essere compreso a livello mentale da tutti ma poi per interiorizzarli bisogna FARE IL SALTO, altrimenti purtroppo rimangono solo parole.  

Personalmente ho smesso di cercare di fare capire alle persone alcuni concetti, o di giudicare chi giudica o si lamenta ecc…
Io prego per loro, soprattutto per quelli che mi sembrano messi peggio e che soffrono di più… prego affinché avvenga in loro quel click
che li può portare a VIVERE per il massimo bene loro e di tutte le creature. Grazie di esserci. Ti voglio bene amico mio.
Non potrei essere più d’accordo. Quel click dipende da noi. Anzi, da dentro di noi.

Fino a che non arriva il click dentro, fino a che cioè si agisce a livello di mente e non di cuore, non cambierà mai nulla. Per cambiare Vita amici, serve solo quel click dentro. Il click dentro bisogna cercarlo, e forse anche un articolo o un libro possono aiutare.

Ma non ci aiutano per le concettualizzazioni e le teorizzazioni che per quanto valide rimangono concettualizzazioni e teorizzazioni. Se un libro o un articolo aiutano, secondo me è unicamente perché ci danno forza e coraggio, perché ci fanno sentire meno soli. Servono a farci sentire (non capire, ma sentire) che siamo in tanti a non volerci rassegnare a quella vita da schiavi a cui ci hanno destinato dalla nascita. Forse non lo sapete, ma il mondo è pieno di gente che non vive da schiavo. Forse da prigioniero ma non da schiavo.

Vorrei dirvi brevemente della differenza tra lo schiavo e il prigioniero perché non è una differenza da poco. E’ vero, a volte il prigioniero vive la stessa condizione dello schiavo. E’ in prigione, non fa la vita che vorrebbe, deve lavorare per campare la famiglia. Il prigioniero però, a differenza dello schiavo non ringrazia il sistema, non ringrazia quel lavoro a cui è costretto (almeno fino a quando non trova quella via d’uscita che cerca con tutto se stesso). Il prigioniero è conscio della sua situazione di prigionia ma vuole uscire dalla gabbia e cerca la strada per farlo. Il prigioniero lotta, sta male, soffre, ma non si rassegna. Il prigioniero è vivo. Il prigioniero è in cammino. Il prigioniero ha paura ma ne è consapevole e cerca di superarla. Il prigioniero sa anche che prima o poi ci riuscirà perché dentro di sé è libero. Il prigioniero del resto sa bene cos’è la libertà ed è proprio per questo che non si rassegna; perché un essere autenticamente libero non può rassegnarsi alla schiavitù a cui lo hanno destinato. “Muore” piuttosto, ma muore da vivo mentre la maggior parte vive da morto. Il sistema lo ha messo in gabbia ma non lo ha ridotto ad una larva umana. Lo ha piegato ma non spezzato. Il prigioniero, prima o poi, in qualche modo, troverà la strada ed uscirà di prigione. Perché chi è vivo lotta e continua a cercare fino a che non trova.
Sullo schiavo c’è poco da dire: è il contrario del prigioniero. Quindi ringrazia il sistema, ringrazia il lavoro perché gli dà una ciotola di riso da mangiare, ringrazia l’ospedale che lo “cura”, il sistema scolastico che lo “educa” e così via. Lo schiavo, se non trova il coraggio di mettere in discussione, cercare, cambiare, rimarrà schiavo per tutta la vita perché la schiavitù comincia dalla testa e soprattutto dal cuore; dalle paure che vi sono annidate dentro.

Io mi considero prigioniero ma non schiavo. Anche Barbara è prigioniera e il mondo è pieno di prigionieri. Queste persone prigioniere che con coraggio, forza e mettendosi in gioco in prima persona si sono liberate della loro schiavitù, sono in continuo aumento; vi prego di credermi. Sono, siamo, in continuo aumento. Sapete perché non ne avete la percezione? Perché quei media che io chiamo i fabbricatori di finte realtà (che però nel momento in cui gli si crede diventano Realtà), non ve lo dicono. Non vi dicono che c’è un sacco di gente che pensa diversamente e vive diversamente. Non vi dicono che c’è gente che sta superando le paure e che sta (ri)cominciando a fare ciò per cui siamo venuti al mondo: vivere. Non ve lo dicono perché sanno bene che diventeremmo una valanga che travolgerebbe tutto e la maledetta schiavitù in cui si trova la maggior parte di noi per via delle infinite paure che surrettiziamente ci sono state inoculate sin dalla nascita, crollerebbe in un attimo. Ma ci siamo, siamo vivi, siamo in tanti, e la valanga prima o poi arriverà e comunque quando moriremo lo faremo da essere liberi e non da schiavi impauriti. Moriremo dopo aver vissuto a modo nostro e lo faremo cantando (Io canterò “I did it my ).Jway”. Voi cantate quello che volete

Ognuno ha il suo percorso e i tempi e i modi sono diversi per ognuno di noi; non ci sono ricette né cammini già tracciati da qualcun altro da seguire, perché il cammino si fa camminando. Ma il mio invito è quello di non arrendersi mai, di continuare a camminare e a cercare perché camminare e cercare sono parte integrante del grande viaggio della Vita. Ma sappiate sin d’ora che deve arrivare un momento in cui bisogna smetterla di cercare e prendersi la responsabilità di cambiare la propria Vita. 
E’ il momento del click dentro. 
Quel momento, prima arriva e meglio è. 
Buona Vita e buon click.

giovedì 25 giugno 2015

Nuova Medicina Germanica: la cura

di Giorgio Beltrammi

La Cura

Per scoprire come guarire veramente da ogni “malattia”

Introduzione

Queste pagine sono state scritte per offrire alle persone, una ulteriore opportunità di giungere alla guarigione, od alla gestione autonoma della propria vita, in caso siano state colpite da un tumore, anche se in verità è possibile estendere a tutte le malattie, i concetti che verranno esposti.
Al di la della scienza in cui credi – scienza che ancora oggi è alla costante ricerca di una terapia valida ed efficace per la soluzione di eventi come il tumore – dovresti pensare che sebbene la persona si rivolga al medico per essere aiutata, rimane lei il responsabile della sua condizione di salute, mentre il compito del medico è anche quello di fare da educatore, da guida, lasciando alla persona il piacere e la responsabilità di applicare la miglior terapia per se stessa.
Non esiste solo un modo per comprendere la condizione di disagio delle persone e ogni singolo individuo deve essere trattato per quello che è a tutti gli effetti, un essere umano unico e irripetibile; il che porta a dover concludere che è la Medicina a doversi adattare alle persone e non viceversa.

In questa lunga pagina si parla di Nuova Medicina Germanica (NMG).
Indice
1.      Il Messaggio
2.     Grazie all’evoluzione
3.     Briciole di Embriologia
4.    I Conflitti e il “sentito personale”
5.     Il peso delle parole
6.    Le Cinque Leggi Biologiche
o        Prima Legge
o        Seconda Legge
o        Terza Legge
o        Quarta Legge
o        Quinta Legge
7.     Le cosiddette “malattie”
o        Malattie della cute e degli annessi
o        Malattie dell’apparato digerente
o        Malattie del sistema endocrino
o        Malattie ginecologiche
o        Malattie del sangue e del sistema linfatico
o        Malattie del sistema nervoso
o        Malattie dell’apparato respiratorio
o        Malattie dell’apparato urinario
o        Malattie dell’apparato muscolo-scheletrico
8.    La Cura
9.    Perché non se ne parla?
10. Conclusioni
11.   Letture utili
12.  Links utili

Il Messaggio

Se l’essere umano è giunto fino a qui, significa che la Natura lo ha dotato di tutto quanto necessario perché ciò avvenisse.
La Natura non ci ha selezionato per soffrire.
La Grande Madre non partorisce figli sfigati.
Siamo qui per vivere ed evolvere.
Rileggi più volte questo messaggio e cerca di ricordarlo, ti servirà lungo tutto il corso della lettura e ti permetterà di capire, alla fine, la grande rivoluzione culturale medica e scientifica di cui verrai a conoscenza. Sarebbe bene che te lo annotassi su un foglio a parte e lo leggessi di tanto in tanto. Quando avrai finito, sono convinto che il contenuto di quel foglietto ti sarà bene impresso nella mente.

Grazie all’evoluzione

Questa parte si riferisce alle primissime righe del Messaggio:
“Se l’essere umano è giunto fino a qui, significa che la Natura lo ha dotato di tutto quanto necessario perché ciò avvenisse.”
L’uomo rappresenta il prodotto dell’evoluzione più sofisticata del regno animale. Non sarebbe potuto giungere al livello di ottimizzazione ed evoluzione attuale, se non fosse esso stesso la summa e la sintesi di tutto lo sforzo della Natura, fatto affinché la vita vincesse tutte le lotte a cui è continuamente soggetta.
Quali lotte deve sostenere, ogni singolo giorno, una qualsiasi forma di vita?
  • la lotta per il boccone, non inteso unicamente come il boccone di cibo, ma per estensione qualsiasi boccone che conservi e garantisca la vita (aria, luce, suoni, ecc.);
  • la lotta per difendersi dagli attacchi che la vita stessa oppone;
  • la lotta per il proprio ruolo nell’ambito della Natura e della vita;
  • la lotta per mantenere le relazioni con la Natura e le altre forme di vita.
Tutte queste forme di lotta sono state vinte o validamente sostenute grazie a meccanismi automatici che garantissero all’essere vivente di rispondere, in tempo utile, agli stimoli e poter sopravvivere ad essi.
Sebbene ci siano voluti milioni di anni di evoluzione, sebbene le condizioni di vita siano enormemente cambiate con il passare dei millenni, questi automatismi biologici – atti a garantire la sopravvivenza del singolo essere – sono rimasti attivi, efficienti ed efficaci. Nulla è cambiato nei meccanismi di risposta utili alla sopravvivenza; quelli che sono cambiati sono stati i conflitti che causano l’attivazione di tali meccanismi di sopravvivenza.
Milioni di anni fa, ad esempio, si doveva risolvere il conflitto del boccone vero e proprio (il cibo), oggi nella nostra opulenta società non manca il pane, ma possono mancare altre cose, che la persona percepisce come bocconi di sopravvivenza. Ci si può sentire morenti di fame – metaforicamente parlando – davanti ad un bel piatto di pasta calda e gustosa. Come si dice: “Non si vive di solo pane!”
Con l’evoluzione verso l’essere umano, ai meccanismi automatici e irrazionali di sopravvivenza (per la soluzione di conflitti biologici), si sono aggiunti dei meccanismi più sofisticati e coscienti di ripristino e di soluzione dei conflitti (psicologici, morali, comportamentali). La questione è che questi ultimi non escludono i più arcaici, sono loro complementari. Gli effetti dei meccanismi primordiali sono stati semplicemente dimenticati o sono solamente sconosciuti. Lo sono a tal punto da essere visti come fenomeni negativi, impropri, patologici addirittura.

Briciole di Embriologia

I tessuti, gli organi e i visceri del nostro corpo hanno differenze strutturali e funzionali ben definite. I diversi tipi di tessuto derivano da tre foglietti tissutali che si formano in età embrionale, quando l’essere umano è nelle primissime fasi della sua formazione. Essi sono tre:
  • endoderma
  • mesoderma
  • ectoderma
I tessuti derivanti da ognuno dei tre foglietti, posseggono degli interruttori di attivazione (relè) a livello del Sistema Nervoso Centrale, nel Cervello per la precisione. Capire e conoscere le strette relazioni nervose tra i diversi tessuti corporei ed il cervello, serve alla formulazione della diagnosi biologica.
L’Endoderma è il foglietto più antico ed è legato ai conflitti del boccone. Non è un caso che sia legato alle strutture del tubo gastro-enterico ed a tutte le sue emanazioni ed evoluzioni. L’endoderma è legato a queste strutture:
  • Alveoli polmonari e cellule caliciformi dei bronchi
  • Orecchio medio
  • Epitelio a cellule cilindriche del tubo gastro-enterico
  • Tubuli collettori renali
  • Sottomucosa orale e rettale
  • Mucosa del corpo uterino
  • Struttura midollare del surrene
  • Trigono vescicale, decidua uterina, ghiandole del Bartolino
  • Prostata, ghiandole produttrici di smegma
  • Parenchima epatico
  • Parenchima pancreatico
  • Parenchima parotideo
  • Parenchima ghiandolare salivare sublinguale
  • Parenchima ghiandolare lacrimale
  • Parenchima tiroideo
  • Parenchima paratiroideo
  • Parenchima ipofisario
  • Coroide
  • Muscolatura liscia
I tessuti derivanti dall’endoderma sono stimolati e governati da relè nervosi collocati nel Tronco cerebrale.
I conflitti che attivano automaticamente i relè del tronco cerebrale sono quelli relativi al boccone e quelli detti “del profugo” ovvero di colui che si sente solo al mondo, il cosiddetto pesce spiaggiato.
Il Mesoderma è il foglietto successivo nella scala evolutiva e si divide in Mesoderma antico e Mesoderma recente. I tessuti derivanti dal primo sono governati da relè nervosi posti nel cervelletto. Quelli governati dal secondo sono governati da relè nervosi posti nella sostanza bianca cerebrale.
Da un punto di vista istologico e strutturale, il mesoderma antico si relaziona con:
  • Derma
  • Giandola mammaria
  • Pleura
  • Peritoneo
  • Pericardio
I conflitti che coinvolgono il mesoderma antico sono quelli dell’attacco alla integrità strutturale e dell’individuo.
Il mesoderma recente è legato alle seguenti strutture anatomiche:
  • Glia
  • Tessuto connettivo
  • Scheletro
  • Muscolatura striata
  • Linfonodi e vasi linfatici
  • Vasi sanguigni
  • Parenchima renale
  • Parenchima ovarico
  • Parenchima testicolare
  • Corpo vitreo
I conflitti che coinvolgono il mesoderma recente sono quelli di auto-svalutazione, di svilimento personale.
Il foglietto embrionale più recente è l’Ectoderma i cui tessuti e strutture correlate sono governati da relè nervosi posti nella corteccia cerebrale o neocorteccia. I tessuti e le strutture correlati all’ectoderma sono:
  • Epitelio pavimentoso degli archi branchiali
  • Epitelio pavimentoso della mucosa bronchiale
  • Intima delle arterie coronarie
  • Epitelio pavimentoso delle vie biliari intra ed extra-epatiche
  • Epitelio pavimentoso dei dotti pancreatici
  • Epitelio pavimentoso del bacinetto renale
  • Mucosa dell’uretere
  • Mucosa della vescica
  • Mucosa dell’uretra
  • Epitelio pavimentoso dell’epidermide
  • Epitelio pavimentoso di palpebre e congiuntive
  • Cornea
  • Cristallino
  • Epitelio pavimentoso dei dotti galattofori
  • Smalto dei denti
  • Mucosa nasale
  • Epitelio pavimentoso della bocca
  • Epitelio pavimentoso dei seni paranasali
  • Epitelio pavimentoso dei 2/3 superiori dell’esofago
  • Dotti lacrimali
  • Dotti salivari di parotide e ghiandole salivari sublinguali
  • Dotti escretori tiroidei
  • Epitelio pavimentoso della laringe
  • Intima delle vene coronarie
  • Vescicole seminali
  • Mucosa di collo e orifizio uterino
  • Mucosa vaginale
  • Mucosa rettale
  • Cellule beta del pancreas
I conflitti che attivano i relè ectodermici sono quelli di territorio e quelli di separazione.

Conflitti e “sentito personale”

Che cos’è un conflitto biologico? 
È una condizione per la quale l’individuo si trova in crisi e rischia di soccombere. Il suo organismo si prepara a dare tutto quello che può per cercare di riportare pace ed equilibrio dentro se, per evitare di… di morire!
Il Conflitto Biologico è appunto una condizione per la quale vengono attivati quei meccanismi di salvaguardia di cui si è parlato poco fa.
Non si tratta di conflitti psicologici, sentimentali o di stress, a questi la persona può far fronte abbastanza disinvoltamente. Qui si parla di conflitto biologico, in questo caso è in ballo l’esistenza della persona.
Ad esempio un individuo vive il lutto drammatico della perdita improvvisa di un figlio. Lo shock è terribile, agghiacciante e a seconda delle modalità con cui è avvenuta la perdita, il valore conflittuale cambia. La persona di cui sopra potrebbe vivere la sensazione shoccante di non essere stato un buon padre, di non aver saputo proteggere il proprio cucciolo. Si svaluta ed entra in conflitto. La Natura risponde al conflitto primordiale “La specie è in pericolo” e avvia i meccanismi automatici per i quali impone all’individuo di essere pronto a fecondare nuovamente la propria femmina, ripristinare la prole e salvare la prosecuzione della specie. Produce più tessuto testicolare (aumenta il volume del testicolo, crea nuovo tessuto più forte e più attivo che la scienza moderna poi chiama impropriamente tumore)!
Non è un meccanismo razionale, è un fenomeno biologico automatico, ti ricordi?
Il conflitto cerca di far si che il procreatore faccia questa sua parte e garantisca la prosecuzione della specie.
Attenzione però!!!
Non è detto che tutti i padri che perdono un figlio provino lo stesso shock di auto-svalutazione. Il valore che ogni individuo da’ al suo shock conflittuale dipende, come detto, da vari fattori, educativi, religiosi, materiali e di tantissimi altri generi. Ricordi sempre, non lo dimentichi mai, che ogni individuo è unico nell’aspetto, nelle azioni, nei pensieri e nelle emozioni.
Quanti e quali sono i conflitti di maggior rilievo?
Fondamentalmente sono cinque:
  • Del boccone ovvero quello relativo a tutto ciò che genera e sostiene la vita, sia esso il cibo, l’aria, la luce, il suono. La persona è in conflitto per mancanza di cibo, di affetto, di luce, di voci, o di tutto ciò che essa ritiene fondamentale per la sua vita, oppure può essere in conflitto per un boccone improprio, indesiderato, “sporco”.
  • D’attacco ossia quello relativo alla propria difesa, alla propria integrità. La persona si difende, cerca di mantenere integra e salda la propria struttura corporea.
  • Di svilimento ossia quello relativo alla percezione della propria incapacità/non-volontà, vera o presunta, indotta o meno, di affrontare la vita e le cose che le appartengono.
  • Di territorio ovvero quello relativo alla preservazione dei propri spazi e delle proprie cose, alla conservazione dei propri affetti.
  • Di separazione ovvero quello relativo alla disconnessione, alla mancanza di contatto, alla perdita degli affetti, al contatto indesiderato.
Entra in campo, quindi, la chiave che innesca il fenomeno singolare della reazione shock/conflitto: il sentito personale. Che cos’è?
È la singolare interpretazione e valorizzazione psichica che un individuo da ad un evento. È, in altri termini, la ragione causale che continua a sfuggire agli scienziati, ovvero il motivo per cui ogni singolo caso clinico è diverso da ogni altro.
È anche la ragione per la quale le attuali terapie non funzionano, o non danno affidabilità e coerenza di risultato. Sono fallimentari perché si fondano sul concetto che tutti gli uomini sono uguali tra loro.
Di fronte ad un evento shoccante sostanzialmente uguale, ogni persona reagisce differentemente, anche in base a condizioni estemporanee, a retaggi educativo/religiosi, a fatti personali ed a tantissime altre ragioni.
A questo punto l’affermazione più logica potrebbe essere la seguente:
“Ma allora curare la gente è una questione personale. È troppo difficile!”
Esatto.
È difficile sia da comprendere, che da accettare, ma è così.
Ogni persona, quando sta male davvero, cerca si una medicina per star bene, ma ancor più cerca l’aiuto dei suoi simili, il loro conforto, il loro ascolto, la loro similitudine, il loro amore. Questo cercare aiuto in altre persone è una impostazione naturale, perché non tenerne conto o dargli un valore sottostimato?
Dicevo che ognuno risponde come può. Chi vive lo shock come privazione o come porcata (boccone sottratto, indigesto, sporco/contaminato), chi lo vive come attacco alla propria integrità, chi come motivo di svilimento personale, chi come una separazione mortale, chi come violazione del proprio territorio.
Non bisogna commettere l’errore di giudicare la persona per ciò che ha provato e continua a provare. La persona non è in giudizio. La persona avverte lo shock a suo modo, ne ha tutti i diritti e comunque non ci si può fare nulla.
È importante comprendere che sebbene l’individuo cerchi di anteporre sempre la ragione a quanto gli accade, ci sono avvenimenti e cose della sua vita che – inconsciamente – la mettono a repentaglio ed è allora che intervengono quei meccanismi automatici e inconsci di risposta, che prescindono da ragione e volontà.
Non importa quello che conta per l’individuo razionale, in alcune condizioni critiche importa solo quello che serve a mantenere in vita l’individuo biologico, più che razionale.
La Natura non si perde in questioni morali o etiche o di convenienza, la Natura deve proteggere i suoi figli, come qualunque altra Madre.
È un po’ come quando si va in automobile a tutta velocità. Il motore è al massimo e comincia a dare segni di cedimento, gli allarmi si accendono, il motore fa molto rumore (che è una forma di allarme). L’auto ci sta dicendo di rallentare, ma noi anteponiamo la volontà. Eppure il motore e l’intera auto non possono più sopportare la nostra volontà. Le componenti dell’auto vanno in conflitto con le leggi fisiche.
L’auto si rompe!
Si ferma. Non le abbiamo dato ascolto, finché è intervenuto qualcosa che l’ha fatta fermare o fortemente rallentare. La natura dei materiali che la costituiscono ha impiegato i meccanismi di salvaguardia propri di quei materiali, per risolvere i conflitti fisici. Ha scavalcato la nostra volontà ed ha raggiunto l’obiettivo, salvare l’auto nella sua interezza.

Il peso delle parole