Se il sonno è il momento in cui
la mente non può controllare la parte istintiva, lasciando al subconscio
la possibilità di sbizzarrirsi come vuole, l’insonnia rappresenta il
tentativo di non perdere il controllo. Secondo la scuola psicanalitica
di Freud, l’insonne si presenta pieno di pensieri che ostacolano il suo
riposo notturno. Ad accentuare questo disagio però ci sono fattori
esterni ed incisivi. Sempre più esperti ritengono, ad esempio, che
tenere il proprio cellulare in camera da letto non è salutare per un
rilassamento del corpo e della mente, tali da favorire l’abbandono tra
le braccia di Morfeo! Il problema principale è la luce proveniente dallo
schermo che controlla il rilascio di melatonina che ci fa sentire
assonnati. Leggere qualcosa sul nostro inseparabile telefonino prima di
dormire non equivale certo a guardare dal letto un film in tv che al
contrario ci farebbe cascare dal sonno. Ma ciò che aiuterebbe tanto
sarebbe tornare alla cara, vecchia e sana lettura a letto, che da sempre
favorisce e addirittura concilia il sonno. I disturbi legati
all’insonnia sono quindi riconducibili sempre più spesso all’uso
sfrenato e smoderato della tecnologia.
“Ipervigilanza” da camera - Per dormire bene, oltre ad avere una stanchezza fisica tale da abbattere qualsiasi resistenza, bisogna innanzitutto sentirsi al sicuro e non preoccuparsi di nulla. Lasciando però il cellulare acceso in camera da letto non siamo mai veramente rilassati e quasi, lottiamo per dormire le ore che ci occorrono a ricaricarci, poiché siamo soggetti a volerlo controllare spesso, tenendo sveglia la mente. Secondo alcuni studi condotti di recente, non è necessario stare incollati delle ore e non volersi mai staccare dal telefono, divenuto ormai un pc tascabile, ma bastano brevi lampi di luce provocati da un messaggio di avviso, col controllo più o meno costante del cellulare a pochi passi dal nostro cuscino, a stimolare in modo significativo le parti cognitive del cervello, tanto da renderci vigili anche su noi stessi.
Il neuroscienziato Dott. Orfeu Buxton la definisce la “minaccia dell’ipervigilanza”, quasi un gesto involontario che sfugge al nostro controllo e che finisce col renderci degli “insonni maniacali”.
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