martedì 1 aprile 2014

Se da un Incubo può nascere un Sogno...

Se davvero scoppierà la guerra, bisognerà darsi da fare per ricostruire un mondo migliore...

Essere Natura - Ecologia Profonda
Il progresso, l’apparenza e la ricchezza sono i valori caratteristici della nostra società. Non si ricerca l’armonia attraverso la cooperazione, ma la sopraffazione dell’altro per mezzo della competizione. In questo scenario, sempre più globale e per questo meno definibile come solamente occidentale, la Natura, decomposta in tante piccole parti, diviene un semplice oggetto nelle mani degli uomini, i quali, immersi egoisticamente nelle loro occupazioni, probabilmente stanno ignorando il senso della vita.

Quando si pensa all’Ecologia, una disciplina di studio nata nella seconda metà del ‘900, di solito si fa riferimento a tutte quelle misure ambientali necessarie, perché in un certo senso utili all’uomo, come la riduzione dell’inquinamento e la salvaguardia di specie animali e vegetali in via d’estinzione. 

Di fatto, queste proposte sono solamente un accorgimento alla realtà contemporanea, industriale e materialista, caratterizzata dalla presunta superiorità della specie umana rispetto al resto del vivente. La concezione antropocentrica del mondo, che vede nell’essere umano il dominatore del Pianeta, continua ad alimentare una crisi, prima che economica, filosofica ed esistenziale. 

Questo primo concetto di Ecologia, definita “di superficie”, è stata ampliata e superata quando, nel 1973, il filosofo norvegese Arne Naess, coniò il termine “Ecologia profonda”: non si parla più di piccole modifiche dal punto di vista umano, ma di una vera e propria rivoluzione culturale, che segna il passaggio da una prospettiva antropocentrica ad una eco-centrica. Nella “Piattaforma dell’Ecologia profonda”, Naess elenca, in otto punti, le caratteristiche di questa nuova eco-filosofia. Particolarmente significativo è il primo: “il benessere e il fiorire della Terra e delle sue innumerevoli parti organiche/inorganiche hanno un valore in sé (ovvero intrinseco). Questi valori sono indipendenti dall’utilità del mondo non-umano per scopi umani”. 

Così, l’umanità non è collocata al vertice della piramide sociale, ma al pari delle altre specie, ridivenendo parte integrante della Natura nel suo insieme. In questo senso, ciò che conta maggiormente, non sono le singole parti, ma l’armonia del Tutto. Risulta evidente, come questa visione olistica della realtà è in netta contrapposizione, ai caratteri riduzionistici e meccanicistici della modernità.

Bisogna sottolineare, come questa filosofia vuole preservare, al pari delle differenze in Natura, le diversità culturali, minate, oggi più che mai, dalla globalizzazione. In diverse parti del globo infatti, ci sono moltissimi tipi di società che, seppur inconsapevolmente, hanno messo in pratica i principi dell’Ecologia profonda. L’esempio più lampante è rintracciabile nelle culture animiste. Definibili anche come “tradizionali”, queste sono armonizzate totalmente nel proprio habitat, al punto che risulta difficile parlare di ambiente “esterno”. 

Piuttosto, la totalità del vivente, rappresentata dall’idea del “Grande Spirito” immanente nel mondo, diviene un organismo non solamente fisico, ma anche e soprattutto spirituale: “quando dunque parliamo di suolo, non parliamo di una proprietà terriera, di un luogo e neppure del pezzo di terra su cui sorgono le nostre case e dove crescono i nostri raccolti. Parliamo invece di un qualcosa di veramente sacro”. Queste parole di un indiano Cherokee testimoniano come, per il suo popolo, il benessere materiale non conti nulla rispetto alla crescita interiore, determinata dal rapporto diretto con la Terra, o per meglio dire, dalla consapevolezza di essere Natura. 

Questi elementi si ritrovano nel Buddhismo e più precisamente nella teoria anatta, secondo la quale, non essendoci alcuna anima o sé individuale e permanente, tutto è in connessione a tutto, crescendo o declinando insieme: “ciò che importa è la rete degli individui, più che gli individui stessi; la relazione, più che gli elementi collegati; l’intreccio, più che i nodi” (J. Galtung).

In occidente, non volendo andare troppo in là con il tempo, è evidente come il capitalismo, ovvero il modello dominante da almeno due secoli, sia in antitesi rispetto a questi principi. Il progresso, l’apparenza e la ricchezza sono i valori caratteristici della nostra società. Non si ricerca l’armonia attraverso la cooperazione, ma la sopraffazione dell’altro per mezzo della competizione. In questo scenario, sempre più globale e per questo meno definibile come solamente occidentale, la Natura, decomposta in tante piccole parti, diviene un semplice oggetto nelle mani degli uomini, i quali, immersi egoisticamente nelle loro occupazioni, probabilmente stanno ignorando il senso della vita. Intorno alla metà del 1880, Henry David Thoreau, in “Walden, vita nei boschi”, si esprimeva così: “Andai nei boschi perché volevo vivere in profondità e succhiare tutto il midollo della vita. Per non scoprire in punto di morte di non aver mai vissuto.”

Nessun altro pensiero si propone come così attuale e necessario. Tuttavia, oggi nel mondo del consumismo e dello sviluppo materiale, sembra difficile pensare delle prospettive incoraggianti per l’Ecologia profonda. Ma mettere in discussione le proprie certezze ed ampliare i proprie pensieri rappresentano il primo passo necessario per comprendere ed attuare questa filosofia. Numerosi sono i movimenti che stanno lavorando in questo senso, sia a livello locale che globale. Significative, inoltre, sono le esperienze degli Eco-villaggi, che permettono esperienze di vita a contatto con la Natura, in un clima di solidarietà verso gli altri esseri umani. 


In conclusione, è bene ricordare che L’Ecologia profonda non è una dottrina, ma una visione del mondo assimilabile da tutte le discipline. Così si esprime il fisico Fritjof Capra: “l’universo non è visto più come una macchina composta da una moltitudine di oggetti, ma deve essere raffigurato come un tutto indivisibile, dinamico, le cui parti sono essenzialmente interconnesse e possono essere intese solo come strutture di un processo cosmico”. La questione, adesso più che mai, è nelle mani dell’uomo. La risposta, che consiste nel trasformare l’ego-centrismo in Eco-centrismo, deve essere immediata. Del resto, è la Terra che ce lo chiede.
Ecovillaggi
Il fenomeno degli ecovillaggi è assai più diffuso di quanto si possa immaginare e questo è il segnale inequivocabile che una buona parte di NOI, consapevole della decadenza in cui riversa l'attuale società, si sta già orientando verso uno stile di vita più adeguato..

Vivere in modo olistico ed ecosostenibile, senza inutili preoccupazioni, con rinnovato spirito e a contatto con la natura è possibile. Persino vivere senza denaro è possibile, ma tutto questo può funzionare e si può realizzare solo se la coscienza personale di chi è disposto al cambiamento è abbastanza matura e indipendente da affrontare un simile salto di qualità, sbarazzandosi di tutto ciò che condiziona l'ego e rigettando le tipiche convizioni da "suddito". Benché sia ormai una consuetudine dare un PREZZO a qualsiasi cosa, a questa possibilità, sarebbe forse più opportuno dare un VALORE.

Ritorno alla natura senza padroni
Una scelta scaturita da una precisa presa di coscienza, dalla volontà di trasformare radicalmente la propria esperienza di vita in qualcosa di "nuovo", di stimolante e appagante. Soffermandosi un momento sull'idea di coabitare in una comunità dove tutti collaborano in assenza di gerarchie e nel totale rispetto dell'ambiente, dove si ha il tempo di concentrarsi su se stessi e di riscoprirsi assieme agli altri, è facile intuire come un simile ideale di vita esprima in realtà il "ritorno alle radici" dalle quali ci hanno lentamente strappato.

Vivere in un ecovillaggio
In una società profondamente individualistica, l’idea di vivere insieme condividendo professionalità, esperienze, affetti, risorse economiche e intellettuali certo meraviglia. Abituati a vivere le nostre vite in anonimi condomini, stupisce che sia possibile condividere fuori della cerchia ristretta dei legami parentali l’educazione dei propri figli, la preparazione dei pasti, le pulizie, il lavoro. 

Eppure si tratta di scelte che oltre a migliorare la qualità della vita, perché liberano il tempo e aumentano la socialità, portano a una riduzione sensibile dei costi economici e ambientali. Provate a immaginare quanti televisori, lavatrici, lavastoviglie, scaldabagni, automobili ci sono in un normale condominio. 

Se le stesse persone decidessero di “vivere in comunità” invece di dieci lavatrici, ne potrebbe bastare una, magari più capiente; e così per la caldaia, il televisore o la lavastoviglie e forse invece di dieci auto ne basterebbero tre o quattro.

Non più utopia
Ma un ecovillaggio è qualcosa di più della semplice condivisione di uno spazio e di qualche elettrodomestico, si tratta di condividere una visione e sperimentare concretamente nel quotidiano uno stile di vita in armonia con la natura basato sui valori di solidarietà, partecipazione, ecosostenibilità e sobrietà. 

Provate a immaginare diciotto adulti di età e professionalità diverse: insegnanti, agronomi, ingegneri informatici, agricoltori, baristi, muratori che versano in una cassa comune i propri stipendi e poi una volta prelevato una “paga uguale per tutti” di 150 euro, utilizzano tutte le risorse per le spese comuni (spese mediche, educazioni dei bambini, trasporto, spese energetiche, cibo, abitazioni ecc.). 

Un’utopia? Eppure è quanto avviene nella Comune di Bagnaia, nei pressi di Siena. Provate a immaginare dei bambini che hanno la possibilità di crescere in compagnia di loro coetanei e con il sostegno anche di altri genitori adulti che a turno fanno da animatori fuori degli orari di scuola, e soprattutto che possono giocare nella natura con anatre, conigli, capre. Solo fantasia? No, è quanto avviene ogni giorno presso l’ecovillaggio di Torri Superiore, a Ventimiglia...

Bisogno di cambiare vita
Eppure chi interpreta l’esperienza degli ecovillaggi come una sorta di fuga dalla società o come scelta individualistica si sbaglia. Dietro il vuoto di valori vomitato quotidianamente dalle tv, pubbliche e private, si nasconde un bisogno diffuso di una nuova socialità..

E l’interesse crescente per il movimento degli ecovillaggi è una prova concreta di questo desiderio di cambiamento. La prospettiva di investire la propria vita nell’assurdo ritornello: “lavora-consuma-produci-crepa” sembra affascinare sempre meno.

Le parole di chi vuol cambiare
“Sono felicemente sposato da quattro anni e padre da due - mi confessava Gianni M. di Milano, qualche giorno fa - ma l’idea di passare tutta la mia vita nel mio bellissimo appartamento, senza nessuno rapporto con i vicini e con l’unica prospettiva di aspettare le ferie e qualche ponte per uscire dalla routine quotidiana mi fa capire che ho sbagliato qualcosa. L’idea dell’ecovillaggio mi piace perché penso sia una dimensione più umana soprattutto per i bambini che in questa società hanno sempre meno spazio.”

“Mi sono laureata in ingegneria lo scorso anno - racconta Lucia B. di Napoli - ma non ho nessuna intenzione di mettere il mio sapere nelle mani di qualche multinazionale o di qualche azienda privata che pur di vedere crescere i propri utili è disposta a devastare l’ambiente. Mi piacerebbe potere lavorare a favore non contro la natura e possibilmente in un contesto di confronto e di collaborazione con altre persone. Non sopporto il clima competitivo che si respira nel mondo del lavoro convenzionale. Ho vissuto per due mesi nella comunità di Findhorn e assaporato il piacere di lavorare in armonia e con piacere.”.

“Voglio svegliarmi la mattina e incontrare facce amiche - scrive Marta C. di Urbino in un’accorata e-mail - e soprattutto andare a letto la sera con la coscienza serena di aver fatto qualcosa di utile per il pianeta. Mi sembra assurdo consumare la mia vita e le mie energie per acquistare l’auto, poi la casa, poi la villetta al mare. Mi piacerebbe costruire, insieme ad altri, qualcosa di utile per le generazioni che seguiranno”.


3 commenti:

  1. Molto interessante, mi chiedo quante persone sentono davvero il bisogno di questo cambiamento?Dovunque mi giro sono bombardata dalla tecnologia piu' avanzata, la stessa mente delle persone è tecnologica, anche il modo in cui viene mediaticamente divulgato il vostro messaggio è tecnologico ed il mio nel leggerlo. La verità è che viviamo nella finzione di volerci migliorare, stiamo ricorrendo alla NATURA, ci stiamo appellando ad essa........con grande ritardo, abbiamo sottovalutato tutti i suoi benefici e contaminato le radici della stessa.Vedo infatti una grande partecipazione da parte di tanti utenti in questo blog, se non dagli stessi sostenitori.

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    1. Anche se la tecnologia ci ha invasi letteralmente ed è in continua crescita, personalmente percepisco dalle persone con cui parlo sempre più l'esigenza di quella naturalezza perduta; con fatica, ma consapevoli, in molti si distaccano lentamente dalle maglie di una tecnologia disumanizzante e schiavizzante.
      Chiaramente è un processo che è difficile da vedere ai più poichè è ancora agli inizi, ma da qualche parte si deve pur partire per cambiare no?
      La massa continuerà a seguire la scia del "progresso".
      Un saluto.

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  2. ADA
    Grazie per la risposta e soprattutto per il contenuto della stessa.Mi scuso se il mio commento era alquanto provocatorio, io come ''persona'' parto dalla mia ''naturalezza'' nel presentarmi , a non tutti va bene , rispetto gli altri punti di vista ed ammiro il fatto di puntare l'inizio di una fine, almeno lo auguro a tutti noi che avvertiamo l'esigenza di migliorare oltre che cambiare.
    Ricambio il saluto cordialmente , condividendo buona parte di ciò che scrive e nell'augurio che si mobilitino più coscienze.

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