Il diritto umano di vivere senza terrore è quanto mai una necessità
del nostro tempo. Dalla prima guerra mondiale ad oggi, si sono succeduti
un numero infinito di trattati e dichiarazioni che hanno sancito questo
diritto, portandolo all’attenzione dei summit internazionali. Eppure,
come sappiamo, ancora i risultati lasciano a desiderare.
«Di carte e dichiarazioni ne abbiamo fin troppe, a mancare sono i
risultati» spiega Maulana Wahiduddin Khan, responsabile del Centro per
la Pace la Spiritualità di Nuova Delhi. Abbiamo bisogno di un antidoto
all’ideologia del terrorismo, reale e psicologico. Come? «Partendo dal
concetto di riconciliazione» continua Khan, a tutti i livelli, come
singoli, come comunità, come nazioni. La civiltà deve essere veicolo di
riconciliazione, non di divisione. Il terrorismo inizia nella mente, non
nelle armi, è il risultato dell’assenza di consapevolezza. E Khan
indica la via della spiritualità, che non significa soltanto le formula
cristiane della pace. In tutte le religioni la pace viene messa al primo
posto, pace mentale, pace fisica, pace concreta e dell’anima. E quando
le religione viene presa a pretesto per la violenza o il terrorismo,
mentale e psicologico, si ha una manipolazione umana della religione che
non ha nulla a che fare con la religione stessa o con la spiritualità.
Il terrorismo è «l’uomo contro l’uomo» spiega Khan, quindi non è
religione né potrà mai esserlo. Oggi le nazioni che usano la violenza
ripropongono in una chiave diversa il vecchio imperialismo, ma non ci
possono più essere padroni e servi. Non può e non deve più esistere il
concetto di occupazione unilaterale, né delle terre né delle menti;
l’unico attivismo possibile e sostenibile e quello volto alla pace e al
rispetto reciproco.
di Alexis Myriel
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