mercoledì 11 dicembre 2013

BASTA ITALIA? UNA SENTENZA PER STACCARLE LA SPINA



Ieri, 4 Dicembre, la Corte Costituzionale, supremo giudice della legalità, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della legge elettorale in vigore. Per automatica conseguenza logica, sono incostituzionali, illegittimi, e vanno trattati come tali, il parlamento precedente e il presente, le loro leggi – compresa una eventuale nuova legge elettorale e comprese le loro nuove tasse – , i governi da essi espressi, il pres. Napolitano da essi eletto e rieletto nonché i suoi atti, compresi gli scioglimenti delle Camere; e la stessa Corte Costituzionale, di cui alcuni membri sono stati nominati dai parlamenti illegittimi.
Ogni ordinamento giuridico, per legittimarsi, si appoggia su un fondamento, su principi metagiuridici laici (come la volontà popolare o la forza del dominatore) o filosofici (dittatura del proletariato) o religiosi (il sovrano che discende dagli dei, la volontà divina che sceglie il sovrano). Infatti è noto, ma è anche intuitivo, che nessun ordinamento giuridico, nessun ordinamento statuale, può legittimarsi da sé, cioè avere al proprio interno la fonte finale della propria legittimazione a comandare ed esercitare il potere sulla gente – così come nessuno può sollevarsi da terra tirandosi per le stringhe.
Ma se l’ordinamento giuridico (quale che sia) non è in grado di legittimarsi da sé, è però perfettamente in grado di de-legittimarsi da sé! L’ordinamento giuridico italiano lo ha appena fatto in modo esplicito, dichiarato, attraverso il suo giudice supremo. Ora che si è delegittimato da sé, non può più uscire da questa illegittimità, perché qualsiasi cosa esso possa fare – una nuova legge elettorale, o persino l’elezione di un’assemblea costituente che scriva una nuova costituzione – essendo esso illegittimo, è pure illegittima. Può essere legittimo solo un ordinamento giuridico, uno Stato, che sorga ex novo, indipendentemente da quello esistente, perché qualora derivi da esso, sarà automaticamente contagiato dalla sua illegittimità.
I difensori dell’establishment, i politici italiani, Napolitano e Boldrini in testa, interessatamente, si affannano per negare e nascondere questa semplice e logicamente insuperabile verità: cercano di far passare il principio che il parlamento possa rilegittimare se stesso e l’intero ordinamento, lo Stato, semplicemente facendo una nuova legge elettorale che corregga i due vizi di incostituzionalità dichiarati dalla Corte Costituzionale. Ma siccome a votare la nuova legge sarebbero parlamentari eletti illegittimamente, questa stessa legge sarebbe illegittima. Insomma, qualunque cosa metteranno insieme, sarà chiaramente un pasticcio, sputtanato in partenza, e contribuirà alla già bassissima credibilità del sistema e delle sue regole, quindi compromettendo ulteriormente il suo funzionamento.
Certo, mi direte che di violazioni della Costituzione ce ne erano già molte e alcune ben più gravi, come aver usato i trattati internazionali per sovvertire la prima parte della Costituzione e addirittura per sottomettere il Paese alla sovranità altrui. E’ vero, ma l’ultima sentenza della Costituzione è la prima auto-certificazione di illegittimità del sistema.
A questa rottura senza uscita della legittimità dello Stato italiana, corrisponde, sul piano economico, una recessione pure senza via di uscita: le manovre e le predizioni di risanamento e rilancio falliscono tutte, gli indicatori fondamentali continuano a peggiorare, redditi e occupazione vanno a picco e destabilizzano il sistema previdenziale, destinato a non poter erogare pensioni sufficienti a vivere; l’”Europa”, con Olli Rehn, preme brutalmente sull’euroservile governo Letta per accelerare e aumentare le privatizzazioni, ossia i trasferimenti sottocosto di industrie e servizi di interesse nazionale ai capitali predatori che guidano la politica comunitaria.
Le promesse di ripresa sono chiaramente menzognere, assolutamente impossibili da realizzare, buone solo a puntellare la casta, perché per riprendersi economicamente e chiudere la voragine del debito pubblico al Paese occorrono:
a)investimenti privati, che non si fanno perché tasse, costo del lavoro, costo della burocrazia e inefficienza sistemica sono eccessivi, e perché non si investe in un mercato che non può comprare per mancanza di redditi;
b)investimenti pubblici, che non si fanno perché lo Stato ha sempre meno soldi, anche perché dovrà ridurre il debito pubblico di 50 miliardi l’anno;
c)riqualificazione della spesa pubblica, cioè taglio degli sprechi e spostamento delle risorse in spesa utile, che non è possibile, perché la casta ha sempre più bisogno di fare spesa clientelare per comprare consensi a puntello delle proprie poltrone, e infatti anche con l’ultima legge di bilancio la spesa pubblica continua a salire soprattutto in forma di molte nuove uscite correnti di questo tipo;
d)ricerca e innovazione scientifico-tecnologiche necessarie per riguadagnare competitività, ma che non avvengono e non avverranno perché istruzione e ricerca sono ai minimi di qualità e risorse, e perché i migliori ricercatori e tecnici emigrano;
e)liquidità, non solo per investimenti, per spese e consumi, ma per pagare i debiti già esistenti ed evitare insolvenze e fallimenti a catena; ma la liquidità viene sempre più sottratta all’economia nazionale da fuga dci capitali, fuga dei risparmi, rimesse degli immigrati, contribuzioni al MES, contrazione del credito, banche che raccolgono denaro per investirlo nei mercati speculativi e improduttivi;
f)regole efficienti e applicate, mentre abbiamo un continuo deterioramento della fiducia sociale e della qualità delle norme e del loro rispetto da parte di cittadini, imprese e istituzioni;
g)governanti competenti e non ciarlatani espressi da un’entità politica avente sia la forza di rilanciare il paese che la volontà, cioè l’interesse, di farlo – e niente del genere si vede all’orizzonte.
Inevitabilmente questa doppia crisi sistemica – giuridica ed economica –  porta verso una rottura violenta. La violenza potrà essere quella di insurrezioni interne di disperati-esasperati e conseguenti repressioni armate; oppure quella del nuovo dominus-creditore, il capitalismo rapinatore e affamatore euro-germanico che manderà, o farà chiamare dal governo “responsabile” di turno, l’Eurogendfor (il corpo di polizia militare antisommossa internazionale istituito col Trattato di Velsen nel 2007, con Prodi per l’Italia) ad eseguire quelle forme di repressione a cui le nostre Forze dell’Ordine non riuscirebbero ad arrivare. E il MES a perpetrare quei prelievi fiscali per cui neanche Equitalia avrebbe l’animo.
Fino a che livello di disastro, di asservimento e avvelenamento si vuole spingere questo infelice Paese? Sarebbe saggio prevenire questi scenari accettando la realtà: la c.d. Italia unita è fallita, non funziona, non è vitale, è una misconstruction come l’Euro, la Pac (Politica agricola comune) e la stessa costruzione comunitaria. E’ ora di farla finita.  Meglio  staccare la spina a questo Stato insieme mafioso e pagliaccesco, screditato dentro e fuori i propri confini, senza alcuna ragionevole prospettiva di miglioramento. Meglio ridare vita alle nazioni autentiche e storiche, meglio recuperare il progetto di Cavour che voleva fermare le annessioni dei Savoia alla Toscana, e dare alle macro-aree d’Italia leggi, monete, governi e parlamenti diversi, corrispondenti alle diverse realtà, mentalità ed esigenze formatesi nel corso di storie multisecolari molto diverse tra loro, che hanno prodotto popoli e sistemi economici altrettanto diversi, i quali non possono essere omogeneizzati per legge o decreto. I nodi e i guai che il grande statista piemontese previde e tentò di prevenire oltre 150 anni orsono, ormai sono venuti al pettine, in modo innegabile e devastante.
Per essere vitale ed efficiente nonché competitivo e innovativo, un organismo statuale,  un sistema-paese, non basta che sia un’area monetaria ottimale, deve essere anche un’area normativa ottimale, un’area morale ottimale. Ha cioè certamente bisogno che i suoi confini racchiudano un’area omogenea o coerente ai fini economici monetari, altrimenti si scompensa e si divarica sempre di più (come l’Italia e l’UE, tra area sempre più ricca-efficiente e area sempre più povera-inefficiente); ma ha altresì la necessità di avere norme buone, condivise, credute e applicate, dalle istituzioni così come dai privati. Ha bisogno di fidarsi. Altrimenti è Babele.
Ci lamentiamo tanto di mancanza di legalità e moralità in Italia. Ma non ci può essere legalità e moralità condivise se non si parte da mores condivisi, e i mores hanno radici storiche, non riformabili ed omogeneizzabili con le leggi. E i mores dell’Italia che ha avuto un certo tipo di storia per mille e più anni, come i 14 secoli di indipendenza nazionale veneta, sono radicalmente diversi da chi ha avuto 14 secoli o più di dominazione straniera, araba, turca, spagnola etc. come la Sicilia. I reggenti italiani, nei confronti degli italiani tendono ad assumere il ruolo di governatori vassalli di potenze straniere. E la gente tende a percepire lo Stato come qualcosa di sovraimposto, di sempre più estraneo e ostile e padronale. La slealtà dei governanti verso i cittadini induce la slealtà dei cittadini verso lo Stato, e viceversa, in una spirale autodistruttiva.
Legalità e moralità condivise si realizzano solo nell’ambito di una popolazione che condivide mentalità, sensibilità, costumi, valori, sistemi di produzione e gestione, un’identità nazionale. Gli stati multinazionali, allorché cade il potere autoritario centrale, entrano in crisi e tendono a scomporsi nelle loro componenti etno-culturali: dall’URSS al Libano, da Cipro al Sudan, dalla Cecoslovacchia alla Jugoslavia. L’Italia non funziona a causa della sua composizione eterogenea e incoerente. E’ un paese mal assortito. Se vogliamo creare legalità ed efficienza – legalità quindi efficienza e fiducia - nonché lealtà dei governanti verso la repubblica e non verso gli stranieri, è indispensabile applicare il principio realista di Cavour.

05.12.13  Marco Della Luna

P-.S. Condivido l’osservazione di Ahfesa sul probabile fine di questa sentenza a scoppio differito (e a motivazione aggiustabile), sulla sua probabile strumentalità a un disegno di perpetuazione monarcoide della presidenza Napolitano e della preparazione di un regime autoritario imposto dall’UE come unico strumento per garantire ai banchieri predoni franco-tedeschi di completare le loro fraudolente strategie spolpando fino all’ultimo l’Italia. Ma spesso, nella storia, simili complesse strategie falliscono. E il loro smascheramento pubblico aiuta a farle fallire.

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