sabato 22 ottobre 2016

Le malattie inventate: affari d’oro per l’industria farmaceutica

di Vincenzo Calia - Pediatra, Roma

Che ne direste quest’anno, invece di cambiare il computer o rifare la cameretta dei bambini di comprarvi una bella malattia? Vi sembrerà strano, ma le malattie sono in vendita e, se uno ne vuole può comprarne facilmente una. È questo il senso di un “Superdigest” (un specie di concentrato) del numero di aprile 2006 della Rivista Public Library of Science (rivista on line americana reperibile al sito www.plos.org), pubblicato da “Medico e Bambino”, la rivista di pediatria pratica più accreditata e letta in Italia.

Disease mongering

In questa definizione è tutto il succo della questione; potremmo tradurla come “la bottega delle malattie”. Se ne parla negli ambienti medici e sulla stampa perché si è scoperto che l’invenzione di malattie nuove, e di conseguenza la vendita di nuove terapie, è diventata un grosso affare.
Si spiega anche così come mai nei paesi ricchi, pur essendo le condizioni sociali e sanitarie sempre migliori, aumenti ogni anno la spesa per l’assistenza sanitaria; e non c’è Stato, Cassa Mutua o Compagnia di assicurazioni che non si trovi in serie difficoltà a far fronte alle richieste crescenti di interventi sanitari.

Il trucco è semplice: si prende un fenomeno naturale (per esempio la diminuzione dell’appetito sessuale fra gli uomini anziani) e lo si trasforma in una malattia (chiamandola, per esempio, “disfunzione erettile”); dopo di che si lancia una campagna sui media che prelude alla commercializzazione di una terapia per la nuova malattia (in questo caso il Viagra). Di esempi come questo il Superdigest di “Medico e Bambino” ne riporta diversi; generalmente è l’industria farmaceutica a trarre beneficio da tutta questa grancassa mediatica, e perciò essa spende in pubblicità molto di più di quanto non spenda per la ricerca.

Perché parlarne su UPPA?

Per almeno due motivi: il primo è che protagonisti di questo mercato sono i mass media, quindi anche i giornali e UPPA è un giornale; il secondo è che anche i bambini possono essere coinvolti in questo meccanismo. L’esempio più citato è quello dell’ADHD (la sindrome con iperattività e deficit di attenzione), che fino a non molti anni fa non esisteva, poi sembra che sia dilagata negli Stati Uniti e quindi anche in Europa, e si cura con un farmaco il cui consumo è cresciuto nel mondo di 9 volte dal 1990 al 2000; la cosa curiosa è che l’incidenza dell’ADHD cambia così tanto da paese a paese, che è molto difficile spiegare queste differenze con criteri scientifici. Un caso da manuale: si parla così tanto di questo disturbo sui giornali e alla TV che chiunque si sente autorizzato a fare la diagnosi e a proporre la terapia: a tutto vantaggio delle case farmaceutiche, che stanno dietro alle campagne giornalistiche.
Per fortuna i bambini sono modesti consumatori di farmaci e non sono molto corteggiati dalle multinazionali; però può capitare anche a loro di fare un lungo percorso clinico, con visite, esami, diagnosi, cura e persino “guarigione”, senza che però ci sia un elemento di non secondaria importanza: la malattia.

Commercianti… a fin di bene

In questo caso l’iniziativa non è delle industrie farmaceutiche, ma di noi medici che istintivamente, il più delle volte sinceramente convinti di perseguire il bene dei nostri pazienti, ci ingegnamo a “creare” problemi; per poi darci da fare per risolverli. La molla che fa scattare tutto questo potrebbe essere il fatto che i medici dei bambini sono molto numerosi, mentre i loro potenziali pazienti sono pochi e per giunta sempre più sani. E allora ci si dà da fare. Facciamo un esempio.
Un grande ospedale dove nascono molti bambini invita tutti i neonati a tornare, qualche giorno dopo la nascita, per una visita di controllo, che però dovrebbe essere fatta dal pediatra di famiglia: si genera un flusso di accessi ad un ambulatorio, che non potrà seguire con continuità questi bambini. Ad alcuni di questi neonati può capitare anche che si prescrivano degli accertamenti: per esempio un’ecografia renale o cerebrale, per essere sicuri che tutto vada bene. Non c’è danno (le ecografie non sono raggi X) ma c’è un costo, in denaro e in apprensione.

La fantasia al potere

Nascono ogni giorno nuove specializzazioni. L’Adolescentologia, per esempio, e così un periodo della vita può essere vissuto come una sorta di malattia, curata da specialisti; o l’Andrologia pediatrica, definizione curiosa perché si riferisce a due condizioni che non potranno mai verificarsi contemporaneamente: l’essere uomo (andros in greco, da cui andrologia) e bambino (pais, da cui pediatria).

“Doctor News”, quotidiano on line riservato ai medici, l’8 giugno 2006 scrive: “Promuovere la salute a scuola e istituire il medico scolastico, con ambulatori “essenziali” in ogni istituto. Questi gli scopi di una proposta di legge presentata alla Camera… il testo punta a “promuovere la salute nel sistema educativo di istruzione e formazione… in particolare nei campi dell’igiene, dell’alimentazione, della motricità, della prevenzione contro l’assunzione di sostanze nocive, del supporto psicologico agli alunni, del pronto soccorso, del rispetto e del rapporto con l’ambiente”. Ma come, l’Italia non è l’unico paese al mondo che fornisce l’assistenza pediatrica diretta a tutti i bambini? E allora che bisogno c’è di mettere un medico anche a scuola? Ma dice sempre “Doctor News”: “… si offrirebbe così un’occupazione ad almeno 15.000 medici, in un momento in cui i disoccupati con una laurea in medicina hanno raggiunto cifre notevoli”.


Cari lettori…
…vi voglio dare un consiglio: non andate in giro per medici, se non ce n’è bisogno. Seguite l’esempio di Mattia, 11 anni, che dopo aver ascoltato in silenzio la sua mamma che mi chiedeva insistentemente un visita ortopedica, di cui Mattia non aveva bisogno, non riuscì più a trattenersi e disse: “Mamma, c’è ben altro nella vita!”

Il nostro Ministero della Salute pubblica un prezioso bimestrale, inviato a tutti i medici, il “Bollettino di informazione sui farmaci”. L’editoriale pubblicato sul n. 3 del 2005, intolato Nasce prima il farmaco o la malattia? si occupa di desease mongering e spiega come si creano malattie (da curare con farmaci inventati ad hoc) partendo da eventi comuni della vita: “La calvizie: da inconveniente ordinario diventa problema medico; la fobia sociale: da malessere sociale a personale disturbo psichico; i disturbi dell’alvo: da fastidi leggeri a sintomi di malattie gravi; la rarefazione dell’osso: da fattore di rischio a malattia.”
Di bambini parla poco, ma Gli inventori delle malattie, un libro scritto dal giornalista scientifico tedesco Jörg Blech (editrice Lindau, prezzo 18,00 €) è una vera miniera di notizie, tutte interessanti e molto ben documentate, su come si cerca di trasformare la nostra vita in un’unica, interminabile malattia (a prognosi, ahimè, infausta). Una lettura un po’ inquietante,ma sicuramente da non perdere.

Vincenzo Calia- Pediatra, Roma



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